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Bombardamenti Agg

«La bomba è una mano gigante, che viene a portare via i palazzi e le case» [A. Celestini, 2005]. Una mano che non bussa per chiedere permesso, ma che demolisce e distrugge, che irrompe nella vita di migliaia di uomini e donne portandosi dietro angosce e paure nuove. Bombardare intere città diventa così una precisa strategia militare che porta la bomba ad essere non solo l'arma «più usata nella seconda guerra mondiale» [G. Gribaudi, 2005], ma anche quella attraverso la quale il conflitto entra in maniera spettacolare e tragica nella quotidianità della popolazione civile che, suo malgrado, inizia a dover convivere con gli ordigni. La bomba si trasforma: da eventualità remota ed estranea, entra progressivamente nelle dinamiche del conflitto bellico, diventandone in breve tempo elemento cruciale ed espressione diretta. Una realtà sempre più vicina che lacera, spezzandola, l'esistenza di intere comunità piegate da un vivere che assume i contorni del ronzio tetro dei bombardieri che grattano il cielo, delle corse, disperate e veloci, nei rifugi e delle nuvole di fumo che avvolgono palazzi e strade. Edifici dai quali affiorano nugoli di macerie e morti, perché le bombe non sono infallibili, non colpiscono soltanto apparati industriali od obiettivi bellici, ma allargano il campo e piombano dritte sulle case spianando quartieri interi. Esse insegnano ad avere paura e incutono«terrore e rabbia nella popolazione civile» [A. Portelli, 1999] tendente, ogni giorno che passa, ad identificarle come un crudele atto gratuito nel quale si mescolano orrore e spettacolo.

Un'esperienza debilitante e traumatica, che non risparmia le città istriane e dalmate, come dimostrano i casi di Pola, Fiume e, soprattutto, Zara.

A Pola, la cui importanza strategica gravita intorno alla presenza in città di numerose industrie (su tutte il cantiere navale di Scoglio Olivi, attivo ancora oggi) e del porto militare, le bombe alleate iniziano a piovere nei primi giorni del 1944: dal 9 gennaio, data della prima incursione, al 3 marzo del 1945, la città è investita da diciotto bombardamenti che, uniti ai mitragliamenti, provocano, oltre al danneggiamento e alla distruzione di numerosi edifici, anche la morte, tra militari e civili, di circa 280 persone [R. Marsetic, 2004].

Nemmeno Fiume è risparmiata dall'aviazione alleata: a partire dai primi mesi del 1944 fino al termine del conflitto, si abbattono sulla città trenta incursioni che, miranti a colpire obiettivi sensibili quali il porto e le strutture produttive della città, prime tra tutte il Silurificio Whithead, il cantiere navale di Cantrida e la Raffineria R.O.M.S.A., si lasciano alle spalle uno scenario di desolazione e distruzione. Gli ultimi bombardamenti, antecedenti al maggio 1945, provocano infatti la morte di 112 civili e il danneggiamento di circa il 90% delle strutture industriali cittadine, cui se ne aggiungono altre 1.700 tra edifici pubblici e abitazioni private. [M.Grguric, 2009].

E però Zara, bombardata cinquantaquattro volte tra il 2 novembre 1943 e il 31 ottobre 1944, a pagare il prezzo più alto. L'aviazione alleata scarica sulla piccola città dalmata 584 tonnellate di bombe causando la distruzione dell'85% delle abitazioni e la morte di circa 2.000 abitanti. [O. Talpo, S. Brcic, 2000] Una vicenda, quella che avvolge la città dalmata, che si porta dietro ancora oggi un inquietante interrogativo, e cioè che l'accanimento dei bombardieri alleati non fosse dovuto a ragioni di strategia militare, quanto piuttosto a pressioni dell'esercito di liberazione jugoslavo che, amplificando la portata bellica dell'obiettivo, avrebbe sollecitato l'intervento alleato con il preciso scopo di eliminare l'unico centro compattamente italiano presente sulla costa dalmata. Un sospetto tramutatosi in assoluta convinzione negli ambienti degli esuli giuliano - dalmati, ma che, non può essere avvalorato sul piano storiografico, in quanto la documentazione disponibile non consente di effettuare una precisa ricostruzione delle dinamiche che hanno portato allo svolgimento degli eventi.

Testimonianze

Fiume

Si dice che, normalmente, uno ricordi dai tre anni in poi. Invece io credo che il mio primo ricordo ... [Leggi tutto]
Si dice che, normalmente, uno ricordi dai tre anni in poi. Invece io credo che il mio primo ricordo sia anteriore, perché ricordo me piccolissima in braccio a mio padre che sta correndo, che sta andando di corsa. E ricordo che sto guardando verso l’altro [e vedo] un cielo tutto rosso. E se non era un bombardamento quello, con mio padre che correva verso il rifugio, non vedo cos’altro possa essere! E quindi era prima del ’45. Mentre i miei genitori correvano sempre in rifugio, mio nonno e mia nonna se ne fregavano altamente. E una volta mentre mio nonno era in camera da letto che dormiva perché non so che turno avesse fatto, e mia nonna era in cucina che lavava i piatti, e c’era un bombardamento, a un certo punto mia nonna ha sentito un rumore terrificante, è corsa in camera da letto, ha visto tutti calcinacci, tutta polvere, un buco enorme sul pavimento esattamente tra il letto e l’armadio. E mio nonno nel letto che dormiva. Cioè, non dormiva più, chiaramente, si sarà svegliato!
Adriana S.
La guerra... Uh, c’ho ancora i ricordi io, guarda qui. Vedi questa qua? [questa ferita sulla gamba] ... [Leggi tutto]
La guerra... Uh, c’ho ancora i ricordi io, guarda qui. Vedi questa qua? [questa ferita sulla gamba] Questa qua è una scheggia degli Spitfire quando venivano a mitragliarci, perché noi dormivamo dentro negli ultimi siluri che venivano a raccogliere i tedeschi. Dormivamo in mezzo, in mezzo alla corsia e nei fianchi c’era un siluro di qua e uno di là, rimaneva lo spazio in mezzo appena, appena, e noi dormivamo lì per terra. Perché suonava l’allarme e scappavamo nei rifugi, che li hanno bombardati per trentasei giorni per disfarli ma non ce la facevano, perché era roccia viva. E allora chiudevano il portone davanti di acciaio e li bombardavano continuamente, ma non potevano fare niente. E tutta la gente eravamo lì, ma non potevamo né lavarci né niente, andavamo solo in spiaggia, che dal rifugio alla spiaggia c’era come da qui a quella casa là, [era vicino]. E allora abbiamo preso i pidocchi, abbiamo preso la scabbia e allora i tedeschi ci hanno spogliato tutti nudi e ci davano il DDT e andavamo al mare a lavarci. E poi in quei momenti arrivavano gli Spitfire e non guardavano se c’era gente o non gente, mitragliavano e via che andiamo! A me mi ha salvato un vecchietto, perché se no a quest’ora qui non la raccontavo. [Fiume è stata bombardata] tantissimo, uh per carità!
Ilario B.
Io ricordo una notte, non so se era sera inoltrata, che la mamma cuciva una calza e aveva un ago. ... [Leggi tutto]
Io ricordo una notte, non so se era sera inoltrata, che la mamma cuciva una calza e aveva un ago. Dunque, è suonato l’allarme e mi ricordo che come è suonato l’allarme mi ha fatto infilare questa calza con l’ago e faceva correre, mi diceva: corri, corri, corri! Io correvo, e avevo l’ago che mi pungeva nel tallone - e mi ha fatto infezione, dopo - e le dicevo: ma non posso correre! Ma dobbiamo correre, perché suona l’allarme! Ecco, quello lo ricordo: entrare dentro in questo tunnel buio con delle scale... Quelle cose lì non le puoi dimenticare... E magari la nonna che ci tirava, perché eravamo cinque, e uno aveva poco tempo. Poi ricordo anche sempre sotto nel rifugio che c’era la lampadina appesa al filo, e io avevo una sorella, la più vecchia, del ’37, che aveva le trecce, e una volta cercava di attaccare la lampadina e si è bruciata e noi tutti e cinque abbiamo preso la scossa.
Nirvana D.
Mia mamma era venuta a prendermi a scuola, perché era vicino a casa la scuola Gambieri, e correvo, ... [Leggi tutto]
Mia mamma era venuta a prendermi a scuola, perché era vicino a casa la scuola Gambieri, e correvo, correvo che son persino caduta. E abbiamo visto, poco lontano, scoppiare vicino alla fabbrica - delle fabbriche non so di cosa - una bomba. Noi ci siamo coricate per terra, piangevo e non volevo più alzarmi. Piangevo, avevo paura, mi son coperta [il viso] e poco lontano si vedeva il buco - vedesse che roba, me lo ricordo ancora - eppure andavamo a scuola lo stesso. E poi si correva subito in rifugio, non andavi neanche in casa, sentivi tutto tremare. Guarda, è terrificante, non vorrei mai riprovare! Io dicevo a mia mamma: corri, corri, che arrivano gli aerei e buttan giù quelle cose nere! Non è che le vedevo cadere, perché non le buttavano lì, però si vedeva. Vedevo l’incendio, una cosa terrificante!
Fernanda C.
Ah, [ricordo] le bombe, che hanno fatto saltare la Raffineria, che ha bruciato due giorni e due ... [Leggi tutto]
Ah, [ricordo] le bombe, che hanno fatto saltare la Raffineria, che ha bruciato due giorni e due notti, e [c’]era caldo in tutta la città. Bombardavano, passavano. Passava il Martino, l’apparecchio solitario, quello era il Martino, [lo chiamavamo così]. Arriva Martino, arriva Martino! Ed è logico, noi gioventù - io son venuta qui che avevo vent’anni, e durante la guerra ne avevo un po’ di meno- eravamo incoscienti e andavamo nel rifugio dove c’è il Palazzo del Governo. Andavamo lì, portavo la valigetta per la nonna e poi tornavo fuori. Ero incosciente! E ho visto una mia concittadina nella calle che passato l’apparecchio ha mitragliato. [Mitragliavano e bombardavano] perché c’era il porto, perché c’era il silurificio, il cantiere e perciò il mare lo beccavano, sparavano dappertutto, volevano tutto. E Fiume è stata bombardata parecchio, si, si. Io avevo una cartolina, me l’hanno data, e quando ho visto che sopra c’era l’Albergo Quarnero, ho detto: ma dov’è? Non mi ricordavo che l’avevano bombardato. E venivano anche sei o sette [bombe] in fila; ci son quelle singole, ma venivano anche quelle a catena.
Amedea M.
[A Fiume] facevo le [scuole] commerciali, e se suonava l’allarme dovevi entrare in qualsiasi ... [Leggi tutto]
[A Fiume] facevo le [scuole] commerciali, e se suonava l’allarme dovevi entrare in qualsiasi rifugio che trovavi per strada, non è che potevi camminare per strada libero, quindi dove ti trovavi ti trovavi. E ci sono stati [i bombardamenti]: ho visto addirittura un bombardamento dalla finestra della casa, perché ero salita su a chiamare mia mamma, e mi ricordo che ho detto: mamma vieni giù, vieni giù! E mi ricordo che mentre guardo fuori, vedo le bombe che cadono sopra la R.O.M.S.A., che era una raffineria. E quindi un terrore enorme: correvo giù per le scale, ma le scale non erano sotto i miei piedi, perché traballava tutta la casa. Sfuggivano dalle gambe, quindi urlavo e correvo. [Poi ricordo] un’altra cosa: la casa di fronte alla nostra - la casa Balilla - i tedeschi l’han presa come una caserma, e sono entrati lì dentro. E il comandante dei tedeschi prendeva sempre mio fratello, perché era biondissimo, come un tedesco. E lui veniva a prenderlo la mattina - forse gli ricordava suo figlio - e se lo portava dietro, e tutto il giorno lo teneva con lui, e gli dava da mangiare tutto quello che avevano. E mangiava più di noi, perché non c’era da mangiare, e anzi qualche volta portava a casa il bambino e ci dava anche del pane nero, e per noi era molto importante! Un giorno è successo un altro bombardamento, che hanno bombardato proprio quella casa Balilla, e c’era mio fratello lì e noi volevamo impazzire, e invece lui questo comandante è arrivato di corsa, ha portato il bambino e ha detto: è salvo, è salvo, state tranquilli. E ce lo ha riportato a casa. Non c’erano stati dei morti, però [c’erano stati] molti feriti lì in caserma.
Livia B.
[Durante] la guerra c’era i bombardamenti, e mi ricordo che vedevamo tutto sto fuoco, tutto sto ... [Leggi tutto]
[Durante] la guerra c’era i bombardamenti, e mi ricordo che vedevamo tutto sto fuoco, tutto sto incendio: avevano bombardato il silurificio [di Fiume]. E lì era il terrore: [dopo] non c’era più niente, distrutto tutto! Io ero talmente terrorizzato che mia madre mi ha messo la testa in mezzo alle gambe perché lo spostamento [d’aria] mi sembrava che mi portasse via, e allora mia mamma mi ha portato poi a Gonars da mio nonno, nel Friuli. E lì stavo bene, perché [erano] contadini, c’era da mangiare
Franco S.
Fiume era una città che volevano bombardare per il cantiere navale, e non potevi andare dal mare, ... [Leggi tutto]
Fiume era una città che volevano bombardare per il cantiere navale, e non potevi andare dal mare, perché avevi la montagna: su c’era la montagna e sotto avevi il cantiere e il silurificio per bombardarlo. Perciò tutti i giorni c’era un raid aereo. [Ma nella montagna] c’erano i migliori rifugi, perché era tutta roccia, erano i migliori rifugi che avevamo, perché era tutto interrato nella roccia e come suonava l’allarme [si andava là dentro]. Difatti la nostra casa era proprio sopra il cantiere navale e sopra il silurificio e serviva da mirino: gli ultimi giorni di guerra gli inglesi l’han fatta saltare! L’han fatta saltare: mio padre si è salvato perché lavorava, e noi perché eravamo in rifugio.[Comunque Fiume] è stata bombardata continuamente, era una città molto importante. C’erano tante cose: il cantiere navale, la raffineria, il silurificio Whithead che è uno dei migliori in assoluto al mondo.
Giuliano K.

Parenzo

Eh, le bombe... Delle bombe mi ricordo che scappavo nei rifugi: si scappava per la maggior parte ... [Leggi tutto]
Eh, le bombe... Delle bombe mi ricordo che scappavo nei rifugi: si scappava per la maggior parte nelle pinete, che lì a Parenzo ci sono tanti pini. La maggior parte veniva al mattino, bombardavano al mattino. E allora noi si scappava nelle pinete: uno si metteva sotto i pini, così che eri nascosto. Bombardavano le navi che erano in porto: c’erano tre navi grosse a Parenzo, che portavano la terra in Germania; bauxite si chiama, bauxite. Una terra che poi portavano là in Germania ed estraevano fuori alluminio. Una terra che è molto ricca di alluminio, la portavano in Germania e lì facevano alluminio. [Parenzo è stata bombardata] parecchio, mannaggia! Tutta la città storica vicino al mare. Ci sono ancora oggi palazzi diroccati.
Renato L.

Pisino

Io mi ricordo i bombardamenti, che scappavamo nei rifugi, che i rifugi erano un ponte, e avevano ... [Leggi tutto]
Io mi ricordo i bombardamenti, che scappavamo nei rifugi, che i rifugi erano un ponte, e avevano chiuso i due ingressi con delle tavole, delle piante, dei rami. E poi noi passavamo le notti, soprattutto le notti: avevamo delle candele, cioè non candele, [ma] quelle cose tipo spiritiera che si usavano una volta per la luce, e si usavano quelle di notte, all’interno, perché erano chiuse le due entrate. Per cui si poteva anche accendere, tante volte anche di giorno. E io mi ricordo anche che mio padre aveva scavato una specie di rifugio...Noi eravamo vicini alla collina, che c’era una pineta, e mio padre di giorno quando terminava il lavoro andava a scavare. Però ci siamo andati poche volte, perché era troppo piccolo! Potevamo stare solo noi come famiglia, e poi non c’era una chiusura, non c’era nulla. Era solo un buco scavato, per cui siamo andati una volta o due e poi non siamo più andati. E invece lì sotto al ponte era pieno di persone, [perché a Pisino] hanno bombardato parecchio, e fino a pochi anni fa c’erano ancora [i segni].
Adriana S.

Pola

Per quanto riguarda la guerra [e i] bombardamenti di Pola, ricordo che suonavano le sirene, e noi ... [Leggi tutto]
Per quanto riguarda la guerra [e i] bombardamenti di Pola, ricordo che suonavano le sirene, e noi di notte, piena, andavamo in campagna, caricavamo tutta la nostra famiglia sul carro trainato dagli asini e andavamo a ripararci e sa dove? Sotto gli ulivi, ma roba da matti! Sotto gli ulivi a tre o quattro chilometri di distanza dal paese, proprio per evitare magari che coi bombardamenti non rimanessimo sotto. Ecco, e ricordo proprio quelle notti lì, vicino alle masiere, e noi eravamo lì al riparo, come se le fronde degli ulivi ci facessero da tetto! E io ricordo ancora adesso queste palle di fuoco che, non so da dove, andavano a finire a Pola, e poi [ricordo] anche gli aerei che ronzavano e andavano a bombardare Pola. Questo ricordo durante la guerra.
Luigi D.
Lì [a Pola] era guerra completa, eh! Questi giorni del terremoto [a L’Aquila], mi sembra di vedere ... [Leggi tutto]
Lì [a Pola] era guerra completa, eh! Questi giorni del terremoto [a L’Aquila], mi sembra di vedere Pola quando bombardavano! Io rimango un po’ freddo a vedere [quelle immagini], perché io l’ho passato! Anche perché noi si stava in periferia, leggermente in collina. E allora noi lì avevamo un grosso rifugio sotto la collina. Sopra la collina c’era una pineta, e lì c’era tutto l’accampamento tedesco: cucine, cannoni, magazzini. E allora lì bombardavano, e lì da noi han buttato giù quasi tutto! Lì da noi andavi in rifugio, e quando uscivi non sapevi se trovavi la casa, eh! C’era proprio quel terrore.
Franco D.
Avevamo un rifugio a duecento metri, e ogni volta che vedevamo i bombardamenti, [vedevamo] i ... [Leggi tutto]
Avevamo un rifugio a duecento metri, e ogni volta che vedevamo i bombardamenti, [vedevamo] i bengala che illuminavano la città. Noi scappavamo giù per [una] discesa, e dopo duecento metri sulla destra c’era il rifugio. Tutto scavato nella terra d’Istria, era un rifugio coi fiocchi! Non ci è mai successo niente. Ed era sempre pieno di truppe tedesche dentro che si rifugiavano anche loro. E io mi ricordo che quando dormivo mi mettevano sopra questi zaini dei tedeschi, e sentivo questo odore pungente del cuoio, mi ricordo questo. Una volta che siamo corsi nel rifugio, era successo un diverbio tra un soldato semplice e un ufficiale tedesco: uno ha tirato fuori la baionetta e si è sentito un urlo! Fuori dal rifugio, me lo ricordo ancora adesso.
Bruno D.
[Mi ricordo] dei bombardamenti, e mi ricordo quelle agitazioni. Anche perché io sono nato sotto un ... [Leggi tutto]
[Mi ricordo] dei bombardamenti, e mi ricordo quelle agitazioni. Anche perché io sono nato sotto un bombardamento: mia mamma stava scappando da Siana per andare a Scoglio Olivi dove c’erano i rifugi, e davanti all’ammiragliato che era in riva, una bomba è scoppiata lì in mare e mia mamma è caduta e l’anno ricoverata all’ospedale dell’Ammiragliato e io sono nato lì quel giorno. Il 19 luglio del 1943 c’è stato un bombardamento a Pola, perciò mi ricordo quello. Io posso poi ricordarmi, perché mi è rimasto in un angolo del cervello, un cassettino, qualcosa dell’agitazione [che accompagnava i momenti in cui la città era bombardata], ma niente di più: [ad esempio] mi ricordo che correvo con mia sorella in mezzo alle rovine, questo si, che poi mia sorella è caduta e si è rovinata il braccio con un collo di bottiglia rotto.
Franco V.
[Ricordo] il primo [bombardamento a Pola]: c’erano settanta e quanti morti quel giorno! La prima ... [Leggi tutto]
[Ricordo] il primo [bombardamento a Pola]: c’erano settanta e quanti morti quel giorno! La prima [cosa] che mi ricordo è che mio suocero era custode al Cantiere Venezia Giulia. E alle due del pomeriggio suona l’allarme. Io ero in Siana, figuriamoci, c’era un bel sole, era caduta la prima neve. Era nel ’45. E hanno mitragliato al Cantiere Venezia Giulia che era alle Baracche [rione popolare di Pola] , e lì hanno ucciso otto uomini. E tra questi c’era anche mio suocero. E mi ricordo sempre, che non è venuta mia suocera a dirmelo, [ma] è venuta una sorella di mio suocero che abitava lì in città. E [mi] dice: guarda che io non ho detto neanche niente a tua suocera, perché non ho coraggio, vai tu. Credeva che io fossi abbastanza in gamba di andare da mia suocera. Eh ben, allora sono andata da mia suocera. Ma era abbastanza coraggiosa quel giorno, ero più spaventata io che lei! Mia suocera mi ha detto: ti ringrazio e penseremo anche a seppellirlo. E a tutto questo ho poi dovuto pensarci io. E sa quanti giorni non ho dormito solo per quella cosa? Per tre o quattro giorni tremavo de note, tremavo e non dormivo più!
Gina R.
Vicino al cantiere Scoglio Olivi, c’è proprio una salita che è di roccia, e sotto è tutta scavata, ... [Leggi tutto]
Vicino al cantiere Scoglio Olivi, c’è proprio una salita che è di roccia, e sotto è tutta scavata, è tutto grotta, che poi dopo gli jugoslavi han fatto degli orti dove mettere le mele. Erano tutti bunker, e andavano lì. E se bombardavano Pola non succedeva niente, perché erano dentro i rifugi. C’era una roccia che era sei o sette metri, non le facevano niente. Pola è stata bombardata dagli americani e dagli inglesi, ma gli aerei che han buttato giù i tedeschi! Madonna! Più gli inglesi venivano, e [più] buttavano giù gli apparecchi, e allora i piloti si lanciavano col paracadute e andavano a prendere la seta del paracadute per farci le magliettine e le camicette. E al pilota non gli facevano niente: mi dicevano che quando cadevano giù, i tedeschi andavano là, gli facevano il saluto militare, si facevano dare la pistola, gli davano la mano e li trattavano bene. Erano militari con militari.
Giulio R.
Madonna le bombe! Io andavo [vicino] al cantiere navale a scuola a Pola e in un bombardamento siamo ... [Leggi tutto]
Madonna le bombe! Io andavo [vicino] al cantiere navale a scuola a Pola e in un bombardamento siamo scappati tutti in un rifugio: c’era un montagna grossa, tutta vuota sotto e allora siamo scappati là.
Bepi T.
Il vero impatto [con la guerra] avvenne nel gennaio del ’44, quando Pola fu bombardata per la prima ... [Leggi tutto]
Il vero impatto [con la guerra] avvenne nel gennaio del ’44, quando Pola fu bombardata per la prima volta. Oh, capirai, quando si bombarda una città con quelle bombe, con quegli scoppi, con quel disastro, anche un bambino - e, io avevo la bellezza di undici anni quella volta - se le ricorda le cose. Io proprio in quel giorno, era domenica, mi pare l’11 gennaio del 1944 [in realtà il primo bombardamento a Pola è stato domenica 9 gennaio 1944]... Mio padre era pescatore, e io aiutavo mio padre a pescare. Lui c’aveva una batana sua di quattro metri, a remi, e io una piccola barchetta di si e no un metro e mezzo due, e siamo andati a pescare, quel giorno, domenica, in mezzo al porto, accanto all’isola di fronte a Scoglio Olivi. E là mi ricordo che ci siamo legati alle ancore già la mattina alle sette e mezza. Stranamente - il tempo era un po’ annuvolato - il pesce non mangiava, in nessun modo, né di qua né di là; e mio padre si è spostato parecchie volte. Io avevo il compito di prendere la togna - cosiddetta, la lenza - legarla sul remo e portarla a una cera distanza - trenta o quaranta metri - dalla sua barca, e poi gettarla in mare e tornare a prendere quell’altra. Si dice: portar le togne in fora, cioè stendere le lenze in mare. E a un certo punto - verso le 11,20, mi pare - dalla direzione della stazione ferroviaria, cioè dal nord verso sud, sentimmo un certo rumore. Mio padre, per fortuna, si era slegato, per cambiar posto, per cercare il pesce da qualche altra parte, e si vogava lentamente per cercare un altro posto. A quell’ora sentimmo un rumore e arrivò il primo stormo di aerei, e incominciò. Le prime due bombe le aveva già sganciate su Fasana - perché pare che da Fasana ci sia stata qualche mitraglia che abbia tentato di mitragliare le formazioni aeree - e poi a tappeto ha incominciato a bombardare la stazione ferroviaria, il cantiere e venivano incontro a noi. Andavano fino a fuori, poi hanno fatto il giro e son tornati una seconda volta a scaricare le bombe. Tre giri, hanno fatto, tre giri e tre bombardamenti, con la stessa squadriglia. Mio padre mi ha gridato: corri, corri, corriamo sull’isola a ripararci, per non restare in mare. E lui, con la forza che aveva, ci è arrivato in due e due quattro. Io, affascinato dallo spettacolo, con queste bombe che cadevano più in mare che sulla terra - perché c’era più mare che terra intorno a me - e ste colonne d’acqua che si levavano a un’altezza di venti-trenta metri, per me era uno spettacolo favoloso! Io, semplicemente, mi son messo là a sedere sulla barchetta, e mi son messo a guardare lo spettacolo. Mio padre era già sparito, già sull’isola. E li ho contati, erano centotrentasette, gli aerei. La prima volta non mi riuscì perché neanche pensavo di contarli, ma la seconda quando son tornati ho detto aspetta che li conto, e la terza volta ho controllato: erano centotrentasette. Poi con la barchetta sono andato sull’isola, e là ho trovato mio padre con un tedesco che stavano accucciati in un piccolo rifugio aspettando che finisse il bombardamento. Ecco, questo è il primo ricordo della guerra.
Claudio D.
I bombardamenti... Mi ricordo che andavamo sempre di corsa: io penso che sono diventato un ... [Leggi tutto]
I bombardamenti... Mi ricordo che andavamo sempre di corsa: io penso che sono diventato un calciatore perché ero sempre di corsa, si correva sempre per andare nei rifugio! [Pola] è stata molto bombardata: si diceva allora che dopo Taranto [c’]era Pola, perché Pola era il bacino dove andavano tutte le navi da guerra, perché c’era anche l’Arsenale di guerra. [A] Pola c’era l’Arsenale, c’era [il cantiere] di Scoglio Olivi, che adesso si chiama Uljanik mi sembra, e poi sempre nel porto, quando si entra nel porto, c’era la Fabbrica dei Siluri e la Fabbrica Lucchetti e poi c’era anche il Mulino, che faceva la farina e quella roba lì. A me le bombe poi hanno colpito molto, perché le prime bombe che son cadute, mi han distrutto la casa e la scuola.
Luigi B.
Mi ricordo del fumo nero e mi ricordo che scappavamo nei rifugi, che poi erano delle cantine vicino ... [Leggi tutto]
Mi ricordo del fumo nero e mi ricordo che scappavamo nei rifugi, che poi erano delle cantine vicino a casa nostra: c’era chi aveva la cantina e noi ci mettevamo lì dentro. Mi ricordo di aerei che cadevano, dei traccianti di notte. Poi a un certo punto non correvamo neanche più, tanto che mia madre faceva mettere me e mia sorella in cucina sotto il tavolo e stavamo lì. C’era l’oscuramento, non c’era la luce, e quando si accendeva avevamo tutte le finestre coperte con della carta o degli stracci. E mia madre ci faceva stare a casa coi bombardamenti, me li ricordo. Mi ricordo che erano tanti, e che c’era un continuo via vai di aerei con sti rumori di aerei carichi e pesanti che poi sganciavano bombe o passavano sopra la testa per andare oltre...Ho visto cadere tanti aerei durante il giorno. Per noi era non dico [un] divertimento, ma quasi: avevamo sei o sette anni e non ci si rendeva conto di quello che era. Io vivevo con mio cugino che ha un anno più di me, ed eravamo quasi sempre insieme. Poi della guerra mi ricordo ste case rotte, ste case bombardate. Mi ricordo anche quando ero all’asilo, che lì tante volte ci facevano andare sotto i rifugi, e mi ricordo calcinacci, coppi, mezze case che cadevano. Noi eravamo sotto e da un abbaino a livello strada si vedevano queste cose.
Gianfranco M.
Ah, guardi, le bombe! Il primo bombardamento [a Pola] è stato fatto il 9 gennaio del ’44. Stavo ... [Leggi tutto]
Ah, guardi, le bombe! Il primo bombardamento [a Pola] è stato fatto il 9 gennaio del ’44. Stavo studiando, mi ricordo che ero con le ginocchia sulla sedia e i libri sul tavolo. Era di domenica, stavo studiando, perché non si andava in rifugio quella volta. Perché non si andava, erano pochi quelli che ci andavano. Perché , oltretutto, [gli aerei] li vedevamo sempre passare, perché andavano in Austria e in Germania, poi passavano sopra Fiume, facevano noi e tornavano indietro. E al mattino si vedeva sti affarini di argento in cielo quando era sereno, e di notte poi si sentivano sti rumori... E non si erano mai fermati, ed eravamo forse convinti che non sarebbe mai successo. Invece il 9 gennaio del ’44, quando hanno incominciato a bombardare... Infatti una bomba è caduta a cento metri da casa nostra, che c’era una fonderia, ma quella l’han presa per sbaglio. Invece l’Arsenale, Scoglio Olivi, lì han fatto proprio disastri, ci son stati cento e più morti e la gente è scappata. E noi [il rifugio] l’avevamo abbastanza vicino, perché c’era il forte di San Michele e sotto c’era il rifugio. E dopo abbiam cominciato ad andare. E dopo - il 22 di gennaio - c’è stato subito l’altro [bombardamento] e poi c’è ne sono stati venticinque, anzi ventidue in tutto!
Maria G.
[A Pola] c’erano tanti rifugi, e molto sicuri: non è mai capitato che siano crollati o che si sia ... [Leggi tutto]
[A Pola] c’erano tanti rifugi, e molto sicuri: non è mai capitato che siano crollati o che si sia chiusa l’entrata, mai niente. Solo che, arrivarci! Davanti all’Arsenale, davanti ai cantieri c’era una collina, e questi rifugi sono stati fatti tutti sotto, ma è tutto roccia, tutto roccia. [Ogni rifugio] aveva tante uscite e tante entrate per agevolare la gente. Una volta sola sono riusciti a bombardare l’entrata di un rifugio che sta in via Carrara , proprio in centro di Pola: [c’era] la gente che aspettava per entrare, c’era un po’ di folla, e lì son morti due o tre. [Pola] è stata bombardata tanto. Il più miravano sulla polveriera e sui cantieri, però seminavano dappertutto. Un corpus domini, mi ricordo, - noi il corpus domini andavamo alla benedizione del mare - eravamo tutti contenti e dopo pranzo andavamo alla benedizione del mare. Invece a mezzogiorno non suonavano più le campane, facevano un tiro di cannone al cantiere, e in quel momento hanno cominciato a suonare tutto assieme: il tiro di cannone al cantiere, le sirene per l’allarme e le bombe che fischiavano. La gente era tutta nelle case, nessuno nel rifugio, perché di solito suonava il preallarme e quando li vedevano [l’allarme]. C’era il preallarme perché così i bambini e gli anziani incominciavano ad andare verso i rifugi, perché tra un po’ c’è l’allarme. E invece quel giorno è successo che ha fischiato tutto assieme, e hanno bombardato tutto a tappeto. Era il 1944, e il primo bombardamento a Pola è stato il 1° gennaio 1944. Che [gli aerei] luccicavano, e sembravano uccelli d’argento, quando luccicavano così. E quando cominciavano a fischiare le bombe, che non sai dove andare... Quel corpus domini han fatto un macello!
Maria Mn.
Beh, qualche cosa è stata colpita, dalle granate qualche cosa è stata [colpita], è toccato anche a ... [Leggi tutto]
Beh, qualche cosa è stata colpita, dalle granate qualche cosa è stata [colpita], è toccato anche a Dignano. Adesso non ricordo dove, però è stata toccata anche Dignano. E noi [a Dignano] sotto il tavolo ci mettevamo, non avevamo rifugi. [Ricordo invece i bombardamenti di Pola]: m i ricordo che ero a Sant’Antonio da mia nonna che andavo in bicicletta, e ho sentito sti apparecchi, un rumore! Proprio li sentivi e ho visto proprio che scendevano le bombe: io da Sant’Antonio vedevo proprio gli apparecchi che buttavano giù le bombe su Pola. Mi misi sotto un tavolo dalla mia nonna!
Olivia M.
Io il primo ricordo della guerra, mi ricordo mia mamma che mia ha presa quando hanno bombardato ... [Leggi tutto]
Io il primo ricordo della guerra, mi ricordo mia mamma che mia ha presa quando hanno bombardato Pola. Prima di arrivare [in città], quando arriva a Monte Grande, lì c’era [una] zona militare, si chiama Musil, e lì c’era tutto armi. E allora mi ricordo mia mamma che mi ha alzata - e ancora vedo sta trapunta - mi ha coperto e si scappava nei rifugi. E mio papà le ha detto: no Maria, mi se moro moro in letto! Mi non me movo de casa! E infatti hanno bombardato: a Dignano si son scheggiate diverse case, si son rotti tanti vetri, quelli che erano sui portoni, non sono cadute delle case, ma delle schegge son arrivate fino a Dignano. Mi ricordo quello, che mi ha coperto e siamo scappati in un rifugio.
Anita B.
Mio papà e mio zio avevano fatto un bunker. Avevamo un grande orto, e lo avevano fatto nell’orto, ... [Leggi tutto]
Mio papà e mio zio avevano fatto un bunker. Avevamo un grande orto, e lo avevano fatto nell’orto, lì. Che quando arrivavano gli aeroplani che andavano a bombardare, si sentiva fino da Ancona quando bombardavano! Che noi andavamo sotto lì, mettevamo un po’ di fascine e quando cessava l’allarme uscivamo. Dignano non l’han bombardata, ma Pola si. Uh, Pola! Perché c’era l’Arsenale, la Marina, c’era un mare di cose.
Maria D.
Io ne ho fatta guerra! A quattordici anni sono andato via da Valle e sono andato a Pola. Sono ... [Leggi tutto]
Io ne ho fatta guerra! A quattordici anni sono andato via da Valle e sono andato a Pola. Sono andato nei pompieri, ho trovato lavoro lì. E, insomma, in tempo di guerra ho fatto tutta la guerra raccogliendo feriti, morti e portarli via, perché i pompieri avevano quel lavoro lì, quando [c’]era un bombardamento il pompiere aveva quel lavoro lì. E ricordo tutte quelle cose lì. Pola è stata bombardata benissimo, e noi quando cessava l’allarme si andava. O anche quando era il tempo dell’allarme che bisognava gestire i rifugi, cioè davanti all’imbocco dei rifugi mandare dentro la gente per non fare complotto capannelli] fuori. E tutto lì, non è che sia un granchè. Io poi ero giovanissimo - avevo quattordici-quindici anni - e non è che [mi interessavo]... Pola comunque è stata infestata bene [dalle bombe]. Tutta distrutta era Pola, anche nelle periferie: per sbaglio hanno bombardato una periferia, che c’era tanta di quella gente morta!
Pietro S.
Valle no, [non è stata bombardata]. Pola si, porca miseria! Passavano già a bassa quota, venti o ... [Leggi tutto]
Valle no, [non è stata bombardata]. Pola si, porca miseria! Passavano già a bassa quota, venti o trenta per volta. E poi si sentivano già da lontano, perché venti o trenta aeroplani che passano non tanto alti, perché lì in paese non c’era le artiglierie, e dovevano arrivare fino a Pola. E poi lì [a Pola] si vedeva per aria scoppiare aeroplani, bombe che esplodono. Si vedeva proprio la vera guerra!
Giovanni R.
Il primo bombardamento di Pola... Per fortuna son venuti di domenica: gli scolari erano a casa, gli ... [Leggi tutto]
Il primo bombardamento di Pola... Per fortuna son venuti di domenica: gli scolari erano a casa, gli operai erano a casa, per cui si, ci sono stati morti ma non eccessivi. Si, ci sono stati bombardamenti. Ma noi per fortuna sotto i colli - tutta roccia - avevamo le gallerie, e più che qualche sassolino non arrivava.
Otello S.

Rovigno

Mi ricordo che cominciavano a bombardare Pola e Trieste. Qualche volta sono arrivate anche a ... [Leggi tutto]
Mi ricordo che cominciavano a bombardare Pola e Trieste. Qualche volta sono arrivate anche a Rovigno qualche bomba [e c’era] molta paura: suonava l’allarme e tutti si scappava in campagna, che magari quello [l’aereo] poteva abbassarsi e mitragliare, ed era peggio che stare a casa. Nelle grandi città io non c’ero, però sappiamo tutti quello che è successo, perché ci sono stati morti a migliaia. Ma nel mio paese che io ricordo, due o tre [sono morti], buttavano degli spezzoni e. fatalità ha voluto che sono morti. Però Rovigno non è stata tanto bombardata, no, no. Il nostro rifugio era andare sotto la chiesa, dicevamo: andiamo a monte, che c’era una pineta e stavamo lì. E per noi ragazze, che avevamo diciotto o diciannove anni, l’avevamo presa un po’ da ridere, i nostri genitori magari no, [ma noi si].
Gina P.

Veglia

[A Veglia] avevano bombardato: c’era gli apparecchi quando c’erano i tedeschi. E avevano bombardato ... [Leggi tutto]
[A Veglia] avevano bombardato: c’era gli apparecchi quando c’erano i tedeschi. E avevano bombardato addirittura la chiesa e il vescovado. C’era una chiesa, San Quirino, che era nel centro del paese, vicino al vescovado dove c’era il vescovo, e sulla parte c’erano - mi ricordo - due o tre fori, grossi. Non so se volevano bombardare il vescovado o cosa... E questo qua era nel periodo di quando c’erano i tedeschi, perché doveva essere dopo il ’43. C’era quello, e poi al mattino c’era la visita: quando c’erano i tedeschi, al mattino a una certa ora passavano gli apparecchi e allora c’era un po’ di paura. Facevano la visita, il giretto di ricognizione: c’era uno o due apparecchi che facevano il giro e magari mitragliavano un pochettino dove c’era la caserma, dove c’erano i tedeschi, magari gli davano una ripassatina! Di dove partissero non lo so, però passavano. [A Veglia] non c’erano rifugi. Andavamo magari in uno scantinato, oppure se era di giorno, quando suonavano le campane, si scappava verso le strade esterne del paese, però... D’ogni modo quando avevano bombardato che avevano preso la chiesa - dove avessero intenzione di bombardare non lo so - sono arrivate delle schegge fino in piazza, da noi. In piazza c’era qualche scheggia di bomba, e pertanto era un po’ pericoloso. E allora lì tagliavamo la corda, i giovani scappavano più che potevano, si cercavano di mettere [al sicuro], come se fosse una sicurezza andare sotto un albero! Era un pochettino, non lo so, un’utopia!
Mario M.

Zara

Zara è stata [colpita] da sessanta bombardamenti, ha saputo di come si sono svolte le cose. Adesso ... [Leggi tutto]
Zara è stata [colpita] da sessanta bombardamenti, ha saputo di come si sono svolte le cose. Adesso si dice dell’accordo di Tito con gli alleati, che a Zara c’erano un’entità di fascisti, tedeschi e italiani, mentre in realtà sembrava ci fossero sessanta militari tedeschi in città. Ma avevano già in mente la pulizia etnica, e di conseguenza [volevano anche] cambiare la città delle vestigia del passato, romana, poi Venezia e poi l’Austria. E allora ci sono stati questi bombardamenti. Noi [però], durante i bombardamenti siamo stati sfollati a San Benedetto del Tronto e pertanto non abbiamo subito proprio i bombardamenti. Ma mio papà è rimasto a Zara e i bombardamenti c’erano, e questo lo può anche vedere nel libro ...E vennero dal cielo, cha ha appunto descritto tutti questi drammi della situazione della guerra.
Rino P.
Zara è stata una città che ha subito un tentativo di cancellazione di italianità, voluta dalle ... [Leggi tutto]
Zara è stata una città che ha subito un tentativo di cancellazione di italianità, voluta dalle ambizioni di chi stava per conquistare il potere in Italia, d’accordo con le truppe di Tito. E questo è stato gravissimo, perché noi abbiam visto insieme ai Mitchell e a tutti gli altri bombardieri che han bombardato Zara, anche bombardieri italiani. Almeno, nella prima parte si erano rifiutati, poi alcuni son stati minacciati e sono venuti a bombardare Zara, son venuti a bombardare i loro fratelli. Abbiamo avuto circa 2.000 morti, 900 tonnellate di bombe e cinquantaquattro bombardamenti, nel raggio di un chilometro quadrato di territorio. E quindi è stata difficile per tutti, ma lì, veramente abbiam subito. Gli americani, come dire, sono stati inconsapevoli esecutori di questa mattanza, perché venivano informati sia dai nostri partigiani che dai titini diversamente da come stavano le cose. A Zara non ci sono mai stati più di tre - quattrocento tedeschi. Quando è stata conquistata trecento tedeschi, poi il massimo sono arrivati a settecento. Dobbiam fare questo discorso perché è importantissimo per capire. Si diceva che era un grande centro di smistamento, che Zara era un centro di rifornimento per le truppe tedesche. Non è vero niente! Non c’era la ferrovia, non c’erano strade praticabili per mezzi né corazzati, camion e queste cose qui. All’interno non c’era niente, quindi era difficilissimo e rischioso qualsiasi tentativo di rifornire verso l’interno. Il porto era in grado di ospitare qualche nave di piccolo tonnellaggio: le torpediniere che sono sotto le mille tonnellate e basta. Invece cosa aveva Zara che faceva paura a Tito? L’italianità. Lui voleva cancellare proprio l’italianità, perché era quella che era considerata la più italiana delle città, quella che aveva il marchio di italianità più vistoso.
Sergio V.
Durante la guerra a scuola con noi, quelli che avevano i parenti in Croazia, sapevano quando ... [Leggi tutto]
Durante la guerra a scuola con noi, quelli che avevano i parenti in Croazia, sapevano quando venivano gli inglesi a bombardare. Il giorno prima i genitori venivano e li portavano via, erano avvisati dai partigiani di Tito, che dicevano: togliete i vostri figli da là perché domani bombardiamo. Questo è importante, capisce? Il figlio del padrone di casa mia, il 28 novembre 1943, che era san Simeone e c’era le giostre, il padre gli ha detto di non andare in città [quel giorno]. Il ragazzo è venuto [lo stesso] e una bomba gli è caduta vicino e gli ha tagliato una gamba. Perciò il padre sapeva, glielo aveva detto, ma lui è andato lo stesso. Erano avvisati i croati, ma loro a noi non lo dicevano, era la guerra. Ma sa perché lo sapevano? Perché il maresciallo Tito, alleato degli inglesi e degli americani e dei russi, diceva che Zara era piena di militari, tremila militari. Bene, ci saranno stati duecentocinquanta militari, non c’era un deposito di armi! Lui dava gli ordini e gli inglesi lo ascoltavano e ci hanno distrutto. Ma era tutto solo per distruggere l’italianità, solo per quello.
Walter
Il primo bombardamento che è successo a Zara, l’han fatto il 2 di novembre del ’43. Il 2 di ... [Leggi tutto]
Il primo bombardamento che è successo a Zara, l’han fatto il 2 di novembre del ’43. Il 2 di novembre... Cioè, la data. Perché se andiamo a vedere i bombardamenti di Zara, son tutte date vicine alle festività, vicino alle ricorrenze: qualcuno lo faceva proprio con un pensiero macabro! Il 2 di novembre vieni a bombardare di notte, una roba da terrorizzare la gente! Siamo andati poi in un rifugio, fuori, che siamo stati lì, e mi è venuta perfino la febbre a quaranta per la paura! Ma, tutto in una volta, vedere illuminato tutto quanto: noi quella volta eravamo ignoranti di queste cose, si ignorava e dicevamo ma cosa è successo? Il mondo ha preso fuoco. E mio padre che era tornato a casa dice: no, no, tra un po’ arriveranno a bombardare, è meglio che andiamo nei paraschegge. Mezz’ora dopo, nemmeno, hanno bombardato un paio d’ore, c’è stato il primo bombardamento, il primo impatto con la guerra che mi ha lasciato dei segni. Poi dopo tutti gli altri bombardamenti, perché io ne ho subiti cinquantaquattro, io sono andato via da Zara il 30 di ottobre 1944, alla fine proprio, ma questo è quello che mi ha lasciato proprio un segno, che mi ha segnato per tutta la vita. Io guarda che fino agli anni Settanta - ero sposato e avevo già due figli -, quando sentivo l’apparecchio che passa sopra i dieci mila metro che fanno quel rumore, mi sembrava le fortezze volanti che arrivavano, e mi veniva di istinto di alzare la testa. Ed è difficile cancellarla dalla testa questa cosa qui, eh! [Zara] cinquantaquattro volte è stata bombardata, tra bombardamenti e mitragliamenti. Eran sempre lì sopra, e non ho capito - forse non ha ancora capito nessuno e forse un giorno si capirà perché questa è materia da studiare e qualcuno lo dirà un giorno o l’altro - perché bombardavano, quale era lo scopo. Se era politica, che poi abbiamo capito cosa è successo: tagliare fuori l’italianità da quella parte là per avere poi le trattative più vantaggiose e più favorevoli.
Antonio V.
Io ricordo i bombardamenti di Zara, anche perché se lei vede le foto, vede che Zara era distrutta ... [Leggi tutto]
Io ricordo i bombardamenti di Zara, anche perché se lei vede le foto, vede che Zara era distrutta come Dresda, è la seconda città più distrutta in Europa con Dresda. E allora io mi ricordo delle bombe attorno alla nostra casa, che noi vivevamo in riva al mare e naturalmente tanta gente veniva a rifugiarsi nelle nostre cantine, anche perché mio papà, nella strada che andava proprio in riva al mare, dove c’era la colonia agricola dei ragazzi che venivano a fare il bagno, aveva fatto - proprio sotto la strada - un bunker dove noi scappavamo sempre sotto i bombardamenti. [Poi] mi ricordo le fosse attorno alla nostra casa, che mio fratello aveva quattro o cinque schegge in testa, quello mi ricordo. Le fosse scavate dalle bombe, quello mi ricordo. Poi mi ricordo [una] mia zia, che era il giorno di ferragosto e noi siamo andati tutti alla fiera della Madonna del 15 [agosto], proprio nella loro zona, e c’era un mio cugino, Romano, che lui era del ’36 quindi aveva qualche anno più di me. Mi ricordo che piangevano tutti e che mia mamma diceva che questo mio cugino non si trovava: poi l’hanno trovato appeso ad un albero senza testa. E questo mi ricordo come [se fosse] adesso, ma ricordo anche che i miei piangevano, piangevano tutti - io non l’ho visto - per sto ragazzo, capisce? Ecco, quello mi ricordo: è esplosa una bomba, lo ha scaraventato dietro a una pianta ed è rimasto senza testa.
Alma M.
Io della guerra ricordo i bombardamenti perché li ho subiti quasi tutti: cinquantaquattro - ... [Leggi tutto]
Io della guerra ricordo i bombardamenti perché li ho subiti quasi tutti: cinquantaquattro - cinquantacinque bombardamenti. Bombardavano tutti i giorni, perché quando andavano a bombardare Berlino, quando gli avanzava un po’ di bombe le buttavano sulla nostra città. Noi abbiamo avuto duemila- tremila morti per i bombardamenti. E quello che ricordo della guerra sono i bombardamenti, tremendi. Che c’erano dei rifugi e noi andavamo in cantina; una volta sono rimasto sotto un palazzo di quattro piani, ma ci siam salvati, son venuti quelli dell’UNPA a salvarci. Invece i due rifugi erano fatti come una piccola metropolitana, un buco con il cemento armato e una bomba li ha schiacciati. Tremendo.
Walter
[I bombardamenti] me li ricordo tutti. Eravamo in rifugio, e mi è rimasto impresso che mia madre mi ... [Leggi tutto]
[I bombardamenti] me li ricordo tutti. Eravamo in rifugio, e mi è rimasto impresso che mia madre mi ha messo il grembiule davanti [agli occhi] - io ero piccola - [perché ] vedevo sull’albero, davanti a me piedi, gambe e tutto che volavano [in aria] per i bombardamenti. Poi io avevo due amiche che erano senza gambe, che quando c’era la guerra gliele avevano portate via [amputate] perchè i bombardamenti le avevano portato via i piedi. [Poi mi ricordo la città che] era proprio distrutta, era proprio terra, terra: Zara era tanto, tanto distrutta.
Adua Liberata P.
Noi eravamo abituati ad essere bombardati, perché i cinquantaquattro bombardamenti erano ... [Leggi tutto]
Noi eravamo abituati ad essere bombardati, perché i cinquantaquattro bombardamenti erano bombardamenti a tappeto eseguiti da quaranta bombardieri che bombardavano a tappeto una piccola zona, ma bombardavano tutti i giorni. Tutti i giorni passavano dei ricognitori che mitragliavano e sparavano su tutto. Gli americani sparavano su tutto quello che si muoveva, se ne fregavano che fossero bambini o altro, e poi gettavano spezzoni e roba così, piccole bombette che non facevano paura neanche nei paraschegge provvisori che avevamo costruito. C’era gente che si ficcava dentro a un bidone di quelli del catrame, magari infilato in un muretto; quei muretti che in croato si chiamano muzire, muretti. Fatti di pietre, ricavate dalla bonifica dei campi, perché i campi sono un po’ come il Carso, tutti piene di pietre. Raccogliendole, bonificando il campo. E quindi infilavano questi bidoni e si ficcavano lì dentro. Ma se fosse caduta una bomba di una tonnellata certamente non sarebbe rimasta neanche l’ombra di quella persona. Ecco, succedeva questo: quei bombardamenti dei ricognitori e le mitragliate, avvenivano sempre al mattino. Al mattino presto e sempre alla solita ora. Facevano le ricognizioni... E a Zara li chiamavamo le mlekaritze, che erano le lattaie che portavano il latte porta a porta. Le mlekaritze, in croato.
Sergio V.
[Zara] era una città che fumava. Fumante, piena di macerie. Noi, durante i bombardamenti, stavamo ... [Leggi tutto]
[Zara] era una città che fumava. Fumante, piena di macerie. Noi, durante i bombardamenti, stavamo fuori, ma c’è stata una volta che hanno bombardato anche da noi: c’era le case popolari in costruzione, son passati di là e han bombardato. E io mi ricordo che ero fuori su un prato con mia madre: andavamo in un prato [dove] uno che stava lì vicino aveva messo dei fusti di metallo contro il muro, e niente, andavi dentro per ripararti dalle schegge. E io stavo fuori e guardavo: sono arrivati sti apparecchi e han bombardato, e mi ricordo bene come si vedeva come si apriva sto sportello, e ste bombe che venivano giù! E allora da quella volta mio padre ha detto: è meglio che andiamo in città. E noi lì, logico, si stava nelle cantine: bombardavano e di sotto c’era non so quanta gente. E di sotto, quando bombardavano, si faceva una vita normale: si rideva, si scherzava, si cercava di [vivere normalmente]. E poi quando finiva il bombardamento, noi ragazzi si andava fuori tra le macerie a cercare tra i negozi quello che era rimasto. Nelle farmacie andavamo a prendere le ostie: cioè, non erano ostie, erano come le ostie ma non erano consacrate, e si andava a prendere tutto. [Zara era] una città distrutta: si vedevano le isole da una parte all’altra, perché era tutto a terra. Dalle mura, logico, perché se eri a livello del mare non vedevi niente; ma se eri dalle mura - perché sai che Zara era tutta circondata da mura - di lì vedevi tutte le isole, vedevi questa città che si distruggeva. Mi ricordo solo che su una via, che era proprio dove c’era il ponte - che una volta c’era il ponte mobile che si apriva, dove venivano le navi che entravano dentro nel porto - che è stato poi distrutto, mi ricordo che proprio sulla calle che entrava dentro c’era una bomba inesplosa dentro una via. Una bella bomba! E noi ragazzi si correva e si saltava sopra per vedere chi era coraggioso! Mi ricordo queste cose... Cioè, finito il bombardamento noi si correva fuori e si viveva normale, come tutti quelli rimasti in città. Però la città era spopolata: non c’erano negozi, non c’era attività, non c’era vita. Non c’era niente, era morta.
Antonio V.

Immagini

Chiesa di San Glisogano a Zara, 1950
Chiesa di San Glisogano a Zara, 1950
Vigili del fuoco a Zara, 1943
Vigili del fuoco a Zara, 1943

Riferimenti bibliografici

 Celestini, Storie di uno scemo di guerra, Einaudi, Torino, 2005
 G. Gribaudi, Guerra totale. Tra bombe alleate e violenze naziste. Napoli e il fronte meridionale 1940-1944, Torino, Bollati Boringhieri, 2005
 Portelli, L'ordine è già stato eseguito. Roma, le fosse Ardeatine, la memoria, Donzelli, Roma, 1999
 R. Marsetič, I bombardamenti alleati su Pola 1944-1945. Vittime, danni, rifugi, disposizioni delle autorità e ricostruzione, Unione Italiana Fiume, Università Popolare Trieste, Centro Ricerche Storiche di Rovigno, Rovigno-Trieste, 2004
 M. Grgurić, Rijeka, sijećamo se - Fiume, ricordi, Edit, Fiume, 2009
 O. Talpo, S. Brcic, ...Vennero dal cielo, Libero Comune di Zara in esilio, Trieste, 2000

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