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I Borghi Giuliani

Tra i vari interventi in materia di assistenza ai profughi giuliano-dalmati messi a punto dagli apparati governativi italiani e contenuti nella legge del 4 marzo 1952, rientra la decisione di assegnare a quelli «ricoverati nei centri di raccolta amministrati dal Ministero dell'Interno» [«L'Arena di Pola», 1952], il 15% delle abitazioni sorte nei nuovi quartieri di edilizia popolare edificati, a totale carico dello stato, dagli Istituti Autonomi per le Case Popolari. Si tratta di un provvedimento che interessa quarantadue città italiane, all'interno delle quali sorgono altrettanti agglomerati per profughi: i cosiddetti borghi giuliani, grazie ai quali i profughi lasceranno la precarietà dei campi per stabilirsi in abitazioni vere e proprie. Oltre al territorio piemontese, dove prendono forma veri e propri nuclei residenziali destinati ad accogliere i profughi, i più importanti dei quali sono rappresentati dagli insediamenti del Villaggio di Santa Caterina a Torino, del Villaggio Dalmazia a Novara e del Villaggio Profughi ad Alessandria, la costruzione dei nuovi complessi edilizi interessa molte altre città della penisola. E' il caso, tra i molti che si potrebbero analizzare, di Brescia, La Spezia, Venezia, Bari e Roma.

Nel giugno del 1952 nella città lombarda è inaugurata alla presenza «di tutte le autorità cittadine, con alla testa il sindaco, il prefetto e il vescovo la prima ala del Villaggio Sant'Antonio, il cui progetto definitivo prevede la costruzione di circa un centinaio di alloggi, «una sessantina dei quali già costruiti e abitati» [«L'Arena di Pola», 1952] al momento dell'inaugurazione. Nello stesso periodo a La Spezia, l'Ufficio Tecnico Comunale si incarica di costruire «cinquantasei appartamenti per gli esuli giuliani, distribuiti in nove villini che sorgeranno in località Mazzetta», che permetteranno di migliorare notevolmente le condizioni abitative dei profughi, molti dei quali sono ancora costretti a convivere «nei locali della caserma Ugo Botti o in locali che a malapena potrebbero essere assegnati a degli animali» [«L'Arena di Pola», 1952]. Qualche mese più tardi, a dicembre, è la volta di Venezia, dove nella zona industriale di Marghera, in località Ca' emiliani, vengono costruiti «sessantasei alloggi concentrati in quattro caseggiati che, a breve, saranno collegati al centro in modo molto comodo». Si tratta del primo passo di un programma più ampio destinato, come si legge sulle pagine de «L'Arena di Pola», a realizzare in quella che è diventata «la borgata giuliano-dalmata altri centosessanta alloggi, con la conseguente sistemazione di 15.000 profughi» [«L'Arena di Pola», 1952]. L'edificazione di abitazioni di carattere popolare da assegnare ai profughi interessa anche alcuni importanti centri del sud Italia, come dimostra il caso di Bari, dove nascerà, a ridosso della zona dei mercati generali, un «rione destinato ai profughi giuliani», significativamente denominato Zara Nuova. Si tratta di un complesso di circa «novecento alloggi, destinati ad assorbire tutte le famiglie di profughi sistemate nei campi di raccolta della provincia, sia altri profughi residenti a Trieste ma già prenotati per la loro definitiva sistemazione nella provincia di Bari.»[«L'Arena di Pola», 1952] Alla realizzazione della prima parte del progetto provvede il locale Istituto Autonomo per le Case Popolari che «su un'area di 5.700 chilometri quadrati» costruisce »ventisette gruppi di fabbricati per un totale di trecentocinquantaquattro appartamenti da due, tre, quattro camere più bagni, cucina e accessori.» [«L'Arena di Pola», 1952] Tra quelli sopra menzionati vi è infine, ma non perché meno importante, il caso di Roma, dove nella zona dell'E.U.R. sorge il Villaggio Giuliano E42 che, grazie anche al fondamentale apporto dell'Opera Nazionale per l'Assistenza ai Profughi Giuliani e Dalmati, presenta nel 1953 una capacità abitativa importante visto che al suo interno sono ospitate 1.200 persone, e trovano anche spazio locali destinati ad «attività commerciali ed industriali, una scuola e una chiesa» [Roberta Fidanzia, 2003].

Se, come si legge nella pubblicistica dell'epoca vicina agli ambienti degli esuli, la facilità dei collegamenti con il centro della città sembra rappresentare uno degli elementi caratterizzanti i nuovi complessi edilizi, la realtà appare invece diametralmente opposta dal momento che in quasi tutte le località italiane la caratteristica comune delle nuove strutture sembra essere il loro assoluto isolamento dal resto del contesto cittadino. Una scelta dettata da una precisa strategia edilizia, tendente a ubicare i nuovi complessi edilizi in aree suburbane non ancora o scarsamente popolate ed edificate. Veri e propri «blocchi compatti di abitazioni» [L. Ferrari, 1980], che, seppur lontani dalla città, sono dotati di servizi propri e sono costruititenendo conto di una precisa necessità di fondo, e cioè quella di ricostruire, anche nel nuovo ambiente, le caratteristiche del paese di origine. Proprio come accade nel rione Nuova Zara di Bari dove, come si legge nel progetto, «sorgerà una chiesa ispirata per stile e architettura al duomo di Zara e dedicata a San Girolamo, protettore dei dalmati.» [«L'Arena di Pola», 1952]

Testimonianze

Però, nel frattempo, c’erano le case profughe, cioè che davano ai profughi a San Bartolomeo, a ... [Leggi tutto]
Però, nel frattempo, c’erano le case profughe, cioè che davano ai profughi a San Bartolomeo, a Brescia. E noi siamo stati fortunati: dopo quaranta giorni di campo a Gargnano - che il campo di Gargnano era bello perché era agosto, era pieno di tedeschi, si andava a fare il bagno [al lago], era bellissimo! - ci hanno dato un alloggio al quartiere San Bartolomeo a Brescia, e così siamo andati via dal campo. Mio papà ha firmato subito, perché ha detto: no, no, io non voglio che i miei figli stiano in campo [e siamo andati via]. E abbiamo rinunciato a tutti gli averi che ti dà diritto il campo, perché lì avevi non so quanti soldi al giorno e hanno dato l’alloggio. [A Brescia il villaggio] era fuori, fuori, dove c’è l’OM. Era un po’ fuori, si prendeva il pullman e si andava in centro. Case nuove, che noi le abbiamo proprio inaugurate, erano bellissime! E anche lì abitavano già il nipote di mia mamma, avevamo tanti parenti, [eravamo] tutti insieme e si stava bene. A noi è dispiaciuto venire a Torino, però mio papà voleva che venissimo a Torino. A Torino siamo arrivati nel ’58.
Alma M.

Immagini

Profughe giuliano-dalmate al Villaggio di San Bartolomeo a Brescia
Profughe giuliano-dalmate al Villaggio di San Bartolomeo a Brescia
Profughe giuliano-dalmate al Villaggio di San Bartolomeo a Brescia
Profughe giuliano-dalmate al Villaggio di San Bartolomeo a Brescia

Giornali

 La legge per i profughi, in «L’Arena di Pola», 14 maggio 1952
 56 appartamenti per gli esuli a La Spezia, in «L’Arena di Pola», 18 giugno 1952
 Inaugurato a Brescia il Villaggio Sant’Antonio, in «L’Arena di Pola», 25 giugno 1952
 Alla periferia di Bari il rione di Zara Nuova, in «L’Arena di Pola», 19 novembre 1952
 Nei maggiori centri del Veneto stanno sorgendo i villaggi del profugo, in «L’Arena di Pola», 10 dicembre 1952

Riferimenti archivistici

 Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia - Comitato di Novara -, 50 anni di Villaggio Dalmazia. Dalla prima pietra ad oggi, Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia - Comitato di Novara -, Comitato di Quartiere Novara Sud, Novara, 2004

Riferimenti bibliografici

 G. Calcagno, Italiani 2 volte, Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia - Comitato di Alessandria e Tortona, Asti, 2006
 R. Fidanzia, Il Quartiere Giuliano-Dalmata di Roma tra memoria e attualità, in «Storia del mondo» n. 3, febbraio 2003, applicazione multimediale in www.storiadelmondo.com
 M. Micich, I giuliano-dalmati a Roma e nel Lazio, Edizioni Associazione per la cultura fiumana, istriana e dalmata nel Lazio, Roma, 2003
 E. Miletto, Con il mare negli occhi. Storia, luoghi e memorie dell'esodo istriano a Torino, Franco Angeli, Milano, 2005
 E. Miletto, L’Istria, l’Italia, il mondo. Storia di un esodo: istriani, fiumani, dalmati in Piemonte, Istoreto, Isral, Isrn, Torino, 2007
 M. L. Molinari, Villaggio San Marco. Via Remesina 32, Fossoli di Carpi: storia di un villaggio per profughi giuliani, Ega, Torino, 2006
 M. Orlic, L’esodo degli italiani dall’Istria e l’insediamento nella provincia di Modena, in «Quaderni del centro di ricerche storiche», XVIII, Rovigno, 2007
 A. F. Orsini, L’esodo a Latina. La storia dimenticata dei giuliano-dalmati, Aracne, Roma, 2007
 F. Pillone, Un approdo nella tempesta: "Corso Alessandria 62" : profughi istriani a Tortona nel dopoguerra, Tesi di laurea , relatore Giovanni De Luna, Torino, Università degli Studi, Facoltà di Scienze della Formazione, anno accademico 2006-2007.
 E. Tonezzer (a cura di), Volti di un esodo, Museo storico in Trento, Trento, 2005
 S. Volk, Esuli a Trieste. Bonifica nazionale e rafforzamento dell’italianità sul confine orientale, Edizioni Kappa Vu, Udine, 2004

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