1) Vi chiedo innanzitutto un po' di dati anagrafici: quando e dove siete nati?
Gigi: "Sono nato a Ferrara nel 1934."
Giorgio: "[Io sono nato a Ferrara] nel 1926"
2) Mi parlate della vostra famiglia di origine: quanti eravate, che mestiere facevano i vostri genitori...
Gigi: "Parla te Giorgio, che te sei più grande!"
Giorgio: "Mio padre era orfano, era orfano di madre. Era stato adottato da uno zio, ma erano tre fratelli, erano possidenti terrieri. Poi dopo quando si è sposato - nel 19126, che son nato io - ha preso una casa in affitto con quattro ettari di terreno, ma non bastavano, siamo arrivati ad essere in sei, su otto figli. E a un certo punto come si faceva ad andare avanti? Perché fino al '35 non c'era il lavoro, non c'era niente da quelle parti lì nel ferrarese, nella bassa ferrarese. Perché la bassa ferrarese e la provincia di Rovigo, era paggio che essere in Tunisia o in Sicilia! C'era qualche ora da fare in campagna e basta, lavori di industria dove andavi? Dopo, [quando eravamo] più grandi, quando siam tornati di là [dalla Libia] siamo andati a Ferrara a lavorare, facevamo venticinque chilometri alla mattina e venticinque chilometri alla sera per tornare a casa, in bicicletta, perché non c'erano mezzi! Perciò [la nostra] era una famiglia che eravamo in tanti e c'era uno solo che lavorava."
3) In agricoltura, comunque...
Giorgio: "Si, tutta campagna. Mio papà era manovale agricolo, praticamente, perché andava a ore da uno a tagliare l'erba, a tagliare la canapa da un'altra parte... Si viveva così. Poi è arrivata l'occasione che gli hanno chiesto se voleva andare in Africa, in Libia, come cantoniere sulla litoranea e allora siamo partiti tutti."
4) Quindi la spinta a partire qual è stata?
Giorgio: "E' stata la fame, praticamente! Perché la maggior parte che siamo andati, che ci siamo poi trovati giù in Cirenaica, eravamo tutti della provincia di Ferrara e tutti veneti: c'erano friulani, c'erano di tutte le razze. Ci siamo trovati là, ed erano tutti andati per la fame. Perché quelli che avevan fatto i contadini, sono andati lì [in Libia] e avevano trovato la carne, due vacche nella stalla, la meccanizzazione tutta libera: c'era l'Azienda di bonifica che dava, e allora cosa faceva? [Di] bestiame davano due vacche, ma andavano avanti e facevano a metà, sul terreno il raccolto era a metà, metà all'azienda e metà al contadino, perciò si son trovati la casa già ammobiliata col mangiare per un mese dentro, mentre qui si mangiava a metà! Anche noi abbiamo trovato la casa pronta coi mobili dentro: erano tutti mobili verdi! Abbiam trovato mobili, abbiam trovato da mangiare: quello che non mangiavamo qui lo abbiamo trovato là!"
5) In che anno siete andati?
Gigi: "Nel 1936."
6) Dove, precisamente?
Giorgio: "Siamo sbarcati a Bengasi, in Cirenaica, e la prima casa l'abbiamo avuta a circa venti chilometri da Bengasi, la prima casa cantoniera che c'era, a Sidi Khalifa. Poi dopo siamo andati [via]: mio papà ha chiesto il trasferimento, perché lì c'erano i palmeti e la polvere dei frutti e dei fiori delle ci faceva venire la congiuntivite, ma degli occhi così, a tutti! E allora a un certo punto ha chiesto il trasferimento; noi lì andavamo bene, perché avevamo anche la scuola, invece dove ci hanno mandato dopo, la prima casa che c'era dalla nostra, c'erano da fare venti chilometri! Da quella casa lì alla nostra ce n'era diciotto e diciotto fanno trentasei: ogni trentasei chilometri c'era una casa, una casa cantoniera. E siamo andati lì, e allora per studiare avevano fatto un collegio apposta per i figli dei cantonieri, a Derna, la città più bella che c'è in Cirenaica. Una cittadina piccolina, e siamo andati lì in collegio per due anni, perché io e mio fratello - che aveva due anni meno di me - abbiamo fatto la quarta e la quinta [elementare]. E [poi] nel 1940 siamo arrivati a casa a giugno - verso i primi di giugno - e il 10 giugno è scoppiata la guerra. E già il 9 giugno è venuto un ingegnere a casa da Bengasi con la macchina, la balilla, - che c'era un vento, un ghibli che la macchina faceva così [oscillava] per la strada - e ci ha portato all'imbarco a Bengasi. E allora lì cosa hanno fatto? Il più piccolo aveva quattro anni, il più grande ne aveva tredici: [eravamo] tutti bambini dai quattro ai tredici anni, noi [soltanto] eravamo in cinque. Può immaginare, eravamo circa 2.000 [bambini] su una nave che era piena come un formicaio... E io dovevo andare a cercare i tre [fratelli] più piccoli... E ci siamo messi sopra [il ponte] a guardare e li abbiamo riconosciuti [perché] avevano le scarpe nuove, [era] la prima volta che avevano le scarpe nuove. E li abbiam visti tutti e tre che guardavano. [Che poi] avevano messo i teloni intorno alla nave, intorno al parapetto, perché se no i bambini andavano giù. [E i miei fratelli] dalle fessure guardavano [il mare], perché c'erano i delfini, e allora io e mio fratello li abbiam presi e li abbiam messi in cabina. A Napoli li abbiamo presi per mano e siamo andati in stazione, tutti insieme. Ed è stata la nostra fortuna!"
7) Come mai avevano portato via voi bambini?
Giorgio. "Perché con la guerra, avevano paura che i senussi - che erano quelli che erano fuorisciti in Egitto, ed erano poi quelli che comandavano in Cirenaica e che hanno avuto le batoste più grosse da Graziani - venissero e si rivalessero anche sui bambini, e quindi i bambini li hanno portati via tutti. E ci hanno portato a Napoli. Poi [da Napoli] li hanno smistati in tutta l'Italia: c'era dei fratelli che ce n'era magari in Sicilia uno e l'altro era a Trento. E quando si son trovati quella gente lì? Non si son più trovati."
8) Dove vi portavano? Cioè questi posti erano delle colonie?
Giorgio: "Ci hanno portato nelle colonie estive. Poi dopo i più grandi [come me] ci hanno mandato nei centri di preparazione al lavoro: io ero a Ravenna e l'altro mio fratello era a Faenza, faceva ceramica! A Ravenna eravamo centocinquanta, e c'era una scuola che faceva elettricisti e meccanici, falegnami e motoristi. E facevamo scuola lì: scuola e mangiare, ma mangiare poco, ma poco! E tanta marcia, perché a mezzogiorno, quando era ora di mangiare, c'era un disgraziato cadetto che ci portava in cortile e, porca la puttana, ci faceva fare avanti indietro, avanti, indietro, peggio che i militari. Andavi a mangiare che non c'era più niente, perché gli altri ti avevano già mangiato tutto!"
Gigi: "La mattina ti alzavi presto [perché c'era] l'alzabandiera. Poi i puniti li chiamavano in mezzo al piazzale a fare la figura di merda e non gli davano da mangiare."
9) Lei invece dov'era?
Gigi: "Io ero a Marina di Ravenna, [poi sono stato] a Pesaro, a Urbino e basta."
Giorgio: "Che a Marina di Ravenna stavano d'inverno in una colonia estiva."
10) Quindi, per capire, vi hanno portato a giugno e siete stati per tanto tempo?
Giorgio: "Due anni, siamo stati due anni!"
11) Moltissimo tempo. Però, scusate, durante tutto questo tempo cosa vi dicevano?
Giorgio: "Noi non sapevamo niente, non sapevamo quanto si restava. Si pensava [di tornare], invece la cosa è andata alla lunga. Poi noi siamo stati fortunati, perché mia madre e mia sorella son venute da Tripoli, [dopo] che han fatto la seconda ritirata. La seconda ritirata, perché [durante] la prima ritirata avevano preso la mia famiglia, ma poi gli inglesi li hanno riportati di nuovo nella casa a fare il servizio che faceva. Tant'è vero che nella casa di fianco [alla nostra] c'erano due famiglie, perché c'era un cantoniere che guardava diciotto chilometri [da una parte] e un cantoniere che ne guardava diciotto dall'altra, e perciò quella casa lì era vuota. E allora ci han messo dei soldati inglesi con la facoltà di guardare se la gente lavorava. Con la seconda ritirata gli italiani han ripreso [il territorio], poi però son tornati di nuovo gli inglesi e allora sono scappati. E allora mio padre che era militarizzato è rimasto lì, [invece] mia madre e mia sorella sono arrivate fino a Tripoli. A Tripoli c'erano gli aerei tedeschi che portavano la roba di là, ed erano vuoti, e allora caricavano la gente e la portavano in Italia. E [così] mia madre e mia sorella sono venute in Italia. Altrimenti gli altri sono venuti nel '75, quando li hanno buttati fuori tutti, nel '75. Perciò quei ragazzi lì, sono andati militari, sono morti, si son sposati, hanno fatto la loro vita e i genitori non c'erano."
12) Voi vi rendevate conto di questa difficoltà a ritornare?
Giorgio: "Uno di tredici anni e l'altro un po' più piccolo e un altro mio fratello che aveva cinque anni, quando dopo due anni ha visto la madre, non la conosceva più. Mi chiamava a me [e mi chiedeva]: Giorgio, ma chi è quella?"
13) Quindi voi fratelli eravate divisi?
Giorgio: "No, eravamo in colonia insieme, poi dopo cosa facevano? Quando siamo andati in colonia, anche lì ci hanno diviso a scaglioni: i più grandi, i mezzani e i più piccoli. [I miei fratelli] che erano in fondo, sotto gli ombrelloni, piangevano perché io ero da un'altra parte."
14) Solo per fare un po' di chiarezza, riusciamo a ripercorrere il viaggio?
Giorgio: "Ci hanno portato a Napoli, poi a Napoli hanno smistato a Pesaro, e noi [fratelli] abbiamo avuto la fortuna di stare insieme. Siamo andati a Pesaro tutti insieme."
Gigi: "Ma Giorgio, te a Urbino dov'eri?"
Giorgio: "Alla colonia XXVIII ottobre, che io poi da lì sono andato al campo a fare il campeggio."
Gigi: "Hai ragione, perché mi ricordo che noi ci mettevano a marciare dietro a tutti, che eravamo i più piccoli."
Giorgio: "Da lì io sono andato a Fano a fare il campo, il campeggio estivo. Che noi eravamo come i militari: in divisa, moschetto e tutto quanto, eravamo come i militari. Sono andato a fare il campeggio e poi dal campeggio a me mi hanno mandato a Ravenna in sto campo, che dicevano che era temporaneo, [mentre] invece da lì ti mandavano poi a fare il militare."
15) Quindi non eravate insieme voi fratelli...
Giorgio: "No, loro erano a Marina di Ravenna... "
16) Allora, vediamo se ho capito: siete andati a Napoli e poi a Pesaro dove eravate tutti insieme in una colonia...
Giorgio: "Si. Poi dopo siamo andati a Urbino, e lì eravamo in una scuola. Poi dopo, prima che cominciassero le scuole, ci hanno mandato a Ravenna, ci hanno spostato. Tant'è vero che a noi lì - perché era già settembre - la nostra federazione di Pesaro ci aveva dato tutte le maglie di lana [da mettere] sotto e maglie di sopra, come corredo. Quando siamo arrivati a Ravenna, via tutto, perché dicevano che dovevamo essere uguali a quelli che non avevano niente, e ci hanno portato via tutto, tante che lì andavi vestito come andavi vestito!"
17) La struttura dove eravate a Ravenna cos'era?
Giorgio: "Era un centro di preparazione al lavoro. Noi, i grandi ci han mandati lì, e loro [i più piccoli] sono andati in una colonia estiva a Marina di Ravenna. "
18) Quindi a Ravenna eravate separati...
Giorgio: "Si, eravamo separati, [anche se] ogni tanto andavamo a trovare [i più piccoli], facevamo delle marce - dieci o dodici chilometri - e andavamo a trovare loro."
19) E poi quando è arrivata vostra madre, vi siete riuniti
Giorgio: "Quando è venuta, mia madre è venuta da me a Ravenna, perché io ero il più grande e sapevo dov'erano loro. E allora siamo andati prima a Porto Civitanova, perché mia sorella l'avevano spostata da Ravenna a Porto Civitanova: siamo andati a prendere quella e poi, dopo, siamo andati a prendere loro in bicicletta con mia madre. Li abbiamo caricati in bicicletta e siamo partiti da Ravenna; da Ravenna siamo poi andati a Ferrara."
20) Dunque queste colonie erano miste, cioè bambini e bambine...
Giorgio: "Tutti insieme, tutti insieme. Erano tutte scuole, perciò c'erano tutte aule: al pian terreno c'erano i bambini e al piano superiore le bambine, eravamo divisi. Avevamo delle vigilatrici, maestre che erano iscritte al partito, che si davano il cambio, facevano a turni e ci guardavano."
Gigi: "E che menavano!"
21) Mi dicevate di essere stati fortunati perché vostra madre è venuta a prendervi. Però alcuni vostri compagni non han più visto i genitori?
Giorgio: "Eh no, perché nel '75, dove li trovi sti ragazzi?"
22) Ma non vi scrivevate con i genitori, non mantenevate dei contatti?
Giorgio: "In principio si, quando [la Libia] era italiana si, ma dopo quando c'era re Idris, e poi Gheddafi no. Non c'era corrispondenza, perché quando lui ha mandato via tutti gli italiani e ha espropriato tutto, là non c'era più nessuno."
23) Quindi voi siete partiti con l'idea di andare in vacanza, e non siete più tornati...
Gigi: "Siamo andati in Italia [convinti] di tornare".
Giorgio: "E' la stessa storia è stata quando, finita la guerra, ci han mandato la lettera [chiedendoci] se volevamo tornare di nuovo in Libia di trovarci all'imbarco a Catania. Però il posto [campo] di sosta era a Catania, sempre in una scuola, [che era] sempre un campo. Abbiamo atteso l'imbarco, [ma] l'imbarco non c'è mai stato!"
24) Ho capito. Ricapitolando: vostro padre è andato in Libia spinto dalla necessità, e lì faceva lo stradino, il cantoniere...
Giorgio: "Era capo tronco, capo tronco. Lui aveva quattro arabi che lavoravano, sulla strada e lui doveva sorvegliare e segnare le ore per il pagamento. Sorvegliare i lavori, dire i lavori che c'era da fare e farli insieme agli arabi."
25) Secondo voi, sulla decisione di vostro padre di andare in Libia, che ruolo ha giocato la propaganda del regime?
Giorgio: "No. Perché lui [Mussolini] chiamava [in Libia] quando erano pronti i villaggi; lo stato faceva i villaggi - cercava i terreni migliori, perché prima venivano tutti i geometri a fare i rilievi - e quando eran pronti li riempiva. Perciò, ogni anno, erano 10.000 famiglie che venivano."
26) Lo stato fascista spingeva ad andare in Libia?
Giorgio: "No, lì erano volontari, non era lui che diceva tu devi andare. Però c'era la propaganda: qui c'era fame e non c'era soldi, là [invece] ti diceva che c'era la casa e il terreno a metà con l'azienda e la gente di qua, che aveva fame, cosa faceva? Andava, anche perché diceva: non è che sono all'inferno, [nel senso che] essere in Libia è come essere in Sicilia, in Cirenaica specialmente. Perché in Tripolitania è un po' diverso, perché lì c'è solo una striscia lungo la costa, altrimenti era tutto deserto, da Bengasi a Tripoli era quasi tutto deserto. A Misurata, dove c'erano i resti dei romani - che ci sono ancora oggi - avevano fatto tutto un villaggio, avevano bonificato il deserto e avevano fatto delle piantagioni che erano un sogno! Io [gli stessi posti] li ho visti in televisione da un reporter che è andato lì: non c'è rimasto niente, hanno spaccato tutto, [hanno] bruciato tutto. Perciò tutti quei villaggi che ha fatto quell'uomo lì [Mussolini], che la gente poteva star dentro a favore del signore che c'è, perché la gente lì lavorava per lui, non lavorava per portare la roba in Italia. E allora cosa hanno fatto? Han sbudellato tutto. E poi vuole i danni di guerra quel signore qui [Gheddafi]? Ma io gli sparavo un colpo in testa!"
27) Eravate tanti italiani?
Giorgio: "No, dove eravamo noi no. Eravamo in due, in due famiglie. Lì era la quarta sponda, era proprio Italia".
28) Prima mi dicevate che vostro padre lavorava con dei libici. Posso chiedervi com'erano i rapporti tra i libici e voi italiani?
Giorgio: "Noi siamo stati bene dappertutto, perché ci rispettavano e li rispettavamo, perciò non abbiamo mai avuto da dire. Tant'è vero che quando i miei sono scappati, che hanno fatto la prima ritirata e sono andati fino a Barcic fino a che gli inglesi non li han riportati, in casa non è entrato nessuno; quelli che lavoravano sotto mio padre, han fatto la guardia a tutta la casa, non ha toccato uno spillo nessuno. [Invece] in altri posti han tagliato la gola, a due miei paesani gli han tagliato il collo."
29) E questo come mai? Per una sorta di rivalsa...
Giorgio: "No, c'era tanta gente che erano prepotenti, che facevano lavorare [i libici] e poi gli davano dei calci nel culo, invece di pagarli! Comunque un po' di rivalsa per forza c'era, se c'hai un dispetto... Noi abbiam trovato la casa, i mobili, da mangiare e ci avevano dato settanta pecore da mantenere. Mio padre allora ha preso un pastore, che gli dava 10 Lire al mese. E mio padre prendeva 600-750 Lire. In Libia si prendeva più che in Italia. E il pastore, da quando aveva preso le pecore, portava le pecore d'inverno per mungerle - altrimenti lui non si faceva mai vedere, era sempre fuori - e le nascite dell'anno metà restavano lì da noi, e metà andavano a lui, ed ecco perché prendeva solo 10 Lire. E quando veniva giù a tagliare la lana alle pecore, veniva con la famiglia: mio padre gli dava una pecora, ammazzava una pecora e la mangiava con la famiglia, facevano tutto lì. Era quello era, il rispetto."
30) Che mi sembra di capire che però non sempre c'è stato...
Giorgio: "Un dipendente di mio padre, il penultimo, aveva sempre mal di stomaco e allora un giorno ha preso la pelle e con l'ago e il filo si è cucito lo stomaco, perché diceva che gli faceva male. Dopo un paio di giorni [mio padre] l'ha chiamato [un] altro [dipendente] e gli ha detto: capo, Said è diventato tutto nero. [E mio padre ha detto]: cosa ha fatto? Eh, aveva male allo stomaco. E mio padre dice: dov'è? E' nella tenda. Allora mio padre è andato dove c'è l'accampamento e ha trovato questo qua, tutto nero, e l'ha curato lui, con le pomate. Così si guadagna la confidenza con la gente, non a dargli delle legnate. Perché io avevo dieci anni, e andavo con mio padre nel bosco tutte le mattine a prendere le pernici: loro [i libici] on le mangiavano, e io con mio padre mettevo le trappole, e dicevo: andiamo! Prima [mio padre] faceva il the, e si beveva il the insieme a loro, e poi si andava nel bosco. Andavo io col sacco e lui tirava via la trappola da sopra, prendeva la pernice, me la ficcava dentro e la portavo a casa. Andavo poi a comprare le uova: due bidoni di quelli da petrolio di una volta sopra l'asino, e con l'asino andavo a prendere le uova. Passavi in mezzo a della gente che quando mi vedeva mi veniva a toccare perché ero bianco... Eppure non ho mai avuto niente."
31) Però qualche episodio di violenza c'è stato...
Giorgio: "Ci son stati perché se li cercavano... Se le son cercate le storie, perché Graziani ne ha ammazzati un mucchio: li ha portati nelle isole Tremiti, li portava là in mezzo e quanti ne son morti! Ne ha ammazzati a bizzeffe. Perché, quelli che ha ammazzato là? Perché quando han preso la Libia nel 1911, non sono arrivati in Cirenaica, solo la Tripolitania han preso. Ma la zona più bella era quella. E lì i senussi prima di andare fuori dalle scatole... Se non c'era Graziani che ha incominciato a impiccarne dieci o dodici alla volta, non ce la facevano mica a mandarli via da lì. A un certo punto quella gente lì cosa vuoi che faccia? Quando ritornano sul posto dov'erano, che [prima] li han buttati fuori a tutta forza, e sapevano dai residenti che quello lì aveva fatto questo e quell'altro aveva fatto quello, reagivano per forza."
32) Voi quindi siete partiti nel '40 dalla Libia...
Giorgio. "Si, poi siamo stati a Pesaro. A Pesaro e a Urbino siamo stati un anno, praticamente. Abbiamo fatto l'inverno a Urbino, quindi tra Pesaro e Urbino abbiamo praticamente fatto un anno e mezzo. Poi siamo andati a Ravenna e nostra madre è venuta a prenderci a metà del 1942."
33) Poi siete tornati a Ferrara...
Giorgio: "Si, a far cosa? Niente! Perché io avevo sedici anni e lui otto. Siamo rimasti a Ferrara, poi dopo mio padre è venuto nel 1943."
34) Dopo l'8 settembre...
Giorgio: "No, prima. Perché quando han fatto la ritirata che sono arrivati in Tunisia, è scappato anche lui. Si sono imbarcati, poi in mezzo al canale di Sicilia un siluro ha colpito la nave ed è affondata. E lui c'aveva qualcosa da portare a casa - aveva due soldi - ed è finita in fondo al mare. Lui si è salvato: doveva fare la quarantena a Trapani, ma è scappato ed è venuto a casa, è venuto a Ferrara. E anche lì che cosa ha fatto? Era senza lavoro e dopo un po' l'han messo in ferrovia, come impiegato statale che era là [in Libia], gli han dato un posto in ferrovia, in provincia di Rovigo. Fino alla fine della guerra. Dopo la guerra li hanno epurati: i compagni han preso il posto a tutti quanti: tu via, tu via! E [anche] io: via! Perché io quando ero al paese mi avevano fatto presidente dell'Opera Balilla. Poi dopo siamo andati a fare un campo in provincia di Vicenza: avevo diciotto anni, e mi è arrivata la cartolina per andare a fare lavori leggeri in Germania, e cioè il campo di concentramento. Allora io non ho voluto andare, mi sono detto: mi arruolo qua che sono a casa e non vado in Germania. Mi sono arruolato nella Repubblica Sociale e sono andato a fare il CAR a Como, e poi dopo mi hanno destinato alla batteria contraerea, coi tedeschi. Ogni cannone, invece che quattro militari ce ne aveva otto, perché c'erano quattro tedeschi e quattro italiani. E sono stato sempre in contraerea, in provincia di Padova. Nel '45, cambia la rotta e scappano tutti. Invece il nostro comandante di batteria ha detto: no, noi dobbiamo andare a Brescia. Perché lì ci sono degli italiani e da lì andiamo in Germania. E invece siamo arrivati fino a Goito: a Goito eravamo in una cascina, perché noi ci siamo portati via due pezzi, [mentre] altri due pezzi son rimasti sul posto così intanto mentre noi si andava via loro sparavano dall'altra parte del Po. Eravamo in viaggio con due pezzi e li abbiam piazzati tutti e due in questa cascina, uno di qua e uno di là dove c'erano le entrate. E si aspettava, [perché] i tedeschi volevano andare via la notte, volevano scappare. E così hanno fatto. Però prima della notte, c'è stato un attacco degli americani: sono arrivati due carri armati che si sono trovati a cinque nata metri dai cannoni, Uno - una sberla!- lo abbiam forato da parte a parte, e quell'altro lo stesso e dopo son scappati via tutti quanti e ci han lasciato lì. E allora noi cosa abbiamo fatto? C'era lì la stalla che era piena di vacche che urlavano - perché quando non le mungono, la notte hanno il latte e urlano - e allora cosa abbiamo fatto? C'era un tenente che era un professore di Roma - R. si chiamava - che ha detto: se stiamo uniti non succede niente, se vi allontanate uno a uno, vi beccano e vi fan la festa. Siamo andati dentro a una stalla, abbiam preso tutti i cuscini e li abbiam messi vicino alla porta di entrata, tutti lì. E noi altri ci siamo messi a dormire in mezzo alle vacche e poi abbiam dormito. Alla mattina ci siam trovati i compagni che puntavano il fucile. E ci hanno portato in piazza a Goito, ci avevano messo tutti in fila contro un muro, [col] mitragliatore davanti e ci volevano fare la festa. Invece ci siamo salvati perché avevamo tutti i pacchi di medicazione che davano ai militari - i pacchi di primo soccorso - e allora han cominciato a raccogliere sti affari. Nel frattempo, non arriva una pattuglia americana? E' stata la nostra salvezza! Dicono ma quelli chi sono? Noi abbiamo combattuto contro quelli lì, abbiamo perso tre carri armati contro di loro. Non siete stati voi altri, quindi questi qua sono nostri. Li prendiamo noi. Ci hanno preso e ci hanno portati a Mantova, e a Mantova siamo stati quindici giorni in carcere. Poi dopo c'era un comando , un raggruppamento di partigiani liberali, e ci hanno mandati lì da loro. E lì ci torchiavano, di notte ci facevano alzare, ci portavano in un ufficio e ci facevano le domande, volevano sapere tante cose. E noi gli dicevamo che non sapevamo niente. Tant'è vero che finito lì, ci hanno mandato cioè ci portavano a raccogliere le munizioni in giro con i camion: andavamo a prendere le bombe inesplose e caricavamo i camion. Poi, dopo, finita la pulizia lì intorno, han fatto un campo di concentramento in città, e lì ci siamo trovati in tanti. Però il posto dove che eravamo con la batteria, quelli che abitavano lì, che erano un po' più di casa e che han saputo che eravamo prigionieri a Mantova, son venuti a trovarci. E allora anche i controllori del campo [erano stupiti] e le persone gli dicevano: ma questi qua [cioè noi] non han mai fatto niente, anzi. Una signora ha detto... Dato che noi eravamo in ritirata - era di giorno - avevamo preso i civili che passavano per la strada per non farli andare via, che loro ci vedevano, per non farli andare dai partigiani a riportare che noi eravamo lì. Allora li fermavamo tutti e li portavamo nella cascina. Io ero di pattuglia, ero fuori dalla cascina. E c'è stato uno che era in cascina e che si è messo a tirar fuori che voleva scappare. Sul tetto c'erano i mitragliatori e allora han cominciato a sparargli dietro a quello lì. Un [mio compagno d'armi], un bergamasco, un bestione alto così, ha incominciato a corrergli dietro a quello lì [gridandogli]: fermati, fermati! Meno male che quello si è fermato, l'ha preso e l'ha riportato indietro, perché altrimenti lo ammazzavano. Un altro, in cortile, un ragazzo che avrà avuto sedici o diciassette anni - perché lì vicino alla cascina c'era dei campi canapa - voleva scappare, e un maresciallo tedesco l'ha preso e gli ha puntato la pistola alla testa. Allora tutti quanti i ragazzi che c'erano lì, han dato la spinta al maresciallo e il ragazzo è scappato via. Allora la gente raccontava quelle cose lì. E ci hanno fatto i fogli di via, e noi dopo le varie indagini, eravamo liberi di ritornare al paese e presentarci una volta alla settimana, per un mese, dai carabinieri a firmare. E quindi io sono tornato a casa."
35) Vi chiedo ancora una cosa su vostro padre, che mi dite essere partito dalla Libia nel '43. Lui è stato espulso o è partito volontariamente?
Giorgio: "No, lui era militarizzato, e doveva seguire le truppe; se lui scappava via, era disertore. Se veniva in Italia che era disertore, lo fucilavano."
36) Un po' di italiani sono invece rimasti e sono andati via dopo...
Giorgio: "Si, nel '75. Perché prima c'era Re Idris, il re dei senussi, e tutto andava bene, poi è arrivato Gheddafi... Perché nel '75 son venuti prima quelli della Libia e poi quelli dalla Tunisia"
37) Però nel 1943 ci sono anche stati dei profughi dalla Libia...
Giorgio. "Eh si, quella è gente che è scappata via di là, perché aveva la coscienza sporca, perché altrimenti non scappava, stavano lì. [Sono andati via] perché o erano fascisti, o hanno fatto del male ai locali. "
Gigi: "Qualcosa avevano, perché altrimenti non scappavano. Crollato il fascismo sono andati via, si capisce. Mio papà è venuto perché noi eravamo tutti qua, mia madre era qui, e lui intendeva venirci a prendere. Perché poi mia madre voleva tornare là a tutti i costi, [per lei] non c'era verso di stare in Italia, perciò [voleva ritornare]. Ma da Catania ce n'era di gente che han preso i pescherecci e provavano a ritornare di là e poi li rimandavano indietro, eh!"
38) Però loro non sono stati espulsi...
Gigi: "Espulsi... Gli espulsi sono gli ultimi, quelli del '75. E' come i greci, i primi, espulsi con due navi e via. Quelli che se ne sono andati è perché avevano delle grane. Io penso che dalla Libia non son scappati via per politica, ma son scappati via perché se no gli tagliavano la gola. Perché avevano fatto delle puttanate, perché se no non scappavi. In quel periodo lì non scappavi, stavi lì. "
Giorgio: "I greci... Guarda che la maggior parte dei greci che sono andati via, è perché erano fascisti."
39) Mi dicevate prima dell'intervista che voi siete stati in molti campi profughi. Posso chiedervi come mai?
Gigi: "Perché mio papà ha ricevuto una lettera che da lì, se voleva, doveva riprendersi il suo posto lì. Ma questo finita la guerra, per un gioco politico."
Giorgio: "C'era in discussione il trattato di pace, e allora per avere uno spunto De Gasperi aveva detto: io mando 600.000 persone in Sicilia pronte per andare in Libia, [così] magari mi danno un protettorato. E volevano dargli la Marmarica, che sarebbe stata - la terra che c'era - da Derna a Tobruc e non c'era niente, era tutti sassi. Gli davi il protettorato là ma cosa avevi? Come in Somalia... Quindi noi da Ferrara siamo andati a Catania."
40) E cosa c'era lì a Catania?
Gigi: "C'era il campo dei profughi della Libia, di gente che voleva andare di là."
Giorgio: "E invece quando noi siamo partiti per andare, siamo andati direttamente a Siracusa. E a Siracusa c'era già la nave pronta che ci aspettava per caricarci e per portarci là."
Gigi: "E lì si è capito subito [che non saremmo tornati], perché ti mandano a Catania per imbarcare e poi [torni indietro]... "
41) Riuscite a descrivermelo questo campo di Catania?
Gigi: "Erano delle scuole, delle scuole elementari. Eravamo a Fontana Rossa, che c'era un vialone lungo e noi eravamo dove c'era un crepaccio, sotto. Dal parapetto della strada c'era un crepaccio sotto. Eravamo quasi in centro, [infatti] andavamo a piedi dappertutto, andavamo in giro dappertutto. E lì non c'era neanche le tende: negli stanzoni mettevano dentro gente fino a che ce ne stavano. Quanti saremmo stati? Una ventina per aula, forse anche di più."
42) Ed eravate solo libici?
Gigi: "No, no, lì si, lì eravamo solo noi. E poi da Catania capisci subito che non ti vogliono mandare via"
43) Perché capisci subito che non ti vogliono mandare via?
Gigi: "Perché ti mandano indietro. Perché da Catania ci mandano a Giarre, mettendoci in una baraccona e poi da lì non vai più via."
Giorgio: "Lì era un campo di concentramento americano."
44) Un campo di concentramento?
Giorgio: "Si, lì era un campo di concentramento per militari, per prigionieri."
Gigi: "[Lì a Giarre era] un casino, più che a Catania!"
Giorgio: "Eh si, infatti lì il primo giorno [che siamo arrivati] abbiamo fatto la rivoluzione! Perché siamo arrivati noi e ci hanno fatto da mangiare con le foglie di zucchine. Sa, come fanno i siciliani che fanno da mangiare con le foglie di zucchine... Abbiam trovato quelle roba lì e non l'abbiam mangiata nessuno, e abbiam detto: o domani facciamo la spesa noi o qua facciamo un casino!"
Gigi: "Lì erano baracche, eravamo tutti mischiati: c'erano dei pagliericci per terra e stavamo tutti lì. Ed era una roba pazzesca! Neanche le divisioni c'erano, no, no."
45) Quindi neanche le divisioni?
Giorgio: "No,no, lì [a Giarre] mai avute le divisioni.
56) Ricevevate dell'assistenza come ad esempio dei sussidi?
Gigi: "Davano da mangiare e basta."
Giorgio: "Ci davano da mangiare e basta".
57) Quanto siete stati nel campo di Giarre?
Gigi: "Quanto saremmo stati? Un po' di mesi, non mi ricordo neanche. Saremmo stati cinque o sei mesi."
58) Ma i vertici dei campi cosa vi dicevano: partirete? Tornerete in Libia?
Giorgio: "Mah, loro dicevano domani [si parte]. Allora noi [che] avevamo un cassone mettevamo tutto dentro [ e ci preparavamo]."
Gigi: "Ci spedivano di qua e di là!"
59) Poi da Giarre dove siete andati?
Giorgio: "Da Giarre ci han portato a Modena: ci han portato in stazione e siamo partiti per Modena. Quindi in Sicilia siamo stati un annetto."
Gigi: "A Modena siamo andati nel '46."
60) Sulla Sicilia vi chiedo ancora un'altra cosa, e cioè che rapporti avevate con la popolazione locale?
Gigi: "Per carità! A Catania uscivamo [dal campo] la mattina, e facevamo la sassaiola fino alla sera coi catanesi."
61) Perché?
Gigi: "Perché loro già soffrivano, tu pure e quindi... "
62) Perciò non è stata una bella accoglienza...
Giorgio: "Eh... un casino! Io andavo al cinema vicino al porto, e dentro là, specialmente quando c'erano delle ragazze, scappavano via tutte e dai posti di sopra buttavano giù roba, era un casino da matti!"
63) E questo succedeva perché voi eravate profughi e magari eravate visti male dalla popolazione locale?
Giorgio: "No, [succedeva] perché eravamo dell'Alta Italia. Eravamo dell'Alta Italia, e allora... Le donne erano tutte per loro, erano tutte donne che potevano prendersele quando volevano - secondo loro- e sai, facevano casino."
64) Dunque non c'è stata una buona accoglienza...
Gigi: "No, ma neanche quando siamo arrivati a Torino."
Giorgio: "A Giarre già andava meglio, era un paesotto, anzi erano due paesi, perché Giarre era in alto e poi c'era tutta la strada che andava fino a Riporto: e c'erano Giarre, poi dopo c'era Ferrovia e poi c'era il paese di Riporto. E lì io sono andato a lavorare da un principe in campagna, in una vigna, con le zappe grosse e un manichetto sottile, a zappare la vigna. [Guadagnavo] 100 Lire al giorno e mezzo litro di vino a mezzogiorno. Avevamo pochi contatti all'inizio [con la popolazione], perché era un paesotto. Mio papà aveva un po' di confidenza col barbiere e con altra gente lì che bazzicava dal barbiere, però contatti con la gente io non ne ho avuti."
65) Perciò l'unica forma di assistenza che avevate era il cibo. Vestiti e altro niente...
Giorgio: "Niente. Dove ho lavorato io, ho lavorato a Modena che lavoravo in cucina alla mensa del campo insieme ad altre due. Era una mensa che era dell'ECA, e allora venivano anche da fuori a mangiare lì, però noi in cucina facevamo il mangiare per tutti quanti. E lavoravo lì, facevo dei piatti [prendendo il cibo] dentro a una marmitta così grossa! Anche a Modena... In un'aula eravamo in tre famiglie, tiravi le tende o le coperte e ognuno aveva il suo pezzo e bom."
66) Nel 1946 siete ancora in Sicilia, poi andate a Modena. Tutto ciò perché vi trasferiscono o siete voi a decidere?
Gigi: "No, no, mio papà voleva tornare in Alta Italia, è questo il motivo. E siamo andati a Modena."
67) Scusate, ma non potevate tornare a Ferrara?
Giorgio: "Eh no, chi mi dava la casa a Ferrara? Di nostro non avevamo più niente. Perché anche lì dove che avevamo quel terreno, era in affitto, non era di mio padre."
68) Come siete finiti a Modena?
Giorgio: "Perché lì a Giarre, ogni tanto, smistavano. Ci smistavano, perché c'era gente che trovava i posti da lavorare o di sistemarsi. Loro vedevano che c'era gente che aveva trovato lavoro e stavano lì. Invece chi non trovava lavoro cercavano di smistarli per vedere se altrove lo trovava. Volevano scaricarci, capito?"
Gigi: "In un paese così [come Giarre] lavoro non lo trovavi. Invece a Modena c'era già più possibilità."
69) Quindi da Giarre siete finiti a Modena. E dove stavate?
Gigi: "Nelle scuole vicino alla questura e vicino a un parco - non mi ricordo come si chiama - dove correvano con le moto e dove ci passava anche la mille miglia. [Queste scuole] erano in centro, poco lontano dalla piazza dove c'è il duomo."
70) In queste scuole eravate solo voi della Libia o c'erano anche altri profughi?
Gigi: "No, c'erano anche dei meridionali, [che] erano lì ma non si sa perché. Erano di Bari."
Giorgio: "Noi chi ci manteneva, era l'ex ministero dell'Africa Orientale, che ci manteneva lì a Modena. Perché poi anche le case che hanno fatto qua - a Torino - le ha fatte fare ancora il ministero dell'Africa Italiana. Comunque anche lì a Modena non c'era niente, era una scuola: [c'erano] dei cameroni divisi con le coperte e gli spaghi. Non c'era niente. Si, eravamo vicino all'ospedale militare, però avevamo un dottore che veniva lì al centro. Assistenza medica c'era, però per le cavolate. Anche se quello lì mi ha curato bene a me, perché ho preso un'intossicazione."
Gigi: "Avevamo i cameroni divisi con le coperte: [nella nostra camera] noi avevamo i N. da una parte e il cognato di N. dall'altra e c'era la coperta che divideva. Poi sul più bello, che stavi un po' più bene, ti smistavano in un altro campo, ti mandavano via. Anche perché poi lì gli servivano le scuole."
71) Quanto siete stati a Modena?
Giorgio: "Sei o sette mesi".
Gigi: "Sei o sette mesi, perché io ho fatto una classe lì, ho fatto la terza. [Siamo stati a Modena] nel '46, [perché] nel '47 eravamo già a Servigliano."
72) Mi diceva prima, signor Giorgio, che lei a Modena lavorava...
Giorgio: "Io ho lavorato lì in campo e poi ho lavorato anche fuori. Sa allora cosa c'era? C'era ilo contrabbando delle sigarette."
Gigi: "Ecco, i meridionali facevano il contrabbando delle sigarette."
Giorgio: "Si, venivano su, non avevano dove andare a stare, andavano all'ECA e l'ECA gli dava assistenza."
73) Da Modena poi siete finiti a Servigliano...
Giorgio: "Si, invece di andare su siamo andati giù!"
74) Riuscite a descrivermelo questo campo?
Gigi: "Baracche, tutte baracche. Puoi capire, l'hanno fatto già prima della guerra mondiale."
Giorgio: "C'era un trenino che faceva Porto San Giorgio sul mare fino alla montagna su in Amandola. Lì noi si stava bene, perché erano tutti contadini: lavoro non ce n'era, però magari passavi da contadino a fare una chiacchierata [e lui ti diceva] dai , vieni a mangiare e ti portava bicchiere di vino e salami. Ti davano da mangiare. Il campo era fuori. Aveva una porta d'entrata da una parte, e poi un'altra che uscivi e si andava fuori dal paese su in Amandola. Il campo era appena fuori dal paese e c'era anche un muro di cinta. C'erano le baracche dei comandanti dei militari, e intorno c'erano quelle per i servizi. E [in ogni baracca] c'erano dei lunghi cameroni, che li avevano divisi e poi avevano fatto dei box in legno.
Gigi: "Però [il muro di divisione] non arrivava fino a sopra [al soffitto], [ma] era [alto] due metri, quindi era sempre tutto comunicante. C'erano le baracche messe in fila, poi c'erano i gabinetti coi lavandini in mezzo. E di baracche ce n'era una lunga fila. Da mangiare andavi a prenderlo, e poi io sai cosa facevo? La pentola la portavo agli slavi, perché non potevi mangiare quella roba lì! Lì c'erano tanti slavi - slavi però - quelli che erano con [Ante] Pavelic, gli ustasa. Perché quelli arrivavano lì, ma lì stavano poco, perché poi da lì li mandavano a Napoli, al campo IRO e li spedivano via. [E mi ricordo] che c'era un greco che tutte le sere col forchettone [forca] ne voleva infilare qualcuno!"
75) Quindi eravate tutti insieme, non c'erano divisioni...
Gigi: "C'erano i greci del PCI e loro praticamente erano fascisti, e allora praticamente era sempre un casino! Ed era tutta gente sola, non c'erano donne, erano tutti uomini."
Giorgio: "Alla porta c'era il servizio dei carabinieri, e c'era anche mio papà che faceva servizio coi carabinieri: giorno e notte, per vedere chi entrava e chi usciva. E lì son stato anche io, poi dopo io facevo l'elettricista del campo. Perché lì, c'era un impianto che non le dico: attaccavano le stufe per scaldare d'inverno e c'era il quadro generale dove mettevamo delle resistenze, ma saltava sempre la luce, saltava tutto! Facevano più luce quelle resistenze che le lampade dentro alle baracche."
Gigi: "Infatti la gente diceva: staccate i fornelli!"
Giorgio: "Eh si, perché c'era gente che cucinava per conto suo. Però anche per riscaldarsi, perché d'inverno faceva freddo."
76) Con voi a Servigliano iniziavano anche ad esserci dei profughi giuliano-dalmati?
Gigi: "Si, si. Praticamente i giuliani, i primi zaratini che son quelli che sono andati via nel 40 [1944] li abbiam trovati a Modena. I primi erano a Modena, che arrivavano da Sebenico e da quelle parti lì. Ce n'era anche a Mantova, ma a Mantova c'era tutto: turchi, rumeni, noi, tunisini, giuliani."
77) Mi sembra molto interessante quanto mi avete detto circa la presenza a Servigliano degli ustasa...
Gigi: "Allora, noi entravamo di qua [da una parte]... Cioè, entravi dallo stradone e di qua [sulla destra] c'erano tutte le famiglie e di là [sulla sinistra] c'erano due baracche e il campo per giocare a pallavolo e poi c'era l'infermeria. E loro [gli ustasa] li mettevano tutti in queste baracche: [lì] c'erano tutti questi che arrivavano di là, scapoli, però, erano tutti scapoli. Poi c'erano altri che son scappati senza genitori - che abitano qui [a Torino] ancora adesso - che erano con questi, perché non avevano famiglia. Ma questi qua [gli ustasa] arrivavano e stavano poco, venti giorni, e poi li portavano a Bagnoli, al campo IRO, e da lì li portavano in Australia."
Giorgio: "Si, si... [Mi ricordo] che quando siamo andati a Servigliano da Modena - che ci siamo ubriacati io e [il mio amico] B.! - c'erano due ragazzi che erano a Mantova e andavano in Canada, e ci hanno offerto da bere. Allora, lì fanno il vin cotto, nelle Marche, e ci han dato il vin cotto... E il vin cotto è bastardo, perché fino a che bevi e stai seduto va bene, [poi quando] ti alzi in piedi e vai fuori... "
Gigi: "A Servigliano siamo stati un anno, dal' 47 al '48".
78) Quindi poi nel 1948 siete andati a Mantova...
Gigi: "Dovevamo venire prima, [però] abbiamo rimandato perché mia mamma stava male ed è andata all'ospedale. Noi siamo quindi stati due anni a Mantova."
Giorgio: "Si, perché io ho preso la liquidazione, e sono venuto via dal campo. Mi avevano dato 60.000 Lire e da lì non avevo più diritti. Sono andato su nel veronese, ho finito i soldi e, finiti i soldi, finito tutto! E nel frattempo loro sono venuti a Mantova."
79) Come mai siete andati a Mantova?
Gigi: "A Mantova perché da Servigliano abbiam voluto noi venire su."
80) Riuscite a descrivermelo il campo di Mantova?
Giorgio: "Casermette!"
Gigi: "Hai visto le Casermette [di Torino]? Allora, le Casermette di qua, la stessa cosa. Erano tre padiglioni da una parte e quattro dall'altra, perché uno era crollato, perché era stato bombardato, ed era quello dove si facevano le feste da ballo. Erano padiglioni, poi c'era dove c'erano le docce e dove c'erano i servizi. Come le Casermette, uguale. Anzi, peggio!"
81) In che senso peggio?
Gigi: "Peggio perché qui erano divisi, a Torino, erano già divisi a Torino i padiglioni. Erano divisi da una parte, a Torino."
82) E invece a Mantova?
Gigi: "Anche a Mantova."
83) E a Mantova il campo aveva dei servizi?
Gigi: "No, no, tutto fuori."
Giorgio: "No, no, devi capire che non c'era niente!"
84) Quanti potete essere stati a Mantova? Era un campo grosso?
Gigi: "Ti dico, c'erano cinque padiglioni, doppi, e cosa potremmo essere stati? Tremila?"
Giorgio: "Ma no, meno! Tra tutti, bambini e altro, saremmo stati 500, eravamo pochi."
85) Relativamente all'inserimento nel mercato del lavoro, posso chiedervi se a Mantova i profughi lavoravano?
Gigi: "Quando c'era sciopero!"
86) In che senso quando c'era sciopero?
Giorgio: "Facevano i crumiri!"
Gigi: "Quando i contadini scioperavano, andavano a lavorare."
87) I profughi?
Giorgio. "Eh già? Poi i compagni non potevano vedere gente che lavorava [quando loro scioperavano]"
Gigi: "Quando andavamo dal campo profughi in centro, che c'era la nebbia, cantavamo Faccetta Nera! E delle volte, forse, avevano anche ragione a darci dei calci nel sedere! [Però] sai, avevi anche vent'anni... "
88) E lì Mantova eravate tutti insieme, non solo voi libici...
Gigi: "No, lì facevi un fischio e arrivavano tutti quanti, avremmo visto 50.000 persone!"
Lì eravamo come fratelli, tutti quanti. Come fratelli: se c'erano sigarette, c'era una sigaretta per tutti. Lì soldi non c'e n'erano!"
89) Rifacendomi anche ad altre testimonianze raccolte, credo che il rapporto coi mantovani, almeno inizialmente, non sia stato molto facile...
Gigi: "Non avevamo rapporti coi mantovani, perché noi di amici ne avevamo già fin troppi lì dentro [al campo], e non è che andavi a cercarli fuori. Quelli più grandi di noi come R., avevano rotto le palle un po', ma no. Io non ho mai avuto problemi."
90) In che senso rotto le palle?
Gigi: "Sai, quelli lì che andavano a lavorare al posto degli scioperanti... Li volevano menare, eh! Se li beccavano li menavano."
Giorgio: "[Mi ricordo una volta] che siamo partiti da Mantova di notte, siamo andati via col pullman e siamo arrivati sul posto, in una cascina in mezzo alla campagna. Siamo arrivati lì, e il padrone voleva darci quello che voleva lui, e noi altri volevamo essere pagati. E dai, e dai e dai, e non ci siamo messi d'accordo. Allora siamo tornati indietro, ci siamo fermati in un bar alla mattina presto a prendere il caffè e, insomma, è sparito tutto! [Al ritorno] sul pullman tiravano fuori di tutto!"
Gigi: "Omissis"
Giorgio: "Omissis"
91) Fino a quando siete rimasti a Mantova?
Gigi: "Fino al 1951."
92) E poi siete venuti a Torino...
Gigi: "Nel 1951 abbiam fatto sti lavori qui, fino al 1953, perché io nel 1953, il 7 marzo sono entrato alla Fiat."
Giorgio: "Invece io lavoravo nei cantieri."
93) Ecco la Fiat. Molti testimoni mi hanno raccontato che la stessa azienda mandava i propri emissari alla Casermette per assumere i profughi, aiutata dal prete del campo...
Giorgio: "Eh, quello lì aveva la Fiat, la Michelin, la Westinghouse, tutto faceva! Se avevi il benestare suo andavi, se no no. E a me mi ha tagliato le gambe! Perché io dovevo andare alla Pirelli, quando hanno fatto la Pirelli a Settimo: sono andato al colloquio, prima di Natale, e mi han detto che il giorno 2 (gennaio) dovevo presentarmi là. Io non abitavo al Villaggio qua [a Lucento], ero già sposato, abitavo dietro alla birreria del Pioppo [alle Vallette]. Sono andato al colloquio e mi han detto di andare il 2 gennaio. Con me, c'erano anche due scagnozzi di qua [del Villaggio] con [in mano] una busta gialla. Avevano la busta gialla di accompagnamento. Sono entrati - io sono uscito e loro sono entrati - e il giorno dopo ho ricevuto dall'ufficio del personale della Pirelli [una lettera] che diceva che avevano riesaminato il mio caso e non potevano dare corso all'assunzione. E chi è stato? Il prete! E perché? Perché siccome quando siamo venuti ad abitare qua, il prete da tutti quelli che sistemava, voleva una tangente ogni mese. Allora mio padre gli ha detto che lui lavorava per mangiare, non per darli a lui [i soldi]! E allora B., la famiglia B., era esclusa. Il prete ti tagliava le gambe."
Gigi: "Sai cosa c'è anche? Nel 1953 ne hanno assunti un casino: io avevo fatto una domanda una volta, mi han chiamato e mi han preso, ma c'era la coda a far la visita! Un casino di gente ha assunto alla Fiat."
94) E lei alla Fiat dove è andato a lavorare?
Gigi: "In fonderia, a Mirafiori."
Giorgio: "Mio padre ha fatto Mirafiori, ha fatto quarant'anni in fonderia, di notte."
95) Quindi il legame tra la chiesa e la possibilità di trovare lavoro c'era, me lo confermate anche voi...
Giorgio: "Se non c'era il benestare di questo uomo qua, non lavoravi."
Gigi: "Ma anche la casa te la dava lui, eh!"
96) Cioè la chiesa interveniva anche nell'assegnazione delle case?
Giorgio: "Si, si, anche quello."
Gigi: "Qua c'è gente che hanno cambiato i lavori finché ne hanno voluti, finché hanno trovato quello buono. Perché tutte le impiegate della Sip -ex Sip- quali impiegate? Dov'erano andate a scuola? Per favore, lasuma perdi! Capisci?"
Giorgio: "Si, come quelli della Venezia-Giulia!"
97) Cosa vuol dire quelli della Venezia-Giulia, in che senso?
Giorgio: "Eh, quelli lì li ha sistemati tutti lui!"
Gigi: "Eh si, quelli della Venezia-Giulia erano i più trattati bene dai preti! Per tutto!"
97) E questo, secondo lei, come mai?
Gigi: "Eh, perché votavano al centro!"
Giorgio: "Omissis"
Giorgio: "Omissis"
Giorgio: "Omissis"
Gigi: "Omissis"
98) Parliamo dell'accoglienza riservata ai profughi dai torinesi. Intervistando molti giuliano-dalmati, ho notato come fossero diffusi molti stereotipi relativi ai profughi: profugo fascista, profugo che ruba il lavoro, la donna profuga che è di facili costumi... Vorrei sapere come siete stati accolti a Torino, se anche voi siete stati al centro, in quanto profughi, di episodi di discriminazione...
Giorgio: "Sa cos'è? Che a quei tempi lì non c'era lavoro per nessuno, allora andavi a fare il terrazziere e ti davano qualcosa, a Mantova."
Gigi: "Senti, se tu... Adesso, io sono andato a lavorare in fabbrica presto, e mi dicevano: bastardi, siete venuti a prenderci le case! Noi paghiamo la casa da una vita e non ce la danno, a voi altri ve l'han data... Tutte ste cose qua. Praticamente eri venuto a prenderli il lavoro. Poi se tu non hai la casa, paghi l'affitto, però vedi che danno le case a 500-600 famiglie e ti girano anche le balle! O no? Ma poi, guarda, quando siamo venuti qui [a Lucento] hanno fatto tutti i portoni e i cancelli nuovi, prima erano aperti. Ci chiamavano mau mau. Io avevo conosciuto una ragazza che mi disse: Cristo, mi avevano detto che sembravate dei delinquenti e invece siete bravi! Noi andavamo al bar là in piazza e appena ci han visti ci guardavano di brutto, [ci dicevano] fascisti e poi siamo andati avanti quarant'anni benissimo!"
99) Quindi anche a voi vi han detto fascisti...
Gigi: "Io quando andavo a votare, andavo in quella scuola vicino alle Ferriere, la Margherita di Savoia, e c'era uno che conoscevo e mi diceva: ueh, bastard, vuta nen per i fascisti neh! Me lo gridava da lontano... Perché erano convinti che votavi per l'MSI. Forse la maggioranza di questi [giuliani] era tutta della DC."
Giorgio: "La sezione del Partito Comunista di Lucento, voleva recintare qua. Ci volevano recintare, vi chiudiamo dentro col reticolato, perché dicevano che eravamo tutti fascisti!"
Gigi: "Ma se c'erano i fratelli - il cognome non lo ricordo - e c'era uno di questi che faceva il judoka e se di notte prendeva questi qua li menava! E poi siam diventati tutti amici."
Giorgio: "Poi han visto... Perché quando eravamo alle Casermette c'era una squadra [di calcio], la Fiumana. E andavamo a fare le partite fuori, siamo andati a Chieri, andavamo dappertutto. Facevano prima divisione. Finita la partita, coi soldi che si prendevano la squadra e quelli che erano con la squadra [andavano] a mangiare e a bere, mangiare e bere! Nelle osterie, a cantare. E quando ci sentivano cantare, arrivavano bottiglie da tutte le parti! Lasciavamo il tavolo, alla mattina, pieno di bottiglie!"
Gigi: "Quando siamo arrivati qua, avevamo già dieci anni di campo profughi, eri già maturo. Ed io quando son venuto via di là, dai campi, mi spiaceva anche! Stavo meglio lì alle Casermette."
100) Come mai stava meglio alle Casermette?
Gigi: "Perché eravamo una famiglia, non eravamo come qua. Là se avevi 100 Lire, non vedevi l'ora che arrivassero tutti e andavi a spenderli tutti assieme.
Giorgio: "Nei paesi, specialmente nel mantovano, avevamo un greco, Sisal lo chiamavamo, e aveva una bocca grossa così. E allora, quando c'erano le feste dei paesi nel mantovano, facevano le gare a mangiare pastasciutta. E noi lo iscrivevamo a lui, ma lui era uno strozzone, mangiava in fretta, invece gli altri mangiavano piano e lo fregavano sempre. E ci faceva perdere le 100 Lire, perché mettevamo 20 Lire a testa per iscriverlo. Comunque Mantova è stato il più bel posto dove siamo stati, eravamo tutti fratelli."
101) Qui a Torino come passavate il tempo libero?
Gigi: "Qui a Torino andavamo a ballare là, dove c'erano i bagni delle Casermette."
Giorgio: "Poi dopo si andava fuori, c'erano le caserme, là dove c'erano i militari, c'era un'osteria che aveva la sala da ballo. Poi si andava a ballare al Valentino e in piazza Sabotino."
Gigi: "Poi dopo quando avevi i soldi si andava in piscina, a vedere la partita."
102) Il lavoro è quindi servito a integrarsi e a conoscere la città?
Giorgio: "Lavorando cambi anche. Io ho lavorato nei cantieri, e c'erano siciliani, piemontesi di Barge che, porca loca, non sapevano una parola di italiano e non capivi quello che dicevano! E dopo è arrivato il momento che si parlava piemontese insieme a loro."
103) Com'era il Villaggio di Santa Caterina appena arrivati? Riuscite a descrivermelo?
Gigi: "Io quando sono arrivato, nel '55. Sono venuto qui che i nostri erano ancora alle Casermette, perché i primi sono arrivati prima di Natale del '55, gli altri son venuti dopo. Perché io mi ricordo che son venuto a casa da militare, e qui c'era un fango! Ero venuto a trovare la mia ragazza, e quando ho fatto per uscire mi han detto: ma guarda che non si va di là... "
Giorgio: "Era tutte cascine qua, c'era campagna. Per andare a prendere il tram dovevi andare al capolinea del 13."
Gigi: "Al capolinea del 13 dovevi andare a piedi. La strada... Corso Toscana non c'era, dovevi fare tutto il giro... "
104) Dopo tanti anni di campo profughi, credo che avere finalmente una casa sia stato per voi qualcosa di bello?
Gigi: "Non l'ho sentita io quella smania di avere casa. Quando mi han dato la casa avevo diciotto anni, andavo a casa solo a dormire!"
Giorgio: "Siamo stati troppi anni in giro, e oramai eravamo zingari!"
Giorgio: "Siamo equiparati ai combattenti e ai partigiani, per cui io prendo 32 Euro di pensione in più. Noi siamo rimpatriati, non profughi."
Gigi: "Non è che ci han preso [e ci han detto]: vai via! Noi siamo andati via, però la mamma è venuta per conto suo e il papà anche. Non è che di là gli han detto: scappa! Perché nel'43 chi era riuscito è stato il primo a scappare."