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Intervista a Jolanda T., Giuseppe T. (Bepi), Giuseppe T. del 31/08/2009

1) Le chiedo innanzitutto un po' di dati anagrafici: dove e quando è nata?

Jolanda : " [Sono nata a Sissano] il 29 maggio del 1929".

2) Può parlarmi della sua famiglia di origine? Quanti eravate, cosa facevano i suoi genitori...

Jolanda "I miei genitori... Mia mamma aveva quindici anni quando son nata io, aveva quindici anni. Lei non ha mai lavorato, perché, così...Invece mio papà faceva il meccanico, era a Scoglio Olivi, che sarebbe al cantiere navale. E poi a casa faceva il meccanico, per conto suo. E poi vendeva anche le macchine da cucire: [era] rappresentante delle macchine da cucire là in paese e lui le vendeva, faceva il rappresentante nei paesi. E poi, dopo due anni [che son nata] è nato un altro fratello che era a Torino e che, poverino, è morto giovane, poi dopo tanti anni è nato lui [si riferisce al fratello Giuseppe T., presente durante l'intervista], e poi io mi son sposata che avevo diciotto anni e a venti ho comprato mia figlia. E dopo un anno mia mamma ha avuto un'altra figlia, a trentacinque anni: era nonna a trentacinque anni e a trentasei ha comprato un'altra figlia! Capita... Eh, insomma, io stavo sempre con i nonni, son sempre stata più coi nonni [che con i genitori]."

3) Lei è di Sissano: riesce a descrivermelo il paese?

Jolanda : " Era un paese agricolo, abbastanza, perché tutti avevano un po' di terra, un po' di grano, un po' di uva, il maiale e sa, anche in tempo di guerra lì non ci mancava niente, perché avevamo tutto. E poi nel '47 quando siamo andati via era miseria. Invece quando ero giovane io era abbastanza: sa, mia nonna aveva le galline, aveva le uova, tutto il cortile che aveva di tutto, l'orto."

Giuseppe: "Il paese è Sissano, in italiano, e comandava l'Italia. Tutti i paesi attorno erano croati, e i croati erano un po' messi da parte, e quando è venuta la Jugoslavia si è capovolta la cosa. Sissano è rimasto indietro, in un angolo, [mentre] gli altri paesi [come] Medolino, Visignano - tanto per dirne [alcuni] - han fatto furore."

4) Dunque mi sembra di capire che anche a Sissano da un punto di vista demografico la componente principale era quella italiana...

Giuseppe T.: "Sissano, Gallisano, Dignano, Fasana erano tutti paesi italiani. Pola anche era italiana, ma io parlo di paesi. Invece Valtura, Monticio, Lavarigo, Marsana, Medolino, Albona erano tutti paesi croati."

5) Com'era il rapporto tra la componente italiana e quella croata?

Bepi: "Uh per carità, per carità!"

6) A questo proposito io credo di essermi fatto un'idea, magari sbagliata, e cioè che siamo di fronte a due mondi che procedono parallelamente su due binari senza mai toccarsi ma che, appena si toccano, vanno al cortocircuito...

Giuseppe: "Più che sbaglia è giusto così, perché la maggioranza degli italiani sono andati tutti via e chi comandava? I croati comandavano. Dicevano la fratellanza tra italiani e croati, ma la cosa era diversa, capito? Tutti quanti sono andati via, la maggioranza: l'80% degli italiani sono andati via. E gli altri son rimasti lì."

Jolanda: "Perché noi abitavamo a Sissano, e sono otto chilometri da Pola e a metà, in un paesino piccolo, c'era il posto di blocco, che noi quando siamo scappati via, mia nonna mi ha regalato gli orecchini d'oro, io avevo i capelli lunghi e non avevo i buchi e me li ha ficcati qua sui capelli, perché ti toccavano tutta. La mamma e il papà di mio marito, si son venduti tutti i mobili...Nudi e crudi siam venuti via noi, invece quelli di Pola si son portati via le finestre e le porte e anche a Trieste ci son tanti mobili antichi e deposito dei mobili di chi li ha lasciati inn deposito lì e poi sono andati di qua e di là per il mondo."

Giuseppe: "Il discorso è questo, Jolanda: tra croati e italiani, com'era?"

Jolanda: "Male!"

7) Ecco. Io so, ad esempio, che c'è un termine dialettale usato per identificare i cittadini di origine croata...

Jolanda: "S'ciavoni, s'ciavoni...Eh, non si andava d'accordo, perché uno voleva comandare e l'altro anche."

Giuseppe: "Allora, quando era Italia, e parlo di mia nonna, criticavano sti porchi de s'ciavoni: il pan ei dise cruca e la farina muca e i ovi iaia, e allora era una cosa che..."

8) Mi scusi, ma traducendolo in italiano cosa voleva dire?

Giuseppe: "Sti porci di s'ciavoni. Il pane lo chiamano crucca, ma porca miseria il pane si chiama pane, non crucca; la farina non è muca, ma è farina e gli uovi, l'uovo si chiama uovo, non iaia. Poi mia zia mi decva che cantavano [anche una canzone]: se non ci conoscete, guardateci la maglia, noi siamo gli ardentisti di Gigi Bilucaglia. Anche lì, sti s'ciavoni erano bloccati quando c'era l'Italia, erano soppressi, diciamo. Poi tutto l'incontrario."

9) E in questo essere bloccati e soppressi - per usare le sue parole - c'entrano anche le politiche adottate dal fascismo nei confronti dei croati?

Giuseppe: "Più che altro c'entra quello, è quello che c'entra, perché dicono - io non posso ricordarmi - che i fascisti han fatto tanti disastri lì."

Jolanda: "I fascisti han bruciato paesi! Da noi no, non han fatto niente."

Giuseppe: "Gli anziani dicevano che uno - Benedetto si chiamava - era scappato nei boschi e vedeva la casa che bruciava."

Jolanda: "Eh si, anche a Visignano, lì due o tre case hanno bruciato. Dove c'è il nostro paese no. Io mi ricordo che avevo dodici, tredici, quattordici o quindici anni, e son venuti i tedeschi, e tutte le ragazze [del paese] gli sono andate incontro. E allora lì sono andati via senza fare niente."

10) Quando parlavo delle politiche del fascismo, mi riferivo soprattutto a quelle relative al cambio dei toponimi, della toponomastica, al divieto di parlare slavo e al cambio dei cognomi...

Jolanda: "Ah si, il fascismo ha fatto quello. A noi prima ci chiamavano B., dopo ce l'han fatto cambiare in B., per dirne uno."

Bepi: "T. era sempre T.!"

11) Prima mi ha parlato dei tedeschi. Posso chiederle cosa ricorda del periodo della guerra? Qual è, se ci pensa, il primo ricordo che le viene in mente?

Jolanda: "Della guerra so che c'erano i partigiani, perché noi in paese avevamo dei boschi vicino. E allora c'erano i partigiani, e anche i miei nonni facevano da mangiare per i partigiani, per questi partigiani, e loro di nascosto venivano di notte a prendersi la roba, perché erano nei boschi loro. E i tedeschi giravano, però a noi non han mai fatto niente."

Bepi: "[I tedeschi non ci han mai fatto niente perché] prima di tutto le ragazze quando son passati i tedeschi, tutte le ragazze di Sissano erano tutte sulla strada nostra, ad accoglierli. Cantavano in italiano, e facevano festa con loro. L'han trattata bene la popolazione, eh! Però dopo è venuti i drusi e ci han preso casa e tutto. Noi facevamo i falegnami, e ci han portato via tutto, e ce l'hanno ancora!"

Jolanda: "Ha dovuto lasciare lì."

Bepi: "Proprio tutto eh, mai preso una lira!"

Jolanda: "No, no, dai , qualche acconto l'hai preso!"

Bepi: "Eh si, ma proprio poco."

Jolanda: "Per la falegnameria ha preso adesso 530 Euro, per la falegnameria. Invece la casa...Loro avevano la casa nuova con 2.000 metri di terra, e lui l'ha data a suo cugino, e lui l'ha comprata, ma la terra no. E allora metà terra loro [gli jugoslavi] l'han regalata a uno che era combattente, che si faccia la casa lì' dentro, perché quello lì di terra ne ha troppa! Perché vendevano le case e non le terre. E questo [succedeva] subito dopo che son venuti. Perché io sono abbonata all'Adriatica [Difesa Adriatica] e mio fratello all'Arena di Pola, che scrive che adesso danno indietro le terre: ma come fanno a dare indietro le terre che ci hanno costruito in mezzo le case? Viene un'altra guerra poi! E adesso sa cosa fanno, non so se lo sa...Vendono l'Isola di Brioni a Pola. La vendono a chi vuole comprarla: l'isola con tutte le isolette! Ed era anche su La Stampa, che mio genero compra sempre La Stampa."

12) Torniamo a parlare un attimo della guerra: lei mi diceva dei tedeschi e dei partigiani. Ma, ad esempio i bombardamenti li ricorda?

Jolanda: "Da noi non c'erano bombardamenti, erano in città. Ma li vedevamo, scappavamo coi cappotti: mi ricordo con mamma che prendevamo i cappotti e scappavamo, perché si vedevano proprio le bombe. A Pola, nel paese no."

Bepi: "Madonna le bombe! Io andavo [vicino] al cantiere navale a scuola a Pola e in un bombardamento siamo scappati tutti in un rifugio: c'era un montagna grossa, tutta vuota sotto e allora siamo scappati là. Io andavo a scuola là quella volta."

13) E della borsa nera durante la guerra cosa ricorda?

Bepi: "Uno portava via a pagamento non so, la cucina o qualcosa attraverso il bosco: uno pagava questo qua e lui ti portava via la roba."

Jolanda: "Mia mamma sa i materassi? Eh ben, lei ha pagato uno - non so quanto - che di notte, di nascosto, le ha portato via oltre il blocco i materassi. Se no nemmeno i materassi avevamo. Borsa nera...Beh, portavano il latte nel paese, come qua. Portavano il latte di nascosto perché sa, nel paese uno aveva bisogno di queste cose."

14) Lei ricorda l'ingresso dei titini a Sissano?

Jolanda: "Si, si, si. Noi eravamo a Pola, perché sono arrivati a Pola, e tutti quanti dal paese siamo andati a Pola ad aspettarli. E tutti gridavano, festa grande, ballavano: tutte le sere ballavano. Ballavano il kolo, e anche in piazza, nella nostra piazza, avevano messo delle luci grosse, e tutte le sere era [una] festa e ballavano tutte le sere. Io avevo quindici o sedici anni, può capire..."

15) E la popolazione come li ha accolti?

Jolanda: "Ma si, bene, perché tanti erano anche dei nostri, perché i partigiani quando son venuti, tanti erano anche del paese che per non andare da una parte, andavano dall'altra."

Giuseppe: "C'era, più che altro, propaganda."

16) In che senso c'era propaganda?

Giuseppe: "In che senso... Perché comandava, cioè non doveva comandare il signore, quel che aveva i soldi, ma doveva comandare il popolo. Quando è arrivata la Jugoslavia comandava il popolo, non comandava più il ricco, ma tutti gli operai comandavano la fabbrica. Specie quelli che partecipavano alle riunioni e allora il direttore ascoltava cosa diceva l'operaio e cosa bisognava fare. Ma veramente eh, veramente. Dovevi andare alle riunioni e via dicendo..."

17) Bisognava quindi partecipare, in caso contrario si era segnalati?

Giuseppe: "E' normale. Qua, tanto per dire, cos'è il comunismo non l'han capito ancora. Cos'è il socialismo non l'han capito ancora: cos'è il socialismo? E' il basamento per il comunismo. Cos'è il comunismo, ma veramente, perché non esiste Forse in Cina c'era un po' di comunismo. Il comunismo vero, è che lei deve andare in un negozio senza pagare, deve andare a comprarsi il vestito senza pagare. Han provato a fare questa [cosa] qua in Russia, però non erano ancora maturi, perché magari prendevano quattro chili di pane e glielo davano al maiale, tanto per dire. Allora uno deve maturare per capire certe cose, capito? Questo è il comunismo... Come scrivevano nell'antichità che i primi uomini, come convivevano? Andavano a caccia tutti, e mangiavano tutti di quella minestra lì. Così doveva essere il comunismo veramente, le leggi di Marx ed Engels. Adesso non è così, adesso chi può mangia..."

18) Ma credo succedesse anche nella Jugoslavia del primo dopoguerra, perché io ho raccolto delle testimonianze secondo le quali subito dopo la guerra c'era una gran fame nel paese...

Giuseppe: "Fame c'era...Perché c'era la fame? Perché non c'era un'iniziativa privata, e allora una cooperativa, o fai dieci o fai niente, ma cosa mi interessa a me? Olivi, una volta, non c'era in Istria, [mentre] adesso va in Istria e vede ulivi a non finire. Quel che ha lasciato l'Italia è rimasto, ma poi niente. Adesso vede delle distese di viti, di vino, ma prima niente. Non c'era iniziativa privata, perché quelli che lavoravano in cooperativa, lavoravano e basta, aveva il suo stipendi e bom. Non era, insomma, più faccio e più prendo, o faccio o non faccio in negozio. Un negozio che vendeva calze, o vendeva calze o non le vendeva [non interessava]. Calze, maglie, pane, io andavo in negozio e non c'erano. Io andavo in negozio [e chiedevo] c'ha del pane? Eh no, oggi non ce l'han dato, magari venite domani, andate a vedere in quel negozio. Avete delle uova? Eh, neanche oggi non ce l'han date. In quegli anni non c'era niente, niente. Se lei le diceva che invece qua in Italia c'era la roba, [ti dicevano]: ah, sei un propagandista, fai propaganda per l'Italia! Si doveva star zitti e basta. Un signore di Sissano, non mi ricordo più come si chiama, era andato a comprare la carne dal macellaio, e gli disse: eh, cosa gli date a sti s'ciavoni! In ventiquattro ore li han dato il via e non è più tornato eh! Ma non in foiba, lo han mandato a casa [in Italia]. Poi la carne eh...Che una volta era un chilo di carne, ben mezzo chilo di osso e mezzo chilo di carne. Volerlo o no era così...E in ventiquattro ore lo han mandato via e non è mai più tornato indietro. Mancava tutto, perché non c'era, ripeto, iniziativa privata."

Bepi: "Ti buttavan in foiba come niente, vivi!"

19) Adesso arriviamo a parlare anche di questo. Delle foibe voi cosa sapevate?

Jolanda: "Ah delle foibe non so, perché erano un po' lontane. Lo abbiam scoperto dopo, molto dopo."

Bepi: "Come dopo? Che li buttavano in foiba?"

Jolanda: "Si."

Bepi: "Madonna, ce n'era già pieno! C. dove l'han buttato? In foiba! E si è salvato, perché lui ha trovato un bastone ed è venuto su. E' caduto su una pianta, e poi piano piano è risalito su. E poi è andato a finire in Australia. Era mio amico quello lì, eh!"

20) Può raccontarmi bene questa storia che è molto interessante?

Bepi: "Niente, l'han buttato dentro nella foiba, vivo. Poi aveva il filo di ferro ai polsi, e si è agganciato attaccato a una pianta, e dio ha voluto che non morisse. Io l'ho trovato poi a Torino alle Casermette."

21) E posso chiederle come mai lo avevano preso?

Jolanda: "Perché era fascista. Perché aveva fame, e allora è andato fascista perché lì pagavano. Erano in due o tre del paese."

Giuseppe. "Io sentivo delle volta la radio di Trieste. E mi dicevano: lei e sua mamma avete parlato male della Jugoslavia! Ma no, noi no! Guardi - mi dicevano - cha mi han detto che avete parlato male. E io rispondevo: ma non so, magari lei sa, vecchia com'è... Ah, visto che ha parlato male! Eh bom, ti prendevan e ti portavan via."

Jolanda: "Di notte venivano a prenderti, neh! Venivano i tedeschi di notte a rastrellare e portavano via della gente, venivano i partigiani anche la notte, che dopo quelli che prendevano non li vedevi più. Venivano e li buttavano in foiba."

Bepi: "Pensi che a Sissano c'era un pozzo, una cisterna, che portava giù l'acqua per bere e che è poi stata chiusa perché veniva su la pece di quelli che buttavano nelle foibe. Perché li buttavano in foiba e poi han dovuto bloccarlo, non lasciavano più funzionarlo perché veniva giù il liquame. Oh, ne abbiam viste!"

22) Parliamo ora dell'esodo: quando è partita?

Jolanda: "Nel '47, a febbraio. Andiamo da Sissano a Pola, ma non potevamo dirlo a Sissano che andavamo via: siamo andati [via] senza che nessuno lo sa. Anzi, noi eravamo al ballo, perché lì ballavano tutte le sere, abbiamo salutato questi nostri amici e non ci han detto niente. Invece il papà e la mamma di mio marito, son andati via prima, senza che nessuno lo sapesse. Noi a Pola avevamo degli amici, e dormivamo da questi amici per due o tre giorni, fino a che non è arrivato il momento di andare via con la nave Toscana. E siamo partiti con la nave Toscana assieme [ai miei suoceri], e siamo andati fino ad Ancona. Ad Ancona abbiamo preso il treno fino a Piacenza: io proseguito col treno normale a Milano, perché poi sono andata a Varese da mio zio, invece mio marito è andato a Torino coi treni del vagone del bestiame. Poi io sono andata a Milano, ma non ricordo più perché non avevo neanche diciotto anni: a Milano mi hanno messo a dormire in un campo, come in un dormitorio, han fatto alzare uno - perché a febbraio faceva freddo - e mi han messo a dormire nel letto caldo di questo qua. Era un campo profughi proprio a Milano, e poi al mattino mi han messa su un treno e dovevo andare fino a Brusinpiano. Sono arrivata fino a Porto Ceresio in provincia di Varese che da Porto Ceresio a Brusinpiano sono otto chilometri, però la corriera passava solo due volte al giorno, alla mattina e alla sera. E io sono arrivata alle due e mezza, ero giovane, e dico: cosa faccio? Vado a piedi. Avevo la mia valigia di cartone, piccola così e andavo a piedi. Fuori dal paese: mi si ferma una macchina con l'autista e mi chiede dove vado. Eh, niente, vado a Brusinpiano da mio zio, da D.. Salga in macchina! Son salita in macchina, e questo qua era un padrone di fabbrica. Son salita e appena arrivati mi ha detto: guardi, quella casa è di suo zio, scenda e dica a suo zio che venga a prendere la valigia. Abbiam fatto così, e dopo quindici giorni sono andata a lavorare lì da loro. Era una fabbrica della stoffa."

23) Posso chiederle cosa è riuscita a portare con se?

Jolanda: "Io mi son dovuto nascondere la roba perché ti toccavan tutto. Non potevi portare via niente perché c'era il posto di blocco, toccavan tutto. Mio marito si è portato via un lenzuolo arrotolato sulla pancia, ma aveva una paura da matti! Non potevi portare via niente, guardavano fino nelle scarpe. Ti nascondevi le cose perché non si poteva passare, toccavano tutto. E gli orecchini guai se me li trovavano nella borsa."

24) Mi ha detto che da Pola va fino ad Ancona: Che ricordi ha del viaggio?

Jolanda: "Il viaggio... C'era sta nave che dormivamo tutti assieme, c'era anche diversi del nostro paese e siamo stati tutti assieme. Poi uno è venuto a Torino, gli altri son andati a Roma, io sono andata da un'altra parte... Però del viaggio ricordo poco."

Bepi: "Il viaggio sul Toscana? Mi ricordo ridere, un ridere per dimenticare l'Istria".

25) E Pola era una città che si svuotava?

Bepi: "Han portato via fino i morti! Quelli di Pola eh!"

Jolanda: "Si svuotava, altroché! Andavi a Pola e vedevi per le strade tutti sti carretti a mano con gli asili e coi cavalli pieni di nobili che caricavano sulla nave. Invece noi non potevamo caricare niente perché non potevamo portare niente dal paese. E anche i morti [portavano via]. Ricordo che ci han portato col camion lì sul molo [il Molo Carbon], ma con il camion di quelli scoperti, che io ero giovane e sono scesa, ma i vecchi non so come facevano! Ho salutato mio papà... Io non piangevo, invece lui, povero, piangeva perché si rendeva già più conto. Invece io non mi rendevo tanto conto, perché ero con mio marito e sa com'è."

26) Quindi non siete partiti tutti insieme come famiglia?

Jolanda: "No, siam partiti io, mio marito e sua mamma e suo papà. I miei non sono venuti via, e mio fratello è venuto via dopo."

27) Posso chiederle quali sono stati i motivi che l'hanno spinta a partire?

Jolanda: "Perché andava via mio marito!"

28) E lei, signor Bepi, perché è andato via?

Giuseppe: "Nella guerra '15-'18, tutti quelli del paese sono andati in Ungheria, perché comandava l'Austria. Finita la guerra, nel '18, son tutti ritornati indietro, tutti, perché hanno visto che là era un altro sistema, un'altra vita e un'altra cosa. La stessa cosa han fatto nel '47: tutti sono andati via, sempre pensando di tornare, che la cosa migliorava. Invece la cosa invece di migliorare ha peggiorato, perché chi parlava, chi tornava indietro - perché qualcuno è tornato indietro - sono andati sull'Isola Calva, ecco, perché erano delle spie. Capito come funzionava la cosa? E allora con la paura nessuno è ritornato più. Ma [son partiti] con l'intenzione di ritornare poi a casa, perché se no perché han lasciato i mobili e tutto quanto: andiamo via come nel '15-'18 e poi torniamo. Anche mia mamma aveva una sorella che è morta, che però era in Ungheria, ma che poi son ritornati tutti a casa."

29) Ho capito. Ecco, ma secondo voi cos'è che spingeva ad andare via?

Giuseppe: "La paura. La paura di cambiare governo."

Jolanda: "Ma sa perché anche? Ad esempio mia mamma non voleva lasciare i vecchi, anche per quello non è partita. Era figlia unica e non voleva lasciare i vecchi. Invece il papà di mio marito aveva la febbre, e lo facevano andare nel mare ad aggiustare le barche senza pagare una lira: lo chiamavano di qua e lo chiamavano di là e lui doveva sempre essere a disposizione per gli altri. E per quello anche lui aveva paura."

30) E invece secondo voi chi è rimasto perché lo ha fatto?

Giuseppe: "Allora, chi è rimasto...Una percentuale è rimasto, perché non è partito. Allora c'era una barzelletta: si sono incontrate una capra e una lumaca. La capra dall'Italia andava alla Jugoslavia, e incontra la lumaca che veniva dalla Jugoslavia e le dice dove vai capra? Vado in Jugoslavia perché tutte le capre sono in ufficio! E tu lumaca, dove vai? Vado in Italia perché a tutti le prendono la casa! Per cui son rimaste quelle quattro capre - per dirla così - che son poi andate in ufficio, ma gente che non aveva neanche la terza elementare. Comandavan tutti, ecco."

Jolanda: "Eh si, comandavan loro e quelli che comandavan prendevano tutte le case più belle, quelle che le piacevano a loro."

31) E tra i rimasti qualcuno ha fatto questa scelta anche per motivi politici?

Jolanda: "Eh si, motivi politici".
Giuseppe: "Eh si, si capisce! Una percentuale non è andata perché magari aveva i genitori [anziani], però qualcuno è rimasto anche lì perché erano combattenti del '41, i primi combattenti e avevano tutti i posti migliori, perché se sei mio fedele ti do il posto a te, non lo do a qualcun altro, ma è normale per tutto."

Jolanda: "Tutti i possidenti, i possidenti contadini sono andati via: avevano tanti soldi, lavoravano tanto e poi son morti di fame, in Italia. E questi del paese che comandavano, gli han portato via tutto."

32) E dei cosiddetti monfalconesi cosa mi dite?

Giuseppe: "Io ne conoscevo uno... A parte che c'è [un mio amico] G., Roberto G. che suo padre è tornato da Monfalcone. Io ne ricordo uno che era a Torino, è andato lì e poi è tornato e ha fatto la fame. Ma poi, poveraccio, si è pentito che è tornato. Poi è morto."

33) La signora arriva a Varese e non va in campo profughi. Mentre lei, signor Bepi, mi ha detto di essere andato alle Casermette. Che ricordo ha del campo profughi torinese?

Bepi: "Madonna, tutte coperte! Tutti divisi, marito con moglie, e tutti attaccati eravamo, era uno schifo!"

Jolanda: "Dopo tre giorni che erano alle Casermette, uno che a Bra ha una falegnameria è venuto a cercare dei falegnami, e allora han trovato loro [mio marito e mio suocero] e li ha portati alla Madonna dei Fiori [a Bra]."

34) Cos'è la Madonna dei Fiori?

Jolanda: "La Madonna dei Fiori era un santuario, una casa che dentro ci facevano gli esercizi spirituali le suore, e lì c'erano tante camere. Allora ci han dato due camere loro e poi ci han trovato anche lavoro."

35) E posso chiedervi quanti eravate?

Bepi: "Oh, madonna, ce n'eran tanti dentro!"

Jolanda: "Noi eravamo solo in pochi, [gli altri] erano di Bra, erano sfollati, di istriani [c'eravamo] solo noi, eravamo due famiglie: noi due e i miei suoceri."

36) Riuscirebbe a descrivermelo questa Madonna dei Fiori?

Jolanda: "Era un santuario di Bra, e lì c'era un corridoio lungo con tante camere, e ogni famiglia aveva due camere. Due camerette: una camera da letto e una cucina. Non era come i campi profughi, lì era bello: abbiam messo il tavolo - un cassone per fare il tavolo - , il prete ci ha dato una stufetta - perché era inverno, era febbraio - e dopo c'era un corridoio lungo e in fondo c'erano tre bagni. E dopo il prete [ci] ha dato anche un banco da lavorare come falegname, che mio marito e suo padre hanno fatto anche un po' di mobili. E quando hanno fatto sti mobili, ci è poi venuto da andare in Brasile: noi e quei cugini di mio marito che son venuti da noi, che prima erano a Trieste e poi son venuti da noi. E dopo quando siamo andati noi avevamo già la bambina: la bambina è del '49, [e ci hanno chiamati] nel '51, che la bambina aveva già due anni. Siamo andati a Napoli [la testimone si riferisce al campo di Bagnoli dove erano visitati e imbarcati i giuliano-dalmati che facevano richiesta di essere inviati all'estero] e lì ci han messo tutti quanti in un casermone a dormire assieme con questa bambina che aveva due anni. E poi dovevano fare la puntura a sta bambina, e mio marito non ha voluto fare la puntura e allora non ci davano da mangiare e noi andavamo fuori a mangiare e poi siamo tornati a casa. Intanto questi miei cugini - allora non c'era i telefoni - mentre noi stavamo tornando a casa, loro sono venuti a Napoli [Bagnoli] e poi sono andati via. Sono andati in Brasile che sono lì ancora adesso."

37) Lei riuscirebbe a descrivermelo questo campo?

Jolanda: "So che da Napoli c'era il trenino, che andavamo lì col trenino, ma altro non mi ricordo più. Ed era un campo grossissimo, che ci han mandato la lettera e ci avevan detto di andare lì, che lì andavano tutti quelli che volevano emigrare. Non ci davano da mangiare, e allora siamo andati fuori a mangiare la cicoria col pesce perché non volevamo fare la puntura [a mia figlia]."

38) Come mai avevate fatto domanda di andare in Brasile?

Jolanda: "Perché c'era quei cugini di mio marito insieme a noi che dicevano andiamo, andiamo e allora anche noi [abbiam detto] ma si, andiamo... Anche perché si pensava di migliorare la vita, sa com'è..."

39) Tornando alla vostra sistemazione in Bra, voi dunque eravate in questo santuario con gli sfollati...

Jolanda: "Si, si, c'eravamo noi e poi c'era anche tanta gente di Bra."

40) Signor Bepi, lei prima mi ha detto di essere venuto alle Casermette. Come mai? Cioè la destinazione l'ha scelta lei?

Bepi: "No, no, ti mandavano loro! Siamo venuti tutti assieme: Ancona, Torino. E a Torino ci han messo in Casermette finché non abbiamo trovato da fare a Bra."

41) Come siete stati accolti al vostro arrivo?

Bepi: "Bene, bene: qui bene e a Torino anche, bene. Abbiamo trovato lavoro subito a Bra e ci hanno accolto bene. Poi io mi son messo per conto mio, vendevo i mobili e adesso son quaranta e passa anni che son via, io."

42) Relativamente alla vita di campo avevate qualche sussidio, qualche tipo di assistenza?

Bepi: "No. Però a Torino siamo stati veramente bene: ci davano da mangiare quello che potevano, perché non c'era tanta roba prima, e stavamo bene. Ma siamo stati poco eh, due o tre giorni e poi abbiamo trovato lavoro."

Giuseppe: "Un certo Tropini, una falegnameria grossa di Bra, cercava manodopera ed è andato lì [alle Casermette] e han trovato loro e loro son venuti qua e loro hanno accettato."

43) Ho capito. Ma senta, Jolanda, lei come mai è andata a Varese?

Jolanda: "Io avevo mio zio e avevo già fatto le carte e i fogli che sarei andata."

44) E quando è arrivata in Piemonte'

Jolanda: "Venivo a trovare mio marito ogni tanto, e poi a settembre ci siamo sposati. A settembre del '47: quando lui ha trovato lavoro che si è messo un po' a posto, ci siam sposati qua a Bra."

45) E a Bra, dopo la parentesi alla Madonna dei Fiori, dove avete abitato?

Jolanda: "Dopo due anni che eravamo lì alla Madonna dei Fiori, abbiam fatto domanda per le case popolari. E lui allora si è messo per conto suo a fare il falegname, lavoravamo tutti e tre perché eravamo assieme io, lui e suo papà e abbiamo risparmiato e allora, un po' per volta, abbiamo fatto questa casa con la falegnameria a Bra. La casa noi però le abbiamo avute come profughi e mio suocero ha potuto scegliere la casa che voleva, c'erano sei alloggi e lui poteva scegliere il posto che voleva. Questa casa sono a Bra in via Gorizia, proprio dove adesso abbiamo la casa noi."

46) Non si tratta però di un vero e proprio quartiere giuliano-dalmata...

Jolanda: "No, è una casa con sei famiglie, una casa bella con il cortile. E poi ci son tante case popolari in via Risorgimento."

47) Avete nostalgia dell'Istria?

Jolanda: "Ma, guardi, noi tutti gli anni andiamo, perché mia mamma aveva la casa lì. Una casa vecchia, noi l'abbiamo aggiustata e tutti gli anni andavamo anche tre o quattro volte lì. Adesso siamo anche vecchi: a me mi hanno operato dell'arteria quest'anno, e non ho potuto andare. Mio fratello e mia cognata sono andati tre settimane, invece noi non siamo andati. Un po' per il male e un po' anche per la vecchiaia e poi mio marito c'ha anche ottantadue anni, e non è facile!"