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Il fascismo di confine Agg

«Di fronte a una razza come la slava, inferiore e barbara, non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone. Io credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani.»

Parole esplicite, pronunciate da Mussolini durante un viaggio nella Venezia Giulia nel settembre del 1920, evocanti in maniera netta la linea politica che il regime fascista intende portare avanti nei territori del confine orientale. Un fascismo di confine, che si pone come estremo baluardo dell'italianità minacciata dalle pressioni del mondo slavo, individuato fin da subito come il principale nemico da combattere e distruggere. Un avversario accusato di proiettare «la sua ombra minacciosa e vivida all'interno dello Stato italiano» [A.M. Vinci, 2009], che occorre contrastare con forza attraverso una politica basata sull'esclusione e sull'inferiorità dell'altro. Una battaglia che investe ogni comparto della vita quotidiana, e con la quale si intende imporre un'italianizzazione forzata volta a cancellare ogni possibilità di presenza autonoma per la popolazione slovena e croata che, definita sprezzantemente dal regime come allogena, vede negato per oltre un ventennio il diritto «di esprimersi nella propria lingua, di coltivare la propria cultura, di esserci come persone pubbliche» [A.M. Vinci, 2007]: in poche parole la propria identità.

Il primo atto del fascismo di frontiera si consuma a Trieste, il 13 luglio 1920, quando le squadre fasciste danno alle fiamme, causando la morte di un cittadino sloveno, la Narodmi Dom, un edificio di sei piani nel cuore della città, sede delle principali organizzazioni politiche slovene, e cuore pulsante della cultura slovena nella città giuliana. Un atto di purificazione, scrivono i capi fascisti, «per liberare la città da una presenza immonda» [J. Pirjevec, 2009]. Il capolavoro del fascismo triestino, farà loro eco, qualche anno dopo, Mussolini. Il giorno seguente la stessa sorte tocca alla Narodni Dom di Pola, in Istria, e alla sede del giornale cattolico sloveno «Pucki Priaateli» a Pisino. Passaggi cruciali e un punti di rottura, che precedono l'inarrestabile scia di violenza che farà da sfondo all'ascesa del potere fascista nell'intera Venezia Giulia, dove saranno dati alle fiamme 134 edifici: 100 circoli di cultura, 2 case del popolo, 3 cooperative e 21 camere del lavoro [M. Cattaruzza, 2007]

In nome di quella che i vertici del regime definiscono bonifica nazionale, ogni traccia della presenza slovena e croata deve sparire. Inizia così una«capillare politica di italianizzazione della Venezia Giulia su larghi strati di popolazione slovena e croata» [M. Verginella, 2008], portata avanti su svariati campi.

Il primo terreno sul quale intervenire è la pubblica amministrazione: nel 1923 è infatti promulgata una legge che consente la rimozione d'ufficio di funzionari e impiegati che non diano sufficienti garanzie nello svolgimento dei propri compiti. Ad essere colpiti dalla normativa sono in primo luogo il personale di origine slava, sostituito con elementi giunti appositamente dall'Italia che, proiettati in una realtà sconosciuta, si trovano ad essere corpi estranei al contesto sociale nel quale vengono inseriti. Dopo la pubblica amministrazione tocca alla scuola, con l'entrata in vigore, il 1 ottobre del 1923, della Riforma Gentile che proibisce l'insegnamento della lingua slovena e croata, sostituendola con l'italiano: scuole elementari croate e slovene sono trasformate in istituti di lingua italiana dove non c'è posto per gli insegnanti slavi, sollevati dai loro incarichi, allontanati o costretti a partire. Nel 1923 sono promulgati altri due importanti provvedimenti attraverso i quali sostenere questo processo di restaurazione: le leggi toponomastiche che mutano, italianizzandoli i nominativi alle località e alla toponomastica stradale e la concessione ai prefetti della facoltà di sopprimere la stampa non gradita. Nella Venezia - Giulia a pagare dazio è quella slava,con la liquidazione di circa trenta testate periodiche seguite, qualche anno più tardi (1928), dalla stampa quotidiana. Parallelamente, con l'obiettivo di aumentare il controllo militare nella campagna slovena, viene creato l'Ispettorato speciale per il Carso, uno speciale organismo che sotto la guida di Emilio Grazioli si rende protagonista di repressioni, violenze e intimidazioni il cui livello crescedi pari passo col consolidarsi del regime.

Nel 1925 tocca alla lingua: è proibito l'uso di ogni altra lingua che non sia l'italiano nei tribunali, negli uffici amministrativi, negli esercizi e nei luoghi pubblici, con la conseguente rimozione delle insegne dei negozi in lingua croata e slovena. Nel 1927 all'italianizzazione dei cognomi, trasformati d'ufficio dalle autorità prefettizie, segue la soppressione e la messa fuori legge delle principali organizzazioni culturali ed economiche slovene e croate di tutti i territori della Venezia Giulia. Stessa sorte conoscono le biblioteche, le case del popolo, le organizzazioni sportive, giovanili, sociali e professionali. L'anno successivo sarà la volta della stampa slava, ufficialmente soppressa. Non viene risparmiato nemmeno il clero, sottoposto a un'opera snazionalizzatrice che colpisce il basso clero e la gerarchia ecclesiastica. Un processo che ha le sue tappe fondamentali nell'allontanamento di monsignor Francesco Borgia Sedej, vescovo di Gorizia, e di monsignor Luigi Fogar, vescovo di Trieste, difensori dell'autonomia ecclesiastica di fronte alle ingerenze del regime, e del diritto da parte delle comunità slovene e croate di poter celebrare i sacramenti nella propria lingua materna. Un'ondata di violenza alle quali si sommano le bramosie imperialiste di Mussolini che il 6 aprile 1941 dichiara guerra alla Jugoslavia: le province di Spalato e del Cattaro diventano italiane, alcune porzioni di Kosovo e Macedonia sono annesse alle province di Zara e di Fiume, il Montenegro diventa protettorato italiano e, in territorio sloveno, nasce la Provincia di Lubiana, affidata a Emilio Grazioli che, in stretta collaborazione con il generale Mario Roatta, dà vita a un'occupazione dai tratti particolarmente efferati con migliaia di vittime, molte delle quali peritenei campi di prigionia italiani all'interno dei quali saranno deportati migliaia di cittadini jugoslavi o allogeni della Venezia Giulia che, uniti a quelli fucilati, torturati e deceduti per sevizie, fanno salire a circa 13.000 il numero delle vittime.

Testimonianze

[Il fascismo ha italianizzato un sacco di cose]: noi abbiamo dei documenti, che mio papà si chiama ... [Leggi tutto]
[Il fascismo ha italianizzato un sacco di cose]: noi abbiamo dei documenti, che mio papà si chiama D.-etti, senza -ch, e si vede che quella è una carta fatta sotto il fascio, perché loro non volevano nomi stranieri, mi spiego?
Franco D.
A Dignano c’erano tanti fascisti. I fascisti, i fascisti... Hanno bruciato i paesi, poi li hanno ... [Leggi tutto]
A Dignano c’erano tanti fascisti. I fascisti, i fascisti... Hanno bruciato i paesi, poi li hanno bruciati anche i tedeschi, perché erano in combutta coi fascisti. Quando sono entrati i partigiani l’odio è subentrato, e allora con forza andavano a prelevare queste persone. Perché avevano avuto un odio nel tempo dell’Italia, del fascismo. Poi hanno cambiato i cognomi: ad esempio Stocco. Adesso è Stocco, ma una volta era Stoccovich, poi c’era Zucchero che era Zuccherich; hanno tolto il -ch e li hanno italianizzati. A Dignano c’erano tanti negozi e dall’interno venivano a fare la spesa, perché a Dignano c’erano tanti negozi di generi alimentari, di manifattura, vendevano le stoffe, c’erano i calzolai, vendevano le scarpe, e allora con questa gente vivevano. Io ero piccola, ma l’ho sentito dai ed è durata pochissimo, che avevano proibito alla gente che parlasse il croato - lo slavo, lo s’ciavon, sarebbe - di entrare nei negozi. C’erano i cartelli - mia mamma mi aveva detto -: non servire nessuno, non servire la gente che parla slavo.
Anita B.
Io non mi rendevo conto di quanto succedeva, però non avevamo astio contro gli slavi. Del fascismo ... [Leggi tutto]
Io non mi rendevo conto di quanto succedeva, però non avevamo astio contro gli slavi. Del fascismo mi ricordo dell’olio di ricino, che capitava: una volta ho visto uno venire dalla città e ogni tanto vedevi che calava le braghe, tutto sporco, e andava verso l’interno. Che noi li chiamavano i morlacchi quelli dell’interno, andava verso Nim, che c’è una famosa chiesa. Dove vivevo io [a Zara], grossi traumi il fascismo non ne ha mai fatti: la gente del posto viveva tranquilla. Si diceva che non si può parlare in slavo, ma noi parlavamo tutti in slavo, si andava nelle osterie. Mio padre quando si è messo la divisa - perché lui [aveva] questa propensione verso il fascismo, verso Mussolini, però aveva una sua linea di condotta, un suo modo di vedere le cose- andava in un altro borgo ancora più su, a Petrice, andava all’osteria e tutti sapevano che era della milizia. Dove stavamo noi eravamo solo noi italiani, perché gli altri erano tutti slavi, solo noi eravamo una famiglia mista, e non è mai successo niente. Anche la autorità: io non ho mai visto venire dei fascisti che è successo qualcosa. La deslavizzazione non è mai successa là: mai nessuno è stato obbligato a cambiare nome, perché c’era un decreto legge che era del 1927 e diceva che uno per cambiare nome doveva riempire delle carte e dei moduli, doveva cioè fare domanda. Allora, ci son stati di quelli che son stati obbligati sotto un’altra forma: il lavoro, una cosa e l’altra. E’ logico che la tessera... Se non avevi una certa tessera magari non entravi in certi posti di lavoro: lavoro pubblico o negli uffici. Ma questo è successo anche qui dopo la guerra! La tessera della Democrazia Cristiana o un’altra cosa e lì era la stessa cosa! E un’altra cosa che mi ricordo è quando veniva qualche autorità del partito dall’Italia a Zara, tutti quelli che erano socialisti o comunisti andavano nella patria galera. Si prendevano il suo fagottino e si incamminavano, nessuno veniva a prenderseli, sapevano già che andavano! Non ho mai visto delle cose... Poi all’interno sono successe delle cose, succedevano. Poi magari, quelli che erano fuori dalla provincia nel ’41, che l’Italia ha dichiarato la guerra alla Jugoslavia, allora lì c’è stato diciamo un marcamento più da vicino per chi che non era italiano. Da noi c’era questo... Te lo devo raccontare, è un aneddoto. Allora, noi avevamo una casa di quelle che un terzo era nostra e il resto era di mia nonna, che quella volta era viva e che aveva una figlia in casa che era fidanzata. Ed era fidanzata con lo zio, che sarebbe il suocero di mio fratello, lo zio di sua moglie, erano due fratelli. Ed uno di questi era fidanzato con mia zia, e lui era in bosco, era partigiano, e di sera veniva a trovare la fidanzata. E noi mangiavamo al tavolo lì dove c’era mia nonna, e c’era mio padre che era nella milizia e suo cognato che era partigiano! Per dire come si viveva: non c’era questo odio tra di noi, tu avevi un’idea e un altro aveva un’altra idea. Queste cose son venute poi dopo col nazionalismo e con tante altre cose.
Antonio V.
Mio papà - mi ricordo- raccontava sempre mentre si parlava in casa...Allora, noi il primo maggio si ... [Leggi tutto]
Mio papà - mi ricordo- raccontava sempre mentre si parlava in casa...Allora, noi il primo maggio si festeggiava il patrono del mio paese, Valle d’Istria, e durante il fascismo quelli che erano i socialisti li mettevano dentro. E mio papà - un giorno, così, ridendo - dice: ma cosa vuoi, erano talmente abituati che loro al mattino andavano già loro stessi lì [in prigione], perché tanto loro si facevano una bella giornata, perché le mogli le portavano da mangiare, da bere e cantavano. E poi facevano indemoniare i carabinieri perché cantavano o Bandiera rossa o l’Internazionale. Ecco - diceva mio padre - non era meglio che li lasciavano liberi!? Poi era tutto lì, non è che gli avessero fatto chissà che cosa, però sa, da piccole cose... Mio papà me lo diceva ridendo, come per dire che era una cavolata, tanto loro mangiavano, bevevano e poi cantavano!
Argia B.
Mussolini ha fatto una politica di nazionalizzazione e di snazionalizzazione, totale. Totale e ... [Leggi tutto]
Mussolini ha fatto una politica di nazionalizzazione e di snazionalizzazione, totale. Totale e bestiale. Io son nato nel ’33, e ho incominciato a parlare nel ’34-’35, ho incominciato ad andare alla prima scuola elementare nel ’39 quando scoppiava la seconda guerra mondiale. Quando finiva la seconda guerra mondiale, nel ’45, io avevo dodici anni. Io non mi sono mai accorto. Non me ne sono mai accorto né che esistesse un fascismo, né che esistessero italiani e slavi. Tra l’altro, io non ho mai sentito parlare lo slavo, anche perché Mussolini proibiva l’uso della lingua slava. Io non l’ho mai sentito in vita mia; la prima volta che l’ho sentito avevo dodici anni, era il 1945. Nel 1946 quando cominciai ad andare a scuola, mi insegnavano la lingua croata come lingua straniera, e a me parve molto strana la cosa, cioè per quale motivo si studiava la lingua croata. Non sapevo che esistessero [gli slavi]: cioè la mia generazione - italiana, di Pola - non ha visto. Gli slavi della mia generazione - nei paesi - invece l’hanno subita, hanno subito il nazionalismo e se lo ricordano senz’altro da bambini, perché avranno preso qualche schiaffo dal maestro se parlavano in croato in classe, per esempio, anche avendo cinque anni. Ma la mia generazione di italiani a Pola no, assolutamente! Il primo contatto con gli slavi che ho avuto l’ho avuto dopo la seconda guerra mondiale. E con la lingua perché la studiavo a scuola come lingua straniera. Per cui bisogna chiedere alle generazioni che mi precedono cosa successe tra italiani e slavi.
Claudio D.
Gli italiani erano l’é lite, mandati lì per dirigere e per italianizzare. E questo è pacifico, è ... [Leggi tutto]
Gli italiani erano l’é lite, mandati lì per dirigere e per italianizzare. E questo è pacifico, è pacifico. Mio papà era daziere. Noi siamo della Provincia di Padova e lui è stato trasferito a Castelnuovo d’Istria - nell’interno- nel 1934. Lavorava per la Trezza, la ditta che riscuoteva ste imposte di consumo, la più grande ditta appaltatrice di imposte di consumo in Italia, che faceva riferimento al conte Quadrone di Verona, che era poi uno dei ventuno del Consiglio di Mussolini. Mia madre invece insegnava, e quando mio papà è stato trasferito nell’Istria, lei è riuscita a farsi trasferire, e quindi è stata trasferita anche mia mamma là. E metti che in classe ci fossero due o tre italiani, ma tutto il resto erano slavi. A scuola di italiani eravamo pochi: anche nella mia classe, [eravamo] uno o due, mentre tutti gli altri erano slavi che parlavano lo slavo. Io l’ho cominciato a imparare, lo bofonchiavo, ma ora l’ho disimparato. Comunque a scuola si imparava solo l’italiano, e a loro si doveva insegnare l’italiano come si deve, facendoli parlare in italiano, eccetera. Mia madre quando è arrivata lì, nel ’35-’36, era già dieci anni che c’era il regime, quindi noi siamo già arrivati in un momento in cui per tanti motivi parlavano già un po’ di italiano. Quindi lei aveva tanti ragazzi sloveni che però qualche parola di italiano la parlavano già. Perché anche a Trieste c’era il veneto e lo sloveno, però convivevano. Io non so se hai letto l’ultimo libro di Pahor, Necropoli, che lui lì ti spiega come lo hanno obbligato a non parlare più sloveno. E lì da noi hanno fatto la stessa cosa. Quando mia mamma è arrivata, c’era già diversi ragazzi che avevano già qualche parola di italiano, mentre invece prima, probabilmente, non sapevano dire né si e né no. E poi anche i nomi sono cambiati: anche Piepich - che era il nostro vicino di casa- è diventato poi Giuseppe. E’ inutile che tu dicessi Piepich, perché poi all’anagrafe diventava Giuseppe. Poi Mussolini ha voluto italianizzare anche i cognomi, ma quello è successo anche qua in Val Pellice, dove tanti valdesi che avevano il cognome di origine francese, perché erano scappati con la lotta degli ugonotti, hanno un sacco di cognomi stranieri...Rostan è diventato poi Ristagno, Benec è diventato Benecchio, li avevano italianizzati. Poi non sono andati giù per le trippe da queste parti, mentre di là di più.
Antonio P.
Io son nato il 27 luglio del 1943 a Clana, che è una località proprio sopra Fiume. Mi trovavo là ... [Leggi tutto]
Io son nato il 27 luglio del 1943 a Clana, che è una località proprio sopra Fiume. Mi trovavo là perché mio padre era maresciallo dei carabinieri, comandato là. Mio papà dei rapporti tra gli italiani e gli slavi me ne ha parlato qualche volta, ma sempre in maniera molto diluita, perché era una cosa di cui non parlava [volentieri]. Lui dice che erano duri da entrambi le parti. Là i partigiani ammazzavano molto, c’era molta crudeltà, se cadevi in mano a loro non c’era speranza. E da questa parte qui non facevano molto di meglio. I carabinieri - a dire il vero - erano abbastanza in una posizione di equilibrio. Perché lì c’era la milizia fascista e anche una parte di alpini che erano molto duri, perché qui non ce la contiamo, ne abbiamo fatte! Però diceva che anche lì c’era una varietà di posizioni, c’era i duri e i balordi, gente che si vendicava ed erano terribili! Però lui ha avuto buoni rapporti con la popolazione locale, specialmente in paese. Certo, loro andavano in perlustrazione in giro con la paura di essere attaccati. Lì c’erano una trentina di carabinieri - eran tanti - c’era un capitano e una stazione, come si usavano una volta. C’eran le famiglie italiane che vivevano su da loro: per esempio il regime aveva fatto delle cose abbastanza ben fatte da un punto di vista organizzativo, perché c’era un ospedale a Matullie, poi l’asilo nido, il centro civico, che erano anche per la popolazione. Certo, erano per gli italiani, ma d’altronde lì si sentivano italiani tutti. E certo, chi era dall’altra parte viveva abbastanza coperto. Quindi lui con la popolazione aveva detto: noi abbiamo avuto una fase in cui i fascisti, all’inizio, erano stati molto duri con chi non era fascista, e gli altri ci han reso tutto pan per focaccia. Lui sapeva che venivano fatte delle retate - già allora - anche di slavi che si erano compromessi e li trovavano ammazzati, li avevano tolti di mezzo. E questo forse è stato uno dei motivi per cui forse non è mai voluto più andare.
Giorgio G.
Beh, quello si sa com’era il fascio. Cioè, io non lo so, ma qualcosa me lo han raccontato... Io mi ... [Leggi tutto]
Beh, quello si sa com’era il fascio. Cioè, io non lo so, ma qualcosa me lo han raccontato... Io mi ricordo che poi anche a Fiume c’erano tanti fiumani, camicie nere sfegatati, che ce l’avevano con i croati. Perché i fascisti si sa già com’erano: anche se ero piccola, sapevo com’erano, eran tremendi! Ai croati gliene hanno combinate di tutti i colori, gli hanno fatto tante cose. Erano camicie nere, e loro [i croati] si sono rivalsi su Fiume.
Fernanda C.
I croati in quegli anni lì avevano una vita abbastanza difficile, questo bisogna riconoscerlo. Ed è ... [Leggi tutto]
I croati in quegli anni lì avevano una vita abbastanza difficile, questo bisogna riconoscerlo. Ed è vero quindi che nel momento in cui si sono invertite le posizioni hanno fatto pagare a torto o a ragione - probabilmente a ragione da parte loro - quello che hanno patito durante gli anni del fascismo. Anche perché l’altra cosa vera è che in Istria, essendo un territorio di confine con quella che era la Croazia o la parte slava, c’era abbastanza propaganda da parte del regime di allora che tendeva a far capire che l’italiano era un po’ un popolo eletto e lo slavo era l’inetto, il poveretto, che si sopportava ma che erano sicuramente abitanti di serie B. Quindi, non c’è mai stato un buon rapporto tra gli italiani e gli slavi in quei posti lì. A Dignano si può dire che - e credo di non sbagliare - c’erano molti simpatizzanti del partito fascista: questo [me lo hanno] raccontato negli anni dopo, per cui è vero che c’erano dei conflitti tra i partigiani - o pseudo tali - e quelli che invece erano simpatizzanti dei fascisti. E’ bastato vedere dopo la guerra che le persone hanno voluto togliersi dei sagrin [preoccupazioni] con persone che nulla avevano con il fascismo e li hanno condannati, li hanno denunciati e molti anche a Dignano. Ma così è stato anche prima col regime fascista, per cui diciamo che i comunisti hanno avuto dei problemi e hanno avuto vita difficile, perché venivano presi, li portavan via, gli spaccavano le gambe e poi li riconsegnavano alla famiglia e così via. Cosa che han fatto, regolarmente, i comunisti nei confronti di quelli che hanno collaborato. Allora il fascismo era in auge e c’erano tanti fascisti, poi quando era il momento della resa dei conti erano molti di meno!
Sergio M.
Io non ricordo che ci siano state delle cose tragiche, almeno nel mio piccolo. E’ quello che dico, ... [Leggi tutto]
Io non ricordo che ci siano state delle cose tragiche, almeno nel mio piccolo. E’ quello che dico, poi nel grande non lo so. Perché [mia madre] ha cercato anche di tenermi all’oscuro di tante cose, che adesso mi pento, cioè adesso mi dico: ma perché non ho chiesto?! Ma non c’era confidenza con mia madre. Io però ho trovato a Mondovì una maestra che aveva fatto scuola giù, proprio in Istria. Poi la maestra che ha fatto scuola alle mie figlie a Mondovì è stata a fare scuola giù a Muggia, che era poi lì [vicino]. E in tutti gli uffici - noi li chiamavamo i cif, i siciliani e i napoletani che venivano su, i cif come dire cefarielli - c’ erano quelli che venivano su per italianizzare, per togliere ste persone che erano del posto. Era gente mandata lì per italianizzare. Mussolini ha fatto tante cose: ha fatto l’acquedotto in Istria che non c’era, ha fatto delle scuole, ha portato la luce, ha asfaltato strade, ha fatto strade nuove, cioè ha fatto tante cose, però forse cosa ha rovinato molto [è stato] l’inizio, dopo la fine della prima guerra, nel ’20-’21. In quel periodo là dev’essere stato tremendo. Nel ’22 e nel ’23, con ste bande fasciste che davano l’olio di ricino, che battevano, che pestavano per le strade. Questo raccontavano i nostri vecchi. Forse questo è stato l’impatto, quello di cambiare tutti i nomi della città, delle strade e i cognomi. Per esempio una mia amica aveva il marito che si chiamava B-ich- e poi è arrivato il fascismo e gli ha messo B-tti.
Maria G.
Posso dirle che io [durante il fascismo] mi sono trovata bene? Ero anche piccola, diciamo. S’, è ... [Leggi tutto]
Posso dirle che io [durante il fascismo] mi sono trovata bene? Ero anche piccola, diciamo. S’, è vero, qualcosa di male hanno fatto anche loro, ma in confronto agli altri... Hanno anche fatto del bene. Adesso quando ci sono quattro o cinque figli, ci fosse Mussolini gli danno il premio, avrebbero il premio. Noi eravamo in quattro, ci davano a tutti i libri a gratis, c’era la mensa a gratis, le domeniche facevano il pranzo festivo, c’erano tante cose. Mi ricordo una cosa che sembra una banalità, ma per avere dodici o tredici anni andava bene: c’era delle ragazze che scrivevano a Mussolini che avevano piacere - non so - di una bella bici, e gliela mandavano, gliela dava il comune o la prefettura, oppure una bella penna stilografica. Questo mi è rimasto: e avevano sti premietti così, sti desideri più o meno. Poi non so se erano appoggiati dal partito, se erano appoggiati dagli amici o dai parenti, ma questi fatti li ricordo. Io invece ero madrina di guerra, ed era anche una cosa bella. Era una cosa che eravamo in pochissime: la professoressa di italiano ci ha segnalate, ci ha dato degli indirizzi, e poi qualcuno andava avanti e qualcuno si è perso per strada. Il mio è andato avanti finché hanno affondato il sommergibile, era il sommergibile Pola. Lui era romano, e la professoressa era molto molto lusingata di questa corrispondenza che andava avanti, e difatti quando arrivavano le lettere io dovevo portarle a scuola e lei le leggeva a tutta la nostra classe e alle altre classi, era una cosa rara. A volte si, ho sentito in televisione che dicevano le madrine di guerra, ma ne hanno parlato poco, perché secondo loro – forse - era una cosa più fascista. Però il duce non c’entrava niente, era una cosa di insegnanti che ti segnalavano l’indirizzo e poi era affar tuo se volevi scrivere, cosa scrivere e così. Quel ragazzo che scriveva era romano, ed era di leva sul sommergibile, e scriveva spesso, fino a che poi ho saputo che hanno affondato il sommergibile.
Maria Man.
Io ho visto Mussolini passar veloce, a Fiume. Perché ero caposquadra, dato che facevo parecchio ... [Leggi tutto]
Io ho visto Mussolini passar veloce, a Fiume. Perché ero caposquadra, dato che facevo parecchio sport, ed ero davanti. Ma si era obbligati, quasi, a portare la camicia nera. Per esempio io ho i miei nonni che si chiamavano Men.-ich. Mio nonno era nel portuale, e gli han detto: o ti cambi il cognome o non lavori. E allora si è messo Men.-tti. E lo han detto anche a mio papà. Il fascismo era quello, come la testa di Mussolini.
Amedea M.
Mia mamma era figlia di una veneta e di uno slavo dell’interno dell’Istria, per cui ha il cognome ... [Leggi tutto]
Mia mamma era figlia di una veneta e di uno slavo dell’interno dell’Istria, per cui ha il cognome C.-anich. Ora, si dice che il fascismo cambiava i cognomi... Bon, mia madre ha lavorato per lo stato italiano, è morta con il suo cognome C.-anich, va ben? Nessuno gliel’ha imposto. Certo, facevano i ricatti: se vuoi lavorare, italianizza il tuo cognome, giusto? Però non era come dicono che cambiavano il cognome. Cioè, per quanto riguarda i cognomi, chi li ha cambiati lo ha fatto perché voleva andare incontro al posto di lavoro o cose di questo genere, ecco. Poi, un’altra cosa: durante la guerra siamo sfollati nelle campagne dell’interno, e posso dirti che c’era il fascismo, ma quella gente là, croata, aveva il catechismo in croato. Allora mi vuoi dire? Eravamo in uno stato comandato dai fascisti, giusto? Nelle osterie veniva qualcuno da fuori, e c’era chi parlava in croato tra di loro, lo slavo, perché era un dialetto come il nostro italiano, ma loro avevano il dialetto slavo, non era lingua croata. Questo nelle osterie di Pola, ma ancora di più in Pisino e dintorni parlavano croato, e c’era il fascismo! E allora, come la mettiamo! Come la mettiamo con quello che scrive Oliva e compagnia? Vedi? A un certo punto non si può scrivere perché si trova un documento, non si può applicare il documento su tutte le cose quotidiane che succedono. Perchè il fascismo certo, ha fatto: io ad esempio ho avuto un amico che era più grande di me, e lui ha avuto dei problemi: era di origine slava, e ha avuto dei problemi di salute perché l’han menato. Quindi si, il fascismo ha fatto, ma non ha fatto tanto quanto il comunismo. A parte la guerra, io ho un buon ricordo [del fascismo], vivevo tranquillo, rispettavo chi dovevo rispettare, ero rispettato e bon, basta. Io ti dico quello che penso io, poi te pensa quel che hai voglia!
Otello S.
I fascisti, bisogna dirlo, ne han combinate di tutte i colori. Bisogna dire le cose giuste, a me ... [Leggi tutto]
I fascisti, bisogna dirlo, ne han combinate di tutte i colori. Bisogna dire le cose giuste, a me piace dire le cose che ho vissuto. C’è stato sempre odio, però il fascismo aiutava, perché guardi io mi ricordo che cosa facevano i fascisti, perché ero piccolo e queste cose rimangono che non le dimenticherai mai. Non mi dimenticherò mai. Ne han fatte di tutti i colori, ammazzavano gente, bambini, ed è chiaro che poi c’era la rivalsa dall’altra parte, perché poi ci son state cose che io storicamente non mi ricordo, però [ci son state]. Io so che a Spalato, questo sempre per sentito dire da gente più grande di me, c’era stato un massacro da parte dei fascisti che avevano fatto nella piana di Spalato. Poi [c’]era odio, e [c’] era odio tra fratelli, tra cugini: io ad esempio avevo anche dei cugini che erano fascisti e avevo dei fratelli che erano partigiani. E poi si trovavano di sera, durante il tempo di guerra, la sera a mangiare a casa, perché io ero sfollato a Valle [d’Istria]. E si trovavano la sera a casa di mia mamma a mangiare e bere, poi andavano fuori e si sparavano uno contro l’altro, cose da non credere!
Luigi B.
Io ricordo per prima cosa che quando è venuto il fascismo ha imposto di non parlare la lingua ... [Leggi tutto]
Io ricordo per prima cosa che quando è venuto il fascismo ha imposto di non parlare la lingua slava. Proprio un’imposizione. Perché noi, praticamente, vivevamo assieme, si viveva assieme. I paesi della costa in maggioranza era di lingua italiana, in periferia erano tutti slavi. La cosa che ha fatto il fascismo è stata che ha imposto subito di non parlare la lingua croata. Ma l’ha imposto con la prepotenza, perché io conosco gente, miei compaesani, che al di fuori della costa, due chilometri dentro, parlavano la sua lingua, e con la prepotenza li hanno obbligati a parlare italiano, li hanno obbligati a cambiare i cognomi. E’ stata una cosa non bella, praticamente. Ad esempio mi ricordo un fatto: di quando gli slavi, che erano contadini e c’erano le vendemmie, venivano giù in paese a portare l’uva da vendere. C’era – e questo me lo ricordo bene - un’osteria in periferia del paese, dove loro si radunavano. Si radunavano e parlavano tra loro. E mi ricordo che son venuti un paio di rovignesi, di quelli del partito, fascisti, sono andati dentro e han piantato casino: han picchiato e cose così. Questo è un particolare, e me lo ricordo bene, che io ero ragazzo. Naturalmente di questi picchiatori, poi qualcuno è andato a finire in foiba. Questi sono casi che mi ricordo.
Aldo S.
Prima c’era il fascismo: io ero bambina ma c’era il fascismo Eh, se si voleva lavorare, mio papà ... [Leggi tutto]
Prima c’era il fascismo: io ero bambina ma c’era il fascismo Eh, se si voleva lavorare, mio papà doveva portare il distintivo, sempre. Il fascismo era un po’ duretto! Io non capivo tanto quello, perché avevo sette anni. Mio papà era nelle navi, che faceva da Rovigno a Trieste, navigava. E lì per lavorare bisognava avere il distintivo, se no non si lavorava. Insomma anche il fascismo non era tanto facile, come dicevano. Cioè, io quello che ho capito, è che era come una dittatura. Che poi Rovigno era molto socialista, quello si.
Eufemia M.
Lui [Mussolini] g’ha portà tante cose! Più di tanto non lo so perché ero ancora piccolo, ... [Leggi tutto]
Lui [Mussolini] g’ha portà tante cose! Più di tanto non lo so perché ero ancora piccolo, però certo che ha fatto tante cose: ha fatto la prima strada asfaltata Trieste-Pola, la via Flavia, poi ha fatto l’acquedotto, che prima non c’era l’acqua... Non dappertutto, ma comunque ha fatto... Poi, cos’altro? Beh, dittatura... I’era dittatura, però dopo che è venuti Tito, tutti quanti volevano Mussolini. Però sa cosa c’era? Anche i vecchi - e lo capivo quando parlavo con mio padre - quello che avevano nel cuore era l’Austria. L’Austria loro l’avevano sempre nel cuore, perché non i’era tante tasse con l’Austria. Poi erano più liberi, potevano parlare più lingue, potevano parlare la lingua che volevano, c’era la scuola, la scuola tedesca, slava e italiana. E l’Austria era più ben voluta degli altri. E invece Mussolini ha portato subito la dittatura, però ha portato [anche] delle buone cose. Eh beh, negli uffici era scritto: qui non si parla lo slavo. Si parlava solo italiano, questo mi ricordo che dicevano. E altro... non ricordo...
Guido C.
Da noi prenda il 90% [dei rovignesi] che erano a favore di Tito, cioè non di Tito ma che erano ... [Leggi tutto]
Da noi prenda il 90% [dei rovignesi] che erano a favore di Tito, cioè non di Tito ma che erano antifascisti, perché dicevano che [Rovigno] era la piccola Mosca, la piccola Russia. Perché guardi che [durante il fascismo] facevano pagare la tassa anche sull’asino e sul carro. Diciamo che noi vivevamo in città, e per andare fuori in campagna si doveva fare qualche chilometro, e bisognava avere l’asinello e il carretto. E mia mamma li malediva sempre, diceva: mamma mia quante tasse! La metà di quel che ti porti in casa paghi le tasse! [Del fascismo] io mi ricordo di quando sono andata a scuola, che ci obbligavano ad avere la tessera, perché c’è poco da dire, tutti i partiti hanno i loro tesserati, diciamo così. Quello me lo ricordo, e mi ricordo [anche] che [c’era] chi ci teneva al fascismo, chi non si interessava e chi era comunista, è stata sempre così. Ci facevano pagare la tessera, era di 5 Lire, e chi non la pagava... Insomma, non gli facevano del male, perché questo non posso dirlo, però se la pagavi la pagavi. Ero anche io una piccola italiana: la gonna nera, la camicetta bianca, eh si! Quando c’erano le feste - non so , il 4 novembre o il 28 ottobre - facevano dei cortei e ste ragazzine... Sa cos’è, bastava non andare a scuola e saltare le lezioni! Come tutte le cose a quell’età! [Poi ricordo] che [il fascismo] ha cambiato i nomi... Certo, naturale, l’ho sentito, come no! Hanno italianizzato i nomi slavi, come ha fatto poi l’altro quando è arrivato che ha cercato di slavizzare anche il mio cognome, che proprio di slavo non ha niente!
Gina P.
Posso dire che il fascismo aveva inserito il segretario comunale, il carabiniere, il bidello, ... [Leggi tutto]
Posso dire che il fascismo aveva inserito il segretario comunale, il carabiniere, il bidello, l’insegnante, cioè quelli che venivano da fuori. Anche se insegnanti non tanti, più che altro [aveva inserito personale esterno negli] uffici pubblici. Da mio padre questi esterni erano visti come invasori, non li vedeva bene, devo essere sincero.
Guerrino B.
C’è anche la storia su sto mio cognome, [che] ce n’è da raccontare. Va beh, ma tanto lei le storie ... [Leggi tutto]
C’è anche la storia su sto mio cognome, [che] ce n’è da raccontare. Va beh, ma tanto lei le storie sui nomi le ha sentite. Io una volta ero L.-ni [ora sono Lo.-ch]. Mia mamma, pensi, era M.-ori ed è diventata L.-lia, e tutto il villaggio l’hanno chiamato L.-ak, questo con Tito. Invece L.-ni è diventato L.-ch. Però anche gli italiani hanno fatto quella roba, perché [il cognome] prima aveva il -ch - adesso non mi ricordo come fosse - poi è diventato L.-ni. Però, anche questa cosa del cognome, cioè cambiare l’identità, ma si rende conto? Politici... Il fascismo prima e Tito lo stesso, i dittatori...Noi vogliamo la libertà. [All’epoca del fascismo], mia mamma andava a scuola italiana, e aveva un amore per la sua maestra, che era di Taranto. Lei ricordava la sua maestra italiana che era venuta in Istria dalla bassa Italia. Poi mia mamma mi diceva che vestivamo da piccola italiana. Mia mamma ha dei ricordi bellissimi della scuola e delle maestre Anche mio padre aveva dei ricordi belli della sua scuola, sotto il fascismo, scuola italiana: aveva un maestro proprio del posto, che gli ha regalato il libro con le foto di classe; quindi hanno un ricordo meraviglioso delle elementari. Poi mio padre ha fatto anche le medie e le superiori, e quindi ha dei ricordi molto belli.
Rita L.
[Mio padre] ha fatto il militare sotto il governo italiano a Nola perché ... Io la storia dei ... [Leggi tutto]
[Mio padre] ha fatto il militare sotto il governo italiano a Nola perché ... Io la storia dei cognomi non la so... [Mio padre] avendo il cognome che finiva in -ch, faceva sotto il regime in Italia il militare senz’arma. Questo me lo ha sempre detto mia mamma: che lui era militare a Nola, militare senz’arma per il cognome slavo. [Il mio cognome] non lo so quante volte è stato cambiato, perché su [alcune] carte c’era B.-ia, poi è tornato B.-ch, poi B.-ia . Quindi non lo so questo [discorso] dei cambiamenti.
Guerrino B.
Posso testimoniare che la popolazione slava non era trattata bene dagli italiani e dal fascismo. Io ... [Leggi tutto]
Posso testimoniare che la popolazione slava non era trattata bene dagli italiani e dal fascismo. Io poi ho avuto modo, adesso, di andare in giro per la campagna e parlare, ammettere anche questo ed ottenere delle dichiarazioni di persone che hanno avuto dei parenti. Non possiamo negare la realtà, perché sarebbe troppo [un] camuffarsi. Il fascismo certamente ha avuto una pessima conduzione dei rapporti politici, cercando di soverchiare la popolazione locale imponendosi con mezzi forti: era obbligatorio parlare l’italiano, e questa gente aveva la madrelingua slava quindi, ecco, questo era un aspetto molto brutto.
Selina S.
Mi ricordo che ero figlio della lupa, quello lì si. Ho fatto la trafila come tutti i bambini. E ... [Leggi tutto]
Mi ricordo che ero figlio della lupa, quello lì si. Ho fatto la trafila come tutti i bambini. E dopo, finito quello lì, ero pioniere di Tito, perché si doveva fare, è vero? Perché, praticamente, [si doveva fare], prima sotto il fascismo, e dopo sotto il comunismo. So che mi avevano fatto una bustina bianca, quando i’era i titini, e invece gli altri avevo quel vestito [con] i pantaloncini e la camicia nera con le bande davanti, quello lì si. E poi le cose che ci facevano fare a scuola: noi eravamo piccolini, eravamo figli della lupa, e quando che [c’]era certe cerimonie bisognava andare vestiti con la divisa.
Elio H.
Per quanto riguarda la lingua [mi hanno raccontato] che i contadini venivano anche picchiati se li ... [Leggi tutto]
Per quanto riguarda la lingua [mi hanno raccontato] che i contadini venivano anche picchiati se li trovavano: cioè non so, magari in un negozio loro entravano e parlavano in croato, e se c’era qualche fascista o qualcuno li picchiavano. E i fascisti i croati li chiamavano sempre slavi, schiavi, s’ciavi, Di questo mi ricordo che se ne parlava. Gli adulti, noi [bambini] sentivamo [soltanto].
Adriana S.
A tutti le davano la divisa fascista - diciamo balilla - e non c’è n’era più per me, e quindi mi ... [Leggi tutto]
A tutti le davano la divisa fascista - diciamo balilla - e non c’è n’era più per me, e quindi mi hanno dato solo i pantaloni, la camicia no! E allora quando [c’] era la festa del fascismo dicevano: adesso mettetevi tutti la divisa e andiamo a scuola. E dico: io non ce l’ho la divisa, avevo solo i pantaloni. E loro mi dicono: e allora vieni coi pantaloni. Ma io non ce li ho più i pantaloni. E perché ? Perché mia madre ci ha fatto il sotto delle ciabatte! Non c’era stoffa e mia madre mi ha fatto un paio di ciabatte con la stoffa dei pantaloni. Mio padre quasi andavi in galera... Fortuna che il podestà erano amici e ha detto: no lassa perder, femo finta che non le aveva.
Pietro S.
Io ero piccola, perché [sono] del ’37 e poi nel ’40 è venuta la guerra, e non è che mi ricordo ... [Leggi tutto]
Io ero piccola, perché [sono] del ’37 e poi nel ’40 è venuta la guerra, e non è che mi ricordo tanto. Quella volta c’era anche il fascismo: io mi chiamo Adua Liberata, mio padre mi ha messo sto nome, non so [perché ]. Credo perché hanno conquistato la città di Adua in Abissinia e quel giorno sono nata io: si vede che lui era fascista, non lo so io! Non capisco... Mi chiamo Adua Liberata, capito? Del periodo fascista mi ricordo poco. [Mi ricordo] della scuola, che andavo a scuola... Poi i balilla. Mi è rimasto dei balilla, [come] quando c’erano i miei fratelli e le mie sorelle vestiti con quelle divise lì, con quel cappello. Io però ero la più giovane, e di quello mi ricordo proprio poco.
Adua Liberata P.
Le cose proprio grosse che potevano capitare, erano magari quando per la riunione venivano in ... [Leggi tutto]
Le cose proprio grosse che potevano capitare, erano magari quando per la riunione venivano in divisa da Gorizia che c’era stata magari l’adunanza, venivano col pugnale, gli arditi e quelli che erano più fascisti degli altri, diciamo. E magari poi da una parola o da una bevuta in più succedeva [qualche problema]: è successo che si sono anche accoltellati. Per esempio c’era anche il nostro vicino di casa, italiano, friulano, che era un gran lavoratore, lavorava nell’insaccamento dell’amianto. Ed era forse il lavoro più pesante dello stabilimento, e lui era un omone, grande e grosso, si chiamava Domenico. Però [aveva un problema]: prendeva la paga, e vigliacchi anche gli amici, lo portavano in osteria, lui pagava da bere a tutti lì, e poi gli dicevano: canta bandiera rossa! Meni, canta bandiera rossa! Lui cantava e arrivavano i carabinieri, l’olio di ricino e portarlo a casa.
Romana B.
I compagni di scuola [sloveni] dovevano parlare italiano, perché la maestra imponeva. Era l’era ... [Leggi tutto]
I compagni di scuola [sloveni] dovevano parlare italiano, perché la maestra imponeva. Era l’era fascista, e qui si parla solo italiano, gridavano le maestre E i genitori e i nonni, andando negli uffici o in farmacia o dal dottore [anche]. Negli uffici, in grande, c’era un cartello [con su scritto] qui si parla solo italiano. Grandi eh, erano grandi...!
Romana B.
Ah si, il fascismo ha [italianizzato], ha fatto quello : a noi prima ci chiamavano B.-ch, dopo ce ... [Leggi tutto]
Ah si, il fascismo ha [italianizzato], ha fatto quello : a noi prima ci chiamavano B.-ch, dopo ce l’han fatto cambiare in B., per dirne uno.
Jolanda T.
Il fascismo nella parte slava ha lasciato un’impronta ancora più pesante, perché le ha cambiato i ... [Leggi tutto]
Il fascismo nella parte slava ha lasciato un’impronta ancora più pesante, perché le ha cambiato i nomi, li ha costretti ad andare a scuola italiana. Ci sono state tante costrizioni che loro hanno [subito] e adesso la fanno con noi.
Antonietta C.
Il regime fascista discriminava pesantemente la comunità slovena e croata. Per esempio il mio ... [Leggi tutto]
Il regime fascista discriminava pesantemente la comunità slovena e croata. Per esempio il mio cognome non è M.-li, il mio cognome vero è M.- ch, perché ad un certo punto erano stati italianizzati i cognomi mantenendo la radice delle prime tre lettere. Quindi M.-ch è stato poi italianizzato in M.- li.
Giuseppe M.

Riferimenti bibliografici

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