home I luoghi dell'esodo in Piemonte

Introduzione

"Se devo andar te vojo dir addio, per salutarte come un vero fio, che el parti per andar assai lontan..." Con queste parole si chiude la prima strofa di Addio a Pola, forse una della più celebri canzoni popolari istriane, il cui ritornello riecheggia con insistenza tra gli abitanti della città istriana nell'inverno del 1947 quando, a migliaia, si riversano sulle banchine del porto dove li attende la motonave Toscana, pronta ad attraversare l'Adriatico e a condurli in Italia. Parole strazianti che raccontano il distacco, lacerante e traumatico, di donne e di uomini partiti dalla propria città con la triste consapevolezza di non potervi più fare ritorno, e che ben si prestano a fare da sfondo a quel passaggio della storia del nostro paese meglio conosciuto come esodo istriano.

Un evento inserito a pieno titolo nella lunga scia di flussi obbligati di persone trovatesi a percorrere le disastrate strade dell'Europa post bellica, e che interessa la gran parte del gruppo nazionale italiano residente nei territori dell'Istria, di Fiume e della Dalmazia, passati, in virtù dei mutamenti politici e statuali sanciti dai protocolli e dai trattati di pace sotto la definitiva sovranità jugoslava. Un'ondata di vaste proporzioni che in un arco di tempo compreso tra l'immediato dopoguerra e la seconda metà degli anni Cinquanta, vede non meno di un quarto di milione di individui intraprendere la lunga via dell'esilio e dirigersi nel continente Americano, in Australia ma, soprattutto, in Italia toccando in maniera significativa anche il Piemonte.

Una vicenda delicata e complessa, intrisa di dolori e tensioni e giocata su un terreno reso instabile dalla presenza su questo spicchio di Adriatico di diverse culture, il cui contatto dipinge uno scenario che alterna pennellate dai colori delicati e soffusi a sfumature dai contorni foschi ed opachi.

Attraverso un viaggio nei luoghi e nelle parole che accompagnano i principali eventi snodatisi sul confine orientale italiano lungo l'asse del Novecento, il lavoro che segue si propone di analizzare le premesse e i temi correlati all'esodo giuliano-dalmata, con la speranza e l'ambizione di stimolare ed avvicinare insegnanti, studenti, ricercatori o semplici lettori, alla comprensione di un momento storico che per la sua intrinseca complessità appare di non facile interpretazione.

Un percorso che è anche un viaggio nella memoria e nei ricordi di uomini e donne sradicati dalla propria terra e trapiantati a forza in un'altra, e per i quali l'esodo costituisce un evento fondante che non solo costruisce, ma rafforza e fonda un'identità mantenuta viva ancora oggi. E sono proprio le fonti orali a rappresentare uno dei punti di maggior spessore del lavoro che, attraverso criteri sistematici, ha raccolto testimonianze in grado di dare voce alle differenti soggettività dei protagonisti, ripercorrendo, attraverso la memoria, le varie dinamiche (individuali e comunitarie) che accompagnano l'esodo, dalla partenza all'arrivo fino ai non sempre facili processi di inserimento sul territorio nazionale prima e su quello piemontese poi.

A corredare le testimonianze vi è poi un prezioso patrimonio archivistico, documentario e iconografico, in larga parte inedito, conservato in archivi e biblioteche regionali, la cui consultazione ha permesso di approfondire, ampliandoli, studi di realtà già oggetto di precedenti ricerche e, nel contempo, di gettare nuovi sguardi su contesti fino ad ora inesplorati dando vita a una sorta di mappatura dell'esodo istriano all'interno dell'intero territorio piemontese.
Insieme alle fonti archivistiche, in gran parte inedite e di prima mano, nell’applicazione trova spazio un patrimonio documentario costituito da circa quaranta ritagli di articoli giornalistici reperiti su testate di carattere locale e nazionale, 315 immagini localizzate ed acquisite attraverso la consultazione di archivi pubblici e privati e 84 testimonianze che rappresentano un corpus di fonti rilevante nonché uno dei maggiori elementi di novità del lavoro.

Infine è d'obbligo fornire alcune indicazioni orientative per un corretto utilizzo dell'applicazione, che accanto alla descrizione dei luoghi del Piemonte sfiorati dalla traiettoria degli esuli giuliano-dalmati, presenta una parte di carattere generale all'interno della quale trovano spazio quelle che secondo gli autori rappresentano le principali parole chiave di riferimento.

Ciò che emerge è dunque un vero e proprio dizionario da sfogliare e interrogare, all'interno del quale ogni voce è organizzata come una singola scheda che, seguendo una struttura generale valida per ciascuna parola chiave, presenta accanto alla parte puramente descrittiva e narrativa dell'evento, alcuni estratti di testimonianze inerenti alla tematica trattata. A completare il tutto vi sono poi dei suggerimenti bibliografici sul singolo argomento che intendono fornire al lettore le coordinate di riferimento necessarie a un approfondimento del tema e, laddove la disponibilità di materiale lo ha reso possibile, l'inserimento di un apparato iconografico proveniente da archivi pubblici e privati.

Un’altra voce che da quest’anno andrà ad arricchire questa sezione è quella denominata “altre profuganze”. Al suo interno trovano spazio le storie dei profughi provenienti dalle ex colonie italiane della Grecia e dell’Africa orientale (in particolare dalla Libia). Una scelta dettata dal fatto che si tratta di uomini e donne strappati - a dire il vero con dinamiche piuttosto simili - al loro paese trovatisi, una volta giunti in Italia, a condividere spazi e luoghi con i profughi istriani. Molte sono le interviste raccolte che mettono in luce come nei centri di raccolta accanto ai giuliano-dalmati vi siano anche i profughi provenienti da questi territori. Una presenza costante, che ritorna anche nei cosiddetti borghi giuliani. La storia dei profughi greci e dei profughi provenienti dalle ex colonie dell’Africa orientale rappresenta quindi un tassello della storia cittadina, e come tale si è deciso di ripercorrerla attraverso alcune interviste e la consultazione di documentazione conservata nel fondo dell’Ente Comunale di Assistenza dell’Archivio Storico della Città di Torino. Si tratta di un lavoro che, per il momento, non ha pretesa di essere esaustivo ed esauriente. Un punto di partenza che potrà forse portare in futuro a una ricerca che è desiderio degli autori continuare e approfondire.

Lo sguardo si sposta poi sulla specificità territoriale, analizzando la traiettoria tracciata dai profughi giuliano-dalmati sul territorio piemontese, con particolare attenzione per realtà già conosciute come Torino, Novara, Alessandria e Tortona (arricchite però rispetto ai precedenti lavori da importanti elementi di novità), alle quali si aggiungono contesti pressoché inediti come le province di Asti, Cuneo e Vercelli (comprendente anche quella di Biella) sulle quali è stata condotta, così come per le realtà precedentemente menzionate, un’ approfondita indagine attraverso le carte degli archivi e della stampa locale e la raccolta di interviste a esuli residenti nella zona in modo tale da completare l’intera geografia regionale.

Ogni realtà locale presenta una propria struttura costituita da altrettante schede, correlate da estratti di testimonianze, materiale iconografico, articoli di giornale, bibliografia di riferimento e dati statistici. Una nota introduttiva relativa alla presenza dei giuliano-dalmati e ai luoghi in cui essi sono ospitati all'interno di ogni singola provincia, precede le schede relative all'arrivo, ai luoghi che hanno accolto i profughi all'interno di ogni singolo territorio, e ai loro percorsi di inserimento e integrazione, di tempo libero e lavoro, raccontati attraverso lo sguardo privilegiato offerto dalle testimonianze e dai documenti conservati negli archivi storici.

Al lettore è qui offerta la possibilità di lasciare un contributo o un commento sui luoghi presi in considerazione
e sugli argomenti proposti, mettendoli a disposizione, unitamente alla documentazione d'archivio che è stata
raccolta in merito, in uno spazio di confronto aperto a ricevere integrazioni e opinioni diverse.
Ci auspichiamo che le testimonianze raccolte intorno a questi luoghi di partecipazione alla memoria costituiscano
un polo di attrazione per la comunità giuliano-dalmata. Un archivio sociale dove condividere i ricordi, in cui custodire i racconti delle proprie storie per consegnarle alle nuove generazioni così come sono state vissute.