Biografia di Vinicio Cortese
20/01/1921, Nicastro (RC), Italia
26/08/1944, Ozzano Monferrato (AL), Italia
Vinicio Cortese nacque il 20 gennaio 1921 a Nicastro in provincia di Catanzaro. Dopo gli studi al liceo classico si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza presso l’Università di Napoli. Nel 1941 venne richiamato alle armi e destinato alla Scuola Allievi Ufficiali di Rieti, dove venne promosso sottotenente e assegnato al reparto sabotatori. Al momento dell’armistizio si trovava a Vercelli. In seguito ad un’azione di guerra venne catturato dai nazisti in ritirata e poi indotto ad aderire alla Repubblica sociale italiana. Arrestato per essere deportato, riuscì ad evadere e raggiungere le formazioni partigiane. Subì un secondo arresto in seguito ad un rastrellamento durante il quale rimase ferito e venne ricoverato presso l’ospedale di Alessandria fino alla sua fuga durante un bombardamento aereo. Dopo aver attraversato a nuoto il Tanaro riuscì ad unirsi ai partigiani. Si avvicinò successivamente alla VII Brigata della Divisione Matteotti “Italo Rossi”, comandata da Antonio Olearo, “Tom”. Fu nominato Commissario di Battaglione. Esperto in azioni di sabotaggio ad Ozzano Monferrato, riuscì a sottrarre un’ingente quantità di esplosivo che venne utilizzato per far saltare un tratto del binario ferroviario nella galleria San Giorgio. Il 26 agosto 1944 moriva in un’operazione di sabotaggio, per distruggere il ponte di Castagneto ed impedire l’afflusso di rinforzi nemici. Venne insignito della Medaglia d’oro al valor militare. Nella motivazione per la Medaglia d’oro veniva descritto come «Intrepido e valoroso partigiano, due volte catturato dai tedeschi, due volte evaso, si offriva sempre volontario per le più audaci gesta. Primo fra i primi in ogni ardimento, anelante sempre a maggiori audacie, richiedeva per sé il supremo rischio di far saltare il ponte di Ozzano. Mentre si accingeva all'epica impresa, veniva sorpreso da una forte pattuglia tedesca e, disdegnando la fuga, uno contro quaranta, l'affrontava con leonino slancio. Scaricata fino all'ultimo colpo la sua pistola, in un supremo gesto di sfida scagliava la sua arma contro il nemico e gridando ‘Viva l'Italia’ cadeva fulminato da una raffica di mitra al petto. Fulgida figura di eroico partigiano, superbo simbolo dell'italico valore».
Secondo altre fonti venne invece ucciso mentre perlustrava il ponte da far saltare cercando di mettere in salvo la vita del suo compagno, coprendo la sua fuga. Secondo la ricostruzione fatta invece da Giovanni Cipriano, i due partigiani morirono in uno scontro con le SS nei pressi di Ozzano, dove si erano recati per prelevare della dinamite presso le cave di cemento Eternit e Guzzi.
Nel 1946 l'Università di Napoli gli conferì la laurea in Legge ad honorem. Nel corso degli anni per ricordare il suo gesto eroico gli sono state intitolate vie a Roma, a Catanzaro e a Vibo Valentia, nonché nel suo paese natale, che lo ricorda anche con una lapide sul Palazzo municipale.
Note: Inserimento e revisione redazionale della scheda biografica a cura di Barbara Berruti.
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