home I luoghi dell'esodo in Piemonte >Vercelli, Biella e provincia

Cascina Veneria, frazione Veneria, Lignana

Nota agli onori della cronaca per aver prestato i propri spazi alle celebri sequenze del film Riso Amaro, capolavoro del neorealismo italiano, le cui sequenze, firmate nel 1949 da Giuseppe De Sanctis e interpretate da Vittorio Gassman, Silvana Mangano, Raf Vallone e Doris Dowling restituiscono un prezioso affresco del mondo della risaia, questa tenuta di 750 ettari, sospesa tra le risaie nel territorio comunale di Lignana, piccolo borgo alle porte di Vercelli, lega il proprio nome a quello dei profughi giuliano-dalmati, dei quali si registra la presenza fin dal 1947. Rispondendo a una richiesta della prefettura di Vercelli, volta a conoscere il numero dei profughi giuliano - dalmati arrivati nei vari comuni della provincia, il sindaco di Lignana rende noto come siano 33 quelli residenti nel suo comune. Una cifra destinata a crescere negli anni successivi, raggiungendo le 35 unità nel 1948 [ASVc, Profughi Venezia Giulia] e le 57 nel 1949, ultimo anno nel quale si registrano gli arrivo. [ASVc, Revisione anagrafica profughi]. L'analisi della carte d'archivio, rivela come, nel complesso, si tratti di tredici nuclei familiari originari di Valle d'Istria ed impiegati "in qualità di salariati agricoli" [ASVc, Varie e miscellanea] proprio alla Cascina Veneria.

Inizialmente la gran parte dei giuliano-dalmati giunti alla Veneria, trova una sistemazione provvisoria all'interno dei capannoni adibiti ad ospitare le mondine durante la stagione della monda: quattro strutture costituite da grandi cameroni al cui interno vi sono posti letto, una cucina e uno spazio esterno adibito al riposo, "in grado di accogliere circa 800 lavoratrici" [E. Miletto, 2010]. La restante parte è invece alloggiata nei locali dell'infermeria, appositamente approntati dalla direzione della cascina per poter accogliere un cospicuo numero di persone.

Testimonianze

C’era il ballo, che andavamo tutti, la domenica. C’era il dopolavoro, andavamo in bicicletta e ci ... [Leggi tutto]
C’era il ballo, che andavamo tutti, la domenica. C’era il dopolavoro, andavamo in bicicletta e ci divertivamo, eh! Fuori della bettola -il Dopolavoro- c’era il ballo e poi quando c’erano le mondine c’era un’allegria che era una meraviglia, si cantava dappertutto! Venivano più di mille mondine, venivano. E poi si andava dalle suore: si andava a cucire, a ricamare anche qui alla Veneria. Si facevano i teatri con le suore, si andava a cantare, la messa: era una meraviglia!
Aldina P.
[Il tempo libero] in cascina lo passavo quasi sempre insieme a mia moglie, anche se noi giovani non ... [Leggi tutto]
[Il tempo libero] in cascina lo passavo quasi sempre insieme a mia moglie, anche se noi giovani non si vedeva l’ora che arrivassero le mondine per divertirsi, e ci si divertiva abbastanza bene, se si trovava la sua! Non vedevamo l’ora che arrivassero per passare quaranta giorni insieme, come il Grande Fratello, no! Ha visto al Grande Fratello cosa succede? E succedeva anche lì! Le mondine uscivano al bar o noi andavamo lì nei dormitori -che erano lunghi- e c’erano 1.200 posti per le mondine, c’erano tre capannoni da quattrocento. Erano messi in cascina, però le case erano circondate. C’era un porticato e poi lì fuori c’erano gli orti, poi fuori c’era l’allevamento di galline e di anatre, il caseificio. Era un paese, può capire! E quando arrivavano le mondine, i giovani era il suo pane! Grandi amori, ci si scriveva un po’ e poi basta; l’anno dopo se tornavano ci rivedevamo di nuovo, se no un’altra! E poi invece dopo due anni ho trovato mia moglie, e il tempo era nostro: andare al cinema a Vercelli, andare a ballare, che poi dopo da allora non è più venuta a ballare!
Pietro S.
[A] Lignana in principio, finché non hanno capito chi eravamo, come eravamo [non ci hanno accolto ... [Leggi tutto]
[A] Lignana in principio, finché non hanno capito chi eravamo, come eravamo [non ci hanno accolto bene]. Perché loro credevano che venendo via di là eravamo fascisti. Loro erano comunisti a Vercelli, erano tutti comunisti a Vercelli, tutti, era proprio il paese dei comunisti una volta. Hanno capito chi eravamo e hanno cominciato a comunicare con noi, ma prima non ci volevano vicino: le paesane di mia cognata - e mia cognata era un’eccezione - che erano tutte piemontesi, non volevano neanche mia cognata e mia sorella a lavorare vicino che le dicevano fasciste! Poi quando han visto che gente siamo, lavoratori e tutto, allora han cominciato la vita normale, ma i primi due anni son stati duri anche lì, eh! E poi pian piano dopo... Eravamo tutte amiche: io mi ricordo quando sono uscita da Vercelli dal collegio, con [le] mie amiche - ragazze come me - andavo a spigolare il riso con loro, ridevamo, andavamo al ballo, andavamo di qua e andavamo di là, tutto normale poi. Ma i primi due anni eravamo molto duri.
Aldina P.
Allora [ci dicevano] arrivano i fascisti! Arrivano i fascisti! Pensa che avevamo bisogno dell’asse ... [Leggi tutto]
Allora [ci dicevano] arrivano i fascisti! Arrivano i fascisti! Pensa che avevamo bisogno dell’asse per lavare la roba e nessuno ce lo dava. Solo mia suocera lo dava a mia madre, perché siamo arrivati la prima famiglia noi, lì. [All’inizio] ci guardavano un po’ storti, poi dopo due mesi eravamo tutti amici, perché hanno capito la storia com’è, gliel’abbiamo spiegata. Prima ci hanno detto fascisti - non so perché , forse erano tutti comunisti! - e poi si sono mangiati la parola. Cioè i cascinanti li abbiamo convinti che non siamo fascisti. Fascisti e polacchi ci chiamavano. Arrivano i polacchi. Si, [polacchi] perché noi dicevamo che eravamo di Pola, e allora loro dicevano arrivano i polacchi. Ma, si, c’è stata questa cosa, ma solo un pochettino, perché poi eravamo amici, tutti: io ero l’unico istriano che andava via con questi piemontesi, che [lì] c’erano anche bresciani, non erano tutti piemontesi. Eravamo tutti amici; eravamo in diciotto ragazzi e andavamo tutti insieme a ballare negli altri paesini. [Andavamo] in bicicletta, coi pantaloni tirati su fino al ginocchio, con le strade che non erano asfaltate, perché allora non c’erano strade asfaltate eh!
Pietro S.
[Alla Veneria] saremo stati un ventina di famiglie. Eravamo venuti tutti insieme lì. E poi ci siamo ... [Leggi tutto]
[Alla Veneria] saremo stati un ventina di famiglie. Eravamo venuti tutti insieme lì. E poi ci siamo inseriti, a voglia! Eravamo diventati tutti amici. Ma noi siamo stati un gruppo di quelli che sono stati meglio di tutti, perché siamo stati molto meglio di quelli che sono andati a finire nei campi. Perché nei campi le davano il sussidio, a noi il sussidio non ce l’hanno mai dato, però abbiamo subito avuto il lavoro. E poi tutti i giorni che si lavorava, c’era anche il litro di latte a papà che lavorava nelle mucche e il chilo di riso al giorno a mamma che lavorava nella risaia. E si stava bene. Avevamo il nostro orto con le nostre verdure, i nostri pomodori, le nostre galline e i nostri conigli: si stava bene! Se le dico che mia mamma - siamo venuti via nel ’47 - nel ’50 a Natale aveva già messo via 500.000 Lire, aveva già i mobili tutti in casa, e si faceva già i buoni fruttiferi di 500.000 Lire. Parlo del ’50, son soldi eh! Aveva già messo via 500.000 Lire nel ’50 mia mamma, eh! I primi soldi che metteva via dopo che siamo venuti via di là. [E poi] a Lignana la casa non si pagava neanche una lira, era tutto gratuito: non si pagava acqua, non si pagava gas, forse la luce si pagava. E questo in quanto lavoranti lì, non si pagava niente, né della campagna, né dell’orto, era tutto incluso nel salario.
Aldina P.
[A Lignana] era già una bella cascina, pulita. [C’erano] novanta famiglie, la chiesa, il bar, le ... [Leggi tutto]
[A Lignana] era già una bella cascina, pulita. [C’erano] novanta famiglie, la chiesa, il bar, le scuole. Era un complesso di novanta famiglie - che adesso ce n’è dieci- e là siamo stati fino al 1955. [Ci hanno] sistemato in una [stanza] che era [una] specie di infermeria. La facevano infermeria quando che venivano le mondine, provvisoriamente. Provvisorio, siamo stati neanche un paio di mesi lì, ed era bello: ognuno aveva la sua camera. Poi siamo arrivati in diciotto famiglie istriane, mio padre li ha fatti prendere quasi tutti. Però lì ognuno aveva la sua camera. Poi dopo un mese o due ci hanno dato l’alloggio ognuno per conto nostro. E lì ci facevamo da mangiare: ci davano la roba - riso, pane- ci davano tutto.
Pietro S.
[Alla Veneria] avevamo ognuno la nostra casa, lì c’è n’erano di case! Prima eravamo dove c’erano i ... [Leggi tutto]
[Alla Veneria] avevamo ognuno la nostra casa, lì c’è n’erano di case! Prima eravamo dove c’erano i padiglioni delle mondine, tutti nei padiglioni. E poi piano piano ci hanno dato a tutti la nostra casa, ma abbastanza in fretta, non è che ci hanno fatto aspettare chissà cosa. E pure delle belle case avevamo, belle grandi. Sotto la cucina, con una camera grande e il gabinetto, e sopra due camere da letto meravigliose, bellissime erano!
Aldina P.

Immagini

Profuga giuliana nelle risaie vercellesi
Profuga giuliana nelle risaie vercellesi
Profuga giuliana alla cascina Veneria di Lignana
Profuga giuliana alla cascina Veneria di Lignana

Riferimenti archivistici

 Archivio di Stato di Vercelli (ASVc), Fondo Ufficio provinciale di assistenza post-bellica, Mazzo IV, Fascicolo XII, Profughi Venezia Giulia
 Archivio di Stato di Vercelli (ASVc), Fondo Ufficio provinciale di assistenza post-bellica, Mazzo III, Fascicolo I, Revisione anagrafica profughi, 1946-1950

Riferimenti bibliografici

 E. Miletto, Arrivare da lontano. L'esodo istriano, fiumano e dalmata nel Biellese, nel Vercellese e in Valsesia, Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli "Cino Moscatelli", Varallo, 2010

Contributi lasciati su questo documento