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L'arrivo documentato negli archivi

Lo scenario che fa da sfondo all'arrivo dei giuliano-dalmati nel vercellese, presenta tinte dai tratti non molto differenti da quelli che colorano il resto d'Italia, dove il vivere quotidiano appare, nei primi anni del dopoguerra, segnato da una quotidianità incerta e sacrificata, che solo più avanti lascerà spazio "a sobrie agiatezze e a consumi popolari diffusi" [V. Emiliani, 2009].

Fin dal loro arrivo i profughi giuliano-dalmati possono però godere dell'appoggio e della solidarietà di gran parte della popolazione e delle istituzioni locali, la cui azione non si limita soltanto a promesse e proposte, ma si manifesta in maniera pratica attraverso concrete iniziative di carattere assistenziale, cui partecipano anche le sezioni provinciali degli apparati governativi (su tutti l'Ufficio provinciale dell'Assistenza post-bellica che, oltre a un sussidio giornaliero in denaro, corrisponde ai profughi capi di abbigliamento e di vestiario), l'associazionismo privato e alcuni enti di matrice cattolica, con in testa la sezione provinciale della Pontificia Commissione di Assistenza, attiva specialmente nella distribuzione di pasti e vivande. Quella offerta ai profughi giuliano-dalmati è un'assistenza deputata a lenire le difficoltà giornaliere, che affianca alla distribuzione di generi alimentari e vestiario, l'organizzazione di iniziative di solidarietà, come ad esempio l'apertura di sottoscrizioni da parte delle principali testate della zona. E' il caso del quotidiano vercellese «La Sesia», che dopo aver fondato nella propria sede un Comitato Giuliano Cittadino, si fa promotore di una raccolta di fondi alla quale partecipano, oltre ai privati cittadini, anche le istituzioni comunali "che donano la consistente somma di 200.000 Lire" [«La Sesia», 28 marzo 1947], gli ambienti cattolici (che donano al Comitato Giuliano Cittadino la somma di Lire 21.483, precedentemente raccolta attraverso una sottoscrizione promossa sulle pagine del foglio cattolico cittadino «La Verità»), i commercianti, il mondo dell'industria e quello della scuola, che vede, ad esempio, gli studenti dell'Istituto magistrale versare la somma di 670 Lire [«La Sesia», 14 marzo 1947]. Un'aria che appare molto simile a quella che si respira a Biella dove, come riportano le pagine de «Il Biellese» e de il «Baita», i principali organi di stampa cittadini, sono attivate una serie di iniziative assistenziali in favore dei nuovi arrivati che vedono la partecipazione della cittadinanza, delle istituzioni e degli apparati industriali come dimostra, ad esempio, la somma di "30.000 Lire raccolta e donata dalla Camera di Commercio cittadina [«Baita», 3 marzo 1947]. Tra le varie iniziative di matrice assistenziale attuate nei confronti dei giuliano-dalmati, in favore dei quali, soprattutto in concomitanza delle festività pasquali e natalizie si assiste alla concessione di pacchi dono contenenti soprattutto generi alimentari, occorre infine sottolineare come anche a Vercelli si assista alla celebrazione della Giornata del bambino profugo giuliano-dalmata. Si tratta di una manifestazione promossa, annualmente, dall' Opera per l'assistenza ai profughi giuliano e dalmati con lo scopo di raccogliere fondi da destinare all'assistenza dei piccoli giuliani. Giornata in favore della quale si mobilitano non solo le istituzioni, ma anche la cittadinanza, il mondo del commercio e perfino gli ambienti dello spettacolo, come accade il 17 novembre 1949, quando a Vercelli, il Cinema Italia, una sala ubicata nel cuore del centro cittadino, concede l'intero incasso dello spettacolo pomeridiano a favore dei bambini Profughi Giuliani e Dalmati [ASVc, Miscellanea 1947-1949].

Le testimonianze rivelano l'esistenza di uno scenario a binario doppio, all'interno del quale l'accoglienza e la solidarietà sembrano convivere con i paradigmi dell'esclusione, di cui i profughi si trovano ad essere vittime. Una discriminazione che affonda le proprie radici in pregiudizi politici e sociali, che portano anche nel territorio vercellese alla nascita, tra la popolazione locale, di stereotipi ben precisi tendenti ad individuare i profughi come fascisti e come pericolosi concorrenti agli esigui sbocchi professionali che poteva offrire un mercato del lavoro dai contorni fragili e frastagliati. Attriti e contrasti che, progressivamente, sgomberano il campo e lasciano spazio a un graduale processo di stabilizzazione. Un passaggio portato a termine mediante la costruzione di nuove reti di relazioni che contribuiscono all'inserimento dei giuliano-dalmati sul territorio, incanalandolo in una direzione tale da non considerare la loro presenza come un elemento di rottura per la realtà biellese e vercellese. Un processo di conoscenza reciproca, consumatosi attraverso amicizie e legami coltivati nella sfera del tempo libero e nati, molto spesso, in ambito lavorativo. Un contesto, quest'ultimo, che vede i giuliano-dalmati inserirsi principalmente nei comparti risicolo e tessile, che tradizionalmente connotano questa porzione di Piemonte, ma anche nel pubblico impiego e negli altri settori manifatturieri dislocati sul territorio.

Vercelli

La sera del 9 febbraio 1947 un convoglio ferroviario diretto a Torino fa scalo alla stazione di Vercelli. A bordo ci sono circa un centinaio di profughi giuliano-dalmati. La sosta dura pochi minuti, e cioè il tempo necessario a far scendere sulle banchine della stazione 24 profughi, in gran parte originari di Pola che costituiscono, di fatto, il primo nucleo di giuliano-dalmati giunti a Vercelli [ASV, Statistiche ed elenchi profughi]. Due sere più tardi, la stessa immagine: sui marciapiedi della stazione, carichi di valigie e qualche baule, sbarca un altro contingente di 35 profughi, facendo così salire a 59 il numero dei giuliano-dalmati presenti in città [ASVc, Statistica profughi]. Un numero che non subisce consistenti variazioni nell'anno seguente quando, secondo un elenco redatto direttamente dal sindaco in data 1 marzo 1948 "il numero dei profughi giuliani residenti in città ammonta a 70 individui" [ASVc, Statistica profughi]. Una cifra destinata a crescere nel 1949, ultimo anno cui purtroppo le carte fanno riferimento, quando, secondo una stima dell'Ufficio Anagrafe del Comune, i profughi giuliano-dalmati residenti in città raggiungono "un totale complessivo di 100 unità". [ASVc, Profughi Venezia Giulia: trasferimenti].

Biella

Secondo i dati forniti dalla prefettura di Vercelli, alla data del 31 dicembre 1947 il numero dei profughi giuliano-dalmati residenti nel territorio biellese ammonta a 150 unità, la maggior parte dei quali, dopo una breve sosta nei locali del centro di smistamento di Andorno, trova ospitalità nelle località del circondario. Ad essere maggiormente interessati dal flusso dei nuovi arrivi sono i comuni di Pettinengo, dove arrivano 35 profughi, Sordevolo (30), Lessona (22) e Vigliano Biellese (20), seguiti da Biella (15), Trivero (9), Cavaglià (4), Mosso Santa Maria (4), Camburzano (3), Occhieppo (3), Pollone (2) e Callabiana (2). [ASVc, Varie e miscellanea] (Tabella 3).

Nel 1947, il numero dei giuliano-dalmati residenti a Biella, ammonta quindi a 15 unità: una cifra piuttosto limitata, in linea con l'anno precedente (nel 1946 i profughi giuliano-dalmati residenti sul territorio sono appena 8) e con quello successivo, quando in città risiedono 14 profughi provenienti dalla Venezia-Giulia. Una presenza decisamente esigua, che sembra trovare la principale motivazione nella "carenza di alloggi"[«Baita», 3 marzo 1947], che non consente di ospitare sul territorio cittadino quote più rilevanti di profughi giuliano-dalmati. Una netta inversione di tendenza si registra a partire dal 1949, l'ultimo anno cui le carte fanno riferimento, quando secondo un elenco redatto direttamente dal sindaco, risiedono a Biella 53 profughi giuliano-dalmati, la gran parte dei quali proviene da Fiume (24 persone). Ad essere maggiormente rappresentate sono poi le città di Rovigno (12 persone), Valle d'Istria (5 persone), Trieste (4 persone), Pola (4 persone) seguite da Zara, Pisino, Gorizia e Gaeta, dalle quali provengono, complessivamente, 4 persone, una delle quali giunge in città direttamente da centro di raccolta profughi della località laziale. [ASVc, Revisione anagrafica profughi] (Tabella 4).

Giornali

Articolo di giornale Solidarietà per i profughi giuliani [Leggi l'articolo completo]
Articolo di giornale 200.000 Lire del Comune per l'assistenza ai profughi [Leggi l'articolo completo]
Articolo di giornale Ospitalità dei profughi nel Biellese [Leggi l'articolo completo]

Riferimenti archivistici

 Archivio di Stato di Vercelli (ASVc), Fondo Ufficio provinciale di assistenza post-bellica, mazzo 55, fascicolo IV, Miscellanea, 1947-1949
 Archivio di Stato di Vercelli (ASVc), Fondo Ufficio provinciale di assistenza post-bellica, mazzo III, fascicolo I, Revisione anagrafica profughi, 1946-1950
 Archivio di Stato di Vercelli (ASVc), Fondo Ufficio provinciale di assistenza post-bellica, mazzo V, fascicolo VI, Varie e miscellanea, 1946-1950
 Archivio di Stato di Vercelli (ASVc), Fondo Ufficio provinciale di assistenza post-bellica, Mazzo 71, Fascicolo II, Statistica profughi. Immigrazione ed emigrazione, 1948-1949
 Archivio di Stato di Vercelli (ASVc), Fondo Ufficio provinciale di assistenza post-bellica, Mazzo 33, Fascicolo V, Profughi Venezi-Giulia: trasferimenti

Riferimenti bibliografici

 V. Emiliani, Vitelloni e giacobini, Donzelli, Roma, 2009