Rino P.
Il 22 aprile 1949, il prefetto di Novara invia al Ministero degli Interni una lettera con la quale lo informa di aver comunicato al locale Istituto Autonomo per le Case Popolari (IACP) di "tenere nella massima evidenza, le esigenze delle famiglie di profughi giuliani e dalmati nella futura assegnazione di alloggi" [ASNo, Fondo Prefettura]. Una raccomandazione che, negli anni precedenti, sembra essere stata fatta propria dagli organi dirigenti dello IACP se è vero, come si legge in una lettera inviata il 2 maggio 1949 dal presidente dell’Ente al Ministero dei Lavori Pubblici, che nelle assegnazioni del 1948 "su trentasei alloggi, tre vennero dati ai profughi giuliani, con una percentuale del 9%", mentre in quelle "fatte negli scorsi giorni, vennero accolti due profughi giuliani su ventiquattro alloggi, con una percentuale dell’8%" [ASNo, Fondo Prefettura]. Il presidente informa poi il Ministero che, "a causa delle scarse assegnazioni di finanziamento fatteci, non è stato possibile eseguire un maggior numero di case a Novara", e conclude la sua lettera affermando che, "evidentemente, in tali assegnazioni il Ministero non ha tenuto conto che a Novara esiste un campo profughi contenente circa 300 famiglie che dovranno trovare alloggio" [ASNo, Fondo Prefettura]. Una situazione intricata, che trova la sua risoluzione in seguito allo stanziamento dei fondi previsti dalla legge 137 del 4 marzo 1952 per la costruzione di abitazioni destinate ai profughi ospitati all’interno dei centri di raccolta. A Novara sono assegnati 382.400.000 Lire sul totale dei nove miliardi complessivamente stanziati dal governo italiano per l’edificazione di case in tutto il paese. La costruzione delle abitazioni è affidata all’Istituto Autonomo per le Case Popolari, la cui azione avviene in sinergia con quella del Comune, responsabile di fornire le infrastrutture necessarie alla piena realizzazione del progetto (strade, rete fognaria, acqua potabile e sistema di illuminazione). La responsabilità di individuare l’area cittadina sulla quale far sorgere le nuove abitazioni è invece affidata alla prefettura, la cui scelta ricade inizialmente sulla zona di via Generali, alla periferia sud della città. Nel 1953 in base a valutazioni di tipo economico (e cioè il minor costo del terreno) e logistico (l’esistenza di una linea di trasporto pubblico che collega la frazione al centro cittadino), si assiste a un’inversione di rotta, in seguito alla quale la scelta ricade sulla frazione di Torrion Quartara, anch’essa situata nella periferia sud della città, all’interno della quale viene individuata un’area di circa 58.000 metri quadrati giudicata idonea ad ospitare le nuove abitazioni. Nasce così il Villaggio Dalmazia, il cui progetto prevede di racchiudere, in uno spazio complessivo di sedici isolati, "302 alloggi per un totale di 1.108 vani" [L. Peteani, 1988], destinati ad accogliere 1.300 profughi. Dopo numerosi rinvii dovuti a difficoltà di tipo burocratico, il 9 agosto 1954 il Ministero dei Lavori Pubblici autorizza l’inizio dei lavori e qualche mese più tardi, il 3 ottobre, è organizzata la cerimonia di posa della prima pietra. Contemporaneamente alla costruzione delle case, lo IACP si impegna anche a realizzare "cinque locali da destinare a negozi, che verranno assegnati secondo le decisioni del Consiglio di Amministrazione dell’Istituto stesso" [ASNo, Fondo Prefettura] e un consultorio pediatrico. Il progetto iniziale non prevede invece la presenza di una scuola, di un asilo e di una chiesa, che saranno comunque realizzati negli anni successivi, consentendo al Villaggio Dalmazia di essere finalmente "un rione completo e dotato di un minimo di servizi sociali". [ANVGD-Novara, 2004].
Il 20 agosto 1956 il Villaggio Dalmazia è ufficialmente inaugurato con una sontuosa cerimonia, presieduta dal Sottosegretario del Governo Oscar Luigi Scalfaro che, insieme a quella del sindaco, vede la partecipazione delle principali autorità politiche, religiose scolastiche, amministrative e militari della città.