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Casermette di Altessano, Venaria Reale

Il 2 dicembre del 1953, l’Ufficio Tecnico Erariale del Comune di Torino, concede in uso al Comune di Venaria Reale gli immobili delle Casermette di Venaria-Altessano, dismesse dall’esercito per l’utilizzo di attività militari, già nel 1943. Si tratta di un complesso costituito da cinque corpi adiacenti, uno in località Altessano (Casermette funzionali), quattro a Venaria (Ex Infermeria Quadrupedi, Caserma Carlo Giannotti, Ex Magazzino Casermaggio, Caseggiato Corte Pagliere a Venaria), il cui comune, come decretato nella convenzione firmata con l’erario, dovrà utilizzare come sede di abitazioni popolari. Dopo pochi mesi il Comune di Venaria non intende più farsi carico del complesso: la prefettura di Torino decide così di affidarne la gestione, a partire dal 1° agosto 1954, all’Ente Comunale di Assistenza di Torino. Secondo un censimento effettuato dallo stesso Ente Comunale di Assistenza di Torino il 15 novembre 1954, la struttura ospita all’interno dei cinque complessi 2.767 persone, pari a 635 nuclei familiari. La maggior concentrazione si ha alle Casermette di Altessano, dove vivono 502 nuclei familiari, ovvero 2.206 individui. A Venaria la situazione è la seguente: 40 nuclei familiari (170 persone) sono ospitate nei locali della Caserma Gianotti, 22 famiglie (92 persone) al Magazzino di Casermaggio, 45 famiglie (190 persone) all’Ex Infermeria Quadrupedi e 26 (109 persone) sono i nuclei familiari che vivono nel caseggiato della Corte Pagliere.

Gli alloggiamenti si caratterizzano anche per la presenza di numerose abitazioni abusive, vere e proprie baracche, sorte in corrispondenza del muro di cinta, nel cortile o in prossimità di locali destinati, nell’uso originario, a cucina, magazzini e latrine. I dati raccolti dall’Ente Comunale di Assistenza e trasmessi alla Prefettura di Torino nel novembre 1956, stimano che in tali insediamenti abusivi vivano 315 nuclei familiari, e cioè 433 persone.

Una ricca documentazione, del tutto inedita, prodotta dalla Prefettura di Torino, consente di affermare che insieme agli emigrati dall’Italia meridionale, all’interno delle Casermette di Venaria e Altessano si trova un cospicuo numero di profughi giuliani. Infatti nell’ottobre del 1954 la Prefettura esegue un rilevamento statistico delle famiglie giuliane sistemate negli alloggiamenti collettivi e nelle baracche site a Venaria ed Altessano: si tratta di 209 individui, ovvero 56 nuclei familiari, cresciuti a 75 l’anno successivo.

Da un punto di vista igienico e sanitario la situazione degli alloggiamenti si presenta piuttosto precaria. Nel dicembre del 1954 Rinfranco Lazzaroni, medico inviato dalla Prefettura per ispezionare il complesso dei fabbricati, stila una relazione che sembra scattare una nitida fotografia dell’indigenza della situazione. La sua attenzione si sofferma inizialmente sugli edifici un tempo destinati a dormitori per i soldati, che appaiono privi di servizi igienici, aria e luce diretta e divisi con tramezze in legno e in carta, in modo tale da ricavare un complesso di abitazioni in relazione ai nuclei familiari che vi sono alloggiati. Non si presentano migliori le condizioni delle abitazioni ricavate dai locali di servizio (cucine, refettori, ecc.) i cui pavimenti in cemento poggiano direttamente sul terreno, senza alcun tipo di struttura di interposizione, con la conseguente creazione di un ambiente umido, freddo ed insalubre. Vi sono poi le abitazioni abusive, costituite da strutture in parte in mattone e in parte in lamiera, che si presentano scarsamente illuminate ad areate, umide, non dotate di servizi igienici, con il pavimento sotto il livello stradale e mai isolato dal vespaio. A rendere ancora più precaria la situazione concorre anche l’assenza "di un servizio di trasporto delle spazzature con il conseguente accumulo in varie parti del complesso". [ASCT, Fondo ECA]

Un complesso che presenta al proprio interno una serie di attività commerciali ed economiche gestite direttamente dagli ospiti: due panetterie, un negozio di alimentari e dolciumi, una latteria, una cartoleria, un barbiere, un’officina per la riparazione di biciclette, un calzolaio e un falegname. Non mancano, infine, i locali di svago: tre bar (uno dei quali è anche adibito alla vendita di vino) e un circolo ENAL i cui locali, a partire dal 1955, saranno utilizzati come oratorio da parte del parroco della Chiesa di San Lorenzo di Altessano, adiacente agli alloggiamenti. La presenza della chiesa sembra essere molto forte, e si indirizza non solo in attività rivolte agli ospiti più piccoli, ma anche agli adulti, coinvolti in un gran numero di attività affidate alle suore delle Ausiliatrici del Purgatorio. Le religiose si occupano del doposcuola (attivo da giugno a settembre per tutti gli allievi delle classi elementari), dell’insegnamento del catechismo, di una scuola serale per adulti (aperta dalle 20,00 alle 22,30, da novembre a maggio e riconosciuta dal Provveditorato agli Studi che stipendia gli insegnanti, un uomo laureato in pedagogia e una donna diplomata maestra), della gestione di un centro di lettura e prestito di libri interno alle Casermette (aperto il lunedì, il giovedì e la domenica, fornito di circa 400 volumi donati dal Ministero della Pubblica Istruzione, cui si aggiungono altri 200 libri donati dalle suore e giornali e riviste inviati dalla FIAT), dell’organizzazione di feste natalizie e pasquali, dell’oratorio estivo (gite ed escursioni) e della proiezione dei film, resa possibile dalla presenza di una piccola sala cinematografica, la cui attrezzatura è stata concessa gratuitamente dalla Fiat. Inoltre parte dell’attività delle suore si rivolge al pubblico femminile: per le donne e le ragazze sono organizzati un corso settimanale di economia domestica (da novembre a maggio), conferenze su temi di cultura generale, lezioni di lettura, calcolo e calligrafia (rese possibili grazie al contributo di una maestra volontaria). Altra attività di rilievo è quella del cucito, attraverso un corso rivolto sia alle bambine che alle donne più adulte tenuti da sarte e insegnanti di cucito volontarie.

Testimonianze

Siamo arrivati ad Altessano il 4 gennaio; nevicava e i miei scaricavano la roba - poveretti, col ... [Leggi tutto]
Siamo arrivati ad Altessano il 4 gennaio; nevicava e i miei scaricavano la roba - poveretti, col freddo - dal camion per sistemarla in questa piccola casetta che avevamo lì alle Casermette addossata al muro di cinta delle Casermette. Le Casermette erano delle caserme con dei divisori - lì per fortuna c’erano i carton gesso, le coperte lì non c’erano - e [nel] la casetta dove siamo andati in un primo tempo - che era addossata al muro di cinta - c’erano due stanze. E vivevamo in cinque, anzi in sei, con mio zio che lavorava tutto il giorno. Guarda che vita che hanno fatto i miei! E mio zio aveva il letto pieghevole sotto il tavolo della cucina: di notte lo tirava fuori e lui dormiva lì, il mattino andava a lavorare e mamma metteva poi a posto il letto sotto il tavolo per poterci stare tutti. Perché poi in camera da letto c’erano i letti per noi e per papà e mamma. Cucina e camera da letto, e si viveva lì. Noi siamo andati lì in una casa abusiva. C’era il muro di cinta tutto pieno di casette! I servizi igienici facevano schifo, questo si, me lo ricordo: era un gabbiotto col buco, comune per tutti. Le docce le facevi dentro la mastella, c’era una grossa tanica e ci lavavamo lì dentro.
Ginevra B.
Di Altessano mi ricordo tutto, madonna mia! Erano delle vecchie caserme, tutte tramezzate con dei ... [Leggi tutto]
Di Altessano mi ricordo tutto, madonna mia! Erano delle vecchie caserme, tutte tramezzate con dei cartoni e del legno, con ognuno il suo pezzo: io ero da una parte, uno dall’altra, dall’altra c’era una di Dignano, poi c’era di nuovo altri di Valle, eravamo tanti. Tantissimi [dei nostri] erano venuti da Altamura, per andare a lavorare in fabbrica, perché c’era il boom della Fiat e tutti volevano andare nell’industria, ed è per quello che siamo venuti poi a Torino. Eravamo divisi coi cartoni! Avevamo un pezzettino lungo e stretto di camera e cucinetta, con la stufa da far fuoco con la legna. L’acqua era fuori, nel pozzetto, il gabinetto era fuori più lontano ancora. E c’erano anche gli abusivi, meridionali abusivi, una valanga! Si costruivano le baracche, per forza: non le davano il pezzo, e loro si costruivano le baracche. Lì era recintato, e dentro c’era le baracche tutte tramezzate con dentro tantissima gente. Lì siamo stati due anni, fino a che non ci hanno dato la casa, ma tanti sono stati anche cinque o sei anni, fino a che non hanno fatto le case.
Aldina P.
Ad Altessano era come al Po [in corso Polonia], che avevano fatto quelle case abusive. E anche lì ... [Leggi tutto]
Ad Altessano era come al Po [in corso Polonia], che avevano fatto quelle case abusive. E anche lì si andava abusivi: c’era delle caserme e dentro c’era delle baracche. Noi, ad esempio, eravamo in scuderia, che prima c’erano i cavalli. Prima in scuderia, e poi quando ci hanno dato il secondo alloggio eravamo diciassette famiglie in un capannone, diviso coi cartoni ondulati. Eravamo quasi tutti istriani: da Tortona, da Novara, e anche dalla bassa Italia venivano.
Pietro S.
Io ho frequentato cucito, disegno, doposcuola e catechismo. C’erano le suore, erano bravissime, e ... [Leggi tutto]
Io ho frequentato cucito, disegno, doposcuola e catechismo. C’erano le suore, erano bravissime, e infatti io ho imparato a ricamare da queste qua. In un pezzo di questa caserma c’erano due locali che avevano tre stanze, e lì dentro c’erano queste suore che al pomeriggio ci facevano il doposcuola: stavo fino alle quattro del pomeriggio, e poi tornavo a casa. Ci facevano ricamo e cucito. E siccome io avevo saltato qualche lezione e non avevo finito la tovaglietta, non hanno messo il mio lavoro alla mostra che si faceva alla fine dell’anno, e ho allora dovuto aspettare l’anno dopo. E l’anno dopo ho fatto una roba ancora più bella, e allora poi ce l’ho fatta!
Ginevra B.
Dentro c’era, non so come spiegare... Quando mia moglie era incinta, c’era come un patronato che ... [Leggi tutto]
Dentro c’era, non so come spiegare... Quando mia moglie era incinta, c’era come un patronato che davano da mangiare ai bisognosi e a queste donne incinte che non avevano la possibilità o cosa. Mia moglie - che allora viveamo con mia madre - era andata lì a mangiare per tutto il tempo della gravidanza. E questo era sempre dentro alle Casermette, che erano una quarantina di donne che andavano lì a mangiare  a mezzogiorno. Però non so come veniva chiamato questo posto.
Pietro S.
Nel ’54 a novembre ci siamo sposati. Ci siamo conosciuti nel ’48, e ci siamo parlati per sei anni, ... [Leggi tutto]
Nel ’54 a novembre ci siamo sposati. Ci siamo conosciuti nel ’48, e ci siamo parlati per sei anni, e mi ha portato via un po’ di gioventù delle mondine! E va beh... Poi mio padre nel ’54 è venuto via ed è andato alle Casermette ad Altessano, e allora dico: andiamo anche noi a Torino, e siamo venuti a Torino, anche noi alle Casermette di Altessano. Insieme a mio padre, mia madre, due fratelli e siamo stati da febbraio fino ad agosto insieme a loro in uno stanzone. Tutti insieme in un grande stanzone diviso con le coperte, dove c’erano i letti. E allora mia moglie aspettava il figlio, e siamo andati dal direttore delle Casermette e dico: abbiamo trovato due che vanno via, e [le chiedo] se posso avere quella casa lì, che i due che vanno via me la danno quella casa lì. E allora lui ha detto si, e abbiamo avuto sto pezzettino con i cartoni tutti intorno che dividevano dalle altre famiglie. Era come al Po [come ai baraccamenti di corso Polonia], che avevano fatto quelle case abusive. E anche lì si andava abusivi: [c’] era un direttore - e lui, forse, chiudeva l’occhio, non so -, e c’era delle caserme. Cioè c’era delle Caserme e dentro c’era delle baracche. Noi, ad esempio, eravamo in scuderia, che prima c’erano i cavalli. Prima in scuderia, e poi quando ci hanno dato il secondo alloggio eravamo diciassette famiglie in un capannone, diviso coi cartoni ondulati.
Pietro S.

Immagini

Nonna e nipote davanti all'uscio di casa, Casermette di Altessano, 1955 c.a.
Nonna e nipote davanti all'uscio di casa, Casermette di Altessano, 1955 c.a.
Bambini, Casermette di Altessano, 15 luglio 1951
Bambini, Casermette di Altessano, 15 luglio 1951
Le Casermette di Venaria - Altessano, Venaria Reale, 1955
Le Casermette di Venaria - Altessano, Venaria Reale, 1955

Riferimenti archivistici

 Asct, Fondo Ente Comunale di Assistenza, Cartella 1161, Casermette di Venaria-Altessano. Rapporti con Intendenza di Finanza, Fascicolo 1, Concessione in uso degli immobili, smobilitazione e riconsegna; lavori alle scuderie pericolanti, 1953-1970.
 Asct, Fondo Ente Comunale di Assistenza, Cartella 1161, Casermette di Venaria-Altessano. Rapporti con Intendenza di Finanza, Fascicolo 2, Concessione in uso degli immobili, smobilitazione e riconsegna; lavori alle scuderie pericolanti, 1954-1970.
 Asct, Fondo Ente Comunale di Assistenza, Cartella 1161, Casermette di Venaria-Altessano. Pratiche servizio tecnico, Fascicolo 3, Rapporti con amministrazione provinciale, 1954-1955.
 Asct, Fondo Ente Comunale di Assistenza, Cartella 1161, Casermette di Venaria-Altessano. Rapporti con Intendenza di Finanza, Fascicolo 4, Rapporti con prefettura di Torino, 1954-1968.
 Asct, Fondo Ente Comunale di Assistenza, Cartella 1162, Casermette di Venaria-Altessano. Istituzione nuovi spacci, Fascicolo 1, Spacci: istituzione, domande e concessioni in uso di locali, 1955-1970.
 Asct, Fondo Ente Comunale di Assistenza, Cartella 1162, Casermette di Venaria-Altessano. Istituzione nuovi spacci, Fascicolo 2, Scuole: riapertura corsi popolari, corrispondenza, pubblica Educazione Popolare, doposcuola e refezione scolastica, 1954-1962.
 Asct, Fondo Ente Comunale di Assistenza, Cartella 1208, Corrispondenza con il municipio di Torino. Concessione e contributi a favore degli istituti del comune di Torino, Fascicolo 6, Comitato comunale per la sistemazione dei profughi, 1955.

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