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Baracche di Italia '61, corso Polonia, Torino

Fin dai primi anni del dopoguerra lungo le sponde dei corsi d'acqua che bagnano alcune aree periferiche della città (Colletta, Pellerina, Basse di Stura, Bertolla), sorgono veri e propri baraccamenti di fortuna, destinati a diventare l'emblema dell'emergenza abitativa che investe una città nella quale tra il 1953 e il 1965 il numero di abitanti è sensibilmente aumentato. Un disordine abitativo che ha il proprio simbolo nell'insediamento di corso Polonia, un insieme di baracche definite da «La Stampa» in un articolo del novembre 1956 come un "paese costruito di assicelle, mattoni e lamiere tenuto insieme da spago e fil di ferro" [«La Stampa», 20 novembre 1956], costruito su una delle arterie più frequentate di Torino.

Secondo i dati raccolti dall'Ente Comunale di Assistenza, nel marzo del 1955, 115 nuclei familiari (per un totale di 460 persone), vivono nell'insediamento di corso Polonia all'interno di abitazioni abusive sorte inizialmente per far fronte a una situazione temporanea, destinata in realtà a protrarsi nel tempo. Si tratta nella gran parte dei casi di immigrati provenienti dalle regioni dell'Italia meridionale e dal Veneto, cui si aggiunge una consistente quota di profughi giuliani, che non hanno trovato spazio tra i padiglioni delle Casermette di Borgo San Paolo, o che, fuoriusciti dai centri di raccolta profughi, sono arrivati in città in cerca di un lavoro.

In virtù dell'applicazione della legge numero 640 del 9 agosto 1954 che prevede l'abbattimento delle abitazioni malsane e dell'inizio dei lavori per le costruzioni di Italia 61, i baraccamenti di corso Polonia sono abbattuti nel mese di novembre del 1956 dalle ruspe del Comune di Torino, che decide di trasferire le 165 famiglie che ancora risiedono lungo le sponde del Po nei padiglioni VIII, IX e X delle Casermette Sud di Borgo San Paolo e, da qui, nei 152 alloggi di edilizia popolari del lotto SB1 edificati nel periferico quartiere di Lucento.

Testimonianze

Siamo arrivati a Torino nel 1952-1953, e siamo arrivati subito in corso Polonia. E c’era una ... [Leggi tutto]
Siamo arrivati a Torino nel 1952-1953, e siamo arrivati subito in corso Polonia. E c’era una differenza tra quelli che sono arrivati come esuli nei campi e quelli che sono arrivati a Torino dopo. Perché noi, cioè la mia famiglia, aveva già abbandonato i campi - perché eravamo andati prima a Udine - e poi noi siam venuti a Torino in cerca di lavoro come italiani, non come profughi. C’è questa differenza. Quindi noi siamo entrati in corso Polonia come arrivavano i meridionali e come arrivavano i piemontesi, che magari venivano a Torino a cercar lavoro, oppure dopo la guerra. Quindi, voglio dire, come profughi gli aiuti erano finiti: usciti dal campo profughi erano finiti, a quel punto lì eravamo come tutti gli italiani. In un’Italia come quella che era nel dopoguerra: mio padre è rimasto giù nel Veneto finchè ha potuto, però non c’era neanche lavoro da manovale. Andava un po’ a lavorare sulle strade, però... Conoscendo della gente che c’era a Torino ha detto: come si potrebbe venire lì? E da lì c’è stato l’ingresso in corso Polonia.
Mario B.
Siamo partiti da Rovigno nel 1950, in treno, e siamo arrivati a Trieste, al Silos. Al Silos siamo ... [Leggi tutto]
Siamo partiti da Rovigno nel 1950, in treno, e siamo arrivati a Trieste, al Silos. Al Silos siamo rimasti una notte sola, poi siamo andati a finire a Udine. E da Udine siamo andati ad Altamura. Da Altamura siamo andati a finire a Tortona, e da Tortona a Torino, nel 1952. E a Torino, bisognava trovare casa, non c’era la casa, non c’era ancora la sistemazione. Da Tortona siamo partiti prima io e mia madre, e siamo andati a Venaria Reale, che c’era il campo, le Casermette di Altessano. E lì non c’era posto, niente. E cosa facciamo? Dove andare? Allora siamo andati a finire in Po, alle baracche che c’era a Italia 61.
Aldo S.
[Noi siamo andati in corso Polonia] perché   vicino a corso Polonia - in via Madama Cristina e in ... [Leggi tutto]
[Noi siamo andati in corso Polonia] perché   vicino a corso Polonia - in via Madama Cristina e in via Nizza - c’erano già le case Fiat, e mia madre aveva una cugina che lavorava alla Fiat e abitava in queste case, proprio di fronte a corso Spezia. E la zia allora le diceva: ma vieni a Torino, io so che c’è un posto - corso Polonia, appunto - dove vengono questi a cercare lavoro. Allora questa cugina di mia madre appena ha saputo che una persona di corso Polonia andava via da uno di quei buchi, di quelle case lì, è andata lì e gli ha detto cosa volevano per mettersi d’accordo. Allora i miei per venire in corso Polonia si son fatti prestare i soldi: non vorrei dire cavolate, ma io ho sentito parlare di 140-150.000 Lire, allora, nel ’52. Siamo partiti dal Veneto con un debito verso qualcuno che ci ha prestato i soldi, e un debito da pagare nei negozi dove comperavi da mangiare. Siamo venuti in corso Polonia con le nostre masserizie, e poi mentre l’altro usciva noi entravamo. Abbiam dato i soldi a quello che è uscito e siamo entrati in quel pertugio lì.
Mario B.
Al Po c’era due case, ex balilla, sia da una parte che dall’altra e abbiamo trovato una stanza, ... [Leggi tutto]
Al Po c’era due case, ex balilla, sia da una parte che dall’altra e abbiamo trovato una stanza, ammassati. Siccome lì era a due piani, noi avevamo trovato al piano terreno una stanzetta, che c’era il cucinino e una stanzetta, e lì stavamo in sei o sette. Poi è arrivato mio fratello, che era rimasto a Rovigno, e allora io che ero muratore cosa ho fatto? Gli ho costruito un’altra baracca vicino, sempre lì. E lì siamo rimasti finchè non abbiamo trovato lavoro alla Fiat. Siamo stati poco, due mesi, perchè poi nel frattempo hanno costruito le case, e mia mamma aveva preso l’alloggio qua, in queste case [a Lucento].
Aldo S.
Eravamo abusivi, illegali. Dove abitavo io, era praticamente così: le due baracche grosse, erano al ... [Leggi tutto]
Eravamo abusivi, illegali. Dove abitavo io, era praticamente così: le due baracche grosse, erano al fianco della strada, messe con altre baracchette. Avevano tante piccole stanze; quella dove ero andato io era praticamente un piano cantina. Quindi dove siamo entrati noi, scendevi in questo buco ed entravi dentro uno stanzone senza finestre e senza niente, perché l’unico ingresso era questo verso il buco. Quindi noi siamo entrati in questo pertugio, in una zona dove c’erano altri pertugi. I muri separavano queste cantine, mentre mi pare addirittura che contro la parete era fango, non era neanche murato. Però quelli che abitavano ai piani superiori - i primi che sono arrivati-  il loro buco lo avevano anche abbastanza bello, e magari lo avran pagato anche di più...Avevano stanze vere e proprie, con la finestra dalla parte opposta. Lì [in corso Polonia] eravamo tra persone come noi, quindi non c’era nessun problema, anzi era più un aiutarsi che altro. Poi, uno dei ricordi che ho e che nei fine settimana mia madre mi mandava a fare il bagno ai bagni pubblici, che quelli te li raccomando, però [almeno] facevo una doccia! Almeno una volta alla settimana. Perché lì [in corso Polonia] avevamo la fontanella fuori, non è che avevi dentro acqua corrente. Anzi un giorno parlando con una signora, che era un po’ più di me che era lì, una delle cose che ha detto - ridendo, mentre eravamo al circolo - che loro, specialmente le ragazze che devono lavarsi un po’ di più, avevano i mastelloni che riempivano d’acqua dentro queste baracche, e facevi il bagno così.
Mario B.
C’era più istriani. Meridionali no, c’era istriani, profughi dalla Romania e qualche ... [Leggi tutto]
C’era più istriani. Meridionali no, c’era istriani, profughi dalla Romania e qualche meridionale.
Aldo S.
Io mi ricordo che eravamo un misto di giuliani - e c’è n’era parecchi, eh, che erano venuti da ... [Leggi tutto]
Io mi ricordo che eravamo un misto di giuliani - e c’è n’era parecchi, eh, che erano venuti da diversi campi a cercare lavoro a Torino -, meridionali - che erano le prime ondate perché dopo quelle successive hanno fatto le Vallette, ma allora no, ti arrangiavi come potevi - e piemontesi. Piemontesi, addirittura, che venivano dalla campagna a cercare lavoro a Torino, oppure che avevano avuto durante la guerra - che ne so - disastri, e quindi cercavano di venire a Torino. Tra di noi c’era tanta voglia di migliorare, tanta voglia di comperare la prima bicicletta, di comperare la prima moto. Voglia di lavorare c’è n’era per tutti, anche nelle difficoltà. Ti faccio una piccola parentesi: se oggi andiamo a cercare quelli che erano lì in corso Polonia - e alcuni li conosco anche io - abbiamo dei cavalieri del lavoro, gente che ha raggiunto livelli alti in Fiat. Io sono arrivato - modestamente - con la seconda avviamento al lavoro e dopo il militare mi sono diplomato. Le prime cose che abbiamo cominciato a fare io e questi miei amici - che, combinazione, io ero giuliano, un altro era siciliano e un altro era piemontese ed eravamo diventati amici - quando abbiamo incominciato a lavorare nelle officine, era di andare alla Vittorino da Feltre, che faceva i corsi serali per apprendisti, quindi una voglia di fare c’era, è chiaro.
Mario B.
Siamo stati lì in corso Polonia quasi un anno: da febbraio a novembre- dicembre, penso. [Erano] ... [Leggi tutto]
Siamo stati lì in corso Polonia quasi un anno: da febbraio a novembre- dicembre, penso. [Erano] baracche! Perché c’erano due casermoni: i più fortunati sono entrati nei casermoni, ma gli altri erano nelle baracche. Abusive! Io mi ricordo, povera mia mamma, che aveva preso [dei soldi], perché poi dal campo ti davano una piccola liquidazione di fuoriuscita, 30 o 35.000 Lire. Uno veniva a Torino e andava lì, perché dicevano che poi c’era la possibilità che ti davano la casa, ed essendo profughi ne avevamo diritto. E siamo andati là, e mia mamma ha pagato, non mi ricordo quanto. E allora le dico solo questo: scendevamo che c’era una discesa così e dalla strada avevano fatto degli scalini ed entravamo in questa baracca. Allora, c’era una cucinetta che avevamo messo il gas e poi c’era una porta che si entrava in una stanza che sarà stata come questa cucina e cucinino, perché altrimenti come potevamo starci? Allora, nel letto matrimoniale dormivo io, mia mamma e questa signora, e poi c’era tre maschi, i miei due fratelli e questo ragazzo. Uno dormiva di piedi, l’altro di capo e, comunque, so che in questa stanza siamo riusciti a mettere tre lettini e siamo stati lì da febbraio a dicembre. Lavarsi ci si lavava coi secchi, e lì ti lavavi come potevi. Quando pioveva, mettevo le pentole perché mi pioveva sul letto, un anno! [Lì] c’era anche meridionali, un po’ di tutto. Eravamo tanti giuliani, tanti, però era un po’ misto: c’era anche profughi della Libia. E lì son stata nove mesi, otto o nove mesi.[Siamo arrivati] nel ’56, perché poi ho conosciuto lì mio marito che faceva il panettiere e mi portava il pane. Lui era meridionale, aveva il panificio con suo fratello che lavoravano in via Millefonti. E ci portava il pane, si è innamorato e ci siamo sposati, poi dopo ci hanno dato la casa a Lucento.
Olivia M.
Una volta che siamo arrivati a Torino, abbiamo acquistato una camera abusiva in corso Polonia, là ... [Leggi tutto]
Una volta che siamo arrivati a Torino, abbiamo acquistato una camera abusiva in corso Polonia, là dove c'erano le due caserme. Però; si rimane profughi, cioè è vero che si perdono i diritti del campo, però; avevamo diritto a un alloggio, come profughi. Perché profugo rimani, anche oggi sono profugo. Noi avevamo diritto a le case che hanno iniziato a costruire in quegli anni. [In corso Polonia] ci siamo stati trascinati da altri, [che ci erano arrivati] prima di noi. [C'è stato] allora un passaparola: guarda che là ti puoi sistemare. [Anche perché] non c'era la possibilità di andare in affitto, non avevamo soldi [necessari], perché gli affitti erano cari. Allora c'era questa possibilità di queste case vecchie [abusive], che erano un po' qua, un po' a Santa Rita [n.d.a. Molto probabilmente il testimone fa riferimento alla cosiddette Case basse di via Tripoli.], e allora siamo andati a finire in corso Polonia.
Luigi P.
La nostra baracca in corso Polonia], abbiamo dovuto pagarla. Certo, si. [Erano] abusive, si. E va ... [Leggi tutto]
La nostra baracca in corso Polonia], abbiamo dovuto pagarla. Certo, si. [Erano] abusive, si. E va ben... I più fortunati, i primi, hanno preso queste camere divise sopra queste due costruzioni, le due costruzioni Balilla, che erano due centri dove che addestravano i ragazzi, che le chiamavano proprio i balilla. Loro avevano già occupate tutte queste camere sopra, che c'erano due piani, uno sopra e uno sotto. Sotto, invece, si costruivano a mattoni le camere abusive, una di fianco all'altra. E allora una camera te la vendevano per 50.000 lire. [Te la vendeva] quello che abitava di fianco. Se la costruivo io, una me la vendevo, mi dava 50.000 lire e si entrava. Però; lì non c'era l'anagrafe da che ricordo io, non andavi a iscriverti da nessuna parte. [E questo] perché? Perché non avevamo niente, nessuno ci dava niente e nessuno si preoccupava di noi. Ecco perché venivano fuori queste case, che dalla mattina alla sera c'era una famiglia in più. Perché nessuno registrava le famiglie che c'erano, quante c'erano e come si viveva. Chi ci iscriveva dove andavamo a scuola, alla Vittorino da Feltre, ci iscrivevano perché andavamo a scuola. Che io ho fatto qualche paio d'anni alla Vittorino da Feltre, che c'erano le professionali arti e mestieri. Ed eravamo registrati perché dovevamo andare a scuola, però; nessuno si preoccupava di chiederti quanti siete in famiglia, avete bisogno di qualcosa? Ci hanno iscritti si al Comune, che siamo a Torino, però; del resto niente. Vi hanno dato la liquidazione [dal campo] dicevano, e allora potete andare avanti così.
Luigi P.
Le villette, [le baracche di corso Polonia, le] avevamo chiamate le villette! Come devo dire... ... [Leggi tutto]
Le villette, [le baracche di corso Polonia, le] avevamo chiamate le villette! Come devo dire... Erano costruite di fianco a uno di questi condomini a due piani [cioè alle case Balilla], ma non avevano il tetto spiovente, avevano una terrazza, sopra. E di fianco si continuava a fare le baracche, [simili] ai portattrezzi che hanno i contadini, ad altezza uomo, che ci stavano dentro due letti o tre, uno di fianco all'altro. E questo era. Poi c'era qualcuno che si sistemava, che andava via e la vendeva a sua volta a un altro che la arrivava. Oppure la vendeva a uno che era in condizioni peggiori di lui. Perché quelli sopra stavano abbastanza bene, all'asciutto, mentre questi con le baracche avevano la possibilità anche di farsi l'orto, perché erano al piano terra e si facevano l'orticello, però; era umido! Era umido sì, e quando pioveva c'era fango e tutte ste altre robe. Che si, ci si aggiustava, si mettano le piastrelle, però;... Era un ambiente unico: c'era camera, cucina...Anzi, che cucina! C'era uno spaker con due fornelli per poter cucinare qualcosa, ma era tutto lì...Non avevamo niente!
Luigi P.
Lì in corso Polonia] c'era un misto. C'era greci, che erano tante famiglie su tutti e due i ... [Leggi tutto]
Lì in corso Polonia] c'era un misto. C'era greci, che erano tante famiglie su tutti e due i condomini, che erano uno di fronte all'altro. E adesso non c'è più niente, non c'è più niente. Erano uno da una parte e uno dall'altra con la strada in mezzo, il corso Polonia che costeggia il Po. Eravamo all'altezza di piazza Fabio Filzi di oggi. Anzi, c'erano in riva al Po dei bagni. Avevano fatto i bagni con le cabine, facevamo i bagni al Po. Eravamo noi greci, veneti e siciliani, calabresi, i nuovi immigrati, questi della bassa Italia, [che sono arrivati a Torino] per lavoro, perché hanno aperto le porte alla Fiat e allora sono arrivati molti meridionali. Era il periodo che poi per i meridionali è stata molto più dura, perché non gli affittava nessuno niente. Lo sa, quel periodo lì...Eravamo in tanti. Poi si faceva su il percorso a piedi, un fango che non le dico! Si faceva per arrivare su in via Genova, di fronte a dove adesso c'è il padiglione in via Nizza della Fiat, l'entrata principale [del Lingotto]. Via Genova e via Nizza, che poi lì hanno costruito le case Fiat e hanno incominciato [a sistemarsi]. I miei fratelli, [ad esempio], hanno lavorato alla Fiat e gli han dato le case: a uno gliel'han data a Settimo - l'hanno trasferito - mentre i primi due l'hanno presa invece lì al Lingotto: a uno gliel'han data in via Boston e l'altro in via Nizza.
Luigi P.
Nelle strade vicino a corso Polonia] non c'era niente. Si andava tutti su, si giocava, andavamo ... [Leggi tutto]
Nelle strade vicino a corso Polonia] non c'era niente. Si andava tutti su, si giocava, andavamo vicino alla scuola Vittorino da Feltre, si giocava lì, andavamo in parrocchia, alla chiesa in fondo, quella che c'è sempre in via Genova, una traversa di via Genova, che adesso la via non me la ricordo più. E poi anche lì si lavorava, che io in via Genova ho trovato un posto da falegname, ho continuato a lavorare come falegname. Ho iniziato il mio lavoro. In via Genova c'erano poi tutti i negozi e anche i bar. C'erano i bar aperti nel periodo di Lascia o raddoppia, e noi andavamo lì la sera a vedere Lascia o raddoppia, al bar. [Poi qualcuno che non trovava lavoro] si adoperava a cercare qualcosa per guadagnare. E' chiaro, cercavano il ferro e l'alluminio, perché lì da quelle parti c'era una discarica, che forse era abusiva. Che anche la Fiat buttava lì, perché a volte trovavo i cuscinetti. I cuscinetti con le biglie, che noi andavamo in cerca delle biglie, per giocare e per costruirci anche il monopattino. Ecco, per dirne un'altra.
Luigi P.

Immagini

Baracche di Italia '61, Torino, 1955
Baracche di Italia '61, Torino, 1955
Baraccamenti di corso Polonia, Torino, prima metà anni Cinquanta
Baraccamenti di corso Polonia, Torino, prima metà anni Cinquanta
Baraccamenti di corso Polonia, Torino, s.d.
Baraccamenti di corso Polonia, Torino, s.d.
Baraccamenti di corso Polonia, Torino, 1956
Baraccamenti di corso Polonia, Torino, 1956
Baraccamenti di corso Polonia sotto la pioggia, Torino, s.d.
Baraccamenti di corso Polonia sotto la pioggia, Torino, s.d.
Baraccamenti di corso Polonia, Torino, 1955
Baraccamenti di corso Polonia, Torino, 1955

Giornali

 Gente senza casa, alloggi senza servizi, «La Stampa», 28 luglio 1955
 Scompare bidonville, il villaggio della miseria, «La Stampa», 20 novembre 1956

Riferimenti archivistici

 Archivio Storico della Città di Torino, Fondo Ente Comunale di Assistenza, cartella 1208, Corrispondenza con il Municipio di Torino. Concessione e contributi a favore degli istituti del Comune di Torino, Fascicolo 6, Comitato comunale per la sistemazione dei profughi, 1955.
 Archivio Storico della Città di Torino, Fondo Ente Comunale di Assistenza, cartella 1114, Fascicolo 3, Trasferimento di famiglie da corso Polonia e zona Lucento, 1955-1964.

Riferimenti bibliografici

 G. Fissore, Le periferie, in F. Levi, S. Musso (a cura di), Torino da capitale politica a capitale industriale, vol. II, Il miracolo economico (1950-1970), Archivio Storico della Città di Torino, Torino, 2004.
 E. Miletto, Con il mare negli occhi. Storia, luoghi e memorie dell'esodo istriano a Torino, Franco Angeli, Milano, 2005.
 E. Miletto, L'esodo giuliano-dalmata: itinerari tra ricerca e memoria, in E. Miletto (a cura di), Senza più tornare. L'esodo istriano, fiumano, dalmata e gli esodi nell'Europa del Novecento, Seb 27, Torino, 2012.

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