Mario B.
Fin dai primi anni del dopoguerra lungo le sponde dei corsi d'acqua che bagnano alcune aree periferiche della città (Colletta, Pellerina, Basse di Stura, Bertolla), sorgono veri e propri baraccamenti di fortuna, destinati a diventare l'emblema dell'emergenza abitativa che investe una città nella quale tra il 1953 e il 1965 il numero di abitanti è sensibilmente aumentato. Un disordine abitativo che ha il proprio simbolo nell'insediamento di corso Polonia, un insieme di baracche definite da «La Stampa» in un articolo del novembre 1956 come un "paese costruito di assicelle, mattoni e lamiere tenuto insieme da spago e fil di ferro" [«La Stampa», 20 novembre 1956], costruito su una delle arterie più frequentate di Torino.
Secondo i dati raccolti dall'Ente Comunale di Assistenza, nel marzo del 1955, 115 nuclei familiari (per un totale di 460 persone), vivono nell'insediamento di corso Polonia all'interno di abitazioni abusive sorte inizialmente per far fronte a una situazione temporanea, destinata in realtà a protrarsi nel tempo. Si tratta nella gran parte dei casi di immigrati provenienti dalle regioni dell'Italia meridionale e dal Veneto, cui si aggiunge una consistente quota di profughi giuliani, che non hanno trovato spazio tra i padiglioni delle Casermette di Borgo San Paolo, o che, fuoriusciti dai centri di raccolta profughi, sono arrivati in città in cerca di un lavoro.
In virtù dell'applicazione della legge numero 640 del 9 agosto 1954 che prevede l'abbattimento delle abitazioni malsane e dell'inizio dei lavori per le costruzioni di Italia 61, i baraccamenti di corso Polonia sono abbattuti nel mese di novembre del 1956 dalle ruspe del Comune di Torino, che decide di trasferire le 165 famiglie che ancora risiedono lungo le sponde del Po nei padiglioni VIII, IX e X delle Casermette Sud di Borgo San Paolo e, da qui, nei 152 alloggi di edilizia popolari del lotto SB1 edificati nel periferico quartiere di Lucento.