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Intervista a Franco e Bruno D. del 20/04/2009

1) Iniziamo con un po' di dati anagrafici: dove e quando siete nati?

Franco:"A Pola, il 17 luglio 1938".

Bruno:"Il 25 dicembre del 1939, a Pola".

2) Potete parlarmi della vostra famiglia di origine? Quanti eravate, cosa facevano i vostri genitori...

Franco:"Noi eravamo in quattro, io, lui e papà e mamma".

Bruno:"Allora, il papà a Pola, proprio l'ultimo periodo, lui lavorava alla Fabbrica del Ghiaccio, [che era] anche Centrale del latte di Pola. Questo è stata una buona cosa, perché in tempi di guerra, a casa nostra, non è mai mancato di che mangiare."

Franco:"E allora con il latte si barattava...Di sera, di notte e al mattino presto, perché era contrabbando, per quello che sappiamo noi. E barattavi il latte con un chilo di patate, perché neanche i contadini avevano il latte!"

Bruno:"Ecco, però prima di essere assunto alla Fabbrica del ghiaccio e alla Centrale del latte, mio papà il suo vero mestiere era elettricista idraulico, che i quei posti c'era abbinato elettricista e idraulico, non è come qui che è un po' staccato. E poi è stato assunto come manutenzione alla Fabbrica del ghiaccio e alla Centrale del latte."

Franco: "Poi è stato richiamato. Io, lui e mia mamma [siamo andati] da un parente in Istria, perché a Pola bombardavano tutti i giorni. E mio papà era qui a Fossano, per esempio, nell'artiglieria."

Bruno:"E le spiego anche perché era qui a Fossano. Mio padre è nato sotto l'impero austro-ungarico, quindi i miei nonni indossavano la divisa austriaca, e son morti tutti e due combattendo contro l'Italia. Quindi quando i figli son stati arruolati, non si fidavano molto, e quindi li mandavano nei magazzini militari, e lui è stato mandato a Fossano."

3) E vostra madre, invece, che lavoro faceva?

Franco:"Casalinga, casalinga".

Bruno:"Ma, veramente ha lavorato un piccolo periodo nella Fabbrica Lucchetti. Mi ricordo sempre la Fabbrica Lucchetti...Nel nostro dialetto, in polesano, si diceva: ah, lavorava nella Fabbrica Lucchetti!"

Franco:"Ma avrà lavorato un anno, appena sposata, poi ha sempre fatto la casalinga".

4) Doveste descrivermela, come ve la ricordate Pola? Cioè, che città era, dove lavoravano gli abitanti...

Bruno:"Allora, il posto più grande era Scoglio Olivi, cioè era il cantiere navale. Tra l'altro a Pola c'era la marina militare, c'era l'accademia..."

Franco:"E poi c'era sta Fabbrica Lucchetti, Centrale del Latte dov'era il papà e poi c'era il Cantiere, Scoglio Olivi si chiamava . Ed era come Torino - Fiat!"

Bruno:"Eh si, perché lì c'erano gli elettricisti, c'erano i falegnami, c'erano i carpentieri, stavano tutti lì. E infatti i nostri esuli, parliamo dei nostri padri, han trovato subito lavoro in Piemonte, perché erano quasi tutti specializzati."

5) E dal punto di vista della composizione della popolazione Pola che città era?

Bruno:"C'eravamo noi polesano, però c'erano anche i croati. Ad esempio mia nonna non parlava l'italiano: parlava il polesan, dialetto, e il croato, perchè veniva proprio dall'interno dell'Istria dove la maggioranza della popolazione erano croati. "

Franco:"Ecco, adesso che ci ricordiamo...Noi piccolini, otto e sette [anni] e anche prima, tra i miei genitori e la nonna [parlavano] tutto croato, e noi non si capiva un tubo, perché noi non ci parlavano croato perché volevano che imparassimo l'italiano. Che poi l'italiano che abbiamo imparato là, era poco o niente, perché quando siamo arrivati qui non sapevamo l'italiano, noi parlavamo istriano! Figurati! Abbiam tribulato, si è tribulato proprio!"

6) Possiamo dunque dire che all'interno della città la popolazione era italiana, mentre l'elemento croato stava più al di fuori?

Franco:"Si, certo. Facevano tanto i contadini i croati. Un momento, questo prima della guerra, eh!"

7) E posso chiedere com'era il rapporto coi croati?

Bruno: "Era buono finché non è successo quello che è successo. E' successo poi che quando sono arrivati i titini, [c'era] gente che denunciava tizio che era italiano. Ma per qualsiasi cosa, anche cosette così, non è che io parli di grande cose!"

Franco: "Eh si, era una schifezza!"

8) Dal punto di vista anagrafico io non credo che possiate ricordare molto. Però vorrei chiedervi cosa ricordate del periodo fascista?

Bruno:"Quasi niente. Raccontato, [ci hanno] raccontato tante cose, però ricordiamo poco."

Franco:"Eh, ma lì era guerra completa, eh! Questi giorni del terremoto, mi sembra di vedere Pola quando bombardavano! Io rimango un po' freddo a vedere [quelle immagini], perché io l'ho passato!"

Bruno:"Noi, da quello che ci dicevano i nostri, non abbiamo mai avuto nessun problema vero e proprio con i fascisti, così, tra una cosa e l'altra. Noi come famiglia no."

Franco:"No, no. Magari vedevi qualcosa, ma non ci ragionavi a quell'età lì. Solo adesso si sa...."

9) Io vi ho fatto questa domanda perché pensavo ad esempio all'opera italianizzatrice portata avanti dal regime che ha come obiettivo principale l'elemento croato, per cui ho pensato che magari vi avessero raccontato qualcosa...

Bruno:"Ma si, hanno italianizzato un sacco di cose! Mio zio è diventato D.-etti, subito."
Franco:"Noi abbiamo dei documenti, che mio papà si chiama D.-etti, senza -ch, e si vede che quella è una carta fatta sotto il fascio, perché loro non volevano nomi stranieri, mi spiego? "

Bruno:"Poi, un'altra cosa se posso dire...La mia unica nonna materna che è venuta in Italia, che lei è nata nell'interno, non è venuta via subito. E' venuta via un anno o due dopo insieme a una sua figlia, che aspettava suo marito che era disperso. Poi quando han visto che non arrivava, mio padre gli ha fatto le carte e l'ha fatte venire. Il suo nome era diventato D-ic, con la c finale. Insomma, lì i nomi li cambiavano tutti!"

10) Parliamo ora della guerra, già precedentemente affiorata nelle vostre parole. Qual è il primo ricordo che vi viene in mente?

Bruno:"Il ricordo è che avevamo un rifugio a duecento metri, e ogni volta che vedevamo i bombardamenti, [vedevamo] i bengala che illuminavano la città. Noi scappavamo giù per questa discesa, e dopo duecento metri sulla destra c'era il rifugio. Tutto scavato nella terra d'Istria, era un rifugio coi fiocchi! Non ci è mai successo niente. Ed era sempre pieno di truppe tedesche dentro che si rifugiavano anche loro. E io mi ricordo che quando dormivo mi mettevano sopra questi zaini dei tedeschi, e sentivo questo odore pungente del cuoio, mi ricordo questo."

Franco:"Uh, si, si! Odor tedesco, odor tedesco si dice. Anzi, l'odor dei gnocchi, perché noi i tedeschi li chiamavamo gnocchi. Non so perché."

Bruno:"Eh, perché magnavan gnocchi, patate!"

Franco:"Ocio ai gnocchi, che voleva dire stai attento che arrivano i tedeschi. Invece i fascisti... Fascisti no, non me li ricordo a Pola".

Bruno:"Mi ricordo una volta che siamo corsi nel rifugio ed era successo un diverbio tra un soldato semplice e un ufficiale tedesco, e uno ha tirato fuori la baionetta e si è sentito un urlo! Fuori dal rifugio, me lo ricordo ancora adesso."

Franco:"Anche perché noi si stava in periferia, leggermente in collina. E allora noi lì avevamo un grosso rifugio sotto la collina. Sopra la collina c'era una pineta, e lì c'era tutto l'accampamento tedesco: cucine, cannoni, magazzini. E allora lì bombardavano, perché la contraerea...E lì da noi han buttato giù quasi tutto! Lì da noi andavi in rifugio, e quando uscivi non sapevi se trovavi la casa, eh! C'era proprio quel terrore... Però mi ricordo i tedeschi, bravi e meno bravi, come al solito, mi ricordo i carabinieri, non ricordo soldati italiani. E mi ricordo, finita la guerra, i soldati inglesi, con sti elmetti piatti e ste ghette. E poi arrivati sti disgraziati dei titini, per dire niente a nessuno, [è successa] la fine del mondo!"

Bruno:"Si, c'era gli alleati e c'eran già i titini."

11) Ecco, parliamo dei titini. Ve lo ricordate l'ingresso dei titini a Pola?

Franco:"No, l'ingresso no, li vedevi. Ma poi noi eravamo bambini, oh!"

Bruno:"Poi non è che sono arrivati bum [tutti insieme], sono arrivati a gruppi. Io ricordo una volta con mamma, che ci teneva per mano, che siamo andati a Pola in centro, e lì succedevano già questi cose che i titini ti maltrattavano."

Franco:"Perché il titino non era in divisa, mi capisce? Erano un po' strani, han cominciato dopo a mettere le divisine."

Bruno:"Poi beh, tanto per cambiare, io ho fatto due o tre mesi di scuole con la bustina bianca [cappellino] e la stella rossa e ci davano le bandierine da sventolare."

Franco:"Anche io si, si, la stella rossa. E mi ricordo che mio papà era stato richiamato e noi eravamo sfollati a Pisino, che ci han sfollati lì, di autorità. Cioè, gli uomini o erano richiamati, o lavoravano, [mentre] i bambini e le donne che non lavoravano venivano sfollati. E noi siamo andati da un [nostro] zio, maledetto, con la gamba di legno, vicino a Pisino. Maledetto perché era cattivo, gramo!"

Bruno:"Aveva una cascina in campagna, e noi giocavamo nelle foibe, si figuri!"

Franco:"Si, giocavamo nelle foibe e, addirittura, nei crateri delle bombe!"

12) Prima mi parlavate di alcune bandierine da sventolare...

Bruno:"Si, mi ricordo sto fatto del cappellino e di ste bandierine che mi piacevano tanto, e chissà perché. Però non solo quelle slave, anche quelle italiane."

Franco: "Quando è finita la guerra, il papà è venuto a prenderci, in bicicletta! Io mi ricordo che è venuto su tre volte: prima ha portato giù mamma, in bicicletta, e son quaranta chilometri e più, e poi sai, l'Istria è fatta tutta salita e discesa ed era una faticaccia! Poi è venuto a prendere lui e poi me, o il contrario, non mi ricordo. Sulla bicicletta, io e mio papà con la bustina [cappellino] bianco con la stella rossa. E con mio papà [che aveva] un certo documento, perché ad ogni chilometro ti fermavano sti titini, con delle maniere... E quelle me le ricordo! Mi ricordo che mi fermavano, io su sto tubo, mio padre che tirava fuori questo documento... Poi però io battaglia tra adulti non le ho mai viste, so che ci son state me non le ho mai viste."

13) Vi chiedo ancora una cosa sulla guerra. Mi dicevate che voi in quel periodo avevate sempre da mangiare, quindi la fame di guerra non l'avete patita?

Bruno:"No. Io me lo ricordo questo...Un giorno la mamma ci prepara la merenda, una fetta di polenta del giorno prima con la marmellata sopra. La prendo e vado giù in strada, [dove] c'era un soldato tedesco seduto sul marciapiede che mi guarda sta fetta. A un certo punto ha tirato fuori una scatoletta con dentro ste sigarette, e allora io ho preso ste sigarette e lui si è preso la polenta. Questo me lo ricorderò sempre. Per dirle che io non avevo poi così bisogno [di mangiare]. Non abbiamo mai avuto problemi di questo genere."

Franco:"Non abbiamo avuto problemi, anche perché si andava a pescare. Gli adulti, me li ricordo. Si andava in barca."

Bruno:"I C-in, che abitavano sopra di noi, a Pola, andavano a pescare."

14) Prima mi parlavate di scambi tra il latte ed altri alimenti. Come funzionava?

Franco :"Mio papà lavorava alla Centrale del latte, e come tutti i dipendenti non faceva otto ore, ne faceva venti! Era sempre lì il papà, dio bonino, mattina e notte, non c'era mai a casa! Addirittura quando c'erano le sirene che non si andava a scuola, io e lui andavamo col papà, lì nel cortile [della fabbrica] insieme agli altri figli dei dipendenti."
Bruno:"Forse questo le interessa. Noi, i C.-in, e i M.in, che siam venuti via insieme qui a Pinerolo, abitavamo a Pola nella stessa casa."

15) Ho capito. E voi in che zona di Pola abitavate?

Bruno:"So la via. In via Niccolò Tommaseo, in periferia, abbastanza in periferia. E vicino c'era il magazzino militare."

Franco:"E' quello che gli stavo dicendo: dove eravamo noi, c'era la pineta, i soldati e poi c'era questo grosso magazzino dei tedeschi. Poi avevamo anche l'ospedale, vicino. Ma come dicevo prima, noi bambini coi tedeschi...Beh, i tedeschi ci davano anche le mele, perché si andava in pineta a giocare e c'era un cuoco, però con la pistola, che ci dava da mangiare le luganighe. I famosi wurstel che qui sono arrivati dopo, là erano una leccornia! Me lo ricordo che ce la davano quella roba lì, ma poi ti facevano anche correre, eh! Si, si, calci nel sedere e via, pedalare! Ma cosa volevo dire? Ah si, papà era in sta centrale, e lì faceva un po' di tutto lui, portava anche il ghiaccio in giro col motocarro. C'era anche il ghiaccio, e forse anche un po' col ghiaccio trafficava un po' il papà: invece di darti due chili te ne dava cinque e l'altro magari ti dava mezzo pollo, perché funzionava così, neh! Era borsa nera in tempo di guerra, dio fa! Chi aveva soldi spendeva, chi non aveva soldi barattava. O lavoravi per avere un pollo. Però c'era sto latte, e c'era sto famoso latte condensato, che era una rarità. E lo barattava: io so che di notte partiva, lui e tanti altri e andavano in campagna. Perché di giorni eri a rischio, perché i tedeschi ti fermavano. E di notte, senza luci, partivano, e so che papà arrivava con la farina. E noi, mi ricordo, noi si mangiava tanto polenta. Perché non c'erano i supermarket, tutta roba alla buona, eh!"

16) Prima mi stavate dicendo che da bambini giocavate nelle foibe. Ecco, parlando delle foibe e, ovviamente, dell'altro utilizzo che ne è stato fatto, posso chiedervi se voi lo sapevate?

Bruno:"No, no, tutto dopo."

Franco:"No, non lo sapevamo, anche perché i nostri [genitori] non è che parlassero tanto davanti a noi. Mio papà non ci ha mai detto è successo questo ed è successo quello. E anche le altre famiglie con noi bambini [non parlavano]. Quelle cose si capivano quindi dopo, perché sai, ascoltavi i discorsi."

17) E cosa si capiva?

Bruno:"Oh, una paura tremenda! A pensare queste cose delle foibe, che buttavano giù la gente..."

Franco:"Oh, ma già paura nei bombardamenti, sono cose che ti rimane. Delle foibe l'abbiam comunque saputo dopo, molto tempo dopo. Durante lì non abbiam mai sentito parlare delle foibe. Noi bambini, eh."

18) Voi siete di Pola. A Pola nell'agosto del 1946 accade un episodio meglio conosciuto come lo scoppio di Vergarolla. Posso chiedervi cosa vi ricordate?

Bruno: "Che ne parlavano i nostri. Parlavano addirittura di quel chirurgo [il medico triestino Giuseppe Micheletti] che gli han detto che il figlio era morto a Vergarolla e lui ha continuato a operare tutta questa gente. Quante persone sono morte? Settanta, ottanta? Una cosa...Ma, Vergarolla la sentivi sempre [nominare]: quando alla sera, anche qui, i nostri polesani si incontravano e parlavano, dicevano: ti ricordi quando gh'è suceso a Vergarolla?"

Franco:"Si, però neanche loro lo sapevano dio preciso come e cosa era successo, perché si è saputo poco tempo fa, eh! Parlo di dieci anni fa, perché da quelle zona là, e lei lo saprà benissimo, ne comincia a parlare adesso l'Italia, perché è una vergogna, eh! Ci han trattato mica tanto bene... Mio papà, guardi, buonanima, ce l'ha qui [sullo stomaco] l'Italia!"

Bruno:"Come ha detto Montanelli, che i nostri hanno votato due volte per l'Italia, che sono due volte italiani, perché sono nati a Pola, e hanno votato per l'Italia. Son due volte italiani, ma son frasi che si dicono... Comunque di Vergarolla è quello [ciò che mi ricordo]. Però dopo, anche qui, quando i nostri polesano si incontravano, magari per Natale che ci si riuniva, allora non c'era televisione e si passavano così le serate [a parlare], e sto Vergarolla saltava fuori sempre. Come il forte di Busini, dove han fatto fuori un casino di tedeschi quando sono arrivati i titini."

Franco: "Perché dove andavamo al mare noi, c'era una foiba, la chiamavano il buso. E' un buco, a Stoia, e quella è una foiba. Lo chiamavano il buso, ma dopo si viene a sapere che quella era una foiba."

19) Parliamo ora dell'esodo: voi quando siete partiti?

Bruno: "A gennaio del '47".

Franco: "A gennaio del '47".

20) Posso chiedervi come vi ricordate Pola in quei giorni?

Franco:"Vedevi gente che andava e veniva senza sapere il perché."

Bruno:"E' successo che gli Alleati ci hanno chiesto chi voleva scegliere [di] andare via o [di] stare lì. Questo gli alleati. E non è che io da bambino sapessi che erano gli Alleati, ma così, parlando. E ci han dato questo famoso codice da scrivere su tutti i mobili che volevamo, intendevamo e speravamo di portarci appresso in Italia, ecco. Son poi arrivati, eh! Bisogna dirlo! E [a Pola] si sentiva tutto battere i chiodi di qua e di là, perché c'eran casse piene di roba con sto codice. Non mi ricordo come [la nostra roba] l'hanno portata al porto di Pola, non lo so. E invece noi siamo partiti con quello che avevamo in dosso: valigie non esistevano, [avevamo] i famosi sacchi piegati così [a fazzoletto]. E poi ci ricordiamo l'imbarco sulla Toscana."

21) Ecco, me lo descriva, se riesce...

Bruno:"Mi ricordo sti materassi con questo odore... Perché erano materassi con le foglie di granoturco dentro, pagliericci. Un [letto] a castello che io ero l'ultimo e toccavo sul suolo del piroscafo!"

Franco:"Eh, la vita sul Toscana era dura! Abbiam messo un giorno da Pola a Venezia, e mi ricordo che io facevo la fila, mia mamma mi lasciava, per il caffè latte, [mentre] lei andava a prendere il pane con lui."

Bruno:"Io mi ricordo l'imbarco."

22) Me lo può raccontare?

Bruno:"C'erano i vecchi che ci salutavano, e noi eravamo lì, tutti insieme. E poi aspettare, aspettare, aspettare...E urlai di qua e urla di là, e non so di chi, di come e di quando...Freddo, tanto freddo. Perché a Pola quando fa freddo, fa freddo...Noi tutti in pantaloni corti, siamo arrivati qui [a Pinerolo] alto così di neve! Il freddo di Pola, d'inverno...Io l'unica volta che sono andato d'inverno, ho patito da maledetto. Un freddo che ti entrava nelle ossa, perché lì c'è il borin, una piccola bora. Comunque ricordo freddo e urla."

Franco:"Si, ore e ore su sto molo a Pola. Ore e ore lì, [con la gente che ti diceva] non perderti, stai qua. Erano tutti nervosi, anche papà e mamma, che uno andava e chiedeva cosa succede, ma dove andremo? Eh, dove andremo, boh!"

Bruno:"Nessuno sapeva niente, nessuno sapeva dirti niente."

Franco:"Mio papà ha scritto [scelto] Torino, perché? Perché era stato richiamato a Fossano, e ha pensato che qui c'era lavoro."

Bruno: "Non credo, Franco. E' andato a Torino perché oramai a Trieste, Venezia e Monfalcone era pieno, Torino accettava, però anche da Torino ci hanno mandato poi a Pinerolo. [E' andato a Torino] perché non c'era più posto, ma non che papà voleva andare a Torino."

Franco:"Un motivo c'era, se tutto il nostro gruppo sono venuti a Torino! Tra di loro avran parlato gli anziani per venire qui e non perdersi per strada!"

Bruno:"Ci han mandato a Torino, loro non avevano deciso niente Franco. Per quel che mi ricordo io... Non potevi decidere, Franco!"

23) Possiamo dunque dire che Pola era vuota?

Bruno:"Era vuota, si, si. E specialmente gli slavi, hanno occupato subito tutti questi alloggi che si svuotavano."

Franco: "Gente che non erano mai stati in una casa, ignoranti come zucche, non capivano niente! E poi si vedeva l'abbandono, anche noi [lo vedevamo]. Vedevi sempre l'esercito slavo, mi ricordo le divise: c'era sti Alleati, specialmente gli inglesi, io americani non ne ho mai visti, gli inglesi me li ricordo. Mi ricordo sti maledetti slavi, prepotenti. E litigavano sempre tra alleati e slavi: gli alleati per proteggerci noi, a un certo punto. E poi c'era anche i carabinieri, ecco."

24) Ora vi chiedo una cosa, partendo da un presupposto, e cioè che voi, vista la vostra giovane età avete seguito le decisioni della vostra famiglia, che vi hanno portato a partire. Ecco, ma secondo voi, quali sono state le ragioni che hanno spinto la vostra famiglia a partire?

Bruno:"Eh, perché conoscevano benissimo la situazione, senz'altro... Non c'erano i mezzi di informazione che ci sono adesso, però la voce popolo correva: si sentiva dalle campagne cosa combinavano i titini, era una paura matta!"

25) Quindi è stata la paura a farli partire?

Bruno:"La paura, si, si, la paura., e non il voler essere italiani. Perché, parliamoci chiaro, mio papà e anche mio suocero, hanno fatto mezze scuole austro-ungariche e mezze scuole italiane e non so che pensieri e che cultura avessero in testa, però...Si, si, la paura. Io e mio fratello non abbiamo patito granché, ma i miei...Io penso a mio padre, dire vado o non vado, ho due bambini piccoli, e con tutto quello che succedeva...Penso che i miei genitori abbiano pensato così."

Franco:"Mio papà è venuto via per noi, perché chi è rimasto lì? I comunisti! Chi era comunista è rimasto, principalmente, ed è poi rimasto chi aveva dei terreni: quelli son rimasti. Ma i cittadini andavano via. Perché poi ci han detto, che noi mandavamo i pacchi giù alla nonna che non avevan niente, un fracco di soldi hanno speso mio padre e mia madre, erano poi loro che ci dicevano sta roba. E poi venivano maltrattati: allora, se io, cittadino, rimanevo a Pola, non trovavi posto di lavoro, perché se c'era un posto e si presentava uno slavo e un italiano, dicevano loro, il posto era per lo slavo, mica per l'italiano."

Bruno:"E infatti Scoglio Olivi non ha mica funzionato bene, ci ha messo dieci anni a riprendersi, perché ci mandavano gente di loro che non sapeva [lavorare]."

Franco:"Certe cose noi le sappiamo perché siamo poi andati in ferie lì, e quelli del porto ti dicevano meno male che siete andati via! E adesso stanno meglio loro di noi! Però all'inizio son stati maltrattati, pestati e uccisi anche loro [i rimasti] eh! Gli italiani... Arrivava il slavo e... Padrone di cosa! Diceva che era casa sua! Se andiamo a vedere, han mica torto, perché nel 1800... Però poi Tito ha tirato fuori quella cretinata... Che Tito voleva arrivare... Io non so dove voleva arrivare quello lì, voleva arrivare a Venezia se poteva! Comunque si, si è stata la paura [a farci partire] e la paura la sentivi."

26) E come la sentivi la paura?

Franco:"Io avevo paura che il tedesco ti picchiasse, che lo slavo ti picchiasse, perché vedevi gli adulti che avevano paura, e se aveva paura mio padre avevo paura anche io, abbia pazienza!"

Bruno:"Una cosa che le può far capire la paura. Noi abitavamo a pianterreno, e poi c'era il primo e il secondo piano. Il portone non era come adesso, chiuso. Se sentivi di sera qualcuno entrare e non sapevi chi era, ti veniva la paura. Perché gli Alleati mica mandavano le ronde per la città, eh!"

Franco:"Eh si, parliamo prima che arrivassero i titini, che c'erano i tedeschi e i partigiani, buoni anche questi dio bono, e di notte giravano. Sentivi sparare nelle vie ehi, è paura quella, abbi pazienza! E quando bombardavano anche di notte, altro che fuochi artificiali!"

Bruno: "E mi ricordo anche di giorno, quando suonava l'allarme e vedevo i puntini su che brillavano e sentivi questo rumore, un rumore che ti entra dentro. E [c'è stato] un periodo che hanno bombardato, giorno e notte, il porto militare di Pola."

27) Voi siete partiti da Pola nel 1947, a gennaio. Mi raccontate il vostro viaggio? Cioè, voi siete partiti da Pola fino a?

Bruno:"Venezia. A Venezia siamo arrivati al famoso molo degli schiavoni. E lì sono poi dopo arrivati anche tutti i mobili, e sono rimasti mesi e mesi sotto l'acque e sotto il sole, che si il legno si aprova tutto. A Venezia ma anche a Trieste, che c'era il famoso magazzino. E da Venezia treno e treno, che mi ricordo dei formaggini americani, che non li avevo mai visti, quelli triangolari. E poi anche il latte condensato americano ci davano. Mi ricordo questo e il freddo."

28) E a Venezia siete rimasti qualche giorno?

Franco:"Si, si."

29) E vi ricordate dove siete andati?

Franco:"Sulle banchine del porto."

30) Non vi ricordate se c'erano dei punti di accoglienza?

Franco:"Si. Io quel che mi ricordo io è che i militari ci portavano la pasta e la minestra, i militari. Che arrivavano lì con ste marmitte [e dicevano]: quanti siete qua? Tre, due? [E ti davano le mestolate]. Poi non mi ricordo chi ci portava il pane, se erano militari o se erano altri], e questo a Venezia, ma anche nelle stazioni che si andava, ma c'era sempre questa roba [del mangiare]. E poi mi ricordo i preti, che avevano un nome. Erano vestiti come dei preti proprio, non come adesso. Erano un aiuto della chiesa che avevano un nome...Pontificia qualcosa..."

31) Pontificia Commissione di Assistenza?

Franco:"Ecco, bravo! Loro ci portavano la frutta e anche i formaggini."

Bruno:"Da vestire [non ci davano] ancora niente. Da vestire ce lo hanno dato dopo, quando siamo arrivati qui".

32) Ecco, ma a Venezia dove dormivate?

Franco:"Nelle stazioni mi ricordo che delle volte si mangiava anche sul treno, perché ti scaricavano lì per tre o quattro ore e poi ripartivi. A Venezia mi pare che forse siamo andati tutti in un deposito a dormire, ma un giorno o due, perché poi siam venuti via."

33) Quindi da Venezia avete poi preso il treno e siete venuti a Torino...

Franco:"Io mi ricordo Torino, altre stazioni no. Ci saran state, perché ci si fermava e si andava al gabinetto. Io ancora mi ricordo che ci davano l'uovo in polvere, che con l'uovo in polvere facevi la frittata. So che ci davano il mangiare. E mi ricordo i militari e i volontari della Croce Rossa e poi i preti. Perché mi ricordo dei preti che venivano e chiedevano a me, a lui o al papà: quanti siete? Quattro [rispondevamo], e allora ci davano quattro mele. Quello me lo ricordo, niente da dire, per carità. Anche il caffè [ci davano], perché [mi ricordo] che c'era roba calda, c'era roba calda. Poi Torino."

34) Ecco, poi arrivate a Torino...

Bruno:"Si, dopo tre o quattro giorni e siamo andati alle Casermette."

35) E cosa ricordate delle Casermette?

Bruno:" Un freddo cane! Sti separè con la corda e le coperte tra una famiglia e l'altra."

Franco:"Una famigli in due metri quadri, con le coperte militari e il nome attaccato lì sulla carta Su e giù tutto il giorno, un freddo cane. Disinfettavano due volte al giorno, che questo odore mi pare di sentirlo ancora adesso sto disinfettante. Un freddo cane, dio fa! E lì ci portavano da mangiare i militari, me lo ricordo. E mi ricordo un giorno...Quanto siamo stati non mi ricordo, ma un giorno, noi eravamo lì che si giocava, arriva tanta gente e arriva uno vestito di rosso, era poi un vescovo. Arrivano i carabinieri, i preti neri, i militari e sto qui in rosso. Era poi il vescovo di Pinerolo, Binaschi. Mai visto un vescovo noi, neanche laggiù. Cioè noi siam cattolici, ma laggiù...Noi eravam bambini si, i preti li vedevamo, però...Si, si andava in chiesa, però...Comunque, vedo la scena e noi tutti a scappare. E mi ricordo che sono andato da mamma e lei mi dice, cosa c'è? Mamma, c'è i rossi! Ma che rossi? Eh, c'è uno vestito da rosso! Ma no, stai bravo, stai bravo, è un vescovo! Ed era sto famoso Binaschi di Pinerolo, che è venuto a Torino, ha radunato tutti i capi famiglia e gli ha fatto un certo discorso: io posso accogliervi e sistemarvi non qui ma in delle case disponibili per tot persone, dieci famiglie, boh, non so. Chi vuol venire si faccia avanti. E allora papà ha detto io vengo."

Bruno:"Non sapevamo nemmeno dov'era Pinerolo: vedevamo queste montagne, e non le dico come siamo arrivati!"

36) Ecco, come siete arrivati?

Bruno:"Una cosa allucinante! Un camion americano, il Dodge, col telone e noi dietro, un freddo che non le dico! L'unica cosa per vedere ogni tanto, perché non potevi chiedere niente, tirava tutto dritto! C'era un finestrino e quello che guardava ci diceva siamo qua, siamo là...Noi siamo stati accolti su alle Giuseppine, a San Maurizio. Per arrivare lì, sono passati da una salita tremenda. Con la neve, questo Dodge slittava di qua e di là, e arrivato su doveva poi scendere per cento metri, per una via che si chiama via Principi d'Acaja. E le nostre mamme, io me le ricordo, che dicevano ma dove ei ne porta, dove ei ne porta! E piangevano!"

37) E quindi voi avete scelto Pinerolo pur di non stare alle Casermette?

Bruno:"Ci hanno dirottato qui, perché alle Casermette era pieno. E noi siamo arrivati dove le stavo dicendo, al convento delle Giuseppine, in via Principi d'Acaja, che era un piccolo ospedale del convento, e ce l'hanno dato a noi. Quattro famiglie: D. [la nostra] i C., i C. e i P.. C'era questo ospedale fatto a U, con la ringhiera, e giù al pian terreno c'era un cortile. Sopra, al primo piano, hanno accolto i C. [in] una stanzetta, più piccola di questa [quella in cui stiamo facendo l'intervista], un buco. I C., che erano non i più...Insomma, erano sempre lì che sgomitavano, perché erano papà, mamma e due figli già maggiorenni, uno aveva già addirittura fatto il marinaio, e lo so si sono presi il posto più bello, anche perché avevano la toilette dentro. [Era] uno stanzone grande. Poi, sempre a quel piano lì, c'era il P. che aveva una stanzetta piccolissima. Noi quattro [eravamo] sotto, due stanze, non male. Però era umido, umido: queste costruzioni piemontesi di una volta, tutto umido, la muffa, non era male, però mia mamma si è poi ammalata."

38) Voi siete arrivati in via principi d'Acaja, che era che cosa?

Bruno:"Ma, una piccola clinica, un ospedale delle suore."

39) Ho capito. Perché dai documenti che io ho raccolto, ho visto che a Pinerolo altri profughi sono stati accolti all'Ospizio di carità di via Luciano 1...

Bruno:"Si, si, vicino a San Giuseppe. Lì [c'erano] i V., i M., i Z. , e i Z.. Ci siamo poi dimenticati una famiglia: gli I..Gli I. erano una famiglia non dico facoltosa, ma più benestante di tutti noi, perché erano negozianti a Pola. Non col naso su, però."

Franco:"No,no,no, avevano proprio un po' il naso su gli I.!"

Bruno"Addirittura, la madre ci raccontavano sempre di quando erano in Africa e c'era sempre il negretto con l'ombrello...Erano già un po' più...Alta borghesia, diciamo! Lui però era simpatico, un ciacolon."

40) Poi oltre a via Luciano e via Principi d'Acaja ho visto che altri profughi erano sistemati ad Abbadia Alpina...

Bruno:"Abbadia Alpina...Ah, si, sa chi c'era lì? I S.."

41) Posso chiedervi come funzionava la permanenza in queste strutture: cioè, voi siete arrivati, vi hanno sistemati e poi siete rimasti sempre lì?

Bruno:"Finché i nostri...Cioè, perché le spiego...Specialmente i Z. e i Z., son poi partiti per l'Australia, perché c'era possibilità [per] chi voleva di scegliere Stati Uniti e anche Australia. Anche i nostri hanno fatto domanda, però si son trovati il posto di lavoro e allora [son rimasti]."

Franco:"Eh si, io col papà ho parlato di questa roba, anche perché noi qui fino a un certo punto non eravamo italiani! Ci è andato qualche anno: infatti noi qui eravamo i polacchi e i fascisti, ci trattavano così. Però poi abbiamo incontrato dei negozianti che ci aiutavano."

Bruno:"Però, Franco, renditi anche conto che non c'erano i mezzi di informazione come adesso, non sapevano chi era sta gente che arrivava, e nessuno si è affannato a spiegarglielo."

Franco:"Ma infatti io non do la colpa, però voglio dire che il panettiere, il macellaio e gli alimentari, ti ricordi che avevamo il libretto? Bisogna ringraziarli, dio bono! Eh si, si andava a comprare col libretto, venti lire, dieci lire..."

Bruno:"Eh, si, perché non avevamo soldi e ce li hanno dati!"

42) A questo proposito vorrei chiedervi: godevate di qualche forma di assistenza?

Bruno:"Si, non pagavamo l'affitto. Altre cose, non so...Tenga conto che l'affitto era un affitto simbolico, e la corrente la pagavano le suore e il gas non esisteva. Poi si, ci davano qualcosa, dei sussidi."

Franco:"Cucinavamo col spaher, alla tedesca! Ma [di soldi] non ne avevamo! Mio papà andava a fare l'elettricista dove poteva [e gli dicevano]: quanto vuoi? Eh, dammi quello che vuoi. Non pretendeva niente. Noi si andava a scuola e non si capiva un tubo!"

Bruno:"poi evidentemente le autorità di Pinerolo han cominciato a spargere la voce..."

Franco:"Dih, guarda che non eravamo italiani noi, eh!"

43) Ecco, parliamo allora di questo: come siete stati accolti qui a Pinerolo?

Bruno:"Senza fare polemiche...Direi abbastanza bene, eravamo noi che non riuscivamo ad inserirci bene subito, perché eravamo delle mentalità diverse, anche come...Come dire...Avevamo una certa disciplina, noi eravamo proprio come gli austro-ungarici!

Franco:"Dicevano che quelli che venivano da là [dall'Istria] eran fascisti, che avevano piantato casino, cosa siete venuti qui?! Queste cose le sentivamo noi da bambini, poi da grandi [è andata meglio]."

Bruno:"Si, da bambini...Io mi ricordo le prime volte che siamo usciti in strada per vedere dove eravamo, e c'erano altri bambini, e dopo non dico il primo [giorno] ma il terzo o il quarto si giocava già: come ti chiami, chi sei? Poi, guardi che non parlavano nemmeno l'italiano qui eh! Parlavano piemontese, piemontese".

Franco:"Dio fa, i'eri in barca 't capivi niente! Noi [parlavamo] istriano, qua piemontese!"

Bruno:"Noi il picio e la picia è il bambino e la bambina. Dire quando siamo arrivati noi non è che era tanto, eh! Solo per fare piccoli esempi, terra, terra."

Franco:"Perché, in quel periodo, fascisti era fisso, perché i grandi pensavano che noi eravamo tutti fascisti. No i bambini eh, u grandi. E i polacchi [cioè ci chiamavano polacchi] sai il perchè? Perché erano venuti tanti sfollati polacchi che erano ex prigionieri, e si erano fermati a Porte. La famosa fabbrica di talco e graffite, la Val Chisone, che si chiama adesso ma anche allora, era piena di polacchi nelle miniere. E allora anche noi siamo arrivati insieme a loro ed eravamo tutti polacchi per la gente qui. Che ne sapeva la gente qui! Poi ti facevi amico con le famiglie e parlavi: guarda che io son questo, son quello, son quell'altro..."

Bruno:"Comunque, e mi ripeto, [i nostri] erano tutta gente specializzata: hanno trovato tutti il posto alla RIV, perché erano specializzati."

Franco:"Si, ma dopo qualche anno, perché prima non ti assumevano, non eri italiano! Hanno cominciato ad assumere nel '52, che questa è una data che ce l'ho qui, perché sono andato a lavorare anche io nel '52, a quattordici anni."

44) Alla RIV?

Franco:"No, a Torino."

Bruno:"E andava su e giù con i treni, ma non quelli che ci sono adesso, quelli fatti come un carro bestiame: salivano su e si erano fatti quegli sgabellini [di legno] con la tela che aprivano e si sedevano lì. Carri bestiame!"

Franco:"Eh si, questo era l'andazzo! Lavoravo in una fabbrichetta."

45) Ritorniamo un attimo alla struttura in cui siete stati accolti. Volevo sapere per quanto tempo siete rimasti lì...

Bruno:"Nessuno ci mandava via. [Siamo rimasti] fino al 1956, che poi hanno incominciato a fare le case Fanfani e i profughi istriani avevano un certo vantaggio [nell'assegnazione]. Poi mio padre invece non aveva fatto domanda, perché lui era stato assunto alla Piemonte Centrale Elettrica, la PCE, un bellissimo posto, e gli avevano ventilato che gli avrebbero fatto le case. E invece i nostri compaesani han trovato subito una casa, e invece noi fino al '56 la PCE non ha fatto quelle case e ci siamo iscritti per le case popolari, queste, la ACP e ci è andata bene.2

46) Quindi anche qui a Pinerolo hanno costruito le case per i profughi?

Bruno:"Si, si, in via Duca d'Aosta. Ma noi siamo andati via per ultimi [rispetto agli altri], nel '56."

Franco:"Che poi le case le ha fatte anche la RIV; e lì sono ad esempio andati i V. e gli I.. Case RIV perché si vede che c'era un unione e han cominciato a dire: sti sfollati, dio fa, mettiamoli a posto, non è mica colpa loro! Mio padre è stato poi scherzo, se no magari anche noi andavamo lì alle case popolari. Poi però han fatto questa ed è andata bene questa!"
Bruno:"Ma non è che ce le hanno date le case, le abbiamo prese a riscatto, come gli altri."

47) Parliamo una attimo del lavoro. Prima mi dicevate che vostro padre faceva tanti lavoretti...Ecco, ma ai primi tempi come si sbarcava il lunario?

Franco:"Eh, sussidio e poi sti lavoretti, ma non da ingrassarti! Perché nessuno...Io mi ricordo che mio papà mi diceva che andava a chiedere, perché lui non stava [con le mani in mano] non era il tipo mio papà e neanche gli altri dei nostri, non erano i tipi da star lì ad aspettare che cosa, la mela?! Allora Fiat e RIV non ti assumevano, perché non sapevano chi eri, e Pinerolo non ti dava la residenza. Pinerolo non ti dava la residenza, mio papà andava a lavorare , facevi due o tre giorni, chiedeva la residenza ma Pinerolo non te la dava."

Bruno:"Ci han dato la residenza provvisoria subito, nel '47. Definitiva dopo, nel '48 o nel '49."

Franco:"E poi nel' 52...Io devo avere un documento che ti dice che nel '52 eri un cittadino italiano, ma prima non eri un tubo! Porca miseria!"

48) E gli altri profughi dove sono andati a lavorare? Cioè alla fine sono stati assorbiti anche loro nelle fabbriche della zona?

Franco:"Si, si, perché dopo ti hanno assunto. Dopo quando c'erano tutti i documenti, han preso la gente!"

Bruno:"Come lavoro si sono sistemati, direi bene, si sono inseriti."

49) Ritorniamo un attimo all'accoglienza e colleghiamola per un momento al tema del lavoro. Io non so se sia capitato anche a voi, ma in altre interviste che ho realizzato emergeva spesso come i profughi fossero non sempre visti di buon occhio dai locali poiché intesi come coloro che venivano a competere sul mercato del lavoro...

Bruno:"Che gli rubavamo il lavoro...Eh si, ce lo rinfacciavano sovente, me lo ricordo. Sia [per il lavoro], ma anche per le case. Ma io penso che sono quelle polemiche che si sentono dappertutto in Italia, anche per i meridionali che son venuti su."

Franco:"E infatti qualche anno dopo è successo coi meridionali la stessa cosa. E' uguale."

Bruno:"Si, la stessa cosa che è successa coi meridionali: gli portavamo via il lavoro, gli portavamo via le case. Ma io per la casa non è che gli do ragione, perché non hanno provato ad essere profugo. Però, sai, si vedono arrivare un altro..."

49) Parliamo del vostro inserimento a Pinerolo...

Bruno:"Io a scuola mi sono trovato malissimo!"

Franco:"Anche io, mamma mia, mamma mia, era tutto un altro sistema!"

50) Perché?

Bruno:"Perché non capivo una mazza! A un certo punto a Pola andavamo a scuola italiana, però, e non so come, io a inserirmi qui [ho avuto difficoltà]: fino alla quarta non ero io a scuola."


51) E poi come avete fatto a inserirvi?

Bruno:"Eh, un po' con gli amici, poi il bambino fa subito."

Franco:"Uh, [a scuola] tribolavo, tribolavo! Infatti io l'avviamento non l'ho manco finito, mi hanno bocciato all'ultimo anno, via, via fuori!"

Bruno:"Io mi ricordo che gentilmente, ti chiedevano. Perché noi avevamo portato [dietro]] qualche pagella, e non so più se della prima o della seconda, con quello che avevamo fatto. Poi [gli insegnanti] chiedevano ai nostri genitori: ma il fatto di controllare psicologicamente questo bambino che è arrivato dopo un viaggio da un'altra terra e in che stato si trovava, non esisteva. [Il] pensare a come [si trovava] sto bambino non c'era. Cioè, no si preoccupavano, se non capivi, di insistere, ti dicevano via! "

Franco:" Insomma, lasciamo stare le elementari che più o meno è andata bene, io mi ricordo l'avviamento che i professori...Ad esempio il francese...Il professore mi diceva: ignorante! Ma vaglielo a dire che non capisco quando mi parli in francese! Sempre tre, tre, tre! Son quelle cose che te la prendi con tutti, dopo. Lui è più intelligente di me, ma io finito l'avviamento basta, sono andato a lavorare. Lui ha fatto un lavoro un po' più sulle sue, poi ha fatto i corsi da disegnatore che volevo fare anche io ma la fabbrica non mi ha lasciato perché non mi dava il turno. Lui l'ha fatto e gli è andata bene: si è sistemato disegnatore, poi per conto suo è diventato geometra, e va beh! Io invece avevano poi già problemi con la famiglia, e [di] studiare mi è passata la voglia."

Bruno:"Allora, l'inserimento con gli altri bambini [non è stato duro], perché insomma, con gli altri bambini si giocava, ma a scuola male. Che poi io avevo un maestro, Daniele e mi diceva sempre: tu c'hai il chiodo in testa come i tedeschi! Me lo diceva sempre, sempre! Ma dio fa, sono un bambino dio sette od otto anni, e io me la ricordo sta frase! Una volta durante l'ora di storia, si è parlato di Nazario Sauro, che è stato impiccato a Pola. E si son girati tutti verso di me, come se l'avessi impiccato io. Per darle un'idea!"

52) Mi diceva che la casa dove stavate era delle suore?

Bruno:"Si, e le suore ci hanno aiutato, in tutti i sensi: se le nostre mamma avevano bisogno ad esempio delle cose di casa, perché siamo arrivati e avevamo solo i letti e i materassi, [ma] pentole, coperte e tutte quelle cose lì terra terra, giorno giorno, andavamo a chiedergliele alla suore che se non le avevano ci dicevano dove andarle a prendere. Venivano due otre volte al giorno giù da noi, e prendevano sto saccone dell'immondizia e lo portavano via, mandavano il giardiniere [a sistemare], pulivano sempre... No, no, ci hanno sempre aiutato. I bambini si ammalavano? E loro venivano a farci le punture: no, no, per carità, le suore ci hanno aiutato. E veniva, ogni tanto, [anche] il vescovo a trovarci, che mi ricordo che ci dava la medaglietta. E noi eravamo diventati talmente suore... E poi, a cento metri, c'erano anche le suore di clausura, e venivano sovente su i preti a confessare le une e le altre e noi, automaticamente, [dicevamo] sia lodato Gesù Cristo! Eravamo, come dire, di chiesa e di suore!"

Franco:"Io andavo a servire messa tutte le mattine alle sette, eh! Andavo a fare il chierichetto, a servire messa. Papà andava ad aggiustare la roba elettrica alle suore."

Bruno:"Noi comunque le suore ci hanno sempre aiutato: non ci hanno mai rinfacciato niente, di andare via, di darci da fare...Noi siamo stati lì fino al '56, quindi otto anni."

53) Dalle suore c'erano tante famiglie in un unico spazio. Vorrei chiedervi se la vostra vita scorreva quasi come se fosse in un campo profughi oppure no?

Bruno:"No...Diciamo che la domenica si andava o dai C. o dai P. e gli adulti ascoltavano le partite alla radio o giocavano a carte in queste stanze piene di fumo. E poi si andava da un'altra famiglia, o sotto da noi e poi il natale si passava tutti insieme."

Franco:"Ma sempre tra noi, eh! Non con altre famiglie... Con altre famiglie ci frequentavamo noi bambini."

Bruno:"No, con altre famiglie niente...E sentivamo i discorsi dei grandi e certe volte ci mandavano via."

Franco:"Eh si, perciò non possiamo sapere tutto! Mio papà e mia mamma, quando non volevano farci sentire ci mandavano via."

54) Tornando a parlare dell'assistenza, mi dicevate prima che vi davano anche dei vestiti?

Bruno: "Ecco, dopo, mi ricordo, sono arrivati anche i vestiti. Mi ricordo sti pacchi che portavano, non so chi, attraverso la chiesa, dall'America. Per i bambini e anche per i grandi."

Franco:"Si, c'era un 'assistenza con un nome..."

55) L'ECA...

Franco:"Ecco, si, si, può darsi".

Bruno:"Ma non tante volte, saran venuti una volta o due. E poi, come diceva mio fratello, si andava nel negozio di alimentari segnavi, segnavi, segnavi e a fine mese si pagava. Si andava dal sarto, il famoso C., ma dopo diversi anni, perché si diventava grandi, e allora non c'erano come adesso [i negozi] che lei va a comprarsi i pantaloni, bisognava farli e si andava dal sarto."

Franco:"Poi noi abbiam tribulato io e lui, neh! Perché mia mamma è subito venuta malata, inchiodata nel letto, e dovevam fare tutto noi: lavare, fare da mangiare, andare a comprare la roba..."

Bruno:"Mio papà, ad esempio, lavorava alla Piemonte Centrale Elettrica, e alla befana ci davano i pacchi per i bambini. Poi i pali della luce che erano tutti di legno e li hanno tagliati per metterli in cemento, sti pali, a chi voleva tra i dipendenti, ce li portavano fino là con i camion e noi li portavamo dentro nel cortile e li segavamo per far legna. Tra una cosa e l'altra ci hanno aiutati!"

56) Riuscite a descrivermi la vostra casa dalle suore?

Bruno:"Due camere, tutte e due con davanzale non sporgente, e c'era una ringhiera a filo del muro."

Franco:"Una ringhiera che dava su niente! Dava su un giardinetto".

57) Siamo quasi alla fine. Vi chiedo solo più poche cose. La prima è una mia curiosità, e cioè vorrei sapere che effetto vi ha fatto trovarvi, di botto, dal mare di Pola a Pinerolo?

Franco:"Per me un disastro! Per mamma non ne parliamo..."

Bruno:"Ma, Franco, noi bambini ci siamo adattati subito..."

Franco:"Si, si, però i'era brut propri, dio fa!"

Bruno: "Diciamo che quello che ci mancava era il mare. Quando si andava la domenica a trovare gli zii a Sarcogiana, e quelle cose lì le abbiamo perse oramai."

58) Prima di iniziare la nostra chiacchierata, mi avete detto che a Pola tornate abbastanza spesso. Avete nostalgia?

Franco:"Si, tanta."

Bruno:"Si. Adesso [però] non ci ritornerei più, ma fosse stato solo dieci o quindici anni fa [si]. Però non con loro [i croati]. Loro non mi hanno mai fatto particolarmente male, mi han portato via la terra e non lo so se è per colpa loro op del fascio. Mi troverei meglio là che qua, anche se qua, diciamo, ci han dato da vivere. Ci ha dato tutto il Piemonte".

Franco:"Per carità, appena uno ha potuto si è dato da fare, ma naturalmente c'è sempre un handicap. Adesso Pola è tutta un'altra cosa, avesse visto che roba."

59) Voi, me lo dicevate prima, tornate spesso...

Franco:"Io ci vado tutti gli anni."

Bruno:"Io è diversi anni che non vado, ma mio fratello va sempre. Prima andavo a Stoia, andavo da dei parenti di mia moglie che ci accoglievano, che avevano un alloggio. Poi quando sono diventati vecchi abbiamo preferito essere indipendenti e andavamo con una piccola roulotte a Stoie, e ci siamo andati per diversi anni, [e lì] avevamo anche la barca."

Franco:"Io invece vado a Punta Promontore...Che bello, dio fa!"

Bruno:"Sentiamo che è casa nostra, però non ci sentiamo più né di qua né di là. E nemmeno qua ci sentiamo italiani piemontesi..."

Franco:"Io sono anni che vado giù, e il bello è che io ho conosciuto sindaci, direttori di regione, avvocati, che mi dicono: tu chiedi la cittadinanza croata, hai dei vantaggi. E che vantaggi ho? Eh, vieni qui e con quattro milioni ti fai una casa di tre piani. E' vero! Solo che io non mi fido, dio fa, non mi fido! Essendo nato là hai tanti diritti...E anni che dico a mia moglie di, chiudiamo baracca, compro là e almeno sto al mare, c'ho una bella spiaggiona... Però non mi fido."

Bruno:"Ma lei lo sa, cioè si rende conto che gente nostra, italiana, che va in Istria non sa nemmeno cos'è l'Istria? Non sanno niente della nostra storia: parlano di Pula, di Rijeka, mamma mia! Io una volta sono andato dai carabinieri per il passaporto e gli dico: Pola. E lui non lo sapeva neanche dov'era!"

Franco:"Lei lo che i primi anni noi non si poteva andare giù. O meglio si andava, però...Ad esempio la mia suocera doveva fare a Milano un documento che andavi in ferie là, dicendo chi sei, dove andavi, da chi e quando, e dovevi farti [fare] il timbro dalla questura di qua. Di qua lo mandavano là, e là ti davano il visto. E se alla frontiera non avevi quel visto non [entravi]. Ma c'era ancora il casino di Trieste Territorio Libero. I primi anni, fino al '52, era ancora così. Io non ho potuto andare giù, e la prima volta che sono andato giù con la Seicento, che ho portato giù mamma. Ero io, mamma, la moglie e Paola [mia figlia] che era piccola. Arrivo in frontiera, Jugoslavia eh, non c'era ancora Croazia, Jugoslavia! Arrivo in frontiera, e dai nostri bom [tutto bene], arrivo in Jugoslavia, ero con la 600 che era piena, prendo i due passaporti e glieli do. C'era un tipo di guardia, guarda e me lo butta dentro. Poi mi guarda e mi grida dentro! Vengo fuori e viene lui e un altro, e con il passaporto [in mano] mi fa: torni a casa, eh!? A quei tempi io ero pieno di capelli, le basette e i baffoni, sembravo uno di loro! Torni a casa eh! Eh allora, gli dico io? Come allora! Poi ne arriva un altro, gli parla in slavo e poi mi fa andare via. Questo per dire come ti vedevano laggiù."

Bruno:"Io son sposato con mia moglie che è di Pola. Però, durante i bombardamenti le donne incinte le mandavano via, e lei è nata a San Daniele del Friuli. Piccoli fatti di Pola, dei bombardamenti."

44) Voi siete quindi rimasti.