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Case popolari per profughi giuliani, via Circonvallazione, via Baxilio, Tortona

A Tortona il primo esempio di edilizia popolare in favore dei profughi è rappresentato dalla costruzione, nel 1952, delle Case Fanfani sorte a poca distanza dal quartiere Città Giardino. Abitazioni destinate ad ospitare alcuni nuclei di profughi, che si trovano a vivere accanto ad altre famiglie tortonesi anch'esse assegnatarie degli alloggi. L'operazione di assistenza abitativa portata avanti con l'intento di alleggerire le presenze nella Caserma Passalacqua affidando ai profughi sistemazioni stabili e definitive, prosegue nei mesi successivi quando anche a Tortona giunge l'eco della legge 137 che prevede la costruzione di abitazioni di edilizia popolare da assegnare ai profughi. Nel 1952 infatti si riuniscono ad Alessandria, su sollecitazione del Ministero degli Interni, il sindaco di Alessandria, quello di Tortona e il presidente dell'Istituto Autonomo per le Case Popolari per pianificare la costruzione di "471 alloggi costituiti da uno, tre, eccezionalmente quattro vani, oltre i necessari servizi" [P. Porta, 1999], la cui edificazione, avrebbe dovuto interessare, oltre al capoluogo di provincia, anche il territorio tortonese per il quale è prevista la realizzazione di 171 appartamenti nella zona di via Circonvallazione (attualmente corso Romita). Iniziati nel 1953, i lavori terminano nel 1957, anno in cui si assiste all'inaugurazione delle prime abitazioni cui segue, nel 1958, quella di un altro complesso di appartamenti popolari edificati in via Baxilio (l'attuale via Saccaggi).

Testimonianze

[Io resto alla Passalacqua] fino alla fine del '53. [Restiamo] sei anni e mezzo. Poi ci hanno ... [Leggi tutto]
[Io resto alla Passalacqua] fino alla fine del '53. [Restiamo] sei anni e mezzo. Poi ci hanno assegnato una casa popolare qui a Tortona e siamo usciti. Erano le INA case. Non ero abituato a stare in una stanza chiusa: ero sempre abituato a stare con dei soffitti altissimi e degli spazi bassi...In caserma avevano fatto le camerate, ma le famiglie numerose avevano una camerata da sole, gli altri erano ancora suddivisi con le coperte...E magari in una stessa camerata c'erano tre famiglie. E la durezza della vita in campo era quella, la mancanza di privacy, specialmente per quelli che condividevano la stessa stanza. E poi i servizi erano fuori, erano in comune. Doccia potevi farla ogni tanto, ma noi andavamo fuori Tortona dove c'erano i bagni pubblici e andavamo lì. Non ero più abituato a stare in una casa piccola, in un appartamento. Ma i primi tempi, poi ci si abitua a tutto!
Ernesto S.
[Resto in campo] fino al '52. Poi ci hanno dato le case popolari a Tortona, in via Cesare Saccagi. ... [Leggi tutto]
[Resto in campo] fino al '52. Poi ci hanno dato le case popolari a Tortona, in via Cesare Saccagi. Che lì han fatto tre palazzine lunghe, ogni scala sei appartamenti, e ci hanno assegnato le case. E lì eravamo tutti profughi, sempre mischiati. Le case erano in periferia, anche se Tortona è piccola...Là non eravamo proprio fuori, perché c'era la fabbrica di Orsi e poi c'erano i terreni che hanno fatto ste case. Però; [non erano proprio lontane dal centro], perché facevamo [per fare un esempio di Torino] come da qui a Santa Rita [cioè davvero pochi passi] ed eravamo già nel centro.
Elena G.
[Siamo stati in campo] fino al '59. Poi nel settembre del '59 hanno fatto sessanta o settanta case ... [Leggi tutto]
[Siamo stati in campo] fino al '59. Poi nel settembre del '59 hanno fatto sessanta o settanta case - il ministero dell'Interno - qui a Tortona, e centoventi- centotrenta appartamenti al rione Cristo di Alessandria. Chi voleva optare per andare ad Alessandria poteva farlo. Che queste case venivano assegnate per niente, cioè si pagava niente, poco. Allora noi abbiamo deciso di restare a Tortona, che sono sessanta o settanta case, invece ad Alessandria ne han fatti centocinquanta. Che qui a Tortona le case le han fatte in via Saccagi, che han messo anche fuori al targhetta. Sono case di due camere, massimo tre.
Luigi B.
[Di entrare in una casa] ero contenta, per forza, perché mia madre aveva quattro femmine più un ... [Leggi tutto]
[Di entrare in una casa] ero contenta, per forza, perché mia madre aveva quattro femmine più un altro mio fratello, eravamo in sei e ci han dato tre camere. Andare via dal campo e andare in una casa che è proprio tua è stata una bella cosa, per forza! Anche se era piccola, anche se noi non l'avevamo piccola: eravamo sei e ci han dato due camere e la cucina grossa. E sa, avere due camere, la cucina e il bagno dentro per noi era una cosa... Era un bagno di tre metri, però; c'era!
Elisabetta D.
Dal campo, andare in una casa era bello! Per noi era come toccare il cielo con un dito. Poi c'era ... [Leggi tutto]
Dal campo, andare in una casa era bello! Per noi era come toccare il cielo con un dito. Poi c'era il bagno, invece lì [in campo] dovevi andar fuori, la diversità era quella. Non avevamo il bagno al campo profughi, lì era in comunità.
Adriana D.

Riferimenti bibliografici

 P. Porta, Un villaggio dentro la città, in A. Anetra, B. Boniciolli, F. Calamia, G. Gatti, Corso Alessandria 62. La storia e le immagini del Campo Profughi di Tortona, Microart’s Edizioni, Tortona, 1996.

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