Jolanda T.
A piedi o in bicicletta, in nave o a bordo di carri carichi di mobili, una moltitudine di uomini e donne abbandona città e paesi dell'Istria, staccandosi dalla propria terra per dirigersi verso un mondo nuovo, che per molti esuli giuliani assume le sembianze dell'Italia, paese inteso dalla gran parte di essi come «una meta naturale per un nuovo insediamento» [G. Oliva, 2005]. Quello dei giuliano dalmati è dunque un flusso migratorio la cui spinta non si arresta nel vicino Friuli o nelle regioni appena al di là dell'Adriatico, ma coinvolge, da nord a sud,l'intero territorio nazionale, sul quale gli esuli si distribuiscono a macchia di leopardo. Tra le diverse regioni sfiorate dalla traiettoria tracciata dai giuliano-dalmati vi è anche il Piemonte all'interno del quale la loro presenza sembra essere piuttosto consistente se è vero che nel 1958, Amedeo Colella, censisce 12.624 individui, corrispondenti allo 0,34% dell'intera popolazione regionale [A. Colella, 1958]. Nel 1958, quando possono dirsi terminate le grandi ondate delle partenze, fa la sua comparsa un altro documento di notevole importanza elaborato dall'Opera per l'Assistenza ai Profughi Giuliano e Dalmati. Si tratta di un prospetto riepilogativo relativo alla dislocazione dei profughi giuliano dalmati nelle varie regioni italiane. Secondo questo documento nel nord Italia vive l'82,29% dei profughi, il 9,89% ha trovato sistemazione nelle regioni del centro e il 7,82% nell'Italia meridionale e insulare. [E. Miletto, 2007].
La parabola migratoria dei giuliano-dalmati assume anche connotati internazionali dal momento che una parte di essi deciderà di seguire le tradizionali rotte dell'emigrazione transoceanica scegliendo come meta finale del proprio viaggio l'America Latina, il Canada, gli Stati Uniti (che con l'emendamento al Displaced Persons Act del 1948 riaprono, a partire dal 1950, le porte all'emigrazione «riservando 2.000 posti ai Venezia Giulian» [G.Caccamo, 2008] ) e il continente australiano, che sembra poter offrire «maggiori possibilità all'emigrazione» [G.Caccamo, 2008].
Dopo aver percorso, non senza difficoltà, distanze infinite, i giuliano dalmati si trovano quindi proiettati in luoghi sconosciuti, profondamente differenti rispetto a quelli dei propri paesi d'origine, nei quali i desideri e le speranze che hanno accompagnato il lungo viaggio non solo stridono, ma sono destinati a svanire del tutto dopo il primo contatto con una realtà che si presenta molto lontana da quella sognata e immaginata.