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I Rimasti Agg

L'esodo rappresenta un momento di svolta, un punto focale per l'intera popolazione italiana dell'Istria, di Fiume e della Dalmazia, che da questo momento in poi si trova ad essere divisa in due parti, comunemente definite come esuli e rimasti. Se alle vicende dei primi sono stati dedicati studi e ricerche che hanno contribuito a fornire all'argomento precise coordinate storiografiche, uno spazio minore è stato invece riservato a quella parte di italiani che dopo i drammatici rivolgimenti della seconda guerra mondiale decide di restare nella propria terra di origine, senza seguire la scia tracciata dalla gran parte dei propri connazionali.

Un passaggio che li porta ad essere testimoni di un radicale stravolgimento, la cui prima conseguenza è la pressoché totale cancellazione di identità e tradizioni radicate da secoli su territori verso i quali, subito dopo l'esodo, si orienta una massiccia ondata migratoria proveniente dalle altre regioni della Jugoslavia.

Un processo di cambiamento dai riflessi traumatici per l'intera comunità italiana trovatasi, improvvisamente, a vivere in un contesto dai contorni irriconoscibili diventando una minoranza che, vedendo preclusa ogni forma di gestione politica ed economica, subisce una«profonda rottura nel suo equilibrio interno» [O. Moscarda, 2005].

Proprio come quella di partire, la scelta di restare rappresenta un passaggio traumatico e lacerante che presenta «un variegato panorama di opzioni» [G. Paiano, 2005] legato a dinamiche soggettive ed esistenziali troppo spesso avvolte da una visione semplicistica e stereotipata, tendente ad individuare dietro tale decisione esclusivamente motivazioni politiche ed ideologiche. In realtà tra coloro che restano, solo una minima parte lo fa in funzione di opportunità politiche o in nome di un'ideale. Nella gran parte dei casi la scelta di restare poggia le proprie basi su fattori profondamente differenti come la condizione di scoramento seguita alle ripetute respinte della domanda di opzione da parte delle autorità jugoslave, il forte attaccamento che lega le famiglie contadine alla propria terra, il timore di lasciare tutto ciò che si possiede per andare incontro ad un avvenire incerto, la paura di trovarsi improvvisamente in una realtà estranea a quella in cui si nati e vissuti per anni, l'impossibilità di partire per via delle pressioni delle autorità jugoslave e la volontà di non spezzare, tentando di mantenerli uniti, legami affettivi e familiari. Tentativo, quest'ultimo, non sempre riuscito visto che l'esodo rappresenta per intere famiglie un punto di rottura che provoca strappi e lacerazioni non sempre rimarginate, figlie delle tensioni che stanno alla base della scelta contrapposta di partire o di restare. Tensioni esplose in tutto il loro fragore nel periodo successivo all'esodo e la cui eco, in certi casi, si ritrova ancora oggi nei rapporti che definiscono il legame tra le due parti. Un quadro che però in questi ultimi anni sembra andare incontro a un'inversione di rotta, lasciando spazio a un significativo percorso di riavvicinamento in grado di liberare il campo da visioni preconcette e ingessate e di favorire un tentativo di rielaborazione più serena degli avvenimenti, in cui trovano maggior comprensione le dinamiche che stanno alla base dell'una e dell'altra scelta.

Testimonianze

I Rimasti

Mia mamma voleva venir via, e mio papà no. Perché mio papà ha detto: Maria, non può proprio andar ... [Leggi tutto]
Mia mamma voleva venir via, e mio papà no. Perché mio papà ha detto: Maria, non può proprio andar mal così vedremo, sarà più avanti, se pol sempre andar. Non con l’opzione, perché le opzioni poi le hanno chiuse nel ’53, che la gente poteva venire fino al ’53. Qualcuno [è rimasto per politica]: la maggior parte di quelli che stavano vicino a me, quelle quattro o cinque famiglie si, erano tutti comunisti. Prima erano di un’altra bandiera, poi... E allora quelli, perché hanno avuto i posti più belli di lavoro, sono entrati là, e allora è logico che tenevano per quel partito, per quella legge, per quel potere che c’era, e per loro andava bene. C’era quello che doveva lavorar dalla mattina alla sera per ottenere qualche cosa, e poi c’era quello che invece le sue otto ore non le lavorava neanche ed era comunista. Perché sa da noi cosa dicevano? Un comunista, per me tutto e per te niente! E allora la gente sentendo questi ragionamenti così, ha detto ma no. E questi che son rimasti, hanno preso - la maggior parte - le case più belle, [le] terre. Che quando hanno cominciato a misurar le terre, andavano a misurare le terre e questo era di una particella, questo pezzo e un altro pezzo se lo facevano per loro non avendo niente. Perché quello vicino a casa di mia mamma che non avevano niente, che poi hanno avuto terre dappertutto in tutti i contorni di Dignano, erano tutte terre racimolate: un metro di qua, un metro di là. E’ quello che per loro andava bene.
Anita B.
[Son rimasti] perché si vede che loro non la vedevano nera come l’ha vista mio papà. Probabilmente ... [Leggi tutto]
[Son rimasti] perché si vede che loro non la vedevano nera come l’ha vista mio papà. Probabilmente per loro era : vediamo un po’ come va a finire, proviamo...
Elvio N.
Guarda, [sono restati in] pochi. Più che altro, forse, molti anziani. Anche mia zia Irma, aveva ... [Leggi tutto]
Guarda, [sono restati in] pochi. Più che altro, forse, molti anziani. Anche mia zia Irma, aveva ottantacinque anni e non è venuta, è poi venuta due volte a Torino a trovarci.Un po’ perché era anziano e tanti perché forse pensavano di trovare il meglio là. Forse pensavano che i croati non erano come pensavano. Io una volta a Fiume mi sono bisticciata con una croata, anzi no, con una fiumana. Mi ha detto: siete andati via, e sono venuti tutti i croati giù. Per forza, perché non dovevate lasciare la terra. E io ho detto: scusa eh, ma mio padre non aveva il lavoro, ci volevano mandare via dall’alloggio perché doveva entrare il direttore, mia mamma non aveva il lavoro e dove andavo? Ha detto no, io ho amici croati. E allora perché non sei andata in Croazia ad abitare, ci ho litigato, che una mia amica mi ha tirato via. Di tutto le ho detto, di tutto! Ma come si fa? Voi vi siete abituati ai croati perché non vi è successo niente - le ho detto - perché né padre, né madre e nessuno ti ha portato via, ma se ti portavano via, non eri a dirmi questo, perché lo sai che non sono buoni i croati. Adesso sono passati gli anni, non c’è più Tito, ma sotto Tito, come stavi? Ah, lasciamo perdere. Lasciamo perdere? Per niente, mi vergogno d’esser fiumana quando incontro gente come te! Non hanno fatto amicizia coi croati, quasi nessuno. Devono vivere, devono vivere, e per vivere han dovuto parlare sempre e continuamente croato. Come la maestra a scuola, che ci diceva: dovete parlar croato, dovete parlar croato, e noi che eravamo in dieci che dovevamo andar via, ce ne fregava!Quelli che sono lì sono abituati, quasi han preso l’andazzo di là. Perché vivono male eh! Quelli che hanno l’Associazione con noi il rapporto è bellissimo. A Fiume in via Roma hanno la sede in un palazzo bellissimo che è la sede dei fiumani, che son riusciti a tenere, e son tutti fiumani. C’è un buon rapporto, non si ragiona sempre tanto bene, però sempre ce l’hanno un po’ coi croati, perché non può essere un rapporto idillico. Ci sono due mentalità differenti. Però adesso questi giovani croati, son meno strafottenti, anche loro cambiano. Perché ? Perché vanno a Trieste, vanno in Italia, e non sono più quello che erano sessant’anni fa. Capisci perché c’è più d’accordo coi giovani? Però sempre cercano... Se tu parli italiano in un negozio, loro ti parlano in croato, e allora tu esci. Perché non ci parli in italiano? Noi ci siamo arrabbiati e non siamo mai più andati in quel negozio. Ci detestano, anche se è passato sessant’anni eh!
Fernanda C.
La risposta facile, ma secondo me sbagliata, è quella di dire: [sono rimasti] tutti i partigiani ... [Leggi tutto]
La risposta facile, ma secondo me sbagliata, è quella di dire: [sono rimasti] tutti i partigiani dell’epoca, [perché ] hanno ottenuto quello che volevano. Ma no! Perché molta gente comunista ha lasciato, perché poi dopo anche loro hanno vissuto con l’etichetta di italiani, che poi i croati non guardavano in faccia nessuno. In quel momento c’erano gli italiani e i croati. Gli italiani - tutti quanti - in quel momento erano oggetto di pressione, da quello che so io; loro non guardavano in faccia nessuno e il fatto di essere italiano uno era già etichettato, bollato. Al che, anche loro, sono venuti via. Qualcuno, quelli particolarmente irriducibili comunisti o convinti che all’epoca la vita sarebbe stata migliore in un paese comunista son rimasti, pochi. Molti invece [erano] persone di una certa età, che non se la sono sentita di abbandonare quello che avevano con la speranza, forse che tutto sommato poi le cose si sarebbero aggiustate. Tanto comunque io non è che son milionario, ho la mia campagna, lavoro e dopo cosa farò? Lavorerò la campagna e quindi alla fine non è che mi cambierà tanto. E penso che sia quello il motivo per cui la maggior parte delle persone che son rimaste lo abbiano fatto. Pochi subito e meno dopo di quelli convinti comunisti, che hanno poi fatto quello che hanno fatto all’epoca per favorire questo tipo di sviluppo e di soluzione. Perché poi anche noi, quando eravamo lì nel campo profughi, c’erano i comunisti, della nostra gente. E molti hanno cambiato, perché poi hanno visto che stavano meglio prima, con il fascismo tanto vituperato. Per otto anni sono stato alle Casermette - forse il massimo- e hanno visto che uno aveva poco ma ci viveva, e lì aveva niente e non ci viveva e aveva tutti i problemi che avevano gli altri che magari erano meno convinti della bontà di un certo regime. Alla fine poi l’han capito che così [non andava]. Però, pentimenti per quanto fatto c’è n’è poi stati. No, no, sono rimasti in pochi. Poi il fatto era che anche, per molti anni, noi non potevamo andare in Istria, per cui [c’erano] questi gruppi familiari spezzati... Perché anche loro non potevano venire in Italia, come oggi noi non possiamo comprare una casa in Istria. I tedeschi si, ma noi no! Però diciamo che il tutto si è un pochino rotto come rapporto, ma non per il fatto che uno è rimasto e l’altro [è andato via]. Tanto alla fine si sa che la maggior parte di quelli rimasti son quelli che avevano una certa età e che comunque poco avevano, e andando via poco avrebbero avuto, e allora hanno puntato - oggi credo male, forse bene all’epoca- perché poi tutti quanti hanno abbastanza patito e sofferto chi ha lasciato le case, e io credo di più di quelli che son rimasti. Io credo che quelli che son rimasti per tanti anni non hanno vissuto peggio di chi è partito, e han sofferto meno di chi è partito, perché per lo meno è vissuto nei posti in cui son nati e che hanno abitato per moltissimi anni. Per cui, se devo dire, credo che nel breve ha fatto bene chi è rimasto, molto più di chi è partito, perché alle Casermette - e qui si parla di otto anni - noi non abbiamo avuto nulla e niente da nessuno. Quindi per chi aveva una certa età ed è rimasto, per me ha fatto bene. Per esempio, la mia bisnonna che all’epoca aveva sessanta e passa anni, ha fatto un errore a venire via. Tant’è che, per quel che mi ricordo, piangeva continuamente, perché ricordava dov’era, quello che aveva e lì [invece] aveva questi tre metri con le coperte da una parte all’altra e non aveva nulla, e quindi molte volte hanno rimpianto il fatto di essere partiti, perché otto anni sono lunghi.
Sergio M.
No, [non son rimasti] perché erano comunisti, no. Pian pianino si sono adeguati. Dicevano: ma dove ... [Leggi tutto]
No, [non son rimasti] perché erano comunisti, no. Pian pianino si sono adeguati. Dicevano: ma dove vado in giro per il mondo che ho casa mia qui, [che qui] io lavoro? Tanta gente ha rinunciato a venire, hanno preso il suo sistema di vita e si sono adattati. Ma tutti i giovani hanno preso quell’idea lì. E tutt’ora sono ancora oggi là che vanno avanti, però hanno sempre quella testa lì. Sono sempre militari: c’è un partito solo, non è come qui in Italia che uno dice gira il vento e vado di qua, oppure vado là. Lì c’è un partito solo
Renato L.
Quelli che son rimasti... Son rimaste quelle persone che erano già ideologicamente impostate in un ... [Leggi tutto]
Quelli che son rimasti... Son rimaste quelle persone che erano già ideologicamente impostate in un certo modo. E quindi, sai, l’astio che mio padre per tutto il tempo ha avuto è quello, che quelle persone lì che non avevano niente, e lui diceva: avevano i moccoli al naso e adesso erano padroni delle sue terre e dei suoi campi. E questo gli è rimasto sempre sullo stomaco! Allora, nel mio caso, siccome mia madre è venuta in Italia con mio padre, ma mia nonna e mio nonno da parte di mia madre son rimasti giù. Suo fratello è rimasto a Pola e ha avuto una figlia, che è mia cugina, che è una delle cugine con cui sono più in sintonia, che ha studiato a Lubiana. Lei è architetto ed esercita adesso a Pola. Appena abbiamo potuto venire, abbiamo cominciato ad andare giù, ma io avevo parenti di qua e di là, quindi era difficile che di qua parlassero male e di là facessero altrettanto. Non solo. Siccome in Torino ho avuto degli amici piemontesi che han cominciato ad andare in Istria come andavo io e poi uno di questi ha addirittura sposato una mia cugina e l’ha portata in Italia, quindi c’era un rapporto! No, io penso comunque che chi era completamente quadrato in un senso c’era dell’attrito, non si accettavano: io ho sentito tanti dei miei paesani dire io non vado giù perché non voglio vedere quella gente. Però io so da questo piemontese che ha sposato mia cugina che ha cominciato ad andare in Istria, che quelli che son rimasti hanno avuto dei problemi come noi che siamo andati via. Ma io l’ho saputo perché accettavo di dialogare e di parlare. Cioè, quelli che son rimasti, quando son venuti su dalla bassa Jugoslavia a sostituire noi, c’era un rapporto come noi quando son venuti i meridionali - che qui non davano le case - hai capito? Eravamo allo stesso livello, quindi quando parli dei rimasti è un campo anche molto interessante, se si vuole andare a vederlo con obiettività. Perché , d’altronde, poi mio padre l’ha avuta contro le persone con cui aveva rapporti, che magari qualcuno di questi andava a lavorare i suoi campi per qualche lira e poi se lo vedeva comandare, hai capito? E questi qua invece mi dicevano che con questi venuti su non andavano molto d’accordo, c’era attrito all’inizio. Però passati questi, i figli, finito tutto! Io e mia cugina, o altri... No, ma ancora oggi, dopo sessant’anni li sento qui nel villaggio: hanno lo stesso astio, la stessa rabbia che aveva suo padre o che aveva suo nonno. A me quello è passato, anzi ho una stima per chi è rimasto!
Mario B.
Allora, io posso parlare per Orsera, di chi è rimasto ad Orsera, anche perché io ho dei raffronti ... [Leggi tutto]
Allora, io posso parlare per Orsera, di chi è rimasto ad Orsera, anche perché io ho dei raffronti all’oggi. Però il fenomeno varia, ha le sue sfumature: penso a Rovigno dove son rimaste molte più persone, penso a Orsera o a Dignano dove sono andati via quasi tutti. A Orsera son rimaste sei famiglie. Su 2.000 persone non so quante potevano essere, ma son rimaste sei famiglie. O nove famiglie, non vorrei dire una bugia: o sei o nove, ma non cambia nulla. Ora, di queste nove famiglie io non voglio fare l’analisi - anche perché l’hanno fatta i miei e io l’ho recepita - ma due erano collaboratori di Tito, e quindi avevano le mani in pasta in quelle vicende, e quindi anche le segnalazioni, le sparizioni e tutto erano oggetto di questi. Si sapevano, si conoscevano già da prima, perché erano sempre stati di quell’idea lì, erano stati anche perseguitati dal fascismo, nel senso che ogni tanto quando arrivava qualcuno dei gerarchi a visitare la città li mettevano in prigione due giorni per non [dare fastidio]. Insomma, le solite cose che fanno i regimi contro chi non condivide il regime. Dicono che hanno segnalato loro gli uomini da portare via, dov’era nascosto il podestà e queste cose, però tra il dire e il fare, prove non c’è ne sono e si può solo chiacchierare. Quattro famiglie sono rimaste perché credevano nel paradiso socialista: avevano un credo, erano persone tranquille, erano persone per bene, non avevano fatto del male a nessuno, erano persone che avevano la loro attività e il loro lavoro. Erano persone che avevano la loro idea politica e credevano che in qual modo si sarebbero realizzati meglio che nel sistema che vigeva prima e hanno fatto questa scelta. E mi pare, [le altre] due famiglie erano di anziani che avevano detto: io oramai ho una certa età, qui è la mia terra, muoio nella mia terra e non voglio andare via. Non erano in contrasto tra di loro; forse le prime due perché erano stati delatori, ma le altre hanno fatto, se possiamo dire, un po’ di vita in comune. Ecco, vorrei segnalare che una di queste famiglie era di un cugino di mio papà. La scelta di rimanere là è stata molto discussa nella famiglia tra mio cugino e sua moglie, perché avevano quattro bambini piccoli, e lui faceva il pescatore. Lui continuava a dire che in qualsiasi parte d’Italia non avrebbe potuto lavorare perché sapeva fare solo il pescatore, e mantenere quattro figli e la moglie... Lì lui aveva la sua barchetta e una barca un po’ più grossa, e lui ha fatto questa scelta. Non era una scelta politica, era una scelta di vita, e credo che illustrando queste tre o queste quattro [casistiche] abbiamo illustrato un po’ in generale quelli che sono i rimasti. Nei rapporti, invece, con queste famiglie rimaste, che come ho detto erano poche ci rimane una riflessione. Ecco, nei confronti di quelli c’è il rispetto, il gran rispetto nei confronti dei familiari, dei parenti e degli amici cari che hanno fatto certe scelte, una goccia di odio per quei rari che abbiamo conosciuto e che hanno fatto i delatori, che hanno fatto del male a della gente che è stata poi uccisa, perchè una cosa è fare un dispetto, ma togliere la vita... E anche, direi, indifferenza, molta indifferenza. Perchè io qui adesso anche qui come Comitato, noi come Comitato abbiamo aiutato due o tre famiglie a prendere le case, adesso, dopo quarant’anni. Le case popolari, ed erano famiglie di chi aveva scelto di rimanere ed è venuto via poi negli anni Cinquanta o ’55. Quindi hanno goduto del nostro rispetto. Qualcuno dei nostri ha detto: eh, ma quelli erano così, la gran parte invece sanno che erano così e li hanno integrati, si sono integrati. Quindi anche, direi, nei confronti dei rimasti c’è stata molta indifferenza per i primi anni, per i primi dieci vent’anni credo, e poi dopo il rapporto è umano ed è in funzione... Poi magari la generazione cambia e ci sono dei figli, con alcuni si conoscono e si parlano, perchè quasi tutti parlano il dialetto nostro, per mille motivi diversi. Quindi, salvo quelli che hanno fatto determinate azioni, credo che tutto il resto c’è stata indifferenza.
Fulvio A.
[A rimanere] un po’ erano i fanatici, e oggi i rimasti sono figli dei fanatici, quelli che ci hanno ... [Leggi tutto]
[A rimanere] un po’ erano i fanatici, e oggi i rimasti sono figli dei fanatici, quelli che ci hanno fatto del male, che ci hanno fatto andar via e tutto. Loro dicono di no, invece si. E oggi, i rimasti, vogliono fare le vittime. Uno di questi fanatici l’ho visto anni fa in un supermercato. Era un polesano. Però in città dopo l’8 settembre del ’43, c’erano i collaboratori clandestini dei partigiani, e uno di questi che era venuto a prendere mio fratello - che ce l’ho ancora davanti agli occhi, con l’impermeabile bianco, noi diciamo il trench bianco - la domenica prima era già venuto, sono andati a fare un giro e poi è ritornato di nuovo. La domenica dopo anche è venuto, e poi mio fratello non è più venuto a casa. Questo qua l’ho visto anni fa in un supermercato, però lui non sa che io so che lui era questo che mandava i ragazzi in bosco, perché qua dicevano la montagna, e da noi si diceva invece in bosco. Bisognava arrivare a Monte Maggiore per dire montagna, ma prima che arrivavi al Monte Maggiore ti facevano fuori! E brontolava. Lui ha sempre parlato italiano, questo signore, che è più vecchio di me. Era in fila davanti alla cassa e a un certo momento ha vuotato il portamonete e ha detto alla cassiera: conta, conta, perché mi non so più contar ste casso de soldi! Come, eri italiano, sei rimasto qua, hai fatto carriera, la figlia è dottoressa, il figlio è ingegnere... L’ha fatto così, con disprezzo! E io le ho fatto solo così: ma non sei Mario ti? Si [mi dice]. E per cosa sei rimasto qua? Sei rimasto qua per far carriera, per far soldi e per sistemarte la famiglia: la figlia dottoressa, il figlio ingegnere ti g’ha la villa e adesso ti non sa contare i soldi? Pazienza mi che son ignoranta, ma ti! E’ rimasto... E’ rimasto... Ma come, per far vedere a me che ha vuotato sti soldi davanti alla cassa... Ma guardi, delle cose!
Maria Man.
Per gli altri che son rimasti bisogna dire che si, senz’altro, son rimasti quelli che erano ... [Leggi tutto]
Per gli altri che son rimasti bisogna dire che si, senz’altro, son rimasti quelli che erano comunisti, quelli che erano socialisti, quelli che erano figli della classe operaia nel senso di quei tempi. Perché avevano fatto una scelta non di nazione, ma di sistema: lasciavano il capitalismo, si sbarazzavano del capitalismo, e volevano il socialismo, o il comunismo. Ed erano in gran numero. Ma tutti quelli erano uomini comuni, pochissimi della classe media, pochissimi intellettuali. Pochissimi intellettuali son rimasti per la fede nel comunismo, mentre tutti gli altri se ne sono andati: gli insegnanti, gli infermieri, i medici, i commercianti, eccetera, eccetera. Ed è rimasta proprio la classe operaia, quella più terra terra, che generalmente è la più povera e la più ignorante, ma la più ricca di sentimenti e di fede. E son rimasti. Altri son rimasti pur non essendo così idealmente presi dai sistemi politici: son rimasti perché non sapevano dove andare. Restavano a casa loro, e se ne infischiavano di tutti i sistemi e di tutte le nazioni: facevano parte a sé stessi, contavano sulla propria famiglia e basta. Tutto il resto non contava: Italia, Jugoslavia, capitalismo e socialismo. Erano tutte cose che per la loro vita e la loro famiglia non contavano, quindi tanto valeva rimanere a continuare ad avere quell’orticello, o quell’appartamento o quel lavoro e basta. La mia [famiglia] è rimasta per povertà: dieci figli con padre e madre...Che tra l’altro poi il padre se n’è andato promettendo di chiamare la famiglia dopo aver trovato lavoro in Italia. Cosa che tra l’altro non avvenne mai, perché nessuno glielo dette quel lavoro, né lo trovò, né si sistemò. Anzi, al punto da sopravvivere lui da solo appena appena e quindi noi siamo rimasti. Per povertà.
Claudio D.
[Chi è rimasto lo ha fatto] perché credeva che l’America fosse l’altra sponda. Erano più legati ... [Leggi tutto]
[Chi è rimasto lo ha fatto] perché credeva che l’America fosse l’altra sponda. Erano più legati all’altra ideologia, e infatti qualcuno tra i rimasti è diventato un po’... Le dicevano, tra virgolette, i caporioni, e quindi erano più immanicati con quelli del regime, e ovviamente si sono - è una parola brutta - asserviti a quelli che comandavano, che gestivano il potere in Istria. Poi ci sono anche i casi di chi non è andato via perché erano anziani, però quelli giovani dell’età di mio papà, per quel che so... Io so di alcuni, ma non tutti, perché a Valle è rimasto il 20% del paese.
Ginevra B.
Dunque, intanto devo dire che il sentimento che mi ha sempre legato e continua a legarmi agli ... [Leggi tutto]
Dunque, intanto devo dire che il sentimento che mi ha sempre legato e continua a legarmi agli esuli, è un sentimento di amore infinito e di rispetto, e quindi - veramente - li ho sempre sentiti come fratelli. Mai ho pensato che avessi dovuto odiarli o rimproverare loro una qualsiasi cosa. Anche perché quando io nella mia mente pensavo al concetto esule, non fuoriuscivano tutti i 350.000 o quanti ne sono andati [via], ma ne fuoriuscivano solo quelli che io ho accompagnato alla stazione, le persone care alle quali io ho sempre voluto bene. Per cui l’esule come concetto, era per me un concetto sempre avvolto nella bontà, nell’amore, nella stima reciproca, al punto che ne sono innamorato ancora adesso. Ecco, questo è il mio rapporto affettivo con gli esuli, ancora adesso. E così penso che la pensino anche gli altri rimasti verso gli esuli. Non è così dall’altra parte. Quelli che se ne sono andati - non tutti, ma mi pare una buona parte - portano ancora un odio, ed è interessante. Quell’odio che loro hanno sentito verso il paese natio, cioè verso la popolazione del paese natio, verso il sistema, loro - qualcuno, non so quanti - lo hanno appiccicato anche al concetto di rimasto, per cui risultiamo essere odiati. Fummo odiati e continuiamo ad essere odiati da qualcuno: non so quanto, molto meno di un tempo naturalmente, perché adesso con la caduta dei confini, con i viaggi che gli esuli fanno in Istria, con gli incontri che hanno con le persone, con i luoghi, con gli ambienti cari dell’infanzia, queste pressioni forti e negative o sono sparite del tutto, o sono lenite in massimo grado. Ma comunque, non so se da parte dei rimasti, chi era proprio comunista - di quelli duri - può per qualche motivo avere odiato l’esule in quanto fascista, imperialista o irredentista. Si, probabilmente si, anche noi avremo avuto questi fenomeni a livello di esuli /rimati e rimasti/esuli a livello di questo tipo negativo, ma non so dare esempi pratici. Posso parlare soltanto a nome mio.
Claudio D.
Ci sono quelli che son rimasti anche per ideologia, no? Sono una minoranza, ma ci sono anche ... [Leggi tutto]
Ci sono quelli che son rimasti anche per ideologia, no? Sono una minoranza, ma ci sono anche quelli. Altri [sono rimasti] perché , tutto sommato, insomma, [dicevano] ho una casa, ho un terreno, ma dove vado? Capisci, cioè? Quelli son rimasti in questo senso qua, capisci? E, tra le altre cose, quelli che adesso si vantano dell’italianità, perché fa comodo, sono i famosi R, che uno è vicesindaco, e l’altro è deputato a Zagabria. Il loro padre era un funzionario del partito, che partito? Comunista! Hai capito? Voglio dire che si riciclano quella gente là. Io non voglio far ricadere le colpe dei padri sui figli, se sono rimasti è perché c’era una ragione.
Otello S.
La gente rimasta ha fatto molta fatica i primi anni dopo che noi siamo andati via. Perché noi ci ... [Leggi tutto]
La gente rimasta ha fatto molta fatica i primi anni dopo che noi siamo andati via. Perché noi ci tenevamo in contatto con i miei zii, facevano molta fatica, continuavano ad andare a Trieste anche loro a fare contrabbando, quasi tutti. Però, secondo me, sulla scelta di restare c’è stata anche una componente politica, si si. Cioè, ce n’erano di patiti! Fanatici ce n’erano, anche le donne, eh!
Adriana S.
Qualcuno sarà rimasto proprio per le radici, per la familiarità, e qualcuno sarà rimasto perché ... [Leggi tutto]
Qualcuno sarà rimasto proprio per le radici, per la familiarità, e qualcuno sarà rimasto perché credeva in Tito, anche. Perché guardi che io ho ancora dei cugini che son rimasti a Pola, e ancora oggi parlano di Tito come un gran uomo. Loro non parlano male di Tito, loro dicevano - e lo dicono ancora oggi - che con Tito non avevano quello che hanno avuto dopo - perché uno è diventato elettromeccanico, insomma, lavoravano - però con Tito noi mangiavamo tutti, mentre adesso non si mangia tutti, è selezionato.
Nirvana D.
Ma, mio zio, il fratello di mio papà, era contadino ed aveva le terre, quindi è rimasto per quello. ... [Leggi tutto]
Ma, mio zio, il fratello di mio papà, era contadino ed aveva le terre, quindi è rimasto per quello. Poi questo mio zio è restato per motivazioni anche politiche. Ma mio nonno no, perché lui è rimasto per il motivo che voleva restare a casa sua.
Irene V.
Allora, quelli che son rimasti lì... Molta gente ha fatto la scelta di restare perché c’era gente ... [Leggi tutto]
Allora, quelli che son rimasti lì... Molta gente ha fatto la scelta di restare perché c’era gente che aveva la campagna, faceva il contadino, il pescatore, non sapevano l’avvenire cosa gli poteva riservare venendo via. Ma una minoranza ha potuto starci, tutto il resto sono andati via per angherie e per motivi politici.
Aldo S.
Allora, secondo quello che è capitato a noi... Insomma, una parentela di un cugino di mio padre - ... [Leggi tutto]
Allora, secondo quello che è capitato a noi... Insomma, una parentela di un cugino di mio padre - che adesso non so se veniva per primo o per secondo - gli hanno sempre cancellato [la domanda]. Il più piccolo cavillo, trovavano le carte, da pagare ospedali e roba. E poi allora un giorno ha detto: zio, io non vengo fuori, perché se non mi danno il permesso io non vado con la famiglia, scherziamo? Difatti è morto a Fiume, e c’ha il figlio alla comunità degli italiani, che oggi gli unici italiani che parlano un po’ il dialetto sono lì, in quel gruppo lì. [Sono rimasti] perché non davano il permesso, [perché ] quando la questura cancellava, lei poteva piangere in tutte le lingue, poteva mettersi in ginocchio, ma non c’era niente da fare. Poi qualcuno è rimasto per politica, ma penso [che sono rimasti] più [perché ] sconsolati, sfiduciati.
Amedea M.
Ma, sai, chi è rimasto è rimasto perché o aveva delle idee che aveva abbracciato questa ideologia ... [Leggi tutto]
Ma, sai, chi è rimasto è rimasto perché o aveva delle idee che aveva abbracciato questa ideologia comunista, qualcuno senz’altro. Poi ci son stati quelli che non volevano lasciare la propria casa, la propria terra, per tanti motivi, per l’attaccamento. Non penso che perché uno si sentiva italiano o uno slavo la gente sia andata via, non penso che la gente sia andata via per questi motivi. O qualcuno era compromesso, è logico, era politicamente compromesso col fascismo e quindi per paura è andato via. Ecco la gente che è rimasta, è rimasta per tanti [motivi]. Tanti son rimasti anche perché , magari, non li hanno lasciati andare via. Perché c’era anche questa cosa, cioè che optavi e magari chi aveva un cognome slavo cercavano [di trattenerti]. Specialmente gli uomini, perché le donne se andavano via non gli interessava tanto, ma gli uomini che avevano un cognome slavo cercavano di trattenerli. E questo avrebbe pesato a vedere quanti italiani c’erano e quanti slavi c’erano, per mettere sul piatto queste cose. [Però] i legami affettivi ci son sempre stati con i parenti, noi abbiamo avuto sempre contatto con i nostri. Mia madre poi nel ’60 è ritornata da sua sorella e dai cugini. Abbiamo sempre avuto rapporti, e anche oggi io ho ancora dei cugini là.
Antonio V.
Son rimasti pochi, pochissimi. Qualcheduno era un po’ vecchio, qualcheduno era anziano, qualcheduno ... [Leggi tutto]
Son rimasti pochi, pochissimi. Qualcheduno era un po’ vecchio, qualcheduno era anziano, qualcheduno non se la sentiva di andare in cerca di [fortuna]. Perché lì poteva essere un’avventura, non se la sentivano di andare nell’incognito, perché lì non si sapeva dove si andava a finire e allora son rimasti tanti. Noi avevamo pochissima gente che conoscevamo [che è rimasta]. Avevamo un parente - adesso sono mancati - ma in genere tutti quelli che conoscevamo noi, escluso un mio amico che veniva a scuola con me, sono andati via tutti. Tant’è vero che noi quando siamo andati via di là, l’unico ricordo che avevamo era la tomba di mio papà che è mancato nel ’44. C’era la tomba, però altre cose che ci legavano lì c’è n’erano poche, non c’è n’erano, perché ad andare a guardare l’avvenire, un pochettino era buio.
Mario M.
Ma, quelli che son rimasti è perché erano persone anziane e non se la sentivano di venire via, ... [Leggi tutto]
Ma, quelli che son rimasti è perché erano persone anziane e non se la sentivano di venire via, qualcuno. E poi son rimasti quelli che han detto: Ah, adesso arriva Tito e avremo gli asini legati con le salsicce!
Argia B.
Eh, chi lo sa [perché son rimasti]? Non volevano forse lasciare la loro casa, le loro terre. Forse ... [Leggi tutto]
Eh, chi lo sa [perché son rimasti]? Non volevano forse lasciare la loro casa, le loro terre. Forse anche perché non sapevano dove andare, chissà. Ci sono tanti motivi.
Maria G.
Si, dei parenti son rimasti. Cioè, siam venuti solo via noi, però tanti parenti quando siamo andati ... [Leggi tutto]
Si, dei parenti son rimasti. Cioè, siam venuti solo via noi, però tanti parenti quando siamo andati in ferie li abbiam trovati. Non lo so perché son rimasti, forse per paura, per tante altre cose, non lo so. Io penso anche che chi magari aveva i bimbi piccoli è rimasto lì, probabilmente si.
Giuseppe S.
Si, qualcuno è rimasto. E sono rimasti perché si sentivano comunisti, è chiaro. [Sono rimasti] per ... [Leggi tutto]
Si, qualcuno è rimasto. E sono rimasti perché si sentivano comunisti, è chiaro. [Sono rimasti] per ragioni politiche.
Livia B.
I miei genitori hanno fatto la scelta [di andare via], la sorella di mia mamma con suo marito sono ... [Leggi tutto]
I miei genitori hanno fatto la scelta [di andare via], la sorella di mia mamma con suo marito sono invece rimasti là e stanno benissimo in Slovenia, adesso! Alcuni - mi risulta - [sono rimasti] perché non hanno avuto il visto per andarsene, una parte. Un’altra parte... diciamo che [sono rimasti perché ] non è che vedessero così di cattivo occhio il regime di Tito, e quindi molti hanno pensato di poter convivere nella nuova situazione, con i nuovi inquilini dell’Istria.
Giuseppe M.
Se n’è andata via soprattutto la borghesia: per esempio a Podmovize, dove abitava la nonna paterna ... [Leggi tutto]
Se n’è andata via soprattutto la borghesia: per esempio a Podmovize, dove abitava la nonna paterna lì maggior parte della popolazione - adesso che mi ci fai pensare - è rimasta, ed era - è vero - classe operaia. Però poi non erano affatto contenti!
Adriana S.
All’inizio [tra chi era partito e chi era rimasto] c’era questa invidia, perché grazie a Dio, la ... [Leggi tutto]
All’inizio [tra chi era partito e chi era rimasto] c’era questa invidia, perché grazie a Dio, la gente che è venuta via hanno avuto quasi subito il lavoro, si sono inseriti bene. E poi la nostra gente era molto brava a lavorare, si sono rimboccati le maniche e quindi si sono ripresi anche in fretta. E quindi quando venivano [in Istria] con la loro macchina, certo che c’era una certa invidia, perché la nostra gente è rimasta sempre più soffocata.
Antonietta C.
[La mia famiglia] è rimasta perché eravamo di un altro colore! Mio papà credeva nella Jugoslavia. ... [Leggi tutto]
[La mia famiglia] è rimasta perché eravamo di un altro colore! Mio papà credeva nella Jugoslavia. Mio papà erano tre fratelli. Uno è venuto in Italia, senza motivo, perché uno tirava l’altro, e qui posso proprio ammetterlo, uno tirava l’altro. Un fratello invece è rimasto, come mio papà, ma quel fratello non era in mezzo alle sgarabuglie della politica come mio papà, [lui] tirava lungo la sua strada e non si era messo dentro a queste cose. [Quindi tra chi resta non tutti erano comunisti], no, assolutamente. [Infatti] già il fratello di mio papà non aveva le idee di mio papà, e sono rimasti lì. Sia chi è venuto via non era fascista - cioè ci sarà stati, qualcuno c’era - ma la gran parte non [lo] era, e quelli che sono rimasti lì, qualcuno era comunista, ma la gran parte non lo era. Son sicura di questo. [I comunisti che restano] sono stati quasi tutti delusi... Non proprio tutti, cioè quelli che non son stati delusi, son stati proprio quelli che non avevano niente, perché hanno occupato una casa più bella della loro, hanno preso le campagne belle, hanno preso le stalle... Hanno preso tutto gratis!
Antonietta C.
Mio zio è rimasto perché aveva un’età un attimo più avanzata di quella di mia madre. Lui era sui ... [Leggi tutto]
Mio zio è rimasto perché aveva un’età un attimo più avanzata di quella di mia madre. Lui era sui cinquant’anni e voleva stare lì, voleva morire lì, tanto lui - e questo lo diceva anche dopo quando nel ’59 siamo ritornati per la prima volta - continuava a vivere lì. Ha fatto vita grama, sapeva che a stare lì non andava a star bene, così come presumeva che noi che siamo andati via avremo avuto delle difficoltà a star bene, perché era finita la guerra per tutti, pertanto anche a venire qui non è che sarebbe stato facile. Chi è rimasto - mio zio in particolare - lo ha fatto per una questione di età e per una questione di coraggio, [perché] ci va del coraggio a prendere una decisione così, e lui non ne aveva molto: era un contadino, un grosso lavoratore e tanto di cappello. Mia zia uguale. Pertanto non erano comunisti, non erano di nessun colore, non ho mai sentito niente che mi dicessero di che tendenza fossero. Pertanto per chi è rimasto, nel caso mio, non si è certo trattato di una decisione [presa] per motivi politici. No, avevano meno coraggio, avevano un’altra età e [si son detti che] per stare male via sto male qua, almeno sono a casa mia. Una cosa di questo genere. Indubbiamente ci sono stati della gente che invece è stata lì per motivi politici, [come] una convintissima partigiana comunista, ma proprio di quella che sfilavano con le bandiere, [alla quale] abbiamo affittato casa nostra. E quindi quelli [come lei] son rimasti per motivi politici. Ma non tutti i rimasti lo hanno fatto per motivi politici, non tutti.
Gianfranco M.
C’era quelli che avendo la propria casa, avendo il proprio lavoro, anche se minoranza o non ... [Leggi tutto]
C’era quelli che avendo la propria casa, avendo il proprio lavoro, anche se minoranza o non minoranza, optavano per rimanere, come nel caso dei miei parenti che, anche se parlavano il nostro dialetto, non si sentivano italiani. Loro erano proprietari della loro terra... Con i nuovi, tu sei sempre proprietario della tua terra, [ma] eri ostacolato in tutti i modi, perché il regime nuovo ti imponeva... Non c’era il libero commercio, né la religione... Io ho uno zio prete che è rimasto lì, mentre i preti son venuti tutti via con gli altri. Lui è rimasto lì, e io me lo ricordo, anche se ero piccolo. Mi ricordo che un giorno arriva a casa mia a mezzogiorno - che io ero appena tornato da scuola - e aveva questa tonaca nera e il cappellaccio che portavano i preti... Il cappello e la tonaca erano tutti bollati, [perché ] dal paese dov’era parroco a [venire] in città lo avevano preso a sassate! E questo perché se non era vietata, era avversata la chiesa. Perché la chiesa... Io ad esempio a scuola ho avuto l’ora di ateismo, mentre invece i miei mi mandavano in parrocchia a fare il catechismo. Questo per dire che c’era questo sistema e allora pian piano chi rimaneva si adeguava: [sia] chi aderiva al partito, [sia] chi non aderiva. Avevi la tua casa, il tuo lavoro, non sentivano questa italianità dei miei e son rimasti lì. Oggi qualcuno dice: meglio che venivo con voi, stavo meglio! Vedeva che noi venivamo giù e riuscivamo a portare tanta roba che loro non avevano. Oggi ad esempio un mio cugino si lamenta: si stava meglio prima, col regime comunista, perché lavoravi o non lavoravi, avevi comunque il tuo stipendio. Invece altri... Ad esempio il suo vicino di casa ha trasformato la sua casa in stanze, e affitta. Ecco, questa intraprendenza che lui ha prima non era possibile farlo. Invece il mio cugino che ha un’indole più tranquilla, più pacifica più dalmatica, se vogliamo, e cioè che il lavoro lascialo da parte, aspetta te paserà la voglia de lavorar... Ecco, ci sono quindi queste tante sfaccettature del modo di vivere.
Rino P.
[Sono rimasti] perché tanti avevano paura di andare in giro, perché non avendo nessuno in Italia, ... [Leggi tutto]
[Sono rimasti] perché tanti avevano paura di andare in giro, perché non avendo nessuno in Italia, allora son rimasti lì. Per esempio un mio cugino era andato giù in Sicilia, ma poi è ritornato indietro: si è trovato solo nel campo profughi, e allora è ritornato indietro. Era dura, sa...Poi ci son di quelli che sono stati lì per motivi politici.
Eufemia M.
Dopo chi è rimasto si sentivano comunisti, e hanno avuto i migliori posti nelle cooperative di qua ... [Leggi tutto]
Dopo chi è rimasto si sentivano comunisti, e hanno avuto i migliori posti nelle cooperative di qua e di là, e chi non era del partito passava le conseguenze. E uno non poteva accettare una cosa del genere, uno che si sentiva italiano non poteva, [essere] tradito in quella maniera... Son rimasti per quello, perché loro ci credevano a Tito, loro credevano al partito. Rimanendo lì, poi hanno avuto i posti migliori. Perché adesso quando che te vai lì e ci parli con sta gente ti rispondono sa che cosa? Chi è che ve l’ha detto di andare via, potevate star a casa vostra! Che se stavate a casa vostra eravamo la maggioranza di italiani. Ti rispondono così. Però rispondono, adesso, quelli che hanno l’età come abbiamo noi, che magari non sanno neanche il retroscena di una volta. E’ per quello, noi eravamo italiani e siam venuti via; non si poteva sopportare l’odio dei medesimi paesani, non si poteva.
Aldina P.
[Sono rimasti] ben, ben pochi! Son rimasti perché loro credevano chissà che cosa. Io ho ancora dei ... [Leggi tutto]
[Sono rimasti] ben, ben pochi! Son rimasti perché loro credevano chissà che cosa. Io ho ancora dei parenti che sono ancora adesso di là. Sono rimasti di là con la speranza che cambiasse, e che credessero che Tito fosse un dio. Invece era un diavolo! Poi si son pentiti, certi scappavano via, anche dopo.
Giovanni R.
Sa perché [chi è rimasto] l’ha fatto? Tante famiglie - anche tra i miei parenti - avevano i ... [Leggi tutto]
Sa perché [chi è rimasto] l’ha fatto? Tante famiglie - anche tra i miei parenti - avevano i genitori vecchi, non avevano un lavoro sicuro, perché lavorando la campagna il lavoro non è sicuro. Se vieni via di là, dove vai qua? Io ho parenti miei che sono ancora lì per questo motivo, perché dicevano: come andiamo noi in campo profughi con sti due vecchi? C’era un mio cugino - poverino lui e i suoi fratelli son morti tutti - che aveva papà e mamma e suoceri: dove vai con quattro vecchi? E contadino: dove vai senza un mestiere in mano? Invece tanti son venuti via da Rovigno con il lavoro sicuro, perché chi era in Manifattura Tabacchi, assunto durante il periodo italiano, il lavoro lo hanno avuto sicuro.
Gina P.
[Con chi è rimasto] i rapporti erano abbastanza buoni. Perché io andavo giù ogni anno in ferie; io ... [Leggi tutto]
[Con chi è rimasto] i rapporti erano abbastanza buoni. Perché io andavo giù ogni anno in ferie; io ho trovato amici tra quelli che sono rimasti. Tranne che con quelle cinque o dieci persone che han contribuito a farci scappare via. Italiani, eh! Perché loro si son serviti di un paio di persone che menavano, che ci han fatto andare via. Perché noi siamo andati via, ma non ci han spinto brutalmente gli slavi, però ci han spinto quei quattro che son rimasti giù. Che poi son stati snobbati da tutti, tanto è vero che Spartaco è andato a finire in galera, e così via. Con quelle quattro persone, ancora quando andavamo giù, che si umiliano a chiedere scusa, come dire, io sono tranquillo, lascia perdere, ma mia moglie gliele ha cantate a tutta birra a questa gente qua, perché loro si son fatti servire da questa gente per farci allontanare. Perché se c’era gente che picchiava o che buttava in acqua, eran proprio i rovignesi stessi. Italiani! [Però] si, si, i rapporti ci sono. Per esempio, io ho una nipote che è nata in Italia, ma poi si è sposata giù ed è rimasta giù. I rapporti son buoni, non c’è astio. Ma io [non ce l’ho], perché [invece] un po’ [di astio] c’è. Ad esempio mia moglie con certa gente c’ha astio. Poi subentra anche dell’astio non tanto con la gente. Perché lei è avvelenata quando va giù in paese, che si sente, come dire, come una turista. Si ricordi che quando noi andiamo giù, le autorità non ci accolgono bene; accolgono bene i tedeschi, accolgono bene tutti, ma noi no. E perché ? Io mi son fatto un’idea: perché noi abbiamo sempre delle rivendicazioni su di loro, perché tutti quanti abbiam lasciato la casa, abbiam lasciato dei beni. Per esempio, mia moglie aveva due alloggi: uno requisito e uno glielo han pagato, per modo di dire. C’è un certo astio verso noi. Andando giù in ferie, è più rispettato il tedesco, è più rispettato un altro, ma noi istriani che andiamo...Insomma, ti accolgono bene come turista, ma non tanto bene.
Aldo S.
[Quelli che son rimasti] han fatto una scelta. Non credo che sia stato per motivi politici. [Ci ... [Leggi tutto]
[Quelli che son rimasti] han fatto una scelta. Non credo che sia stato per motivi politici. [Ci sono stati] motivi di affezione: pescatori, gente che aveva le barche, capito? Non è stata [politica]. Quelli che sono andati via, così come quelli che son rimasti, è stata motivazione personale. I fascisti sono scappati perché se no li accoppavano, [mentre] loro son rimasti lì perché han fatto una scelta. Non sapendo dove andare, o che fine fare, o perché erano anziani, o [per] cose diverse, son rimasti. Poi ti facevano dei ponti d’oro per rimanere: delle persone importanti loro ci tenevano che rimanessero giù. I tecnici volevano che rimanessero, perché se no come facevi ad andare avanti col lavoro?
Giuliano K.
[Mia nonna e mio nonno sono rimasti] perché erano palesemente slavi. Non erano affatto contenti del ... [Leggi tutto]
[Mia nonna e mio nonno sono rimasti] perché erano palesemente slavi. Non erano affatto contenti del nuovo regime e del nuovo governo - a loro non piaceva - però quella era la loro casa e la loro terra, e quindi non avevano motivo [di andarsene]. Poi, il secondo fratello di mio padre guardava la nonna e non era sposato, non era tipo da affrontare una cosa [come la partenza] e poi si sentiva questa responsabilità della madre. Il terzo - quello che è morto giovanissimo - non ho mai capito [perché è rimasto, ma] credo che anche lui avesse una donna croata. E invece il secondo zio - il fratello di mia madre - è rimasto con la moglie croata.
Adriana S.
[Alcuni sono rimasti] perché avevano paura di lasciare la casa. L’egoismo della casa. Tanti [sono ... [Leggi tutto]
[Alcuni sono rimasti] perché avevano paura di lasciare la casa. L’egoismo della casa. Tanti [sono rimasti] anche per motivi politici.
Alma M.
Sono rimasti perché speravano in qualcosa di diverso. Certi restavano sperando, perché gli girava ... [Leggi tutto]
Sono rimasti perché speravano in qualcosa di diverso. Certi restavano sperando, perché gli girava le palle a uno che aveva la sua casa e la sua terra dover lasciar tutto ed andar via, no? Noi eravamo in affitto, mio padre aveva sto negozio ha capito e siam venuti via. Invece c’era qualcuno, e questo perché c’era la pubblicità e tutto, che veniva a Fiume e si portava le scorte da mangiare e finchè c’era da mangiare dicevano no, no, va tutto bene. I comunisti, erano i comunisti! E allora qualcuno è rimasto lì per quello: no, no, cambierà, il comunismo... Cioè, quelli che credono nel comunismo, che questo è mio e questo è tuo. Si, si, intanto ti portano via tutto!
Franco S.
Allora, chi è rimasto... Una percentuale è rimasto, perché non è partito. Allora c’era una ... [Leggi tutto]
Allora, chi è rimasto... Una percentuale è rimasto, perché non è partito. Allora c’era una barzelletta: si sono incontrate una capra e una lumaca. La capra dall’Italia andava alla Jugoslavia, e incontra la lumaca che veniva dalla Jugoslavia e le dice dove vai capra? Vado in Jugoslavia perché tutte le capre sono in ufficio! E tu lumaca, dove vai? Vado in Italia perché a tutti le prendono la casa! Per cui son rimaste quelle quattro capre - per dirla così - che son poi andate in ufficio, ma gente che non aveva neanche la terza elementare. Comandavan tutti, ecco. [Poi] una percentuale non è andata perché magari aveva i genitori [anziani], però qualcuno è rimasto anche lì perché erano combattenti del ’41, i primi combattenti e avevano tutti i posti migliori, perché se sei mio fedele ti do il posto a te, non lo do a qualcun altro, ma è normale per tutto.
Giuseppe T.
[Chi è rimasto] è rimasto per scelta politica, secondo me. Da quello che so io, da quelli che ... [Leggi tutto]
[Chi è rimasto] è rimasto per scelta politica, secondo me. Da quello che so io, da quelli che conosco io, [sono rimasti] per scelta politica, o per influenza [perché ] non sapevano da che parte stare: erano quelli che erano contro il fascismo - per carità di dio, tutto quanto era lecito - perciò non sapevano da che parte stare, e hanno scelto, hanno optato per una [parte], cioè come noi abbiamo optato per una parte, loro hanno optato per l’altra. Poi non voglio sindacare su questa scelta.
Franco V.
[E’ rimasta] una minima parte, minima. E difatti quando noi andiamo e parliamo, adesso che stanno ... [Leggi tutto]
[E’ rimasta] una minima parte, minima. E difatti quando noi andiamo e parliamo, adesso che stanno bene anche loro, gli dico: noi abbiamo avuto la nostra [pena] a venire via, perché abbiamo sofferto, perché io ho fatto otto anni di campo profughi in mezzo alle coperte; la mia più bella gioventù l’ho passata lì. E voi siete stati anche male che siete rimasti, perché erano segnati anche loro. Non creda che l’hanno passata bene... [Siete rimasti] per salvare le vostre case e la vostra città, il vostro paese, per paura di affrontare [un avvenire incerto], o perché tanti avevano i genitori vecchi che non volevano [partire]. Qualcuno si, senz’altro è rimasto per [motivi] politici, che erano infilati lì. Poi magari con l’andare del tempo hanno capito e si sono ritirati, ma in principio son rimasti anche per motivi politici. Io mi ricordo che son poi ritornata dopo diciotto anni, e avevo incontrato un nostro amico, un vicino di casa - Gianni, povero, che è morto - che mi diceva sempre: vedi Livia, voi in quel momento c’è stata tutta sta gente che è andata via, ed è vero che i primi cinque anni son stati duri anche per noi qua, però dopo abbiamo incominciato un po’ a respirare, però i primi cinque anni... Eh sa, cinque anni son duri! Son stati duri per noi che siam venuti via, ma anche per loro che son rimasti. E queste parole me le ricordo di questo Gianni che lo diceva.
Olivia M.
Chi è rimasto [lo ha fatto] per Tito, soprattutto. Io ho dei parenti ancora giù e loro sono rimasti ... [Leggi tutto]
Chi è rimasto [lo ha fatto] per Tito, soprattutto. Io ho dei parenti ancora giù e loro sono rimasti perché erano titini, perché credevano nella libertà, nella libertà dei popoli, nell’abbondanza, in tutto quello che era il vero comunismo, che poi si è rivelato quello che era. Che era poi ancora un comunismo all’acqua di rosa, non era il comunismo russo!
Luigi D.
A mia madre ogni tanto le scappava: io tornassi indietro non mi muoverei mai più dalla mia casa ... [Leggi tutto]
A mia madre ogni tanto le scappava: io tornassi indietro non mi muoverei mai più dalla mia casa così forzatamente, perché - diceva - a un certo momento c’è da tribolare lo stesso. Però diciamo che le persone più intellettuali, chiamale intellettuali ma con un’ideologia, [son rimaste]. Perché l’ideologia c’era ovunque, in tutto il mondo, e c’era anche quella marxista. Io penso, anche se poi son stati molto delusi, ma lo han fatto per convinzione: primo per non abbandonare la sua terra e poi anche per ideologia. Ma non si aspettavano che ci fossero poi tante tragedie: è stato molto duro!
Nives P.
Qualcuno è rimasto perché era del partito, perché era comunista sfegatato. E qualchedun’altro ... [Leggi tutto]
Qualcuno è rimasto perché era del partito, perché era comunista sfegatato. E qualchedun’altro perché aveva paura, perché diceva: ma, io non vado! Per timidezza, magari, qualcuno perché era troppo vecchio e non se la sentiva, qualcuno invece perché non aveva voluto scegliere, non so. Comunque una componente politica c’era. Per altri non so, magari sarà stata anche una questione di orgoglio: io non abbandono la casa dei miei vecchi, io non abbandono la mia terra. E poi, poverini, hanno passato le loro, anche quelli che son rimasti lì.
Anna Maria P.
Chi è rimasto è stato proprio per il fatto di non poter portare via i vecchi, perché proprio non ... [Leggi tutto]
Chi è rimasto è stato proprio per il fatto di non poter portare via i vecchi, perché proprio non volevano saperne di venir via. Che poi farli venir via vuol dire farli morire di nostalgia, perché si sono quasi istupiditi: per loro la loro campagna, le loro abitudini... Era stato veramente serio, per gli anziani, son morti proprio di nostalgia. Poi qualcuno è rimasto anche perché magari poteva aver amato quel [sistema] I primi tempi saranno stati duri, per il fatto di essere licenziato se facevi lavoro statale, di essere controllati su cosa dicevano, di essere controllati se erano cattolici o meno... Eh beh, insomma, è stata dura anche per loro.
Assunta Z.
Son rimasti in pochi. [Son rimasti] perché avevano la terra nel cuore, le radici: io sto parlando ... [Leggi tutto]
Son rimasti in pochi. [Son rimasti] perché avevano la terra nel cuore, le radici: io sto parlando del mio paese. Se mi dice perché i fiumani che lavoravano in fabbrica son rimasti, non saprei cosa dirle, però essendo lì... Sa, chi aveva un po’ di terra due buoi e l’aratro era difficile sradicare e andare via. La mia mamma aveva solo quattro mura di una casa, che era sua, non [di mio padre]. Aveva una casa in pietra e un pezzettino di terra - oggi si potrebbe dire un orto - ma non c’era di più. Un orto, due galline, un maiale che come ho detto all’inizio non c’era più perché spariva sempre e c’era fame, fame. Alcuni si, [son rimasti per politica]. [Ad esempio] mio padre che è rimasto, lui è rimasto per ideali politici, seppure dopo è stato discriminato dai suoi stessi compagni partigiani come lui. Perché i miei fratellastri - quelli con cui ho ancora buoni rapporti - mi han sempre detto che erano molto discriminati, specie la sera all’imbrunire: italiani qua e italiani là, cioè cose così che facevano i croati del paese. Cioè io dico croati ma potevano essere anche serbi, insomma, quelli nuovi che son venuti. [Perché ] questo vuoto che lasciavamo noi, veniva colmato da gente dell’interno. Io non so da dove venivano, però indubbiamente venivano ringalluzziti e forti della protezione governativa. E i rimasti hanno avuto tutti, a mio avviso, periodi di paura, di intimidazioni, solo vocali per fortuna, anche se qualcuno, magari, avrà preso anche qualche battuta, ma questa è una mia opinione.
Guerrino B.

Riferimenti bibliografici

 N. Milani, Una valigia di cartone, Sellario Palermo, 1991
 N. Milani, A. M. Mori, Bora, Frassinelli, Como, 1998
 N. Milani, Di passaggio, in Racconti di Guerra, Il Ramo d’oro/Edit, Trieste-Fiume, 2008
 E. Miletto, Istria allo specchio. Storia e voci di una terra di confine, Franco Angeli, Milano, 2007
 O. Moscarda, Prefazione, in G. Paiano, La memoria degli italiani di Buie d’Istria. Storia e trasformazioni di una comunità contadine tra il 1922 e il 1954 nelle testimonianze dei “rimasti”, Centro di ricerche storiche di Rovigno, Unione Italiana di Fiume, Università Popolare di Trieste, Rovigno- Trieste, 2005
 G. Paiano, La memoria degli italiani di Buie d’Istria. Storia e trasformazioni di una comunità contadine tra il 1922 e il 1954 nelle testimonianze dei “rimasti”, Centro di ricerche storiche di Rovigno, Unione Italiana di Fiume, Università Popolare di Trieste, Rovigno-Trieste, 2005
 S. Tazzer, Tito e i rimasti. La difesa dell’identità italiana in Istria, Fiume e Dalmazia, Libreria Editrice Goriziana, Gorizia, 2008

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