Fondata nel 1768, la Manifattura Tabacchi rappresenta, nella prima dell’Ottocento, una delle principali realtà produttive cittadine. Negli anni immediatamente successivi all’unità d’Italia quella torinese, è la seconda delle quindici manifatture attive in Italia: nel 1869 sono 2.140 i dipendenti impiegati nelle due sezioni del Regio Parco e di via della Zecca [E.Miletto, 2005], nelle quali alla tradizionale lavorazione dei sigari si affianca quella del trinciato da pipa e della spagnoletta, l’attuale sigaretta. Lavorazione, quest’ultima, che iniziata a partire dagli anni Ottanta del XIX secolo, rende necessaria una modifica strutturale dell’azienda, prevedendo il trasferimento nella sede del Regio Parco di tutte le operazioni svolte negli edifici di via della Zecca, la cui attività cessa definitivamente nel 1895. La produzione dei sigari, affidata a manodopera femminile, preponderante rispetto al totale dell’organico impiegato (le cosiddette sigaraie), rappresenta la principale attività dello stabilimento. Soggetta a significative modifiche strutturali, a partire dai primi anni del Novecento la fabbrica assume la fisionomia di una vera e propria entità autonoma, all’interno della quale trovano spazio non solo officine meccaniche, falegnamerie, un distaccamento della Guardia di Finanza e un raccordo ferroviario (direttamente collegato con il vicino scalo merci di Torino-Vanchiglia), ma anche una mensa, un cinema-teatro, un locale di svago e una sala biliardo per i dipendenti, che possono inoltre avvalersi di un asilo nido e di un gruppo di abitazioni riservate al personale, sorte nelle adiacenze del nucleo centrale della fabbrica. Gli anni Venti del Novecento segnano per il complesso del Regio Parco l’inizio di un periodo di grandi trasformazioni coincidente con una diminuzione della forza lavoro, passata dalle 1.993 unità del 1921 alle 1.436 del 1925 [E.Miletto, 2001], e con una diversificazione della produzione che, in seguito a una mutata tendenza dei consumi di mercato, porta i la sigaretta a soppiantare il sigaro. Da questo momento in poi la figura della sigaraia si avvia verso un progressivo declino, accelerato, dalla seconda metà degli anni Trenta, dall’introduzione su larga scala di macchinari per la lavorazione di sigarette, che portano a un aumento del personale (1.145 unità nel 1937 e 1.320 nel 1939 [A. Castrovilli, C. Seminara, L. Angeli, 1999] ) e confinano il lavoro artigianale, elemento distintivo del confezionamento dei sigari, ai margini del ciclo produttivo. Bombardata dall’aviazione alleata la notte del 13 luglio 1943, la Manifattura Tabacchi riprende la propria attività nell’immediato dopoguerra: un piano congiunto di ricostruzione industriale portato avanti dal Governo e dai Monopoli di Stato, consente l’acquisto di nuovi macchinari che potenziano i reparti di lavorazione delle sigarette, alla cui produzione continua a dedicarsi gran parte dell’organico in servizio, il cui numero sale dalle 1.526 unità del 1946 (suddivise tra 1.141 operaie, 318 operai e 67 impiegati) alle 1.570 nel 1948 [AST, Intendenza di Finanza]. La prima metà degli anni Cinquanta segna l’inizio di una parabola discendente, che si traduce in una diminuzione del personale e nella chiusura, nel 1960, del reparto del trinciato da pipa e dei sigari, lasciando in funzione soltanto quelli per la fabbricazione di sigarette. In fabbrica restano poche centinaia di dipendenti: 400 negli anni Ottanta e 180 nel 1996 [Museo Torino, 2011], quando si chiudono definitivamente i cancelli. A partire dal 1947 le vicende del complesso del Regio Parco si intrecciano, tessendo trame fitte e articolate, con il flusso di partenze che coinvolge i lavoratori in forza alle Manifatture Tabacchi dell’Istria passate, dopo la firma del Trattato di Pace, sotto il controllo dello Stato jugoslavo. Uno spostamento di dimensioni massicce, interessante gran parte delle Manifatture italiane. Tra esse vi è anche quella di Torino, dove tra il 1947 e il 1952, si registra l’arrivo di una consistente quota di personale proveniente dalla Venezia-Giulia per il quale, come recita una circolare promulgata dalla Direzione dei Monopoli di Stato, è garantito il reintegro nelle manifatture italiane, a condizione “di aver fissato l’opzione per il ritorno in Italia entro e non oltre la data del 15 settembre 1947” [PCM, Archivio UZC]. Il primo contingente arriva nell’opificio di Regio Parco tra febbraio e giugno 1947: un totale complessivo di 52 lavoratori provenienti dai complessi di Zara (3), Rovigno (2), Fiume (14) e Pola (33) [AST, Intendenza di Finanza]. L’Archivio di Stato di Torino, conserva le carte della Manifattura Tabacchi di Pola, la cui analisi consente di ricostruire gli ultimi giorni di attività dello stabilimento, chiuso per ordine del governo jugoslavo il 16 settembre 1947. Secondo quanto si legge nei documenti, la fabbrica che produce soltanto “da luglio 1946 a gennaio 1947”, occupa poco meno di un migliaio di dipendenti (963). Alcuni di essi (424, e cioè 41 uomini e 383 donne), “non intendono trasferirsi in Italia” [AST, Intendenza di Finanza], mentre i restanti 539, come rivelano i carteggi intercorsi tra le direzioni delle principali manifatture tabacchi italiane e la direzione dei Monopoli di Stato, andranno a rinforzare l’organico degli altri stabilimenti. Con i suoi 33 lavoratori provenienti da Pola, la fabbrica del Regio Parco si attesta al quarto posto dopo quelle di Firenze (162), Lucca (115) e Sestri Levante (85). Seguono, in ordine di arrivi, Venezia (22), Rovereto (20), Modena (15), Verona (15), Napoli (14), Bari (13), Milano (11), Roma (7), Catania (7), Bologna (7), Cagliari (5), Palermo (4) e i depositi dei tabacchi di Lecce (7), Sassari (1) e Brescia [AST, Intendenza di Finanza] . I dati relativi all’organico impiegato nella Manifattura Tabacchi di Torino, evidenziano come l’arrivo di lavoratori dalla Venezia-Giulia prosegua anche nel 1948, quando si registra la presenza di 31 nuovi dipendenti (29 donne e 2 uomini) provenienti dagli stabilimenti di Fiume (14), Pola (13) e Rovigno (4). Un numero che, sommato a quello dell’anno precedente, porta a un totale di 83 unità, sulle 1.570 impiegate nell’azienda del Regio Parco [AST, Intendenza di Finanza]. Nuovi arrivi si registrano anche negli anni seguenti: l’analisi dei documenti contenenti l’elenco del personale salariato, dimostra infatti come nel 1952 (l’ultimo anno cui le carte fanno riferimento), il personale di origine istriana ammonti complessivamente a 121 unità, ovvero il 9,4% sul totale dei 1.281 dipendenti dello stabilimento [AST, Intendenza di Finanza]. L’analisi della documentazione, consente di soffermarsi sui percorsi lavorativi di una parte dei dipendenti istriani giunti nel complesso del Regio Parco. Ne emerge un quadro tendente a evidenziare come la condizione operaia appaia quasi del tutto preponderante rispetto alle altre categorie professionali. Si veda infatti quanto avviene per la manodopera riassunta in organico dalla Manifattura Tabacchi di Pola: le donne sono addette al confezionamento dei sigari (27) e alla preparazione delle sigarette (10), mentre gli uomini - il cui numero appare nettamente inferiore (appena 7 unità) - sono impiegati come operai o come addetti ai macchinari. Soltanto in un caso si registra la presenza di un dipendente assunto come impiegato [AST, Intendenza di Finanza]. L’estrazione operaia sembra caratterizzare anche il personale giunto da Fiume: le donne sono impiegate come sigaraie (10) e nella produzione di sigarette (10), mentre l’unico uomo lavora come manutentore in officina [AST, Intendenza di Finanza]. La sigaraia risulta essere la professione più comune anche tra le lavoratrici giunte da Rovigno, come dimostrano le 21 impegnate nella produzione dei sigari a fronte delle 6 adibite a quella di sigarette. Anche in questo caso, l’unico uomo presente è assegnato a un lavoro di controllo delle macchine impegnate nel processo di lavorazione delle sigarette [AST, Intendenza di Finanza]. Della lavorazione dei sigari non si occupa invece nessuna delle dipendenti provenienti dalla Manifattura Tabacchi di Zara, la cui attività si concentra esclusivamente sulla produzione di sigarette [AST, Intendenza di Finanza] . “E’ doveroso riservare ai lavoratori di Pola la massima cortesia, venendo loro incontro in tutto ciò cui possano abbisognare […] in attesa che essi trovino da sistemarsi”. Così, in una lettera redatta il 24 gennaio 1947, il prefetto di Torino si rivolge al direttore della Manifattura Tabacchi, preannunciandogli inoltre che “in occasione dello sgombero della Manifattura Tabacchi di Pola, un contingente di operai impiegati in quella Manifattura è stato trasferito a Torino, dove dovrebbe giungere prossimamente” [AST, Intendenza di Finanza]. Parole che sembrano rivelare come la ricerca di un luogo idoneo a sistemare i nuovi arrivati, rappresenti una delle prime problematiche con cui confrontarsi. In tal senso per i vertici dell’azienda gli edifici di corso Regio Parco, adiacenti allo stabilimento, sembrano rappresentare la soluzione più immediata. Una strada rivelatasi però difficilmente praticabile, poiché, come si legge in una corrispondenza intercorsa tra la direzione dell’azienda e il Comitato di Riparazione Edilizie (l’ente deputato alla concessione delle abitazioni), l’assegnazione degli alloggi è correlata “al fatto che il richiedente deve dimostrare la sua residenza stabile nel Comune di Torino da un’epoca anteriore al 1 gennaio 1945” [AST, Intendenza di Finanza]. Data anche la difficoltà di reperire soluzioni alternative, ai lavoratori istriani non restano che le camerate del Centro di Raccolta Profughi delle Casermette di Borgo San Paolo. La ricognizione sulla documentazione inerente il pagamento del personale salariato, consente di monitorare la situazione relativa ad alcuni dipendenti provenienti da Pola. Si tratta di 30 lavoratori, 19 dei quali, alla data del 31 luglio 1948, risultano residenti nel complesso di Borgo San Paolo. Gli altri 11 sono invece disseminati “a macchia di leopardo nei differenti quartieri cittadini” [E. Miletto, 2005]. L’alta percentuale di lavoratori istriani ospitati alle Casermette sembra persistere anche negli anni seguenti. Si veda in proposito una corrispondenza intercorsa nel 1952 tra la direzione della Manifattura Tabacchi e quella del Centro di Raccolta Profughi di Borgo San Paolo, in seguito a una precisa richiesta del Ministero dell’Interno tendente a effettuare un censimento “dei lavoratori dello Stato alloggiati nei centri Raccolta Profughi” [AST, Intendenza di Finanza]. Secondo le stime del direttore del campo, alla data del febbraio 1952 risiedono alle Casermette 52 dipendenti della Manifattura Tabacchi, sul totale dei 121 di origine istriana impiegati nello stabilimento torinese. Si tratta di una cifra piuttosto consistente che consente di affermare come quasi la metà dei lavoratori provenienti dalla Venezia-Giulia, abbia trovato una sistemazione nei padiglioni di Borgo San Paolo.