I miei genitori mi hanno mandato alla scuola Agnelli, perché pensavano che se imparavo in fretta un mestiere andavo a lavorare in fretta e mi avrebbero dato un futuro. Dicevano: dopo studierai, diventerai perito, farai quello che vuoi - magari l’università - ma dopo, adesso impara un mestiere. Mio fratello andava a lavorare alla Ceat gomme e sapevano i sacrifici che faceva, sapevano cos’era e dicevano: tu sei più piccolo e devi studiare, per non andare a fare l’operaio. Almeno operaio qualificato, od operaio di prima categoria che comunque abbia un mestiere. Allora, io ho fatto l’allievo Fiat. Io oggi sono discolo verbalmente, ma una volta ero discolo anche fisicamente, forse perché giocavo al pallone, ma ero discolo anche quando giocavo a pallone! E siccome ero discolo anche come allievo Fiat, mi avevano detto che per punizione mi avrebbero mandato alle Ferriere, perché quelli più bravi, più lecchini e più ruffiani andavano a Mirafiori. Che a Mirafiori, dopo due anni, diventavi operaio di prima categoria e dopo altri due anni diventavi caposquadra, perché i quadri aziendali erano fatti quadri tutti da allievi Fiat. A me han detto: tu sei dispettoso e ti mandiamo alle Ferriere. E io, quando mi han detto questo, ho detto: a me non resta che ringraziarvi, le Ferriere sono a cinquecento metri da casa mia! E il dirigente ha detto: nianca adess puduma feie gire ‘l bale a chial si, in piemontese! Io mi prendevo la mia bicicletta ed entravo da via Pianezza, all’imbocco di via Pianezza, un po’ più avanti di dove c’è il distributore adesso. Tre turni [facevo]. Mi hanno detto, alle Ferriere: tu dimenticati di essere stato allievo Fiat, fai vedere quello che sai fare. Là c’è la mazza, là c’è il cerchione, là c’è il lampadine per il montaggio a caldo e incamina! Allora, subito dopo un po’ di tempo, mi son fatto conoscere, e avevo chiesto di poter fare il centrale, per non fare i tre turni e lavorare il sabato e la domenica, perché giocavo al pallone. Ci siamo scontrati un po’, poi ho fatto vedere al capo del personale che guadagnavo più in un mese di pallone che in un mese di Ferriere - mi davano, obiettivamente, 100.000 lire al mese al Susa e 90.000 Lire alle Ferriere - e allora lo ha capito e mi ha messo a fare il centrale. Mi ha detto: va beh, tu sei sprecato a fare i turni, a fare la manutenzione, vai a fare il centrale nell’officina meccanica. Nell’officina meccanica sono stato quattro anni, poi avevano capito che sapevo montare le cose, perché mi avevano insegnato qualcosa a scuola. E guarda che in Fiat sotto il profilo culturale e anche di condizionamento psicologico erano fortissimi, però ti insegnavano a lavorare; io avevo un professore che faceva gli esami psicotecnici e tutte le volte che mi volevano mandare via lui diceva: no, questo ha un alto quoziente intellettivo, perché mi volevano mandare via per indisciplina; ci facevano camminare al passo, in fila, dall’officina a su e io ero alto, stavo dietro e tiravo un calcio nel culo a quello davanti! Poi dovevi lavarti e non dovevi parlare, ma io venivo dal campo profughi, e quelle regole non le potevo accettare. Comunque, son stato cinque anni in officina, poi mi hanno spostato, mi han detto: qui è arrivato un tracciatore elettronico, non c’è nessuno che conosce Pitagora, non c’è nessuno che conosce quello e questo e allora sono andato al tracciatore elettronico. Però son l’unico che là in Ferriera, per passare di prima categoria, gli han fatto fare il capolavoro, eh! Capolavoro fisico, eh: ho fatto la doppia coda di rondine, e ho fatto il capolavoro. Poi da là, avevan bisogno di uno che andasse al collaudo, perché bisognava collaudare tutti i pezzi, perché erano i pezzi che dovevano essere montati sugli impianti e gli impianti sono a ciclo continuo. Venivano su i dirigenti da sopra, quindi il capoufficio della manutenzione e loro dicevano: ma lei, cosa fa qui? Venga su con noi, venga su con noi. Eh, ma se non mi mandano... Perché non la mandano? Eh, non mi mandano... Allora, sai perché non mi facevano impiegato? Perché gli impiegati da noi, per fare l’impiegato, dovevi fare un anno il cronometrista. E io mi sono rifiutato di andare a prendere il tempo dietro le colonne ai miei compagni di lavoro, perché lì c’era gente che oramai era già cinque, sei, sette anni che lavoravo. Per me era offensivo andare a prendere il tempo a uno che lavora alla fresa o al tornio, perché gli dovevano dare i tempi. Io non accettavo quello: ho detto che se mi volevano passare impiegato mi passavano impiegato, se no restavo là E son stato là quattordici anni. Poi mi hanno spostato di autorità: un giorno è arrivato il capo, mi ha detto che da oggi lavoravo con lui, di chiudere il cassetto, togliersi la tuta, mettersi in borghese e andare su. E sono andato su: io avevo una grande esperienza di manutenzione di impianti siderurgici e soprattutto di officina, e quindi il concetto di come funziona. Sono andato al coordinamento delle manutenzioni e son stato altri cinque anni; lì ho imparato come si approvvigiona, si prepara, e si creano i presupposti per far lavorare un’officina e per far lavorare gli impianti. Un bel giorno, siccome giocavo nelle Ferriere nel torneo Fiat, l’ingegnere che era a capo della squadra, era capo degli acquisti, e mi ha detto: ma senta, lei con l’esperienza che ha fatto, e tutto quanto, verrebbe a lavorare in acquisti? Io non sapevo ancora che gli acquisti è una zona un po’ pregiata, perché agli acquisti se uno mangia, se uno ruba, se uno imbroglia è comunque qualificato come lavoro, non sapevo ancora. E forse non avevo ancora quella malizia lì. E io gli ho detto: ma, ingegnere, se guadagno di più si. E lui: ma sai, è un posto [di prestigio]. Ingegnere, sempre se guadagno di più! Allora ti farò un aumento al merito. Mi chiama il personale - il capo del personale - e mi chiede: ma scusi, lei perché vuole andare agli acquisti? E ho detto: guardi, voi a me avete sempre dato poco, è vero che io vi ho chiesto poco, magari vi avrei chiesto di più, ma io non ve l’ho chiesto. Ma io ho fatto l’allievo Fiat, ho lavorato nei reparti sugli impianti, ho lavorato in officina, ho fatto l’approvvigionamento e se io vado ancora agli acquisti vi dico: signori, arrivederci, io sono un uomo preparato che qualsiasi azienda mette a livello di capofficina o di capo ufficio. Io quasi quasi, dopo un discorso del genere, non la manderei, mi disse il capo del personale. Faccia lei: guardi, l’ingegnere mi ha chiesto, voi mi avete chiamato per fare un colloquio, io vi ho detto come la penso, se no torno al mio posto e tutto è come prima. Mi hanno spostato agli acquisti. Io agli acquisti ho trovato uno che si intendeva di macchine vecchie, del museo, un altro che era ragioniere e quando gli presentavi un pezzo di ferro e gli chiedevi quanto valeva loro dicevano eh! Sai almeno quanto costa il ferro al chilo? Ma sai con che macchina devi grattarlo? No. Allora loro si facevano fare tre offerte, quella che era più bassa trattenevano ancora il cinque, sei o sette percento e così... Quando sono arrivato io, il mio metodo era diverso. Allora, siccome il mio metodo non piaceva a questi qua e volevano farmi fuori, sono andato da un ingegnere e gli ho detto: senta ingegnere, lei ha un servizio che è tutto bucherellato. Io non dico che sono disonesti, dico che sono incapaci, ed è diverso. Poi ci sarà l’onesto e il disonesto. Lei vuole cambiare sistema, vuole sapere che cosa compra per l’azienda? Vuol sapere quanto vale quello che compra? Si? Allora, guardi, io ho fatto l’allievo Fiat, ho due o tre amici che non saranno bravi a fare gli acquisti ma son bravi a fare i preventivi. Lei in mezzo a questo ufficio di sessanta persone, metta un gabbiotto con dentro due che fanno i preventivi. Quando comperiamo andiamo a chiedere i preventivi fuori, ma devono essere allineati con questi preventivi, oppure andiamo a discuterli se qualcuno sbaglia, perchè padreterno non c’è nessuno. E’ nato un nuovo sistema agli acquisti, hanno portato qualche decina di miliardi di risparmio e sono diventato capo ufficio. Quando son diventato uno dei tre capo ufficio che c’erano, la Ferriera si è sciolta, e siamo diventati industria Acciai Inox, e io sono andato in corso Regina, ed ero già quadro aziendale. Non potevo diventare dirigente perché non ho la laurea però, onestamente, mi pagavano. Ma io facevo gli acquisti e il direttore diceva sempre, pubblicamente, che l’unico che prende la tangente è A., perché ogni anno a lui i soldi io glieli do. Perché sapeva che io avevo litigato con troppi fornitori: quando un fornitore voleva venirmi a impormi cosa io gli devo dare, e magari sapere anche quanto costa, allora con me litigava. Se invece veniva lì e mi diceva: senti, c’ho trenta operai, c’ho due o tre macchine che sono ferme e non posso permettermi [di perdere l’appalto], mi dai il lavoro di quel tipo? E io dicevo, certo che te lo do. Perché io ero in grado di sapere quale era il lavoro di quel tempo, ma io gli dicevo guarda che la mia azienda lo vuole a questo costo. E lui diceva va bene, e io facevo lavorare la sua azienda. E c’era invece chi veniva lì e diceva: sent, ‘t dago ‘l des per cent, però aumenta un po’ i prezzi, dammi un po’ di lavoro. E quello non veniva più una seconda volta! Ognuno ha i suoi metodi.
Fulvio A.