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Partenze da Pola Agg

L'altra tappa cruciale della prima fase dell'esodo è costituita dalle vicende di Pola, città occupata dalle truppe anglo-americane e dove la presenza della componente italiana appare maggioritaria sul totale complessivo della popolazione cittadina. Un'omogeneità che lascia sperare gli italiani, alimentando in essi una grande fiducia sulle decisioni che dovranno essere prese al tavolo della Conferenza di Pace di Parigi, chiamato a decidere sulla futura assegnazione della città. Si tratta però di speranze fragili, destinate a svanire non appena al tavolo delle trattative si prospetta la cessione alla Jugoslavia della città, il cui destino appare dunque irrimediabilmente segnato. Una decisione accolta come un trauma collettivo dall'intera popolazione italiana che pervasa da incredulità, rabbia e sgomento, si prepara ad abbandonare in massa la città. Un segnale forte, dal grande valore simbolico, attraverso il quale traspare chiaramente la volontà dei polesani di escludere "ogni permanenza nell'ambito dello stato jugoslavo" [L. Ferrari, 1980].

Il grande esodo non è più soltanto una possibilità ventilata, ma si appresta a diventare un fatto imminente e reale con il quale Pola inizia quotidianamente a convivere. Sul versante cronologico le partenze degli italiani, che conservano ancora vivo il ricordo della dura occupazione jugoslava del maggio 1945, si registrano in un arco di tempo compreso tra il dicembre del 1946 e il febbraio del 1947, prima dell'entrata in vigore del Trattato di Parigi e del definitivo passaggio della città alla Jugoslavia previsto per il 15 settembre del 1947. Si può dunque parlare di un esodo preventivo, che porta, in pieno inverno e prima ancora che il governo italiano abbia messo a punto le necessarie operazioni di accoglienza degli esuli, una città intera a svuotarsi quasi del tutto. Con una disposizione del 23 dicembre 1946 riguardante i polesani in grado di "reperire un punto di deposito per le loro masserizie" [L. Ferrari, 1980] e quelli disposti a trasferirsi nelle province di Trento e Bolzano, il Comitato di Liberazione di Pola dichiara infatti ufficialmente aperto l'esodo. Le partenze di massa iniziano però nel gennaio del 1947, e sono segnate dall'incedere lento e costante di due piroscafi a vapore, il Grado e il Pola, che giornalmente, colmi di esuli e di masserizie, solcano le acque dell'Adriatico collegando il porto di Pola con quelli di Trieste e dell'alto Adriatico. Il governo italiano, stimolato dal Comitato di Liberazione Nazionale di Pola mette in moto il proprio apparato organizzativo e, dopo aver stipulato un accordo con il comando alleato, elabora una propria strategia organizzativa che prevede il trasporto degli esuli e delle loro masserizie nei porti di Venezia e di Ancona e, successivamente, il loro smistamento nelle altre province d'Italia. Ad incaricarsi di tale servizio sarà la motonave Toscana, che tra il 3 febbraio e il 20 marzo 1947, data dell'ultimo trasporto, compie dieci viaggi (sette con scalo al porto di Venezia e tre al porto di Ancona) trasportando complessivamente 11.916 persone, con una media di circa 1.180 passeggeri per volta [PCM, Archivio UZC].

Il cuore di Pola sta cessando di battere: resta soltanto uno scenario che si fa ogni giorno più desolante, dove le finestre chiuse della case, le serrande abbassate e gli scaffali vuoti dei negozi, convivono con il passo pesante dei carri che carichi di mobili, valigie e fagotti "vanno verso il porto dall'alba fino a notte" [G. Miglia, 1973].

L'esodo dei polesani, che a partire dal rigido inverno del 1947 va avanti con ritmi incessanti, si conclude pochi giorni prima della ratifica del Trattato di Pace quando, insieme agli Alleati, anche gli impiegati della pubblica amministrazione lasciano la città, da dove partono, complessivamente, 28.137 dei complessivi 32.000 abitanti. Gran parte di essi sono abitanti di Pola, altri, e cioè 3.221 persone decise a intraprendere la tortuosa strada dell'esilio, provengono invece dai territori della Zona B. Oltre che nei numeri relativi alle partenze, l'imponenza dell'esodo da Pola si ritrova anche in alcune cifre contenute in una relazione redatta dal prefetto Mario Micali nell'aprile del 1947, la cui lettura rivela come siano stati distribuiti alla popolazione per l'imballo delle masserizie "oltre 100 metri cubi di legname, 250 chilometri di spago, 100 quintali di tela di canapa e juta, 3.000 balle di paglia e due tonnellate di chiodi". Masserizie che, dopo essere state impacchettate, vengono trasportate via mare ( 117.500 metri cubi) e via terra (19.176 metri cubi).

Occorre infine sottolineare come subito dopo la firma del Trattato di Pace di Parigi la lunga ondata degli esodi intrapresi dalla popolazione italiana coinvolga anche gli altri territori dell'Istria passati sotto la sovranità jugoslava, con la sola eccezione dell'area destinata, insieme a una porzione di Zona A posta sotto il controllo anglo-americano, a convergere nel Territorio Libero di Trieste. Si tratta di un flusso difficilmente ripercorribile nei singoli dettagli dal momento che, a livello locale, presenta dinamiche complesse e variegate i cui effetti, ad esclusione della città di Rovigno, vanno ad incidere su contesti prevalentemente agricoli all'interno dei quali la dominazione jugoslava instaura una situazione che porta, in breve tempo, a uno sgretolamento pressoché totale dell'insieme dei valori tradizionali sui quali fino ad allora avevano poggiato le comunità italiane, nelle quali si possono cogliere meccanismi e dinamiche similari a quelli che hanno spinto molti loro connazionali a partire e che, anche in questo caso, portano attraverso un lungo ed elaborato processo decisionale alla scelta di abbandonare definitivamente la propria terra.

Testimonianze

Profughi da Dignano d’Istria

Io sono stata una delle prime, nel ’48, perché nel ’47 sono partiti gli esuli, quelli con la nave, ... [Leggi tutto]
Io sono stata una delle prime, nel ’48, perché nel ’47 sono partiti gli esuli, quelli con la nave, e si vedeva che partivano, perché tutti dicevano andiamo via. Si, si, si vedeva che la gente partiva, anche perché l’Italia mandava i vagoni da mettere dentro le robe e [Dignano] si svuotava.
Olivia M.
[Dignano nei giorni dell’esodo] era sempre brutta: imposte chiuse, poca gente che girava per la ... [Leggi tutto]
[Dignano nei giorni dell’esodo] era sempre brutta: imposte chiuse, poca gente che girava per la città... Diciamo che era un mortorio. Si sentivano anche da noi quelli che inchiodavano le casse per portare via le masserizie che erano più necessarie. Quindi era veramente una città morta, non c’era più quella vivacità [di sempre]. Ed è vero quel che si dice oggi: Dignano potrebbe essere ancora bella, ma manca la nostra gente, per cui, assolutamente niente. Era una città che moriva, praticamente, poco per volta.
Luigi D.
Dignano è stata distrutta, perché è un paese che sono andati via quasi tutti eh... Di 12.000 ... [Leggi tutto]
Dignano è stata distrutta, perché è un paese che sono andati via quasi tutti eh... Di 12.000 saranno rimasti, comprese le campagne, due o tre mila, eh! Persino nel ’52 sono venuti via, perché ho conosciuto una signora - che lei è più vecchia di me - che mi ha detto che lei è venuta [via] nel ’52. [Dignano] si è svuotata negli anni, mio papà si è deciso quando [era] già tardi, quando tanti erano andati via e allora ha detto: qui non si può far diverso.
Assunta Z.
[Da Dignano sono partiti] quasi tutti. Quasi tutti perché diciamo che qualche vecchio è rimasto. ... [Leggi tutto]
[Da Dignano sono partiti] quasi tutti. Quasi tutti perché diciamo che qualche vecchio è rimasto. Per esempio del mio ceppo familiare, un paio di vecchi - cugini e non cugini - son rimasti perché avevano una certa età, perché erano vecchi ed erano attaccati alla loro terra. Per cui, sono partiti i più giovani, e i vecchi sono rimasti. Son rimasti lì, hanno fatto quello che volevano fare con noi, quindi la casa - a mio zio per esempio - gli han dato una cameretta e il resto l’han dato ad altre famiglie croate. Son vissuti male, hanno sopportato - perché poi tutti sopportano quando l’alternativa era lasciar tutto e andare via - e diciamo che il 90% credo sia partito nel giro di un anno. Una città che si svuotava completamente... Ma c’è stata anche questa forte propaganda italiana in cui promettevano tante cose - la casa, il lavoro - pur di non rimanere lì con gli salvi. Da una parte questo, dall’altra le prime avvisaglie di quella che poteva essere la vita vissuta lì, perché i croati son piombati sulla costa e han tolto tutto e gli italiani li hanno sempre bistrattati e insultati, ma anche a distanza di quarant’anni, perché quando sono andato una volta io - quattro anni fa -, ho parlato con degli italiani rimasti lì e loro dicono: noi sempre, non è che il tempo passa, uno dice ci sono le nuove generazioni, uno sta lì per quarant’anni per cui diventa - volente o nolente - un croato anche se parli italiano. No, loro erano sempre italiani, hanno sempre avuto vita difficile, hanno sempre avuto problemi nell’inserirsi in quella che poteva essere la vita sociale di allora. Hanno sempre [avuto] l’etichetta di italiani. Per cui, son partiti tutti assieme: si, c’è ne sono in Piemonte, c’è ne sono molti in Piemonte.
Sergio M.
Dignano è vicino a Pola, e Pola è quella che ha dato l’esodo più grosso. Dignano era subito lì ... [Leggi tutto]
Dignano è vicino a Pola, e Pola è quella che ha dato l’esodo più grosso. Dignano era subito lì vicino. Molti, quasi tutte le mie zie, le sorelle di mio padre, lavoravano tutte a Pola. Dignano si è svuotata molto. Quelli che son rimasti, son rimaste quelle persone che erano già ideologicamente impostate in un certo modo. E quindi, sai, l’astio che mio padre per tutto il tempo ha avuto è quello, che quelle persone lì che non avevano niente, e lui diceva: avevano i moccoli al naso e adesso erano padroni delle sue terre e dei suoi campi. E questo gli è rimasto sempre sullo stomaco!
Mario B.
Vedevo che non avevo più i vicini di casa, le amichette che venivano a scuola con me che sono ... [Leggi tutto]
Vedevo che non avevo più i vicini di casa, le amichette che venivano a scuola con me che sono andate via nel ’47, nel ’48 e nel ’49, che poi ne ho incontrate tante qui al villaggio. E sentivo, quando mia mamma piangeva, che mia mamma voleva venir via. E mio papà le diceva: no, noi dobbiam restare a casa nostra. Pan, patate, polenta col sal, ma a casa, non se va via! Ela disia: varda, va via Toni, va via il Bepi, resteremo soli e chissà che gente arriverà da su?! Perché la paura era di chi sarebbe arrivato nel paese; e infatti dopo sono venuti i serbi, i bosniaci, di tutto, insomma... [Dignano] si svuotava, si, era una città che si svuotava, e infatti in tutte queste case che son rimaste vuote, la gente che non aveva casa è entrata dentro, le ha comperate. Quando c’era il momento che si poteva comperare, quando il governo italiano ha pagato certi beni. Parliamo del ‘58.
Anita B.
Eh [da Dignano sono andati via] tanti, si, si. Specialmente con l’ultimo esodo. Che c’era la nave a ... [Leggi tutto]
Eh [da Dignano sono andati via] tanti, si, si. Specialmente con l’ultimo esodo. Che c’era la nave a Pola... L’ultimo esodo è stato a febbraio del ’47, la nave era stracolma, poi hanno chiuso i confini e tutto, via.
Maria D.

Profughi da Orsera

Io posso parlare per Orsera, anche perché io ho dei raffronti all’oggi. Però il fenomeno varia, ha ... [Leggi tutto]
Io posso parlare per Orsera, anche perché io ho dei raffronti all’oggi. Però il fenomeno varia, ha le sue sfumature: penso Orsera dove son rimaste sei famiglie. Su 2.000 persone non so quante potevano essere, ma son rimaste sei famiglie. O nove famiglie, non vorrei dire una bugia: o sei o nove, ma non cambia nulla.
Fulvio A.

Profughi da Pola

C’erano tutti sti carri trainati da buoi e da cavalli, qualche camion... Prima di tutto io mi ... [Leggi tutto]
C’erano tutti sti carri trainati da buoi e da cavalli, qualche camion... Prima di tutto io mi ricordo i martelli e le casse che si inchiodavano. Noi eravamo ragazzi, correvamo di qua e di là, e in ogni casa per tutto il giorno si sentiva solo battere e inchiodare casse. E poi si, io Pola vuota non me la ricordo più di tanto, però mi ricordo di tanta gente che andava via: noi stessi, quando siam partiti, il molo era pieno di gente e di masserizie. Che, tra l’altro, aveva nevicato, era una delle poche nevicate, che di neve ne era venuta abbastanza e faceva tanto freddo. Da Pola sono andati via tutti, però, quando siamo andati via noi, altri son partiti dopo. Io l’ho vista mezza vuota [la città] per quello che mi ricordo io. [Ho visto] - questo si che me lo ricordo - dei miei amici che erano già partiti, oppure che sarebbero dovuti partire subito dopo di noi. Indubbiamente si è svuotata, ma questo probabilmente l’ho saputo dopo, anche se io mi rendevo conto, perché si vedevano sti carri passare [per le strade della città] coi mobili sopra. Io mi ricordo il Toscana e sta città in movimento, sto inchiodare le casse, anche perché a casa nostra era un continuo inchiodare! Tutti inchiodavano casse, che poi anche i chiodi mancavano, può capire, non c’era nulla, mancava tutto e ci si aggiustava come si poteva.
Gianfranco M.
Pola si stava svuotando, per forza. Ma vuota [non lo era] neanche tanto, cominciava appena, anche ... [Leggi tutto]
Pola si stava svuotando, per forza. Ma vuota [non lo era] neanche tanto, cominciava appena, anche perché noi siamo venuti via dei primi e non si accorgeva la gente cha va via, perché sono andati via quattro scaglioni - con la nave - capisci? Tre o quattro, non so adesso, perché io sono venuto col secondo. Allora dopo si che si sono accorti che si vuotava e allora accorgendosi di quello la gente uno per l’altro veniva via. Perché penso che la gente [abbia pensato]: guarda, quei poveretti lì partono, e noi che siamo più possidenti possiamo partire anche noi. E difatti poi tutta le gente è andata via.
Pietro S.
[Pola] si svuotava, altroché ! Andavi a Pola e vedevi per le strade tutti sti carretti a mano con ... [Leggi tutto]
[Pola] si svuotava, altroché ! Andavi a Pola e vedevi per le strade tutti sti carretti a mano con gli asili e coi cavalli pieni di nobili che caricavano sulla nave. Invece noi non potevamo caricare niente perché non potevamo portare niente dal paese. E anche i morti [portavano via]. Ricordo che ci han portato col camion lì sul molo [il Molo Carbon], ma con il camion di quelli scoperti, che io ero giovane e sono scesa, ma i vecchi non so come facevano! Ho salutato mio papà... o non piangevo, invece lui, povero, piangeva perché si rendeva già più conto. Invece io non mi rendevo tanto conto: noi siam partiti io, mio marito e sua mamma e suo papà, [mentre] i miei non sono venuti via, e mio fratello è venuto via dopo.
Jolanda T.
[Pola] era vuota, e gli slavi, hanno occupato subito tutti questi alloggi che si ... [Leggi tutto]
[Pola] era vuota, e gli slavi, hanno occupato subito tutti questi alloggi che si svuotavano.
Bruno D.
[A Pola c’era] tristezza, tanta tristezza: come si fa a non essere tristi? Vedevi gente che ... [Leggi tutto]
[A Pola c’era] tristezza, tanta tristezza: come si fa a non essere tristi? Vedevi gente che piangeva, che lasciava la casa. Mia mamma che piangeva come una pazza [e che diceva]: lascio la casa, dove vado, senza niente?
Luigi B.
Siamo partiti a gennaio del 1947 e a Pola vedevi gente che andava e veniva senza sapere il perché . ... [Leggi tutto]
Siamo partiti a gennaio del 1947 e a Pola vedevi gente che andava e veniva senza sapere il perché . [E poi vedevi gli slavi], gente che non erano mai stati in una casa, ignoranti come zucche, non capivano niente! E poi si vedeva l’abbandono, anche noi [lo vedevamo]. Vedevi sempre l’esercito slavo, mi ricordo le divise: c’era sti Alleati, specialmente gli inglesi, io americani non ne ho mai visti, gli inglesi me li ricordo. Mi ricordo sti maledetti slavi, prepotenti. E litigavano sempre tra alleati e slavi: gli alleati per proteggerci noi, a un certo punto. E poi c’era anche i carabinieri, ecco.
Franco D.
Si andava via da Pola, e i vecchietti baciavano la terra, c’era da piangere! Una tristezza enorme. ... [Leggi tutto]
Si andava via da Pola, e i vecchietti baciavano la terra, c’era da piangere! Una tristezza enorme. C’erano lacrime, tante lacrime. Papà e mamma, guardi, sono morti venti anni prima. Perché essere giovani è una cosa, andare via da casa, ma essere vecchi è [triste].
Gina R.
[Pola era una città] che si svuotava e di caos, e c’era addirittura qualcuno che rompeva la roba ... [Leggi tutto]
[Pola era una città] che si svuotava e di caos, e c’era addirittura qualcuno che rompeva la roba per non lasciarla ai titini. E del resto non puoi neanche farle torto, perché lasci casa tua, lasci la tua terra. E secondo me questa cosa bisogna provarla, o la senti dentro o solo raccontarla non è che rendi [l’idea]. Si svuotava, e mi ricordo che mamma diceva che era una città che moriva. Questo mi ha fatto impressione. Che poi son tornato tanti anni dopo, e i miei parenti, quelli che son rimasti là, abitavano nelle vecchie case italiane che erano le uniche che non avevano diritto ad essere messe a posto e riparate. E mamma mi diceva, appunto, è una città che sta morendo, era tutta morta Pola. C’era tantissima gente che partiva: so che Pola era 30.000 persone son partiti il 90%. Io non posso dirle quanti son partiti, posso però dirle che son rimaste 300 famiglie, 250 famiglie.
Franco V.
Guarda, io mi ricordo... Io avevo una mia simpatia, una ragazzina, che tra l’altro non mi ricordo ... [Leggi tutto]
Guarda, io mi ricordo... Io avevo una mia simpatia, una ragazzina, che tra l’altro non mi ricordo neanche più come si chiama, ma ero innamorato cotto! Avevo tredici quattordici anni, insomma. E mi ricordo che l’accompagnai, lei e tutta la sua famiglia alla stazione ferroviaria, perché partivano esuli. Le lacrime che io e lei abbiamo versato là sul posto, tantissime. Quel fatto là era sufficiente per soffrire l’esodo suo di lei e di tutti gli altri. Cioè, l’intensità del sentimento era tale che veramente era straziante il saluto reciproco dei rimasti con gli esuli, e viceversa. Ho dei ricordi pessimi. Ne ho accompagnati di altri alla stazione, ma poi finalmente tutto finì e i rimasti furono proprio rimasti, e li vedevo tutti i giorni. C’era si un vuoto di quelli che erano andati via, ma con quelli che erano rimasti [a Pola] già riempivano in qualche modo il mondo intorno a noi, sufficientemente per sopravvivere, insomma. Infatti noi si continuò a parlare la lingua italiana, si continuò a frequentare le scuole, si continuò a vivere le amicizie e gli affetti familiari e comunitari come prima, per cui riuscimmo a superare le difficoltà di quei momenti.
Claudio D.
C’era tanta neve, e il Toscana faceva tre viaggi alla settimana fino ad Ancona o Venezia o dove ... [Leggi tutto]
C’era tanta neve, e il Toscana faceva tre viaggi alla settimana fino ad Ancona o Venezia o dove erano diretti. La gente sembravano tanti zingari, col sacco sulla spalla e col carretto a mano. Poi in Istria ci sono gli asinelli - tipo [quelli] sardi - e sti carretti con gli asinelli pieni di pacchi, scatole. E qualche volta - perché non sapevi dove ti portano, dove vai a finire - si vedeva su sti carretti qualche sedia, che poi son rimasti tutti nei magazzini a Trieste, fino a che non hanno buttato via tutto. E la mattina presto io andavo sempre a vederli, perché tutte le volte c’erano delle amiche o degli amici che partivano, e mi sembrava di scoppiare. Eppure io non potevo, perché i miei non avevano optato, ma era una tristezza unica! E la gente, dalla rabbia, quando andava via lasciava... Non c’erano le serrande, noi dicevamo gli scuri, e li lasciavano aperti per rabbia, che si distrugga [la casa] che tanto a loro non serve più. E allora quando c’era il vento o pioveva, sentivi ste finestre che sbattevano e sbattevano, e rimbombava il vuoto della casa. Era una tristezza anche camminare per strada, perché proprio sentivi il vuoto: porte che sbattevano, finestre che sbattevano, perché era tutto vuoto. Era una città che si era svuotata. C’era anche gente che è andata via col Toscana, e prima che finisca l’esodo, hanno avuto tempo a tornare perché si son spaventati dei campi profughi.
Maria Man.
Lei vedeva le case, non trovava più gente per la strada, e cioè [Pola] si stava svuotando. Vedevi ... [Leggi tutto]
Lei vedeva le case, non trovava più gente per la strada, e cioè [Pola] si stava svuotando. Vedevi le persiane chiuse, poca gente in giro, e poi piano piano, poi col tempo si è popolata con la gente che è venuta giù. Adesso hanno costruito casermoni enormi, mentre le prime case costruite adesso sarebbero già da demolire perché son in malora!
Maria G.
Tremendo, [era] tremendo. Intanto i miei amici son scomparsi quasi tutti, chi con la famiglia, chi ... [Leggi tutto]
Tremendo, [era] tremendo. Intanto i miei amici son scomparsi quasi tutti, chi con la famiglia, chi col gruppo. Io no, che mio padre aveva deciso di vedere come si sviluppavano le cose e son rimasto là, son rimasto isolato. Per cui mi sono fatto qualche amico nell’ambiente del lavoro, nell’officina dove lavoravo, però non era la stessa cosa, insomma. Si, si, era tremendo. Io sinceramente evitavo di andare in centro, evitavo di andare in centro, perché tu vedevi porte sprangate, strade deserte e con l’inverno che passava, [era] una roba tremenda. Era che anche nella stessa baracca [quartiere operaio di Pola, chiamato Baracche] dove abitavo io, saremmo rimasti un terzo di tutta la gente [che c’era]. Che poi era gente operaia, non era gente così... Non era gente che aveva - come dire - particolari passioni politiche. Però, sa, è contagioso: va via uno, va via l’altro, e insomma... Ti dico, una città che aveva trentadue-trentacinque mila abitanti, per quattro quinti, insomma, ventottomila se ne sono andati. Ti rendi conto? Fiume e le altre parti, o il resto dell’Istria si è spopolata piano, piano. Ma Pola, tremendo, tremendo!
Otello S.

Profughi da Rovigno

Parto da Rovigno nel 1948. C’era il treno, son partita di notte e ho fatto notte e giorno nel ... [Leggi tutto]
Parto da Rovigno nel 1948. C’era il treno, son partita di notte e ho fatto notte e giorno nel treno. [Da Rovigno] tutti andavano via. Tanti, tanti, tanti andavano via, tanta gente è andata via. Era vuota. Poi son venuti giù quelli dalla Jugoslavia e si son fatti padroni.
Eufemia M.
L’esodo... Da tirarsi i capelli! Cosa vuole che le descriva? Era un dispiacere grosso, perché chi ... [Leggi tutto]
L’esodo... Da tirarsi i capelli! Cosa vuole che le descriva? Era un dispiacere grosso, perché chi rimaneva, rimaneva per la mamma o per il papà, per una cosa o per l’altra; chi andava via, andava verso l’ignoto, perché non è che tutti avevano il lavoro pronto qua, sa? [Rovigno] Era una città che alle cinque di sera, se andavo da casa mia [a casa] di mia mamma mi veniva da piangere, perché non incontravo un’anima. E’ stata brutta per chi è andato via, ma è stato brutto anche per chi è rimasto, perché ci sono tanti che son rimasti: o avevano i genitori vecchi, o perché dove andavano non avevano il lavoro sicuro... Erano tante le cose che uno doveva pensare. [Comunque c’era] un’atmosfera brutta, malinconica, da piangere, perché andavi a fare la spesa e si incontravano tre o quattro persone: quel s’è andà via? Eh si. L’altro s’è andà via? Eh, si. Brutto, da piangere! Alle cinque di sera lei non vedeva nessuno per strada. [Dopo si è ripopolata]... croati! E’ logico! Le case si son svuotate e loro le hanno riempite, a gratis! Un’atmosfera brutta e pesante. Andavano via in stazione [a Rovigno], mentre Pola è stato diverso, perché c’era il piroscafo e imbarcavano tutti. Da Rovigno invece partivano in treno, eh si. E bisognava avere passaporti e permessi e venivano i doganieri a vedere quello che mettevi nei bauli.
Gina P.
Mi ricordo la gente che preparava i cassoni, si andava via. Mi ricordo che oramai era già una ... [Leggi tutto]
Mi ricordo la gente che preparava i cassoni, si andava via. Mi ricordo che oramai era già una massa. I primi, per esempio... Perché , come dicevano, i primi che sono andati via erano quelli che magari erano più per i fascisti. Ma neanche: han messo la paura. Han messo la paura nella gente, e per quello è stato un esodo. Perché , guardi, quando sentivo parlare dai vecchi, noi siamo stati cinquecento anni sotto l’Impero Austroungarico, e nessuno si è mai preso la briga di andarsene di là, [di andarsene] di casa. E invece con l’avvento della Jugoslavia han fatto tutto il possibile per farci scappare. Non poteva restare la massa, ecco. La massa italiana non poteva restare giù. [E Rovigno] si svuotava piano, piano. Perché io mi ricordo che conoscevo delle ragazze, si andava assieme e il giorno addietro non le vedevo più, andavo ad accompagnarle in stazione che partivano. E’ stato proprio un esodo, come dire, non biblico, ma spontaneo. Il primo del ’48 sono andati via per esempio chi aveva già il lavoro in Fabbrica Tabacchi e allora avevano già un appoggio, o chi aveva anche paura. Nel ’51 poi sono andati via tutto il resto.
Aldo S.

Profughi da Valle d’Istria

Quando questa gente partiva, nel ’49, io avevo undici anni, mi rattristava questa cosa, perché ... [Leggi tutto]
Quando questa gente partiva, nel ’49, io avevo undici anni, mi rattristava questa cosa, perché tutti i giorni c’erano amici che non c’erano più. E queste porte chiuse, porte e finestre tutto chiuso, mi rattristava tantissimo. Questa cosa è una cosa che ho sofferto. [Valle era un paese che] si svuotava,. Rimanevamo pochi, tutti i giorni di meno: oggi è andato via quello, quello e quell’altro, perché andavano via quattro o cinque famiglie per giorno. [Partivano] col carro, tutti col carro. C’era uno che aveva i cavalli, e affittavano questo carro coi cavalli perché era un po’ più svelto. C’è chi li accompagnava coi buoi, [come] ad esempio lo zio di mio marito che lui è andato coi buoi, che lo ha accompagnato il fratello. Poi andavano via con gli asini, tutti coi carri. Andavano a Pola, poi da Pola a Dignano e a Dignano li imbarcavano sul treno, che li portavano a Trieste e poi a Udine.
Antonietta C.
[Valle] certo che si svuotava, sono andati via tutti, la maggior parte. Non è che ne son rimasti ... [Leggi tutto]
[Valle] certo che si svuotava, sono andati via tutti, la maggior parte. Non è che ne son rimasti tanti. Se lei fa il conto che siamo andati via dall’Istria in 350.000 pensi un po’ in questi paesi... 350.000 [persone] son tante! Io adesso non posso ricordarmi quante persone c’erano perché ero piccolina, però tantissime, tantissime famiglie siamo venuti via. Tra Valle, Rovigno, Pola e Dignano la maggioranza sono venuti tutti via.
Aldina P.
Eh si, eh [Valle si è svuotata]! Chi poi ha avuto il coraggio di andare ancora di lì, dopo, diceva ... [Leggi tutto]
Eh si, eh [Valle si è svuotata]! Chi poi ha avuto il coraggio di andare ancora di lì, dopo, diceva che in tutto il paese c’era sei famiglie. La maggior parte andava via abusivamente, e invece certi facevano [la domanda]. Specialmente noi che eravamo contadini, che eravamo proprietari non ci lasciavano andare via, cioè le autorità non volevano. E invece chi era nullatenente che faceva gli operai, operaie e quella cosa lì, allora quelli lì gli davano il permesso di andare via.
Giovanni R.
Da Valle siamo andati via forse in 2.000 su 2.500. [La gente andava via] ogni giorno, piano, piano, ... [Leggi tutto]
Da Valle siamo andati via forse in 2.000 su 2.500. [La gente andava via] ogni giorno, piano, piano, fino al ’55. Quelli lì sono ancora comunisti adesso, sono ancora qui in Italia comunisti. Son venuti via di là per essere comunisti qua. Stronzi le dico io!
Pietro S.
[A Valle] tutti son venuti via, per quel motivo lì, perché loro non erano più a casa ... [Leggi tutto]
[A Valle] tutti son venuti via, per quel motivo lì, perché loro non erano più a casa loro.
Ginevra B.
[Valle] si è svuotata tanto nel ’49, nel ’48-49, ma il ’49 è stato proprio il culmine dell’esodo. ... [Leggi tutto]
[Valle] si è svuotata tanto nel ’49, nel ’48-49, ma il ’49 è stato proprio il culmine dell’esodo. Si è svuotata si, perché mi sembra che parlando con dei miei parenti che son rimasti giù, e tra l’altro noi siamo rimasti in buoni [rapporti] con i nostri parenti, mi che siamo rimaste 800 persone. Da spararsi, dico io! Se i miei non mi avessero portato via, trovarmi in un paese completamente vuoto...Perché in centro, dove abitavo io, nel centro storico, non c’era nessuno più. Un paese fantasma, dev’essere stato tremendo! Cioè, passata l’euforia del momento, per quella gente lì dev’essere stato tremendo. Ma tutti i paesi [si erano svuotati]. C’eran quelli in cui erano rimaste tre o quattro famiglie. Certi paesi dell’Istria... Un esodo di massa. Perché arrivavamo a treni pieni, in continuazione si arrivava, in continuazione, in continuazione. E certo che non era una bella [cosa].
Argia B.

Profughi da Visignano

[A Visignano nei giorni dell’esodo] c'erano lacrime: chi partiva piangeva, chi restava piangeva ... [Leggi tutto]
[A Visignano nei giorni dell’esodo] c'erano lacrime: chi partiva piangeva, chi restava piangeva perché perdeva i cugini, gli amici, una vita di vicinato… In un paese agricolo non era come oggi che non ci si conosce nello stesso stabile, [ma] ci si conosceva tutti, ci si aiutava e [andando via] si perdeva un pezzo del paese. Un paese che si svuotava, principalmente era quello.
Guerrino B.

Immagini

Pola, l'esodo degli abitanti, 1947
Pola, l'esodo degli abitanti, 1947
Pola, l'esodo sulle banchine del porto, 1947
Pola, l'esodo sulle banchine del porto, 1947
Pola, l'esodo: gli italiani non lasciano neanche le insegne dei negozi, 21 febbraio, 1947
Pola, l'esodo: gli italiani non lasciano neanche le insegne dei negozi, 21 febbraio, 1947
Pola, l'esodo sulle banchine del porto, 1947
Pola, l'esodo sulle banchine del porto, 1947
Pola, l'esodo: saluto davanti al piroscafo Toscana, 11 febbraio 1947
Pola, l'esodo: saluto davanti al piroscafo Toscana, 11 febbraio 1947
Pola, l'esodo, 1947
Pola, l'esodo, 1947
Pola, 1946. Solenne protesta di un lavoratore che si prepara ad espatriare pur di rimanere cittadino italiano
Pola, 1946. Solenne protesta di un lavoratore che si prepara ad espatriare pur di rimanere cittadino italiano

Riferimenti archivistici

 Presidenza del Consiglio dei Ministri, Archivio Ufficio per le Zone di Confine, Sezione II, Sottosezione Profughi, Busta 12, Volume 1, Fascicolo A/1, Direttive del Presidente del Consiglio dei Ministri. Relazione sulle operazioni di esodo da Pola

Riferimenti bibliografici

 M. Cattaruzza, M. Dogo, R Pupo, Esodi. Trasferimenti forzati di popolazione nel Novecento europeo, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2000
 L. Ferrari, L’esodo da Pola, in C. Colummi, L. Ferrari, G. Nassisi, G. Trani, Storia di un esodo. Istria 1945-1956, Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione in Friuli Venezia Giulia, Trieste, 1980
 A. Fusco, Tornerà l’imperatore. Storia di una donna istriana tra guerra ed esodo, Affinità Elettive, Ancona, 2002
 G. Miglia, Dentro l’Istria. Diario 1945-1947, Tipografia Moderna, Trieste, 1973
 N. Milani, Una valigia di cartone, Sellario Palermo, 1991
 N. Milani, A. M. Mori, Bora, Frassinelli, Como, 1998
 N. Milani, Di passaggio, in Racconti di Guerra, Il Ramo d’oro/Edit, Trieste-Fiume, 2008
 E. Miletto, Istria allo specchio. Storia e voci di una terra di confine, Franco Angeli, Milano, 2007
 A.M. Mori, Nata in Istria, Rizzoli, Milano, 2006
 R. Pupo, Il lungo esodo. Istria: le persecuzioni, le foibe, l’esilio, Rizzoli, Milano, 2005
 R. Pupo, Il confine scomparso. Saggi sulla storia dell’Adriatico orientale nel Novecento, Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli Venezia Giulia, Trieste, 2008
 E. Miletto, L'esodogiuliano-dalmata: itinerari tra ricerca e memoria, in E. Miletto (a curadi), Senza più tornare. L'esodo istriano, fiumano, dalmata e gli esodi nell'Europa del Novecento, Seb 27, Torino, 2012
 R. Spazzali, Pola operaia (1856-1947). I Dorigo daPola. Una storia familiare tra socialismo mazziniano e austro marxismo, Circolo di cultura istro-veneta 'Istria', Trieste 2010
 R. Spazzali, 'Pola non vive più'. L'esodo da Pola del febbraio – marzo 1947 nella relazione dell'Ufficio per la Venezia Giulia alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, in 'Qualestoria', anno xxxviii, n. 2, dicembre 2010, Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli Venezia-Giulia, Trieste 2010

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