Sulla scia di quanto avvenuto nelle altre province piemontesi, anche quella di Vercelli (comprendente, all'epoca, anche l'attuale provincia di Biella, diventata autonoma soltanto nel 1992) è toccata dall'arrivo degli esuli giuliano-dalmati, la cui presenza sul territorio assume dimensioni piuttosto rilevanti.
L'analisi delle carte conservate presso l'Archivio di Stato di Vercelli, permette infatti di scattare un'istantanea dai contorni piuttosto nitidi, che evidenzia come, fin dal 1946, la Prefettura di Vercelli censisca sul territorio 976 profughi, 187 dei quali provenienti proprio dai territori della Venezia-Giulia e della Dalmazia. [ASVc, Profughi Venezia Giulia].
Si tratta di un numero destinato ad andare incontro, negli anni successivi, a un notevole incremento, come dimostrano i dati relativi al 1947 quando, secondo alcune corrispondenze intercorse tra l'Ufficio Provinciale di Assistenza post Bellica di Vercelli e la Prefettura cittadina, risiedono nell'intera area vercellese 417 profughi giuliano-dalmati. Una crescita notevole, in linea con un trend caratterizzato, fino alla prima metà degli anni Cinquanta, da un aumento costante della loro presenza sul territorio, come appare ampiamente documentato dalle relazioni inviate, periodicamente, dal prefetto di Vercelli al locale Ufficio di Assistenza Post bellica, che parlano di 562 profughi giuliano-dalmati nel 1948, diventati 636 nel 1949, 678 nel 1950 e 671 nel 1952, l'ultimo anno al quale le carte fanno riferimento [ASVc, Miscellanea sui profughi].
Distribuiti a macchia di leopardo nei diversi comuni della provincia, gli esuli giuliano-dalmati fanno registrare le presenze più consistenti, oltre che a Vercelli e a Biella, anche nei comuni di Varallo Sesia e Lignana. Nell'area vercellese, le grandi concentrazioni di profughi geograficamente connotate sul territorio, tipiche delle realtà torinese, novarese e alessandrina, all'interno delle quali sorgono i tre centri di raccolta profughi delle regione, lasciano spazio a una distribuzione decisamente più frammentata che favorisce la nascita di veri e propri microcosmi giuliani che, spazialmente segregati, appaiono caratterizzati dai tratti distintivi delle piccole comunità, basate su reti di relazioni dense e a maglie strette, dove continua a rimanere stretto il legame e il sentimento di attaccamento e identificazione con la propria terra di origine.
Giunti nel vercellese i giuliano-dalmati si trovano a vivere nella condizione di profughi, senza dunque essere in grado di sostenersi con mezzi propri. La macchina assistenzialista messa in modo da organismi pubblici e privati, si trova così a dover procedere in una duplice direzione, capace di coniugare gli interventi di base con la ricerca di luoghi all'interno dei quali ospitare i nuovi arrivati. La sistemazione di un ingente numero di nuclei familiari, improvvisamente affluiti sul territorio, rappresenta dunque una questione delicata, da risolvere ed affrontare con la massima urgenza. Da questo punto vista, contrariamente a quanto accade in altri contesti regionali dove la presenza sul territorio di centri raccolta profughi facilita il compito delle istituzioni dotandole di una soluzione immediata, la realtà vercellese presenta caratteristiche peculiari. Infatti sul territorio sono attive delle strutture ricettive il cui compito è quello di accogliere temporaneamente i profughi, fornendo loro le prime ed essenziali operazioni di assistenza. L'Albergo Mondariso di Vercelli, l'ex stabilimento Vinaj di Andorno, nei pressi di Biella, e l'Ospizio dei pellegrini del Sacro Monte a Varallo Sesia, diventano così dei veri e propri centri di smistamento, all'interno dei quali, in uno scenario che non differisce di molto da quello dei centri di raccolta, i giuliano-dalmati sono ospitati per un arco di tempo necessario alla loro definitiva sistemazione in una delle località della provincia, tra le quali, oltre a Biella, Varallo e Vercelli si distinguono, per il numero di arrivi e la presenza di luoghi simbolici, i comuni di Lignana e Merletto di Graglia.