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Adriatisches Kunstenland (Zona di Operazioni Litorale Adriatico) Agg

Il 6 aprile del 1941 l'Italia partecipa insieme a Germania, Ungheria e Bulgaria all'invasione della Jugoslavia, spostando le coordinate di una guerra, iniziata il 10 giugno 1940, a ridosso della regione istriana. La resa dell'esercito jugoslavo avvenuta il 17 aprile, consente all'Italia l'annessione di nuovi territori in Slovenia, dove viene creata la nuova provincia di Lubiana, e in Dalmazia, occupata interamente ad eccezione di Ragusa (Dubrovnik).

Grazie al supporto della potente macchina da guerra tedesca, l'occupazione militare dei nuovi territori avviene rapidamente e senza grosse difficoltà, che invece si manifestano nel controllo delle aree in questione, all'interno delle quali opera un movimento di resistenza coeso e radicato, facente capo al partito comunista sloveno e a quello croato. Formazioni partigiane che, successivamente affiancate da quelle italiane, danno vita tra il 1941 e il 1945 a una lotta di resistenza dai toni aspri e cruenti coinvolgente l'intera area della Venezia-Giulia. Con l'obiettivo di contrastare le azioni partigiane, le autorità e l'esercito (in particolare il XXIII Corpo d'Armata destinato a fronteggiare le offensive dei ribelli) mettono in atto drastiche misure repressive (arresti indiscriminati, internamento in campi di prigionia, distruzione e incendi di villaggi, campi e raccolti, fucilazioni, rappresaglie) miranti a colpire la popolazione civile rea, ai loro occhi, di appoggiare il movimento partigiano. Una situazione destinata a durare fino all'armistizio dell'8 settembre del 1943, quando il crollo dell'esercito italiano e la parallela avanzata delle truppe tedesche, disegnano un nuovo scenario nei territori giuliani separandoli, di fatto, dal resto d'Italia.

All'alba del 1° ottobre del 1943, l'esercito tedesco inizia una campagna bellica denominata Operazione Nubifragio, che oltre ai 5.000 soldati della 71ª Divisione Fanteria, fatti affluire da Trieste, Pola e Fiume già occupate nei giorni immediatamente successivi all'armistizio, coinvolge anche le forze aeree della Lutwaffe. L'obiettivo è quello di occupare l'intera regione istriana facendola confluire nei territori conquistati dal Reich nella prima metà di ottobre ed organizzati nella Zona di Operazione Litorale Adriatico (Adriatisches Kunstenland), una fascia di territorio comprendente le province di Lubiana, Udine, Gorizia, Trieste, Fiume e Pola che, separate dall'Italia, sarebbero dovute passare sotto il diretto controllo della Germania nazista. L'offensiva tedesca, caratterizzata da un massiccio uso della violenza che coinvolge sia le forze partigiane (circa 2.000 morti) sia la popolazione civile (2.500 morti e 500 deportati), raggiunge ben presto il proprio scopo:il 15 ottobre l'intera regione istriana è controllata dalle forze del Reich.

A guidare il nuovo territorio è chiamato il Gauelieter della Carinzia Friedrich Reiner, massima carica vigente, che si avvale della collaborazione di elementi italiani e slavi posti, con incarichi amministrativi, alla guida dei capoluoghi del territorio.

Istituito il 1° ottobre del 1943, l'Adriatisches Kunstenland si pone come una realtà separata dalla Repubblica Sociale mussoliniana, che continua a mantenere in forza sul territorio propri militari e funzionari, la cui attività è però completamente subordinata al comando tedesco, unica autorità ufficialmente riconosciuta.

Il Reich tedesco, avvalendosi della fattiva collaborazione di unità appartenenti alla RSI e di elementi sloveni e croati, adotta nei territori dell'Adriatisches Kunstenland, una linea politica volta a reprimere duramente l'opposizione partigiana attraverso torture, stragi di civili, distruzione di villaggi e deportazioni di massa verso campi di lavoro e di concentramento. Un sistema di terrore tristemente collaudato, portato avanti fino al 7 maggio 1945, quando tra Villa del Nevoso e Fiume, la IV Armata di Tito costringe alla resa il XCVII corpo d'armata germanico.

Testimonianze

Adriatisches Kunstenland (Zona di Operazioni Litorale

A Portole i partigiani attaccavano a tutta forza! Oh, si, si. C’erano tanti partigiani che erano ... [Leggi tutto]
A Portole i partigiani attaccavano a tutta forza! Oh, si, si. C’erano tanti partigiani che erano anche a Ceppi [di Portole], e ogni quel tanto c’era l’attacco a Portole per portare via il presidio fascista, ma non gli è mai riuscito.[Tra i partigiani] i’era quei de Fiume che parlavano italiano. Erano misti, si, si. La popolazione diciamo che non li vedevano bene, perché dovevi darle de magnar quando venivano e dove che venivano ti impienivano de pidocchi, perché eran pieni de pidocchi i partigiani. [Erano] sporchi, luridi, affamadi e non dovevano chiedere. C’era un fratello di mio cognato che lo hanno ucciso perché ha rubato una patata. Lo hanno ucciso perché ha rubato per mangiare, su in Croazia. Così mi dicevano.
Guido C.
Anche i fascisti [venivano a rastrellare]. Questo mi ricordo, ero ancora piccolo. La sera prima da ... [Leggi tutto]
Anche i fascisti [venivano a rastrellare]. Questo mi ricordo, ero ancora piccolo. La sera prima da noi c’era dei partigiani, una decina, e [tra di loro] i’era proprio anche el fratel de mio cognato, ma si è sposato dopo, alla fine della guerra. E allora io questo qui lo conoscevo, era di un altro paese, perché i partigiani ti prendevano e te dovevi andar con loro. E lui lo hanno preso ed è andato con loro. Comunque, erano lì e hanno cenato là da noi e dopo sono andati in un altro paese più avanti. Ma i’era [una] spia... In questo paese si sono messi a dormire in un fienile e c’è stata una spia che di notte è andata dai fascisti a Portole a dire che i partigiani sono in questo villaggio, in questa casa e in questo fienile. E allora [i fascisti] sono andati al fienile e li hanno chiamati fuori tutti: [gli han detto] o che vengono fuori o se no li bruciano. E loro sono venuti fuori, si sono fatti prigionieri e li hanno portati a Portole. Però, cosa c’era tra di loro? C’era un politico, un partigiano politico, che aveva registrato [su dei documenti che aveva addosso] tutti i nominativi di chi era nel comitato, di chi era assistente... E in questi documenti c’erano due ragazze, mio cugino, un altro mio paesano, che erano più vecchi [di me]. Ed erano scritti, perché dovevano essere del comitato dei partigiani, ed era mio cugino. E poi c’era ste due ragazze che era scritto che erano partigiane. E allora cosa è successo dopo? Li hanno portati dentro e poi li hanno spediti in Germania, in lager. Dopo sono venuti fuori i fascisti, di notte, e sono venuti direttamente da noi, mi ricordo quando che c’erano, era di notte, le due o le tre di notte. Sono venuti, bussano forte alla porta e mio padre ha detto: chi è? Siamo noi, i fascisti, venite giù o facciamo fuoco! Allora mio padre va giù [ad aprire], loro sono entrati, e questi qui, come che mio padre veniva giù per la scala, gli hanno puntato il fucile contro de lui. E lui gli dice: piano, cosa è successo? E loro gli han detto: come, non è lei C. Vincenzo? No, non sono io, è mio nipote. Bene, fanno loro, lo chiami giù. E allora mio padre è andato sopra - perché la casa era tutta camerini - e gli dice: varda che te vol, te vogliono a te. E allora l’è ch’è girà la testa de paura, caro mio, ma comunque alla fine scende giù. E allora, dopo, lo hanno interrogato... Però [il discorso] è questo, fio mio... E cioè che mio zio, il padre di questo [mio cugino] qua, i’era capo villa dei fascisti! Capisci? Il figlio era capo dei partigiani, stava coi partigiani e il padre coi fascisti. Un dramma, ma si capisce che si... E poi si conosceva, perché mio zio andava sempre a fare il sabato fascista, si conosceva con quelli di Portole. E allora dopo, insomma, li hanno portati via, li hanno rastrellati tutti quelli che erano scritti [sui documenti] e li hanno portati a Portole. Poi [da] lì li hanno mandati di nuovo a casa. Capisci come che i’era la faccenda?
Guido C.

Adriatisches Kunstenland (Zona di Operazioni Litorale Adriatico)

[Della guerra] poi un’altra cosa ricordo: quando venivano i fascisti per il rastrellamento, che ... [Leggi tutto]
[Della guerra] poi un’altra cosa ricordo: quando venivano i fascisti per il rastrellamento, che venivano nelle case, dicevano sgnap, sgnap, questa frase mi è rimasta impressa. Grappa, cercavano la grappa. E ricordo le scarpe, che vedevo sti scarponi alti, lucidi come gli specchi, bellissimi. Sti scarponi alti fino al ginocchio, lucidi come gli specchi, bellissimi! Questo ricordo, ma altro no, non ricordo.
Antonietta C.
Mi ricordo i tedeschi casinisti che facevano tanto rumore, e me lo ricordo bene. Il tedesco era ... [Leggi tutto]
Mi ricordo i tedeschi casinisti che facevano tanto rumore, e me lo ricordo bene. Il tedesco era apprezzato da noi, non era mal visto, era gente considerata corretta, gente dura, gente organizzata e inquadrata... Teste quadre le chiamiamo noi, pertanto era considerato positivamente, mentre erano considerati un po’ così, come dei sempliciotti gli slavi.
Gianfranco M.
Sai come mi ricordo della guerra? Mi ricordo la mia prima elementare, che l’ho fatta nell’osteria! ... [Leggi tutto]
Sai come mi ricordo della guerra? Mi ricordo la mia prima elementare, che l’ho fatta nell’osteria! Hanno messo delle sedie e dai tavoli - o forse c’erano i banchi, non so più - in questa osteria della Uccia, che adesso è Osteria Canzalier, non è più nostra gente. E mi ricordo che c’era nel cortile il gioco delle bocce e il bagno alla turca, perché non c’era il gabinetto una volta al mio paese. Questo bagno alla turca dove noi andavamo a fare i nostri servizi. E ricordo questa prima elementare, poi la seconda siamo andati a scuola. [Ci hanno messo nell’osteria] perché la scuola era occupata dai fascisti. Che io sono andata [a scuola] nel ’44, e c’erano i fascisti nelle scuole. E quindi c’era anche chi andava in comune... Io ricordo che l’ho fatta in osteria, dalla Uccia.
Antonietta C.
Mio zio è stato quasi ucciso da un tedesco. Lui ha fatto la guerra, [e] combinazione era in ... [Leggi tutto]
Mio zio è stato quasi ucciso da un tedesco. Lui ha fatto la guerra, [e] combinazione era in Piemonte. Quando c’è stato il tutti a casa - l’8 settembre - lui è stato praticamente nascosto, aiutato e protetto da gente di Viù, nelle Valli di Lanzo. Poi, pover’uomo, si è fatto dal Piemonte a Fiume a piedi per rientrare a casa, e non so assolutamente quanto ci abbia impiegato. Comunque è arrivato a casa. Dopo di che, un giorno era uscito e stava rientrando. In quel momento - doveva già essere il ’44 - la città vecchia era percorsa da un tedesco, uno della Wermarcht, che aveva avuto notizia che la sua famiglia era stata sterminata per un bombardamento. E quindi stava girando per Fiume e sparava a tutti quelli che incontrava, ammazzandoli. E purtroppo ha incontrato anche mio zio all’angolo di casa sua: gli ha sparato, gli ha preso un polmone e gli ha perforato un polmone. E quindi c’era mio zio sotto, mia nonna da sopra che ha urlato appena ha visto il figlio sotto e il tedesco ha pure sparato verso di lei. Il nonno ha cercato di scendere per andare a soccorrere il figlio e [il tedesco] ha sparato contro il portone: poi per fortuna se n’è andato e l’hanno poi ucciso. Questo solo per dirti che i rapporti erano questi.
Adriana S.
Mia mamma aveva due fratelli, e uno invece lo hanno ucciso i tedeschi. C’è stato un rastrellamento, ... [Leggi tutto]
Mia mamma aveva due fratelli, e uno invece lo hanno ucciso i tedeschi. C’è stato un rastrellamento, e lui a trentadue anni è stato ucciso. Ne avevano uccisi due o tre quella mattina. C’è stato un rastrellamento da Pola verso Trieste e lui andava in campagna. Quella mattina aveva i buoi anche di mio papà, perché mio papà andava al mare - che noi abbiamo la campagna vicino al mare - a preparare la vigna. Era il 18 di gennaio, e andavano a preparare la vigna. E mio zio - questo zio Piero - ha preso i buoi anche di mio papà: era sulla strada che da Valle va verso Pola - e i tedeschi venivano da Pola - e i partigiani hanno ucciso qualche tedesco. [E allora i tedeschi] tutti quelli che hanno incontrato quel mattino lì, li hanno uccisi. E uno dalla campagna, ha visto questo mio zio che si affrettava [verso i tedeschi], perché voleva parlare, lui studiava il tedesco. Voleva affrettarsi per parlare con il comandante, ma prima che arrivasse lo hanno ucciso, lo hanno freddato. E’ morto a trentadue anni, ha lasciato un figlio di tre anni e una bambina di sette mesi.
Antonietta C.
Fiume era proprio occupata dai tedeschi, [e] mio padre ha rischiato di finire in un lager, perché a ... [Leggi tutto]
Fiume era proprio occupata dai tedeschi, [e] mio padre ha rischiato di finire in un lager, perché a un certo punto han fatto deportazioni di massa. E l'unico motivo per cui non l'hanno portato via, è stato che aveva quarantuno di febbre, con la polmonite e stava morendo. Quindi sono arrivati, han detto: beh, tanto muore, e l'han lasciato nel letto a morire. E lui non è morto! Quindi ha evitato il lager per questo motivo, perché l'hanno visto moribondo. E poi però, comunque sia, lavoravano sotto la Todt a scavare trincee. E [tra] quelli che li sorvegliavano, mio padre aveva un bellissimo ricordo di un soldato della Wermarcht che quando non vedeva SS in giro diceva loro: riposate, riposate! Lui faceva la guardia, poverino. E quando vedeva arrivare le SS da lontano diceva: raus, raus, arbheit, arbheit! Cioè lavora, lavora, presto, presto, e quindi loro si rimettevano a scavare. [Questo] per dirti la differenza di comportamento che c'era anche all'interno dell'esercito tedesco.
Adriana S.
Ricordo solo che mio papà è stato per tre giorni in prigione, perché lui aiutava i partigiani del ... [Leggi tutto]
Ricordo solo che mio papà è stato per tre giorni in prigione, perché lui aiutava i partigiani del bosco. Lui li aiutava, e il paese è piccolo, ci si conosce tutti, e ne hanno presi - quella volta - tre del paese, mio papà e altri due. Uno [si chiamava] Z., [l’altro] V-ch. Mio papà era un po’ un caporione, diciamo, era un po’ un caporione di questi movimenti! E i fascisti li hanno presi e sono stati tre giorni in prigione e li hanno anche molto picchiati. Mi ricordo mia mamma che piangeva e diceva: come faremo, con sette figli e mio marito in prigione? E lì si temeva che li portassero in Germania, temevano quello. Poi invece c’era un comandante che aveva sposato una del paese, e questo li ha liberati, perché ha detto: sono persone buone, persone che non hanno mai fatto del male, quindi perché portarli in Germania? E li hanno liberati dopo tre giorni che li hanno tenuti in prigione. Mio papà le portava la roba in bosco [ai partigiani]. Anche perché nella nostra famiglia mia mamma aveva un fratello che era un partigiano. [In bosco c’erano] italiani e slavi, e mio papà li aiutava. Mia sorella mi diceva che lei se ne accorgeva quando li aiutava. Noi a Valle abbiamo un grosso appezzamento di terra, e dice che lei se ne accorgeva quando arrivava lo zio dal bosco perché papà lasciava un attimo i buoi, che stava arando, e andava nella macia, che era un piccolo bosco attaccato alla campagna. E dice che senz’altro si incontrava con lo zio perché le dava i messaggi. Ecco questo era nella mia famiglia.
Antonietta C.
I tedeschi ci trattavano bene, e devo dire una cosa. Quando c’è stato il momento che entravano i ... [Leggi tutto]
I tedeschi ci trattavano bene, e devo dire una cosa. Quando c’è stato il momento che entravano i jugoslavi [a Fiume] - che oramai era la fine -, i tedeschi sono passati in tutta la città, casa per casa, ad avvertire tutti quanti e a dire: andate in collina perché dobbiamo fare saltare il porto. Perché , ovviamente, non lo volevano lasciare al nemico, giustamente, come in tutte le guerre. E han detto anche: lasciate tutti i vetri aperti, così non c’è il danno. E difatti è stato così, ci siamo salvati tutti, nessuno si è fatto male, e siamo andati tutti in collina. Ovviamente tutti con le lacrime, per sto porto che saltava. E poi siam tornati a casa ed era tutto a posto, nelle case non c’era stato nessun danno.” (Livia B.) “I tedeschi... Siccome mio papà e mio cugino non erano fascisti, ma erano antifascisti, una notte suona il campanello [ed erano] i tedeschi, che volevano portarli via. Sono scappati, son passati dalla finestra: noi avevamo un terrazzo e un cortile e sono andati in un grande orto, e son scappati, e loro volevano sapere dov’erano. Mia mamma tremava, povera donna, ma aveva tanto coraggio. Poi un bel giorno suona il campanello e arrivano i tedeschi che dicono: signora, lei deve venire con noi. Mia mamma: io? Dunque, noi avevamo una scala, dalla scala si andava sul terrazzo e c’era una cisterna, quelle che raccoglievano l’acqua piovana. Allora mia mamma si toglie il grembi lue e dice: prima di venire con voi, mi butto dentro! Allora l’han lasciata. Mio papà e mio cugino sono andati in bosco, e mia cugina ed io, durante il giorno con la bicicletta - anche con mia sorella - portavamo da mangiare. Guardavamo a destra e a sinistra che non ci fosse nessuno, con la borsa sulla bicicletta e andavamo.
Livia B.
I tedeschi... Siccome mio papà e mio cugino non erano fascisti, ma erano antifascisti, una notte ... [Leggi tutto]
I tedeschi... Siccome mio papà e mio cugino non erano fascisti, ma erano antifascisti, una notte suona il campanello [ed erano] i tedeschi, che volevano portarli via. Sono scappati, son passati dalla finestra: noi avevamo un terrazzo e un cortile e sono andati in un grande orto, e son scappati, e loro volevano sapere dov’erano. Mia mamma tremava, povera donna, ma aveva tanto coraggio. Poi un bel giorno suona il campanello e arrivano i tedeschi che dicono: signora, lei deve venire con noi. Mia mamma: io? Dunque, noi avevamo una scala, dalla scala si andava sul terrazzo e c’era una cisterna, quelle che raccoglievano l’acqua piovana. Allora mia mamma si toglie il grembiule e dice: prima di venire con voi, mi butto dentro! Allora l’han lasciata. Mio papà e mio cugino sono andati in bosco, e mia cugina ed io, durante il giorno con la bicicletta - anche con mia sorella - portavamo da mangiare. Guardavamo a destra e a sinistra che non ci fosse nessuno, con la borsa sulla bicicletta e andavamo.
Maria D.
Poi è successa la guerra, e lì le cose [son cambiate]. Solo che io ero ragazzina, di politica non ... [Leggi tutto]
Poi è successa la guerra, e lì le cose [son cambiate]. Solo che io ero ragazzina, di politica non mi interessavo e lì tra i tedeschi, tra i titini nel bosco e tra i fascisti, c’era il problema che non riuscivi neanche a capire! Mio zio dalla parte di papà, che abitava a vicino Pisino, l’inverno tra il ’43 e il ’44 i tedeschi son calati giù per i partigiani e hanno ammazzato tutti gli uomini e hanno dato fuoco ai villaggi. Perché poi non c’erano comunicazioni, c’era la guerra, non potevi andare e quando noi siamo riusciti a sapere io e mamma siamo andate su. Era la fine del ’43, a cavallo del ’44, un freddo! Avevano buttato del veleno nelle cisterne, e lo zio si è salvato ed era solo, la zia era già mancata e lui figli non ne ha avuti. E si è salvato nella cappa del camino: ha spento il fuoco della casa con il vino. Ma non c’erano uomini: cioè i giovani erano in bosco - erano partigiani - e i vecchi li hanno ammazzati tutti. Son rimasti i ragazzini di sei, sette, otto anni. Freddo, fame, miseria, senza acqua, la luce non c’era, si andava ancora a petrolio ed era un posto che dovevi andare a piedi, a San Pietro in Selve era il primo posto che potevi comperare quello che ti poteva servire. Ecco, lì è stata proprio una tragedia, ed era tra il ’43 e il ’44. Noi siamo tornati poi a casa, che siamo andate solo a vedere: c’era sto zio e poi un’altra famiglia che c’era solo la donna, l’uomo no. Poi anche una ragazza [che conoscevo], Ninetta - si chiamava Antonia ma noi la chiamavamo Ninetta -, lei era stata eletta la reginetta, che c’è stato un veglione, un ballo, al teatro Ciscutti di Pola, e lei era stata eletta. Era una bellissima ragazza, proprio una bella ragazza. Il giorno dopo Marino - mio marito - viene a casa - non eravamo ancora sposati - e mi dice: sai [Ninetta]? Non c’è più, non c’è più. Son venuti a casa - la mamma dice che c’è n’erano due -, l’han pigliata e l’han portata via, e nessuno sapeva niente. Poi dopo parecchio tempo è stata rilasciata... E a Pola c’erano i sotterranei, c’erano ste camere che seviziavano... Questi erano i fascisti.
Maria G.
Io ero sfollata a Canfanaro, che c’era sta mia zia che non aveva figli e il marito era fratello di ... [Leggi tutto]
Io ero sfollata a Canfanaro, che c’era sta mia zia che non aveva figli e il marito era fratello di mio papà, ed era stato deportato in Germania, e allora a lei il comune aveva dato il benestare che poteva tenere due o tre famiglie, perché aveva [una] grande casa e tutto, e così non stava anche sola. E davanti alla casa, mia zia aveva un grande cortile, con quei cancelli carraio di legno fatto a binario, che adesso si usa tanto e che loro avevano già allora. E tutto in un momento il cane ha incominciato ad abbaiare - sembrava impazzito - e mia zia si è affacciata e mi dice: Maria, Maria, sono i tedeschi, cosa facciamo? Dico: niente, stai solo calma, non diciamo niente, se chiedono qualcosa dalle tutto quello che ti chiedono, perché chiedevano anche un vitello o cose così. Poi quando che il discorso si metteva e che lei diceva che suo marito era internato in Germania si calmavano un pochino, ma io avevo quattordici anni. E mia zia fa: guarda, guarda, stanno arrivando i tedeschi! Ma guarda bene - parlavano forte, in cortile - non son tedeschi, abbiamo aperto i vetri per sentire bene e tutto, e parlavano italiano. E allora, dico: sono i fascisti. E mia zia dice: ma, non hanno la camicia nera. Abbiamo aperto la porta - perché se non apri le porte te le buttano giù - e un gruppo che saranno stati otto o dieci, hanno incominciato a rincorrere le galline per il cortile e volevano sparare al cane. E io quella volta da su, dal terrazzino ho gridato: guai a voi se sparate al cane! E allora si son girati qua e là, e uno andava nella stalla, e due o tre dietro a lui, e questo qua si era fermato nel cortile, controllava la casa e tutto e allora ho detto: zia, scendiamo! E allora siamo andate sul pianerottolo della scala, e io come tutti i bambini che sparano delle cose - mia zia, povera, tremava come una foglia -, mi sono affacciata, ho visto uno che conosco che stava vicino a mia nonna, e allora ho gridato: ciao Uccio, cosa fai qua? Aveva il mitra a tracolla, in divisa, e lui allora ha dato l’alt a tutti - specialmente a quello che voleva tirare al cane - e dice: ma te cosa fai qua? E, siamo sfollati da questa mia zia, e dico: guarda che siamo qua tutta la famiglia mia più quella di zia Irma, e mai nessuno da qui ha portato via una patata, e voi adesso volete portare via un vitello? Con mia zia [che è ] da sola con mio zio in Germania?! Ha raccolto tutti e non hanno portato via niente e son venuti via. La prima volta che son venuta a Pola - se c’era un periodo che non bombardavano tanto, allora io facevo sempre un salto a Pola, perché mio papà era sempre presente sul lavoro- mi ha detto: quel giorno siamo venuti via e non abbiamo fatto del male a nessuno, ma che non ti venga di parlare a Castegnere - il mio rione si chiama Castagnere - né a scuola né in nessun posto che mi hai visto col gruppo, guarda che vai a finire male! Dico: stai tranquillo che sto zitta, e infatti non ho mai parlato con nessuno. E dopo poi quando ha finito la guerra lo avevano processato e perdonato, perché risultava che non aveva mai ammazzato direttamente nessuno. Andavano a far provviste, e se qualcuno sparava era un disastro! Perché se i partigiani dai boschi sparavano una volta, loro bruciavano tutto il paese, facevano disastri. Però se non provocavi, niente... Dopo, in vita privata, lui è andato a fare - noi diciamo - il beccamorto. Si, quando uno provocava e da qualche parte sparava loro rispondevano, e avevano la mania di bruciare i paesi.
Maria Man.
I tedeschi, i tedeschi... Chi li rispettavano [non succedeva niente]. Si, va beh, poi si davano da ... [Leggi tutto]
I tedeschi, i tedeschi... Chi li rispettavano [non succedeva niente]. Si, va beh, poi si davano da fare, perché al confine c’era di mezzo anche la resistenza, e quindi a reazione, come dire, corrisponde reazione contraria. Si, ci sono state delle cose. Io ero ragazzo, per cui non entravo in queste cose qua. Però mio padre, per esempio, che è tornato dopo l’8 settembre a casa, ha preso lavoro come autista con una azienda edile, per cui faceva l’autista. Io so che da una parte aveva gli amici che erano partigiani, dall’altra aveva quelli che erano [fascisti] e, come dire, uno cercava di convivere in maniera da non essere sempre in mezzo. Però bisognava anche dire a un certo punto...Quando si parla che l’Italia [il fascismo] ha fatto questo e ha fatto quello, io so che lo han fatto in tempo di guerra, non prima. Prima c’erano, come dire, i luoghi dove mandavano al confino, ma non c’erano i lager, non c’erano i lager. Dopo son venuti i lager, dopo. E quando son venuti i tedeschi è cominciato San Sabba, e compagnia e briscola. Ma prima, prima della guerra, non c’erano cose che poi hanno fatto vedere Tito, Stalin e compagnia. Hitler poi non ne parliamo!
Otello S.
Ho avuto degli amici partigiani. Uno, che vive adesso a Vicenza, era una mia simpatia, e stava ad ... [Leggi tutto]
Ho avuto degli amici partigiani. Uno, che vive adesso a Vicenza, era una mia simpatia, e stava ad Abbazia. E allora da Fiume ad Abbazia sono quindici chilometri, e sono andata a casa ad Abbazia da loro. Da lì siamo andati in collina a portare da mangiare, che ricordo che se si andava un po’ più avanti c’era un canale dove cinque o dieci minuti prima son passati i tedeschi e hanno ammazzato il fratello nel canale. E portavamo un po’ da mangiare per loro; e allora di qua c’era il castello coi tedeschi, e di qua c’era il bosco coi croati, anzi coi partigiani, perché i partigiani erano anche misti, eh! Io li ho visti così.
Amedea M.
Io ho partecipato alla guerra, non tanto per ideologia, quanto [perché ] o dovevi andare di qua, o ... [Leggi tutto]
Io ho partecipato alla guerra, non tanto per ideologia, quanto [perché ] o dovevi andare di qua, o dovevi andare di là. Quando l’Italia ha capitolato, cosa è successo? L’Italia ha capitolato, il territorio è stato annesso alla Germania, e hanno cominciato a chiamare i ragazzi del ’25, chiamarli militari sotto la Germania, che avevano l’emblema della capra [la capra è il simbolo dell’Istria] qui [sulla spalla], lo sa questo, vero? E allora, praticamente la maggioranza è scappata via e si è infilata nei partigiani. Io, come sono andato nei partigiani, avevo tre fratelli militari, in Marina; tutti e tre marinai. Uno dalla Sicilia è arrivato fino al paese e poi è andato partigiano subito, fin dal ’43. Di conseguenza una notte sono arrivati i fascisti a casa nostra: ci hanno buttato giù dal letto, e cercavano sti fratelli. Uno è andato partigiano e gli altri tre erano in Italia, ancora nella Marina. E di conseguenza lì era una scelta: o ti nascondevi a casa in soffitta a non farti più vedere perché ti prendevano anche alla mia età, a diciotto anni, oppure dovevi andare via. E allora io sono andato partigiano. E quel periodo, che siamo andati via eravamo tanta di quella gente dall’Istria! Che ci prendevano, ci raccoglievano e poi ci smistavano. Io sono andato nel battaglione Budicin, nel famoso battaglione Pino Budicin. Io Budicin l’ho conosciuto vivo: lui era una persona sempre di sinistra, è stato un comunista convinto. Le dicerie sono che praticamente gli stessi partigiani lo hanno ucciso, perché era un elemento che voleva l’italianità. Era un elemento che, in parole povere, dava fastidio, e quindi il nome è stato il suo. Poi noi siamo andati partigiani e siamo andati a finire in Vospi Kotan, in Slovenia. E la faccenda era bruttissima: tanta sofferenza, tanta fame, tanta paura e tanta guerra. Una fame perenne, non c’era mai da mangiare! Guardi, si mangiava quando si trovava: patate e brodaglia. La mattina e anche alla sera, patate. Quattro patate. Io ho visto ragazzi che vanno a prendere le ossa dei cani e a maciullarle per fare da mangiare. Tipo campo di concentramento; proprio una fame tremenda! Il rapporto coi partigiani slavi... Beh, noi non potevamo accorgerci, però anche nella mia ignoranza, io ho capito. Ad esempio: nel periodo che eravamo in Istria, prima di passare il confine e andare nel Vospi Kotan, c’era un gruppo di partigiani, tra cui anche un rovignese, che son già partiti l’idea di essere si partigiani, ma con una certa libertà e una certa indipendenza nostra. E quei partigiani sono stati perseguiti. Perché mi ricordo che davano la caccia a questo gruppo di partigiani, che son partiti dall’idea di non dipendere dalla Jugoslavia ma di avere una dipendenza loro di partigiani: siamo qua a casa nostra e lottiamo per conto nostro, non per voi. E a questo qua gli davano la caccia, poi l’han preso, e però poi han sistemato la cosa, si è appianata, però c’erano dei contrasti. Io la guerra l’ho fatta prima in Istria, nei dintorni di Pola, a Pisino, nella parte interna. Eravamo la famosa Compagnia Rovignese, eravamo in tre però di Rovigno. E di là poi, dopo un certo periodo di combattimento, siamo andati oltre confine, oltre il Monte Maggiore. E di là siamo andati poi nel Vospi Kotan in Slovenia, e abbiamo formato questo famoso battaglione che era il Pino Budicin. Di là poi abbiamo combattuto in Slovenia e in Croazia, attorno ad Ogulin, che lì è stata la nostra battaglia, la nostra tortura. E dopo, tornando indietro, io sono rimasto ferito. Son rimasto ferito in combattimento, da un colpo di mortaio tedesco. Quando che è stata l’offensiva che si va giù verso l’Istria, tutta la divisione andava verso l’Istria. Allora c’era anche mio fratello, che era commissario di compagnia. Eravamo un gruppo di fratelli, sei sette di cui due son morti tutti e due. Quando han detto andiamo verso l’Istria, c’è stata la divisione e noi siamo andati verso Lokove. Lì han messo le compagnie una di qua e una di là. Io mi son trovato in mezzo al bosco, fitto fitto, da solo davanti alla compagnia. Ti mettevi sempre davanti alla compagnia, un cento duecento metri. E lì, nascosto sotto le rocce, in quel momento si è sentito uno sparo: traccianti a destra e a sinistra, un combattimento tremendo! Son rimasto là sotto, la compagnia più indietro, e la mattina siamo scesi giù di nuovo e siamo andati in un’alta quota. Io ero seduto con un mio compaesano che aspettavamo l’ordine di fare il contatto con un’altra compagnia, mentre tre o quattro più avanti, in posizione, sparavano. In quel momento ho sentito un fischio e pum! Mi ha preso vicino alla gamba, poi il piede, poi mi sanguinava la testa. Mi sanguinava la testa! Mi han fasciato la testa e via. Ci han portato con i carri fino a Segna, che era già liberata, dopo Fiume. E di là ci hanno imbarcato sui piroscafi, e io sono andato a Spalato. Son tornato a casa nel ‘45, quando era finito tutto. Come partigiani non eravamo isolati, anzi, la popolazione mi ricordo che anche su nel Vosli Kotan ci accettava volentieri. A dire la verità, sono sempre stati solidali con noi, non mi sono mai accorto che ci accettavano male perché eravamo italiani. No, no, tutt’altro. Ci vedevano come un’unica cosa. Tra di noi parlavamo in italiano, perché il battaglione Budicin era solo tre compagnie, che poi siamo rimasti praticamente quasi una e mezza. Tra di noi comunicavamo sempre in italiano, ma con gli slavi non ci capivamo. Io mi ricordo che quando c’era fame e magari ti umiliavi ad andare da qualche famiglia a domandare qualche patata, era gente povera anche loro, e allora qualche parola veniva fuori. A domandarle una patata si sapeva!
Aldo S.
Eh, i partigiani... I partigiani erano partigiani slavi, e c’era un sergente, che lui non capiva il ... [Leggi tutto]
Eh, i partigiani... I partigiani erano partigiani slavi, e c’era un sergente, che lui non capiva il croato, io capivo e facevo come interprete. E un sottufficiale gli chiede a questo sergente se vuole combattere coi partigiani, e lui gli dice che non sta bene, che non può, e allora il capitano fa così a un soldato e dopo due minuti sento due spari, tan tan. Dopo domanda a me: vuoi combattere coi partigiani? E io dico: si, per forza, cosa dovevo fare? Mi ammazzavano! E infatti io poi sono rimasto coi partigiani, e ho fatto tutta la guerra. Ma noi combattevamo contro gli ustasa, che erano croati, fascisti croati e i cetnici, che erano monarchici, e avevano tutti i capelli lunghi, perché avevano giurato di non tagliare i capelli finché re Alessandro non torna. E allora, com’era? Tutti e due combattevano insieme coi tedeschi, però si combattevano uno con l’altro, perché i croati volevano essere indipendenti, e questi cetnici erano serbi, erano monarchici e non volevano che la Jugoslavia si disfa. Prima di diventare comandante di compagnia mi han messo come osservatore, ad andare fino alle prime linee nostre, e oltre, e stare attento da dove spara la mitragliatrice e da dove spara il cannone. Io dicevo tanti metri a sinistra o a destra, e andavo quasi quasi fino ai tedeschi, era molto pericoloso! E niente, ho sempre fatto bene la cosa che poi sono stato preso in simpatia. [Io ho combattuto] in Serbia, in Slavonia e in Kosovo. [Con me c’erano solo] croati. Erano partigiani, ma erano bravi ragazzi. Li comandavano, magari, di fucilare uno, e loro se si rifiutava gli dicevano ti mettiamo anche a te sul muro, e certi rimanevano nascosti. Ragazzi presi dai paesi, di brutto, e portati tra i partigiani. [La popolazione] per dire la verità, forse per paura, ci facevano vedere che ci volevano bene, ma per paura.
Giovanni R.
I fascisti hanno bruciato i paesi, poi li hanno bruciati anche i tedeschi, perché erano in combutta ... [Leggi tutto]
I fascisti hanno bruciato i paesi, poi li hanno bruciati anche i tedeschi, perché erano in combutta coi fascisti. Sentivo parlare dei tedeschi da mio marito, che diceva: noi coi tedeschi stavamo bene. Perché mio marito stava via da me [lontano da casa mia] quattrocento metri, io abitavo in un posto e lui in un’altra via. E lui ha detto che i tedeschi quando giocavano gli davano pane, le davano vasetti di latte in polvere e tante cose. E infatti mio marito lo diceva sempre: noi coi tedeschi stavamo bene. Logico che poi c’erano le spie, che appena dicevano qualche cosa allora i tedeschi andavano e prelevavano. Hanno ucciso tanta gente per le strade, eh! Dei tedeschi mi ricordo, ero piccola, che prelevavano, che li portavano via con i camion, perché tanta gente di Dignano son andati via, che poi anche tanti son tornati, diversi con il numero di matricola del campo sul braccio. Erano antifascisti, portati via, con il marchio. I tedeschi portavano via, per esempio han portato il mio padrino in Germania. Che poi non è più tornato, in campo di concentramento. Poi il padrino di mio marito, che è tornato a piedi da Auschwitz quando è finita la guerra, che si è salvato ed è tornato a piedi da lì. E allora mi ricordo che mia mamma raccontava che mio papà in quel periodo ha lavorato per sei mesi in cantiere navale a Pola, sotto i tedeschi, che li han tolti dalla miniera perché avevano bisogno di armi, di navi o che, ed è morta di paura. Perché mio papà, siccome lavorava in cantiere navale, con i carpentieri, aveva fatto un doppio fondo nel tavolo, e hanno nascosto lì sotto sto mio padrino. E sono venuti [tedeschi] perché la gente faceva rastrellamento nelle case, e chi cercavano? Questi che avevano i negozi. Per esempio questo mio padrino aveva un negozio, vendeva le stoffe e non faceva male neanche a una mosca! A qualcuno dava fastidio questo mio padrino, agli stessi paesani, perché i tedeschi non venivano da dieci chilometri fuori per questa persona, che non la conoscevano neanche, per dire. Quindi c’era le spie interne ai tedeschi. E mia mamma l’ha salvato: mi ricordo che quando son venuti dentro [casa i tedeschi] le han chiesto dove fosse mio papà. E mia mamma le ha detto: arbheit Pola. Ah, good good! Mia mamma si è salvata così, dicendo che mio papà lavorava per loro a Pola, e perciò mia mamma stava tranquilla. Mio santolo [padrino] così è rimasto otto giorni a casa da mia mamma. Però, quando è tornato a casa, manco a farlo apposta, la notte stessa son andati a prelevarlo; c’erano quindi spie, proprio nell’interno.
Anita B.
Mi ricordo dei tedeschi, che mia mamma si è spaventata. Faceva la polenta - era mezzogiorno -, sono ... [Leggi tutto]
Mi ricordo dei tedeschi, che mia mamma si è spaventata. Faceva la polenta - era mezzogiorno -, sono arrivati dei ragazzi giovani e mia mamma ha incominciato a tremare. [Erano venuti] per fare dei controlli, per vedere se mio padre era in casa, se c’era mio fratello - allora c’erano tutti i partigiani intorno nelle campagne -, controlli. Quello che mi ricordo [è] mia mamma che tremava, e uno di questi ragazzi la calmava, cercava di tranquillizzarla. La tranquillizzava un po’, e poi mia mamma qualcosa [di tedesco] capiva, perché durante la prima guerra mondiale era stata profuga in Ungheria, poi dopo in Austria e allora qualche parola [di tedesco] la capiva. Ma non è successo [niente]. Quello mi ricordo. Poi si, dei tedeschi si aveva paura, però io, ragazzina, mi ricordo che andavamo a vedere le colonne dei tedeschi che passavano, incoscienza di ragazzi! Passavano e mi ricordo dei mongoli. Ecco, mi ricordo dei mongoli, che in mezzo a questi [tedeschi] c’erano dei mongoli. E mi ricordo che dicevo: che diversi che sono da noi! Ma non è che mi ricordo tantissimo. In casa se ne parlava, ma non tanto, perché parlavano tra di loro i grandi e noi a una certa ora ci mandavano a dormire. Poi ricordo i partigiani, che bisognava dir niente, muti e basta. Anzi, si doveva ancora dare qualcosa, perché passavano dai contadini a prelevare qualcosa da mangiare e si, bisognava dare. Come si dava una volta all’ammasso quando c’era la guerra. Perché mi ricordo i miei che davano sempre tutto quello della campagna - un tot - all’ammasso, perché c’era la guerra di Spagna, la guerra d’Africa, la guerra... C’era sempre una guerra! E han continuato anche quella volta.
Argia B.
Io ho visto l’entrata dei tedeschi in città [a Pola], e mi ricordo che mio padre - che conosceva il ... [Leggi tutto]
Io ho visto l’entrata dei tedeschi in città [a Pola], e mi ricordo che mio padre - che conosceva il tedesco perché era nato sotto l’Austria e l’Ungheria - mi ha anche insegnato a chiedere un pezzo di pane ai tedeschi. E qualcuno me l’ha anche buttata dal carro armato tedesco una pagnotta di pane nero, che tra l’altro non mi piaceva! Quello è stato, diciamo, il primo impatto con la guerra.
Claudio D.
Ho visto proprio la malvagità delle persone: si vedeva i tedeschi che con la baionetta picchiavano ... [Leggi tutto]
Ho visto proprio la malvagità delle persone: si vedeva i tedeschi che con la baionetta picchiavano i prigionieri, gli davano. Per esempio, io a scuola avevo un’amica ebrea. E una volta non l’abbiamo vista - era una bella bambina - e si vedeva la chiesa degli ebrei tutta incendiata, abbiam visto la retata. E io dicevo a mia mamma: cos’è quello, perché vanno a prendere tutti quelli? Lei non me lo diceva, poi ho saputo che erano gli ebrei. Andavano casa per casa, dove sapevano che c’erano ebrei - c’eran le spie - e poi li vedevi uscire con questa gente. Io quando non ho più visto la mia amica - non mi hanno detto dove’era, penso che l’hanno requisita - mi son messa a piangere. Mamma mia, vedere dei bambini che si aggrappavano alla mamma e i tedeschi proprio con una ferocia li tiravano. Guarda, me li sognavo di notte. Quando sono venuta a Torino mi svegliavo di soprassalto e mia mamma mi diceva: no, siamo qua, è finita la guerra. Mi ha schoccato. Anche quando vedevo i tedeschi che chiedevano da mangiare, io dicevo a mia mamma: non gli dare! Io dicevo a mio papà che era a Udine, che la mamma era cattiva perché ha dato da mangiare ai tedeschi. Io già inconsciamente dicevo: no, i tedeschi sono cattivi, perché hanno fatto tanto del male anche alle mie compagne di scuola. Mi è restato impresso quello, che hanno portato [via] una bambina. Poi da un’altra classe [ne hanno portato via] un’altra. Una volta è venuto un tedesco a scuola - non nella mia classe, era la quinta, penso - e ha detto il nome di una Rose Marie, non ricordo come si chiamava. E la maestra gli ha detto: veramente non ho capito cosa mi dice, e invece l’aveva capito - sapeva il tedesco più dell’italiano - e lui le ha fatto vedere un foglio, e lei ha dovuto accompagnarlo. E lui parlava metà tedesco e metà italiano: accompagnare, subito, raus! E lei è andata, e c’era fratello e sorella - quello l’ho visto, perché noi bambini eravamo curiosi, avevamo paura ma volevamo vedere - e lui ha preso questi due bambini, li ha tirati, son persino caduti e li ha portati via. E la maestra gli ha detto: no, lasciali, perché li dovete portare via? Chiudere porta! Ha dovuto chiudere e li ha trascinati via, e da allora non li ho mai più visti. Dunque, quello è inumano. Io non so se gli italiani erano così feroci, però non li ho mai visti. Guardi, son scene che si ripercuotono dentro di me. Io odio i tedeschi. Mia nipote: portami in Germania. No, io in Germania non ci andrò mai, te puoi andare [io non ci vado]!
Fernanda C.
Dobbiamo dire, onestamente, che i rastrellamenti li hanno fatti anche i tedeschi, quando sono ... [Leggi tutto]
Dobbiamo dire, onestamente, che i rastrellamenti li hanno fatti anche i tedeschi, quando sono venuti: hanno portato via quelli che reputavano di portare via, perché cercavano solo quelli che erano antifascisti e anti tedeschi, e quindi c’è n’era di meno. Mentre gli slavi portavano via l’italianità, e quello era un discorso diverso. Io ricordo, per esempio che mia nonna aveva il forno, e i tedeschi gli avevan portato via i sacchi della farina per fare il pane, non glieli hanno portati via solo i titini dopo, sia ben chiaro! Qui non si tratta di calcare la mano nei confronti di un sistema o di un regime, ma di atti e di gesti che vengono fatti.
Fulvio A.
Un giorno [una mia zia] tornando dalla Fabbrica Tabacchi di Rovigno, la fermano lungo la strada che ... [Leggi tutto]
Un giorno [una mia zia] tornando dalla Fabbrica Tabacchi di Rovigno, la fermano lungo la strada che attraversa il paese tre partigiani - erano lei e una sua amica - e le dicono, in dialetto: g’avemo bisogno che venie con noi in bosco, perché abbiamo bisogno che le donne ci facciano le maglie e ci facciano da mangiare, e allora venite con noi. E l’amica di mia zia fa: va ben, allora vegno. E mia zia - più intelligente, forse - ha detto prontamente: guarda, arrivo adesso dalla fabbrica, vado a casa, me cambio, prendo qualcosa da portarme drio e poi se trovemo. Dime dove se trovemo e venio. E così è tornata casa, e ha raccontato a sua mamma, e sua mamma le ha detto subito: per carità, così come che ti sei, non prender neanche un fagotto e va subito a Pola. E’ scappata, non è andata all’appuntamento ed è andata poi a Trieste. E quindi lei si è salvata, e della sua amica non si è più saputo niente. Il mattino dopo arrivano questi qua a casa di mia mamma a cercare la zia. E mia nonna fa finta di cadere dalle nuvole: ma non so fio, non s’è rivada a casa, non capisco, la stemo aspettando e semo in pensier. Ha fatto la sceneggiata per fortuna, e questi furibondi se ne sono andati. Il giorno dopo mia mamma è partita per andare a portare qualcosa a sua sorella. Questi qua - che la tenevano d’occhio - la fermano - mamma si era vestita tutta doppio sotto, per non far vedere che aveva della roba -, e le hanno chiesto dov’era. E lei: vado a fare una commissione e poi torno a casa, avete bisogno di qualcosa? Ah, no, no, cercavamo tua sorella. Eh, non so, non è ancora tornata a casa. E così la zia si è salvata, non l’hanno presa ed ha fatto la sua vita.
Ginevra B.
Prima c’erano i tedeschi, che mio padre, essendo contadino, andava a lavorare in campagna. E lì [a ... [Leggi tutto]
Prima c’erano i tedeschi, che mio padre, essendo contadino, andava a lavorare in campagna. E lì [a Dignano] c’è stato una volta un rastrellamento: era al tempo delle olive, che mio padre era su un albero, ed erano lui, mia mamma e cinque persone. E sono venuti i tedeschi e fanno il rastrellamento, e prendono anche mio padre e lo volevano uccidere, perché ne avevano ammazzati di tedeschi. Un tedesco ucciso, [valeva] dieci cittadini. E uno veniva ucciso... E quello lì era mio padre, solo che cinque figli, piccoli, quello e quell’altro e si sono un po’ commossi. Poi in quel periodo lì c’era un mio zio anziano, con due giovani in una valle vicino, e li avevano presi anche lì. Che questo mio zio sarebbe un fratello di mio nonno, e hanno preso lui e tre giovani. Hanno preso loro e li han portati un po’ distanti in una valle, e lì erano pronti proprio per ucciderli. Però non so chi è venuto, se è venuto qualche cosa, c’è stato un subbuglio e li hanno salvati. Però questi qui... Infatti uno è morto di spavento, un giovane, e l’altro giovane dopo due anni è morto di crepacuore, dello spavento che ha preso in quella valle lì. E lì abbiamo preso paura. Poi i tedeschi arrivavano in casa mia, perché mio papà aveva una stalla, ed era d’inverno. Perché a novembre si raccoglieva le olive, a novembre, che era freddo, perché mi ricordo i tedeschi che erano vestiti da inverno, con sto cappello. Io li vedevo dalla mia finestra della cucina, perché la cucina era a piano terra. C’era un pezzo di legno e poi il vetro, e io vedevo la testa, il fucile e il loro passo. Erano vestiti duri, e quello mi è rimasto proprio [impresso]. Ancora tutt’ora mi fa proprio male sentire quel passo. [Avevo] paura perché mio padre e mia madre [mi facevano] shhh! Mi dicevano di stare zitta, di non far rumore e di non parlare perché lì c’erano loro [i tedeschi]. E dormivano anche nella stalla, con quattro, cinque, sei cavalli. Avevano preso la stalle di mio padre che aveva gli animali e li aveva messi nel cortile. Allora, quello spavento lì, poi è venuta anche la guerra, e per due anni [è durata]. Poi lì c’era la paura di cucinare, perché poi sono venuti i tedeschi e i partigiani, era tutto un miscuglio! Perché anche quelli lì [i partigiani], mio padre che andava in campagna, portava da mangiare per loro. Perché avevamo un cugino o due che erano nei partigiani e si portava da mangiare. E infatti mia madre diceva a mio padre: Francesco, non ti fidare tanto, perché tutte le mattine che andava in campagna, gli portava da mangiare a sti giovani che erano là. E allora, gli spaventi! Io che ero bambina, che avevo undici anni, sentivo anche io. Perché si sapeva: ti prendono e ti uccidono. Si sapeva che la fine era quella lì. Io sentivo, vedevo, ma avevo undici anni e non sapevo se erano gli uni o gli altri. Poi un’altra cosa... Un mio cugino - aveva dodici anni -, voleva andare prete, perché era un ragazzo speciale! E andava a prendere lezioni da un sacerdote in una casa. E questa casa di fronte al prete, era la [casa] cantoniera, sa quelle lì rosse? E lì era occupata dai tedeschi: loro dalla soffitta si sono affacciati - sai dalla soffitta devi avere una finestra piccola - e li hanno visti. E infatti mio cugino l’hanno proprio ucciso, gli hanno sparato. Dodici anni aveva. Era una finestra piccola, e infatti tutti dicevano ma come hanno fatto a vederli? Io non so dirle.. E lì infatti è stato veramente spavento. E anche il prete è andato ko, perché sa, avere un ragazzino di dodici anni vicino, e diceva poteva capitare a me. Poi anche il fatto che non si poteva cucinare... Perché mio padre non poteva fare cuocere [niente], perché se vedevano il fumo... Si che noi avevamo la stufa... Perché allora il pane si andava a fare nel forno, e lì non lasciavano più cuocere. Avevano chiuso tutto, e mia madre faceva un po’ di pane nella stufa, perché poi ci avevano dato anche i biglietti [la tessera]... Perché allora non si poteva lavorare, si doveva dare tutto al municipio.
Maria Mn.
Io avevo un fratello coi partigiani italiani, che poi l’hanno ammazzato subito, perché è scappato ... [Leggi tutto]
Io avevo un fratello coi partigiani italiani, che poi l’hanno ammazzato subito, perché è scappato da casa l’ultimo di aprile. E’ scappato... Son venuti a prenderlo l’ultimo di aprile, e il 13 giugno l’hanno ammazzato. L’hanno ammazzato i fascisti perché facevano un rastrellamento - aveva diciassette anni - e lui essendo giovane e piccolo non lo mandavano su nella vecchia Jugoslavia, ma era lì nell’Istria, faceva un po’ da corriere e cose così. Mi ricordo mia mamma che era andata un po’ di volte in una famiglia a portarle la roba da cambiarsi, e lì qualcuno aveva detto che a Santa Domenica c’era un gruppo di partigiani, così e così, e sono andati a fare un rastrellamento e hanno visto in una casa che c’erano sti ragazzi. Mio fratello è scappato e ha saltato un muretto - sa i muretti che ci sono in Istria, di pietre - e quando era sul muretto per saltare oltre gli hanno sparato da non tanto lontano ed è caduto da una parte, che loro poi non l’hanno visto. I vicini di casa gli hanno fatto la veglia, l’hanno vestito e l’hanno seppellito. Poi quando è finita le guerra io e mia mamma andavamo ad aspettare sti partigiani titini che vengano, e tutti aspettavamo che i nostri arrivino; nessuno ci ha avvisati che il nostro non c’è, e siamo andate due o tre volte io e mia mamma, e dopo non andavamo più. Perché sono arrivati due o tre che erano andati via nel periodo di mio fratello [e mia madre gli chiedeva]: Mario, sai qualcosa di mio figlio, Rudi, sai qualcosa di mio figlio? No, no. Ma ti dicevani un no... Non so, come vergognosi, così. E poi non andavamo più. E poi son venuti a casa a dircelo.
Maria Man.
Vorrei parlare del Comitato di Liberazione Nazionale e dei partigiani italiani, triestini e ... [Leggi tutto]
Vorrei parlare del Comitato di Liberazione Nazionale e dei partigiani italiani, triestini e istriani, che hanno combattuto e che non erano solo la Pino Budicin. Perchè recentemente sono stao a Trieste - l’altra settimana - alle comunità italiane, alle Comunità istriane, che è una delle due associazioni a Trieste che raggruppa gli istriani, e sono un’emanazione diretta del Comitato di Liberazione Nazionale di Trieste, e ho letto delle cose - alcune le conoscevo, alcune no - che mi hanno fatto capire quanta gente ha lottato perchè l’Istria restasse italiana, quanti istriani hanno lottato da partigiani contro i tedeschi. E poi, niente, c’è stato anche questo conflitto tra le due ali dei partigiani, quelli jugoslavi e quelli italiani, e hanno vinto loro, perchè se no non saremmo qua! E mi piacerebbe dire questo.
Fulvio A.
Dei tedeschi posso dirti una cosa. Una cosa che però mi ha detto mia madre tantissime volte. ... [Leggi tutto]
Dei tedeschi posso dirti una cosa. Una cosa che però mi ha detto mia madre tantissime volte. Allora... Mio padre decide di portare la famiglia in campagna per metterla al sicuro, e poi torna in paese col carro. Noi siamo in questa cascina, e in questa cascina - dopo l’ho saputo - c’erano due che erano due militari italiani che stavano cercando di ritornare a casa, quando l’esercito [si era disciolto]. E allora li avevano ospitati, li avevano dato da mangiare e loro per un po’ avevano lavorato nei campi e avevano dato una mano. Probabilmente devono averli visti col binocolo, e son venuti. E ‘ venuta una squadra di tedeschi verso la cascina. Quando si sono accorti, hanno preso questi due, li hanno nascosti in stalla, gli hanno messo una balla di paglia davanti per nasconderli e poi sono arrivati i tedeschi e ci hanno messo tutti quanti davanti sull’aia e cioè io, mia madre, mio fratello -io ho un fratello -, con tutti quelli della cascina: le vecchie, i giovani e tutti. Anzi, più che nell’aia eravamo in una zona un po’ alta dove c’era la cisterna, un terrazzino. Tutti lì con il mitra, fermi, e i tedeschi sono andati a cercare per tutta la casa. E i tedeschi stavano lì, duri, con il mitra, ed erano seri, né un dialogo, né niente. Han cercato, han cercato, sono andati in soffitta dappertutto e non li hanno trovati. Allora, dicono, che se li avessero trovati fucilavano quelli, bruciavano la cascina e ci fucilavano tutti. Invece non li hanno trovati, e a un certo momento il comandante ha suonato col fischietto. Allora tutti sono venuti lì e da quel momento in poi han cambiato aspetto questi tedeschi: han messo giù il mitra, han cominciato a parlare, dicevano a mia nonna mutter - madre - e le facevano vedere le fotografie delle loro famiglie, e pian piano sono andati via. Questa è una delle più grosse; comunque se li trovavano, se spostavano una balla di paglia era finito tutto. Non facevo l’intervista qua oggi, eh, eh! Poi anche dei partigiani te ne posso dire... Il fratello di mio padre, mio zio, è andato addirittura in bosco, è scappato come partigiano, ma allora lui era giovane, aveva sedici, diciassette anni. Però poi so che è ritornato e poi è scappato a Pola. Bisognerebbe capire le dinamiche... Però lui è andato [partigiano] e anche altri parenti nostri, perché poi li hanno spostati dall’Istria all’interno della Jugoslavia, e lì mi ha raccontato dei fatti abbastanza brutti: mangiare bucce di patate pur di tirare avanti, freddo, e cose del genere. Lui faceva parte di quel famoso battaglione Pino Budicin, che è il battaglione dell’Istria. Però lui a sentirlo parlare diceva: tre volte ci hanno battuto, ma a me non mi ha mai ammazzato nessuno... Comunque, lui poi deve essere scappato via... E’ tornato a Dignano e poi è scappato a Pola, dove, a Pola, c’erano gli inglesi e gli americani. E poi lì mi raccontava invece fatti di questo tipo qua: che Pola, si, dentro c’erano gli americani e tutto, però all’esterno, nelle periferie, erano botte tra italiani e slavi, si incontravano quasi come bande e si picchiavano. Comunque, così. Poi non so, partigiano è andato anche mio padre, però se guardi la data, [è andato] dal 4 maggio 1944 al 1 maggio 1945, per cui era già una data che era quasi finito tutto. La presenza dei partigiani, comunque si vedeva, caspita! Adesso io non so bene, però, voglio dire, allora anche mio padre ha un merito, che dovrebbero metterlo tra quelli che hanno salvato degli ebrei. Perché mio padre, a un certo momento, ha preso due ebrei da Pola, li ha caricati sul carretto vestiti da contadini e li ha portati fino a Trieste. Con tutto il rischio che comportava, perché li avessero fermati... E lo vogliamo mettere come un eroe di quelli dei giusti? No, ma lui l’ha fatto perché gli han fatto una proposta, gli han detto: ti diamo tanto, li porti? Eh si!
Mario B.
Io mi ricordo che nel ’41 - si, mi sembra che era il ’41 - c’è stata la famosa occupazione degli ... [Leggi tutto]
Io mi ricordo che nel ’41 - si, mi sembra che era il ’41 - c’è stata la famosa occupazione degli italiani in quelle terre, era il regime che si era abbinato coi nazisti. Da noi i tedeschi son venuti nel ’43, quando c’è stato lo scioglimento dell’esercito italiano, l’8 settembre. Tutti gli italiani scappavano via, e quando c’è stato questo ribaltone mi ricordo, perché erano dei ragazzi giovani, erano giovani. Io avevo magari sei- nove anni, però me li ricordo, perché , insomma, chiedevano praticamente dove scappare, non sapevano dove dovevano andare. E quel periodo lì per una ventina di giorni c’è stato un po’ di bordello. Poi son venuti i tedeschi che hanno occupato dal ’43 al ’45, in aprile. Io mi ricordo bene che [i tedeschi] sono arrivati in marina e mi ricordo che dal porto di Veglia cannoneggiavano, c’è stato d’ogni modo un periodo che non è stato tanto bello. L’arrivo dei tedeschi lo ricordo perfettamente. Avere nove o dieci anni non è che faceva tanto effetto, noi pensavamo più a giocare che a interessarsi di quelle cose politiche. Si sapeva solo che c’era sto cambio... Certo, che quando c’erano gli italiani - dal ’41 al ’43 - era come adesso, perché lì c’era libertà di circolazione per noi e anche i slavi son stati abbastanza tranquilli in quel periodo. Invece quando c’erano i tedeschi era un pochettino... Avevamo un po’ paura: io mi ricordo la sera che passavano a fare le ronde, qualche volta sbucavano fuori con sta testa e facevano un po’ di impressione. E poi da bambini rimane impressa questa cosa. Poi i tedeschi quando sono arrivati, hanno militarizzato: i pescherecci erano militarizzati, e allora erano al loro servizio. E quando avevano bisogno loro chiamavano, e non c’era niente da fare. E in una di queste chiamate qua - mi sembra che doveva essere il 30 ottobre, perché papà è mancato il 30 ottobre - lo hanno chiamato - mi ricordo all’una e mezza - da sotto, dal cortile, che dovevano fare una spedizione a Ponte, che è un’isoletta vicino a Veglia dove c’è una baia grossissima. E io non so perché non sono andati con quei camion o cosa, se avevano paura di essere assaliti o cosa, e volevano essere trasportati via mare. E c’erano, non so, dodici soldati tedeschi e tre dell’equipaggio, mio papà e altre due persone, che poi un altro è morto e uno si è salvato. E sono venuti poi degli apparecchi - ed è naturale che quando trasportavano i tedeschi sapevano, come tutte le parti le comunicazioni c’erano -. Di dove partissero non lo so - non so se magari da Pola -... D’ogni modo, son venuti sei o sette apparecchi e li hanno mitragliati, me li ricordo. Me li ricordo: noi eravamo a Marina - eravamo al porto - e vedevamo sti apparecchi, che sembravano degli avvoltoi... E c’erano sti apparecchi che mitragliavano e, insomma, li hanno fatti fuori: mio papà è morto, un altro dell’equipaggio anche, un terzo dell’equipaggio si è salvato e i tedeschi un po’ sono morti e un po’ si son salvati. Allora da quel momento lì è cominciata a venir la fame: questo era nell’ottobre del ’44, ma fino a quel momento lì che c’era ancora mio papà noi siamo stati bene. Perché i pescatori erano una categoria che andavano bene, perché si muovevano, pescavano, portavano il pesce nei mercati e allora c’erano degli scambi con tutte ste cose e si stava bene.
Mario M.
Si dice che [mio padre] era della Repubblica di Salò. Io non condivido le sue idee, però si ... [Leggi tutto]
Si dice che [mio padre] era della Repubblica di Salò. Io non condivido le sue idee, però si racconta questo. In famiglia si dice che il fratello di mia mamma era un vero fascista. Però mio papà non voleva professare questo tipo di [ideologia], era un tipo laico, non aveva nessuna idea politica, però per mantenere la famiglia ha preso la tessera della Repubblica di Salò. Mio papà non ne voleva sapere [del fascismo]. E sembra che ci sia stato un complotto che hanno ucciso il mio papà e un altro militare, il 23 di febbraio. Aveva un permesso, e [l’hanno ucciso] tornando da Abbazia, tra Abbazia e Bolosca, e infatti c’è ancora il ceppo del papà. E’ stato ucciso per questo motivo qui: sembra che questo zio abbia riportato: guardate che passerà mio cognato... E allora lo hanno ucciso i fascisti, nonostante fosse della RSI. E la mattina che è mancato il papà, che è stato ucciso, proprio i tedeschi sono venuti ad avvisare la mamma che è mancato mio padre. E mia madre ha detto: io non ho nessun uomo che ha il vostro modo di vedere. E loro [hanno detto]: si, lo sappiamo, per quello che è stato ucciso! Però, purtroppo è la vita. Mio papà era del 1905 ed è morto a quarant’anni. Dei tedeschi ricordo quel bum, bum nel camminare, il passo forte, il colpo del piede. Mia mamma li odiava i tedeschi, a morte! Diceva sempre che si ricordava il passo con cui sono venuti a dirgli di suo marito, diceva che lei non lo dimenticava mai!
Nirvana D.
I partigiani titini [me li ricordo] più o meno, perché mio zio era finito nel bosco. So che era ... [Leggi tutto]
I partigiani titini [me li ricordo] più o meno, perché mio zio era finito nel bosco. So che era entrato con i comunisti jugoslavi, magari sperava... Chissà che cosa... Sperava che andasse bene, e invece è andata male... Poi è venuto via pure lui, dopo di noi, parecchio dopo, perché non voleva saperne, ma poi ha capito che era meglio andarsene.
Assunta Z.
C’è un episodio che ricordo benissimo come se mi fosse successo ieri. [Da noi a Valle] avevano ... [Leggi tutto]
C’è un episodio che ricordo benissimo come se mi fosse successo ieri. [Da noi a Valle] avevano preso uno che era considerato fascista e in pratica lo avevano ammazzato di botte. Poi questo era riuscito a sottrarsi in qualche modo, e credevano che fosse scappato in casa mia. Io ero con le mie tre sorelle - eravamo in quattro sorelle - dal davanzale della finestra. Noi eravamo al primo piano di una camera che dava proprio sulla piazzetta e ho visto proprio puntare il fucile così e sto fucile ha sparato! Due [sorelle] si son nascoste sotto il letto, l’altra si è buttata sopra di me e siamo state giù, e poi però dopo c’era la pallottolina lì nel muro, eh! E io per gioco andavo col ditino a giocherellare in quel buco. Quello lì non lo dimenticherò mai! Questi qua erano i drusi, noi i titini li chiamavamo i drusi. Il signore, poverino, ha fatto una brutta fine, perché poi l’han trovato, l’han preso e lo han fatto morire. Si chiamava Guido, e non so, questo è un episodio ben dentro la mia memoria.
Anna Maria P.
Lì [in Istria] c’era i partigiani, perché io ho avuto due fratelli che erano coi partigiani e sono ... [Leggi tutto]
Lì [in Istria] c’era i partigiani, perché io ho avuto due fratelli che erano coi partigiani e sono andati in Germania, son stati deportati in Germania, ma poi son riusciti a scappare. Loro erano partigiani e stavano in bosco.Però erano partigiani italiani, e non andavano d’accordo coi partigiani slavi. Mio fratello ogni tanto raccontava, e diceva: noi in bosco mangiavamo patate, loro mangiavano la carne, quindi anche lì [c’] era odio, anche tra camerati.
Luigi B.
So che una volta [i tedeschi] hanno preso delle persone, e combinazione c’era anche mio padre ... [Leggi tutto]
So che una volta [i tedeschi] hanno preso delle persone, e combinazione c’era anche mio padre perché era fuori casa. Li hanno portati via, e lui si è nascosto in un portico e non l’hanno visto e si è salvato. Però - mi ha detto - quella volta li portavano sulla strada per andare a Pola, dove avevano appeso delle persone morte. Cioè, avevano impiccato delle persone e portavano gli istriani di Dignano a vedere che cosa capitava se avessero fatto qualcosa.
Assunta Z.
Mio papà ci mandava a queste Baracche del tabacco è [a Valle], perché nel ’43 non c’è stata scuola, ... [Leggi tutto]
Mio papà ci mandava a queste Baracche del tabacco è [a Valle], perché nel ’43 non c’è stata scuola, [era] chiusa. La scuola era stata occupata dai repubblichini, perché nella caserma c’erano i carabinieri e per cui [i repubblichini] si son rifugiati nella scuola. E per cui quell’anno non c’era scuola, e allora mio papà cosa faceva? Ci mandava noi bambine a giocare, perché poi lui andava a farsi qualche lavoro in campagna. E andavamo il più delle volte a custodire questi capannoni [del tabacco] e poi giocavamo. E poi arrivava mio padre a controllarci, e anche a dire: adesso potete andare a casa perché ci sono io. [E mi ricordo che] era un pomeriggio, né sul tardo né sul presto, a un certo momento mio papà arriva - che lui aveva molta fiducia di me, perché mi considerava molto seria e molto matura - e mi dice: Nives, vado a fare una cosa. Sorveglia e se vedi arrivare qualcuno dammi un urlo. Aveva fatto un giro, e aveva trovato delle armi, che probabilmente i partigiani erano passati, per i combattimenti che succedevano di notte, ed era andato a nasconderle. E cosa succede? Succede che arrivano quattro o cinque tedeschi, che vanno direttamente al laboratorio, che noi lo chiamavamo il magazzino. E allora chiamano me, e io gli dico: qui laboratorio, tabacco... E mi dicono: dov’è il papà? E io grido: papà, papà vieni che ci sono i soldati! E intanto loro si volevano avviare dove io chiamavo, e gli dicevo adesso arriva, adesso arriva, [e intanto chiamavo] papà, papà! E papà ha capito ed è venuto subito, e allora è poi dovuto andare a far vedere i registri, e io sempre indietro a mio padre. E le mie amichette [avevano] un po’ più di paura, ma io [stavo] sempre indietro a mio padre, perché volevo starle vicino e vedevo che gli faceva vedere che adesso non si lavorava più, che dopo l’8 settembre era tutto chiuso. E però avevano osservato che era tutto intatto, e se ne sono andati. Meno male! Perché [se] avessero trovato quelle armi, guai!
Nives P.
C’era anche chi faceva la spia e compagnia bella, perché anche quello succedeva, come in tutte le ... [Leggi tutto]
C’era anche chi faceva la spia e compagnia bella, perché anche quello succedeva, come in tutte le parti del mondo, naturalmente. Tant’è vero che qualcuno l’ha pagata. Ingiustamente, perché la guerra porta a vendetta contro vendetta, tu me l’hai fatto e allora io te lo faccio, ed è la cosa più brutta che c’è al mondo. E quindi c’era anche quello: vedere, magari in due giorni, morire una ventina di persone. Mamma e due figlie, portate in un paese più in là dove c’era il comando dei fascisti, dei tedeschi, e dopo averle interrogate [vederle ammazzate]. Era successo un particolare, [e cioè] che c’erano le osterie, e una ragazza molto carina aveva una simpatia con un soldato dei domobranci... Erano proprio i fascisti sloveni, fascisti che erano coi tedeschi e coi fascisti. Una sera sono arrivati di notte e sta ragazza con il fratello ancora più giovane di lei - lei era giovanissima -, con due soldati sloveni, fascisti naturalmente, che parlavano e i partigiani sapevano questa particolarità e allora sono arrivati e dalla finestra han sparato e li hanno uccisi tutti e quattro. Allora c’è stata la controparte di dire chi ha ucciso. E allora un po’ più in là c’era un’osteria dove c’erano gli uomini in montagna e la madre e due figlie erano responsabili, cioè non responsabili ma in quel periodo erano responsabili. Quindi le avevano portate al comando tre chilometri più in là del mio paese e [le avevano] interrogate ma non so come. Non è mai venuto fuori, perché poi le hanno uccise e non è mai venuto fuori se loro son state trattate male o che. Comunque le han fatto fare la strada, che allora era ridere fare tre chilometri a piedi, non era un problema, le han fatte camminare sulla ferrovia e a un certo punto le han sparato alle spalle e tutte e tre sono state uccise, una cosa orrenda, proprio veramente orrenda! E poi hanno fatto un rastrellamento di nove persone e tra loro c’era una donna molto giovane. Le han portate tutte fuori dal paese, ma erano tutte persone dei dintorni e non c’erano italiani in quel gruppo di nove persone, erano tutti sloveni. Li han portati davanti a una passerella fatta di legno, una vecchia passerella fatta di legno che pareva che i partigiani l’avessero minata. Ma i tedeschi non erano sicuri, e quindi non potevano passare con sicurezza, ed era un passaggio molto comodo anche perché era un passaggio un po’ nascosto, fuori dall’abitato da una parte e dall’altra e quindi era importante per chi dalla montagna veniva in valle e andava nell’altra montagna, o qualcosa del genere. Comunque, hanno messo in fila uno vicino all’altro queste nove persone, i tedeschi li han fatti bere la grappa e compagnia bella, li han messi un po’ in alto che c’era la ferrovia e li han sparati, li hanno uccisi uno dopo l’altro. In fondo alla strada provinciale che veniva da Gorizia c’era la casa di uno di questi e la moglie, i bambini e la suocera di uno. E loro vedevano, lo avevano riconosciuto il marito, era tra l’altro uno molto giovane... E chi lo sa qual è la reazione di uno che è davanti a una cosa del genere... Bisogna provare, forse, no? E quindi lui è scappato, nella passerella che quindi non era minata, e a metà della passerella gli han sparato. Tant’è vero che quando lo han messo nella cassa l’han lasciato lì due giorni lui, mentre gli altri invece li han portati via ognuno nella sua casa. [E a lui] gli han spezzato le gambe perché era raggomitolato, una cosa proprio tragica! E quindi lì li hanno uccisi, e in due giorni sono morti madre e due figlie, i quattro sono sette e nove sono sedici. In più, c’era un altro signore che oggi era fascista e domani cantava bandiera rossa e poi era di nuovo [fascista]. I figli, tutti e tre maschi, erano partigiani. Lui era italiano [si chiamava] C., era triestino addirittura. Beveva, e quando beveva non sapeva quello che faceva, ed era molto amico di mio padre e mio padre sapendo com’era in quei momenti lì voleva stargli dietro, perché magari in osteria avevano bevuto assieme, e lui non beveva un granché , perché gli faceva male il vino. E lui bastava che bevesse un mezzo bicchiere perché partisse, e allora è scappato da mio papà, ed è andato proprio dove son stati uccisi questi nove, e quindi cantando bandiera rossa o cose del genere gli hanno sparato anche a lui. E quindi un morto in più. Poi anche come, con il cervello fuori... Io ho visto uno di quelli, anche perché da bambina si fan le cose senza pensarci e poi rimangono in testa, naturalmente.
Romana B.
Ho visto ammazzare tanta gente dai tedeschi... Ho visto due o tre fucilazioni di partigiani e ... [Leggi tutto]
Ho visto ammazzare tanta gente dai tedeschi... Ho visto due o tre fucilazioni di partigiani e contro gli stessi fascisti; che i fascisti avevano fatto un casino a Valle, e ho visto quando hanno fucilato tutta questa gente. Poi ho visto una fucilazione a Pola: avevano ammazzato un maresciallo tedesco e loro [i tedeschi] sono andati in prigione e hanno preso venti persone, perché era dieci partigiani per uno di loro, li hanno messi lì su una conchetta, li hanno mitragliati tutti e poi li impiccavano. Son dure a nove anni, dieci anni, vedere sta roba: mia madre mi ha detto che di notte mentre dormivo saltavo sopra il letto come un pazzo! Poi di notte, ad esempio quando ero a Valle, c’erano le sparatorie: c’erano i partigiani che venivano dai boschi e i fascisti erano dentro nelle scuole e si sparavano. Quindi era tutto un mitragliamento, di notte, e non dormivi mai!
Luigi B.
I fascisti e i tedeschi quando prendevano qualche partigiano erano dolori! Avevano preso un ... [Leggi tutto]
I fascisti e i tedeschi quando prendevano qualche partigiano erano dolori! Avevano preso un capitano della marina che era tra i partigiani, che c’era anche nome e cognome perché forse aveva preso la medaglia d’oro, l’avevano ben ben bastonato e poi buttato nel fiume Isonzo. Poi l’avevano preso, legato alle gambe e a un cavallo e lo avevano trascinato per tutto il paese.
Romana B.
Durante la guerra mia madre ha visto delle cose dovute alla guerra, come ad esempio [degli] ... [Leggi tutto]
Durante la guerra mia madre ha visto delle cose dovute alla guerra, come ad esempio [degli] impiccati lungo la strada [che] erano partigiani. Noi abitavamo un po’ più su [in collina] e lei [un giorno] andava a fare la spesa giù in paese. [C’era un viale], e mentre scendeva per la pineta, lungo la strada c’erano sette o otto impiccati, partigiani, ma allora era abbastanza normale. E a quel punto lì i rapporti erano molto tesi: c’erano i fascisti, i partigiani jugoslavi e c’erano i tedeschi, che hanno bruciato [i paesi], Ma c’era una lotta! Cioè, c’erano i partigiani, i tedeschi e i fascisti, c’era proprio una mescolanza! I partigiani non me li ricordo, però sapevo di alcune persone che erano partigiani, perché sentivo parlare in famiglia, anche tra i miei parenti lì a Saleza che l’hanno anche bruciato abbastanza quel paese, probabilmente per qualche soffiata. Io ho sempre sentito dire questo: qualcuno ha fatto la spia, poi erano venuti i tedeschi, li hanno messi al muro e hanno anche bruciato diverse case. Io poi ho avuto tre zie ad Auschwitz, che son tornate tutte e tre, comunque. Che una ha avuto il marito ucciso vicino al cimitero: lei era coi bambini e il marito, e hanno ucciso il marito con altri. Di fronte ai bambini. I tedeschi, questo. [Le mie zie] erano deportate politiche, perché facevano attività partigiana, bravissime persone. Una è ancora viva, le altre due è invece pochi anni che sono morte. Mi ricordo poi anche un’altra cosa. Andando a Trieste, perché io e mia madre una volta al mese avevamo la possibilità di andare a Trieste, mi ricordo che andavamo anche al cinema con delle zie. E al cinema vedevamo sempre quei documentari brevi, tipo Incom , e facevano vedere mucchi di morti, mucchi di vestiti, e forse si riferivano già ad Auschwitz. Perché c’erano mucchi di abiti in mezzo a un cortile, per esempio, oppure alcune persone che però si riferivano alla guerra: non so, ad esempio la madre e il bambino accanto a un cespuglio uccisi. E queste cose... Io mi ricordo che per tanto tempo sognavo sempre la guerra, per parecchi anni. Quando ero piccola, ma poi anche dopo nel ’51, quando venimmo qua, a me capitava di sognare la guerra.
Adriana S.
La cosa che mi ricordo - una brutta cosa, perché è stata una brutta cosa - è di due fascisti... ... [Leggi tutto]
La cosa che mi ricordo - una brutta cosa, perché è stata una brutta cosa - è di due fascisti... Questi due, forse, avevano fatto qualche cosa, e ricordo che hanno fatto una brutta fine, perché i partigiani li hanno molto picchiati, finché li hanno quasi finiti, [per] vendicarsi. Questi due erano fascisti, però erano sempre uomini anche loro, una morte così, umanamente, non la meritavano, anche se avevano fatto del male. Però dovevano essere condannati per quello che avevano fatto... Comunque la gente li aveva proprio malmenati, abbastanza.
Olivia M.
Nel ’44, per esempio, ricordo benissimo che c’era la guerra e c’erano i bombardamenti a Pola. ... [Leggi tutto]
Nel ’44, per esempio, ricordo benissimo che c’era la guerra e c’erano i bombardamenti a Pola. Ricordo che le truppe tedesche marciavano su Dignano, e [lo] ricordo perché queste truppe camminavano, anzi cadenzavano per le vie, cantando in tedesco, e quindi per noi era anche una novità sentire così. Ma però c’erano anche dei momenti molto brutti, perché tra tedeschi e partigiani c’erano veramente delle azioni di rastrellamenti e contrasti tra di loro e quindi venivano presi, fucilati, eccetera , eccetera. Ricordo che in piazza, a Dignano, i fascisti avevano rastrellato dei nostri concittadini e [alcuni] non so che fine abbiano fatto, mentre altri li hanno trovati a Dignano [in un posto] che lo chiamano proprio il rione 213, dove in un giardino avevano impiccato non so quanta nostra gente per questioni politiche, penso. E poi ricordo ancora un camion di partigiani fermato nella piazza, che veniva sbeffeggiato dalla popolazione, gli sputavano addosso, li insultavano e mi sembrava proprio peggio della passione del Cristo. E poi so che sono stati portati via. Era un camion di partigiani italiani, dove appunto chi collaborava era anche gente del paese, perché come potevano andare a rastrellare o sapere chi si interessava di politica o chi avesse fatto del male o meno... E a rastrellare erano i tedeschi e i fascisti, si, si. Poi ricordo ancora uno che è stato fucilato in piazza, ma non so perché .
Luigi D.
[Della guerra] ricordo i fascisti che comandavano! [E ricordo anche] i tedeschi, che loro come ... [Leggi tutto]
[Della guerra] ricordo i fascisti che comandavano! [E ricordo anche] i tedeschi, che loro come avevano il sospetto che qualcuno era partigiano, bisognava fare attenzione. Mio papà era uno di quelli che era nella Resistenza, e lui i partigiani in bosco li andava sempre ad aiutare, andava a raccogliere le cose dai contadini per portarle in bosco. E io me lo ricordo quando papà veniva a casa, [che ci diceva] zitti, eh! E poi lui partiva la mattina - noi si aveva le bisacce che si metteva a tracolla davanti e di dietro - o che andava a lavorare sulla strada, e lui sapeva dove doveva lasciare le cose e i partigiani poi sapevano, perché erano partigiani del paese e dei dintorni che si conoscevano. E mi ricordo tante volte quando andava: dove abitavo io è una strada [che ] poi entra dentro e faceva come un grande, grande cortile, e lì eravamo quindici famiglie. E allora di notte dalla strada venivano i tedeschi - e io me li ricordo ancora adesso gli stivali che facevano bum, bum bum - a controllare, e noi sapevamo che mio era lì e che da un momento all’altro poteva uscire, però c’era il coprifuoco, e allora mia mamma ci diceva: zitti, zitti, che non ci sentano! E tutto con la luce buia, no? E allora loro facevano il giro, uscivano e papà veniva poi a casa. Queste cose me le ricordo. Mi ricordo poi anche dei fascisti, e mi ricordo un particolare: c’era due ragazzi italiani che erano nell’esercito, poi l’8 settembre si sono tolti. Si sono tolti e cosa hanno fatto? Per salvarsi la vita hanno messo la divisa dei fascisti, che così è stato anche per mio cognato che era carabiniere. E questi ragazzi, io mi ricordo che venivano a casa, ci conoscevano, non erano contenti di stare coi fascisti. E allora un giorno sono scappati in bosco, però non sono durati tanto, poverini: un giorno c’è stato il rastrellamento e li hanno presi. E difatti sono sepolti nel nostro paese; questo particolare me lo ricordo. Mah, i tedeschi...Erano delle persone che venivano a ballare dove che si ballava vicino a me, in quelle balere sa, di paese... Persone squisite. Io mi ricordo che avevano anche i cavalli vicino a noi, ci davano le carrube, non posso dire niente. Ma ero una ragazzina, non è come adesso che a tredici - quattordici anni sono già adulte, io ero una ragazzina che giocava ancora con le bambole di stoffa. E quindi ho solo un ricordo militare, [di] guerra. Giravano, che li vedevi in paese, [e] quando entravano nella nostra contrada - chiamiamola così - si sentivano, perché era la pattuglia, no? E allora stavi zitta, con la luce spenta, perché se vedevano la luce aperta loro allora [venivano] e mia mamma diceva: speriamo che papà non esca, speriamo che non esca, perché se lo prendevano... Che c’era il coprifuoco capito? Però lui, essendo nella sua contrada, stretto, dentro, si sentiva sicuro di camminare. Che lui aiutava i partigiani a portargli le cose, perché aveva quell’idea, non era un fascista. E allora lui andando in campagna, sapendo dov’erano i posti gli dicevano: Alessandro, vai a prendere qualcosa, ci porti qualcosa? E lui, visto che non era fascista ma era più da quella parte lo faceva.
Olivia M.
Avevamo un rifugio a duecento metri, e ogni volta che vedevamo i bombardamenti, [vedevamo] i ... [Leggi tutto]
Avevamo un rifugio a duecento metri, e ogni volta che vedevamo i bombardamenti, [vedevamo] i bengala che illuminavano la città. Noi scappavamo giù per questa discesa, e dopo duecento metri sulla destra c’era il rifugio. Tutto scavato nella terra d’Istria, era un rifugio coi fiocchi! Non ci è mai successo niente. Ed era sempre pieno di truppe tedesche dentro che si rifugiavano anche loro. E io mi ricordo che quando dormivo mi mettevano sopra questi zaini dei tedeschi, e sentivo questo odore pungente del cuoio, mi ricordo questo.
Bruno D.
Uh, si, si! Odor tedesco, odor tedesco si dice. Anzi, l’odor dei gnocchi, perché noi i tedeschi li ... [Leggi tutto]
Uh, si, si! Odor tedesco, odor tedesco si dice. Anzi, l’odor dei gnocchi, perché noi i tedeschi li chiamavamo gnocchi, non so perché . Ocio ai gnocchi, che voleva dire stai attento che arrivano i tedeschi. Invece i fascisti... fascisti no, non me li ricordo a Pola. Bruno D.: ”Eh, perché magnavan gnocchi, patate!”
Franco D.
I fascisti han bruciato paesi! Eh si, anche a Visignano, lì due o tre case hanno bruciato. Dove c’è ... [Leggi tutto]
I fascisti han bruciato paesi! Eh si, anche a Visignano, lì due o tre case hanno bruciato. Dove c’è il nostro paese no. Io mi ricordo che avevo dodici, tredici, quattordici o quindici anni, e son venuti i tedeschi, e tutte le ragazze [del paese] gli sono andate incontro. E allora lì sono andati via senza fare niente. [Poi] della guerra [ricordo] che c’erano [anche] i partigiani, perché noi in paese avevamo dei boschi vicino. E allora c’erano i partigiani, e anche i miei nonni facevano da mangiare per i partigiani, per questi partigiani, e loro di nascosto venivano di notte a prendersi la roba, perché erano nei boschi loro. E i tedeschi giravano, però a noi non han mai fatto niente.
Jolanda T.
[I tedeschi non ci han mai fatto niente perché ] prima di tutto le ragazze, quando son passati i ... [Leggi tutto]
[I tedeschi non ci han mai fatto niente perché ] prima di tutto le ragazze, quando son passati i tedeschi, tutte le ragazze di Sissano erano tutte sulla strada nostra, ad accoglierli. Cantavano in italiano, e facevano festa con loro. L’han trattata bene la popolazione, eh!
Bepi T.
[A Fiume] quando sono entrati [i tedeschi] era come se fossero gli italiani che entrassero, perché ... [Leggi tutto]
[A Fiume] quando sono entrati [i tedeschi] era come se fossero gli italiani che entrassero, perché abbiam fatto festa, erano ben accettati. Loro ci hanno detto: non toccateci. E noi non li tocchiamo. Noi i tedeschi possiamo dire che ci hanno salvato, perché io mi ricordo che c’era una fame che non finiva più, e io andavo a rubarci le patate dei cavalli che mangiavano i sacchi di patate mezze cotte e mezze crude, e allora andavo là. Ci hanno preso e ci hanno picchiato, poi ci hanno dato un permesso e andavano a prendere il mangiare dentro la mensa ufficiale, gli avanzi o quello che c’era. E poi andavamo a casa e mangiavamo.
Ilario B.
Quando le cose son precipitate, nel senso che l’Istria non era più sotto il comando e il dominio ... [Leggi tutto]
Quando le cose son precipitate, nel senso che l’Istria non era più sotto il comando e il dominio dell’autorità italiana, son cominciate le scorribande, di notte dei partigiani e di giorno dei tedeschi. Mio padre mi ha anche raccontato dei fatti precisi: ad esempio una volta c’è stato un rastrellamento, nel paese, e lui si è aggrappato sotto la rete del letto, perché [i tedeschi] cercavano soprattutto gli uomini, ed è rimasto aggrappato così fino a che la perquisizione non è finita, ma non è stata la prima volta. Quindi, una volta arrivavano i tedeschi a chiedere chi eri, cosa facevi, perché non eri arruolato e via discorrendo, e altre volte venivano i partigiani che però non facevano vessazioni particolari. Perché tra l’altro i partigiani erano squadre miste, slavi e italiani. Siccome la comunità era una comunità religiosa e cristiana - erano cattolici tutti quanti - questo arrivo dei partigiani era vissuto anche come un impedimento e una grave violazione di quelli che erano i principi di vita e di società che vigevano. E quindi diciamo che [i miei] hanno vissuto la guerra in questo avvicendarsi di armati che arrivavano, tra chi voleva comandare di notte e chi voleva comandare di giorno, e la tensione era altissima.
Giuseppe M.
Di giorno, qualche volta, venivano anche i fascisti e i tedeschi, quando che venivano a far i ... [Leggi tutto]
Di giorno, qualche volta, venivano anche i fascisti e i tedeschi, quando che venivano a far i rastrellamenti: eh, mi ricordo si! Che per poco non mi hanno ucciso il padre... Era già in fila, tutti quanti, non solo mio padre... Quando hanno invaso, cioè quando che c’è stato l’armistizio che Mussolini e l’Italia sono andati via e hanno cambiato, i tedeschi hanno invaso tutta l’Istria fino alla Jugoslavia. E allora dove venivano e dove trovavano uomini, rastrellavano e portavano tutti ad ammazzare. Invece lì in questo paese c’era un tedesco, un ufficiale, che veniva tante volte nel nostro paese. Che a Portoroze [i tedeschi] avevano il posto [il comando], che sarebbe venticinque chilometri via [lontano da noi]. E lui veniva da noi, e non so come, aveva fatto conoscenza con qualcuno in paese e oramai da noi conoscia tutti quanti, tutti gli uomini. Capitano Smutz, si chiamava. E allora proprio in quel momento che tutti [gli uomini] erano in fila proprio sulla strada maestra con sta mitragliatrice puntata, viene in moto e dice in tedesco [all’ufficiale]: che cosa fa con quella gente? E gli rispondono: come dalle altre parti, rastrelliamo e li ammazziamo tutti, perché qui sono tutti comunisti, sono tutti partigiani. [Allora] lui dice: no, questa gente la conosco io, sono tutti bene, uno per uno li mandi ognuno in casa propria. E allora quella volta lì li han mandati tutti a casa. Se no, solo dieci minuti, se ritardava, più di venti persone le ammazzavano. Gli altri paesi di dietro che erano, li hanno portati via in una valle, e dopo li hanno uccisi tutti, venticinque o ventisei ragazzi. Perché pensavano che sono partigiani. E invece era tutta gente che venivano a casa. O che venivano a casa da militare - dopo che l’Italia era tutta sfasciata - perché chi poteva scappavano via. E allora li trovavano a casa, li portavano via e li ammazzavano. E anche a un mio paesano, che lo hanno trovato che aveva ancora la camicia da militare... Perché prima del rastrellamento, passava davanti un ufficiale e gli ha detto: vai a cambiarti la camicia, perché può darsi che verranno altri ufficiali SS, gli aveva detto. [E lui ha detto]: si, si, andrò. Non è andato e sono arrivati altri ufficiali, prima che è andato, e lo hanno portato via ed è andato a finire in Germania, deportato.
Guido C.
Mi ricordo che noi [a Valle] eravamo un paese non tanto tranquillo, perché c’era il presidio dei ... [Leggi tutto]
Mi ricordo che noi [a Valle] eravamo un paese non tanto tranquillo, perché c’era il presidio dei fascisti, poi di notte si attaccavano tedeschi e fascisti, poi c’era il coprifuoco e bisognava stare con le finestre chiuse, perché altrimenti si sentiva urlare delle raffiche di mitra, e poi certe volte si attaccavano e certe volte c’era anche dei morti, eh! Poi i tedeschi quando facevano i rastrellamenti, se venivano toccati ogni tedesco morto era dieci italiani. Eh si, capitava, perché anche i partigiani erano armati bene, per la questione che quando è finita la guerra, noi che avevamo vicino il Forte di Barbariga, lì che è sul mare... Lì c’era armi a non finire, e lì si sono impadroniti e impossessati di queste armi. C’era praticamente lì una polveriera anche. Oltre che il forte c’era anche una polveriera, che lì c’era dentro tutte le qualità di armi: cartucce, bombe a mano, bombe da mortaio, bombe da cannoni... [E’ successo] dopo il ribaltone [l’8 settembre], perché poi ha capitolato anche l’Italia con Mussolini, compagnia e briscola, e poi sono arrivati subito i tedeschi. Sono arrivati coi camion e con le sue attrezzature, e la gente li ha accolti bene, perché [ci] sapevano fare, al principio. Perché poi dopo son diventati cattivi, perché per esempio andavano nei paesi verso la Jugoslavia e di lì, come tipo di rastrellamento. Andavano per rastrellare, e sti cretini di partigiani - io li chiamo anche così! - gli sparavano addosso agli ultimi camion [della colonna]. E allora tutta la colonna tornava indietro e bruciavano case, la gente la gettavano nel fuoco, era un disastro!
Giovanni R.
Quando sono arrivati i tedeschi io glielo racconto. Erano a Pola, e si festeggiava la libertà, ... [Leggi tutto]
Quando sono arrivati i tedeschi io glielo racconto. Erano a Pola, e si festeggiava la libertà, c’erano le piazze tutte piene, gente che gridava la guerra è finita! Poi uno si mette e grida: i tedeschi, i tedeschi! Bom, tutti a casa. Perché c’erano già tutte le bandiere pronte - è stato sempre così - allora tira via le bandiere e corri a casa. E i tedeschi poi hanno preso... Mi ricordo uno che abitava vicino a me - noi disemo s’ciopo, fucile - [che ha tirato col fucile] contro sti carri armati, e capirà, insomma... E’ stata una bella paura e qualche po’ di morti anche, perché son venuti da Pola e anche belli armati. E noi eravamo a casa chiusi - mi sembra ieri - con mio papà, che aveva fatto un po’ di mesi il militare sotto l’Austria - lui era nato nel 1886 - aveva imparato qualche parola di tedesco. Noi, torno a dire, chiusi in casa - non solo la mia famiglia, ma tutti - [con] mio papà che diceva a mia mamma: guarda che dobbiamo aprire le finestre, perché dicono che se non apriamo le finestre loro sparano. Erano agli angoli delle strade con delle armi. E mio papà [a un certo momento] dice: io mi faccio coraggio, vado giù. E mia mamma: ma no, per l’amor di Dio, sta qua, sta qua! No, guarda [che se non vado] e’i amazan tutti! E’ andato - noi avevamo due case - ed è uscito con le braccia così [in alto], si è avvicinato a un tedesco e io e mia sorella, nascoste, guardavamo. [Stavamo nascoste perché ] mio papà ci aveva raccomandato: voi, ragazze, state a casa, perché purtroppo succedevano tanti casi di violenza. Insomma, in poche parole, mio papà [è andato dal tedesco] e ha detto: guarda che noi abitiamo qui, questa è la mia casa e l’altra è la mia casa. Era tempo di vendemmia, ha aperto la porta e gli ha detto: entrate, entrate. Loro sono entrati e mio papà ha preso - noi diciamo la bucaleta, una brocca - e gli ha detto: bevete! Loro [hanno risposto] nein, nein, [dicendo] bevi prima te! Allora mio papà ha bevuto e poi hanno bevuto anche loro. [Poi han chiesto]: ci son partigiani? Ce n’erano nascosti per le case, ma neanche noi lo sapevamo, chi li aveva in casa se li teneva. Allora hanno incominciato a bere, poi mio papà è uscito ha avvisato i nostri vicini di casa e gli ha detto: aprite le finestre, altrimenti qua ce la vediamo brutta. Allora tutti hanno aperto le finestre e, calmi, calmi, se ne sono andati a fare il comando in piazza lì a Rovigno e poi son rimasti. Facendo poi anche altre cose che però noi non sapevamo, perché le cose si sanno quando passa un po’ di tempo. Eh, non so... Andavano per le campagne i tedeschi, così dicevano. Io non l’ho visto, ma ci credo, e gli prendevano ai contadini - poverini - i maiali, le galline, insomma rubacchiavano, si arrangiavano. Hanno fatto poi il comando lì all’hotel, proprio in centro di Rovigno, e son rimasti.
Gina P.
Il primo ricordo [della guerra è] che ho dormito un mese con la nonna in rifugio. Pensi, l’ultimo ... [Leggi tutto]
Il primo ricordo [della guerra è] che ho dormito un mese con la nonna in rifugio. Pensi, l’ultimo giorno che i tedeschi facevano la ritirata, scappo via dal rifugio. E lì [a Fiume] c’erano 17.000 tedeschi e io - avevo dieci anni, roba che potevano farmi la pelle - mi sono intrufolato in mezzo di loro: c’era una grande colonna con carri, cavalli, camion, carri armati non so - non mi ricordo- e vado a bussare a mio padre. E mio padre dice: ma chi è? Sono Elio. E lì, può capire, ha avuto paura il papà. E’ andata bene che ho portato la pelle a casa. Vede cosa può combinare un ragazzino? Poi voglio dirle che io sono stato anche ferito col gas iprite. Perché nel molo sommergibili - io abitavo vicino al mare, divideva solamente la ferrovia - i ragazzini sperando che la mamma non guardava scappavano e andavano lì. E io avevo visto lì una catasta di barili con [il simbolo] della morte - me lo ricordo bene, proprio ieri ne parlavo con mia moglie - e ho visto anche la sentinella tedesca, perché lì si sono rotti nel tragitto, quando hanno trasportato questi barili, si sono rotti tre barili. E lì [c’]erano tre tedeschi morti, perché il gas iprite è un gas che mettevano loro, liquido, dove [c’]erano i passaggi dei partigiani e queste cose qui. E un mio amico - Benito si chiamava - mi fa: guarda come scivolo bene, perché c’erano queste pozzanghere, e voleva dire che avevano lavato, ma non avevano lavato bene. Noi eravamo scalzi, e venendo a casa ...Durante la notte il piede ha cominciato a gonfiare, una roba e l’altra ed era pieno di pus. Perché questo era proprio un gas che mettevano loro nei punti dove sapevano che passano i partigiani, capisce? E allora li intaccava, ma intaccava anche il vetro e la gomma: uno passava con le scarpe, e quel gas entrava dentro e portava delle infezioni.
Elio H.
Passavano e se non che li toccavi i tedeschi erano bravi, non facevano niente, ma se li attaccavano ... [Leggi tutto]
Passavano e se non che li toccavi i tedeschi erano bravi, non facevano niente, ma se li attaccavano i partigiani, se venivano attaccati, si vendicavano. Una volta avevano attaccato un camion i partigiani ai tedeschi e quella volta si sentiva proprio sparare dalle case. E i tedeschi [quella volta] venivano a prendere i buoi o i maiali, li portavano via. E allora là [i partigiani] gli hanno dato questo attacco e i tedeschi sono però riusciti a scappare... Pensavano di poter girare col camion, ma erano in un posto che non potevano girare e come che hanno fatto la manovra il camion è andato in un burrone. E allora lì hanno dovuto scappare: si sono portati via la mitragliatrice e ogni quel tanto davano una mitragliata verso questo paese, e sono riusciti a scappare. Sono venuti il giorno dopo, e hanno bruciato subito una casa là vicino. Hanno detto: da qui è partito il primo colpo verso il camion e questa casa bisogna bruciarla e le hanno dato fuoco. Dopo, il terzo giorno, sono arrivati con più camion e hanno bruciato tutto [il paese] e hanno [anche] portato via della roba, ma roba di poco come granoturco, grano e quello che i’era. Hanno buttato la benzina dappertutto e hanno dato fuoco.
Guido C.
Quando sono venuti i tedeschi a Zara, i’ero in mezzo alla strada, e [ricordo] che venivano e ci ... [Leggi tutto]
Quando sono venuti i tedeschi a Zara, i’ero in mezzo alla strada, e [ricordo] che venivano e ci davano pezzi di cioccolata, ci davano dei biscotti proprio spessi, spessi e ci dicevano: ci sono ancora i partigiani? E quando i tedeschi venivano verso Zara il partigiano doveva scappare, e il tedesco entrava. Mio marito è stato portato via dai tedeschi, è stato ferito, perché la [sua] famiglia era molto ricca, e loro facevano contrabbando: chi portava il grano, chi portava la legna nelle isole per sfamare la gente... E si vede che i tedeschi l’hanno preso perché facevano sto lavoro, e allora lo hanno portato via. Lo hanno portato a Bihac, verso l’interno, verso la Bosnia. Ma a quel tempo hanno bombardato, e lui è rimasto ferito, aveva quattordici anni. E’ stato ferito alla testa e in un piede, ed è stato nascosto in una casa che era tutta andata giù. E’ stato lì nascosto [per giorni], poi i partigiani sentivano piangere e han pensato che lì c’era qualcuno. Quando son passati i partigiani, sentivano che c’era un bambino che piangeva, e uno di loro è tornato indietro e l’ha trovato che era tutto ferito. Hanno preparato [un lettino] con la legna, e lo hanno portato verso Zara: è stato nascosto a Zara tre mesi. E aveva quattordici anni.
Adua Liberata P.
Io mi ricordo questo, era il ’44 [e] sa che c’erano i tedeschi allora. [Loro] da mia mamma volevano ... [Leggi tutto]
Io mi ricordo questo, era il ’44 [e] sa che c’erano i tedeschi allora. [Loro] da mia mamma volevano sempre la divisa, perché mio papà faceva il vigile del fuoco e aveva una bella divisa. Sono venuti e volevano a tutti i costi la divisa di mio papà. Che alla divisa mancavano dei bottoni e allora mia mamma, poverina, con quattro [soldati davanti] con il mitra [puntato] doveva cucire i bottoni ai tedeschi. E invece, sempre i tedeschi, son venuti da noi e volevano la radio. E noi [gli dicevamo] che non avevano la radio, [invece] l’avevamo e mia mamma l’aveva nascosta sotto il letto di mio fratello. A un certo punto mio fratello si è messo a piangere, e allora mia mamma ha detto [ai tedeschi]: ecco la radio! Come per dire è lui la mia radio! E allora loro sono andati via pensando che la radio era il bambino, e invece non era [così].
Alma M.
I tedeschi hanno fatto anche un po’ dei disastri. Penso che hanno fatto del disastro da noi: chi ... [Leggi tutto]
I tedeschi hanno fatto anche un po’ dei disastri. Penso che hanno fatto del disastro da noi: chi non era per i tedeschi - cioè la popolazione che non era per i tedeschi - i tedeschi venivano in casa e portavano via tutto quel che avevano da mangiare, perché c’era la guerra. Portavano via la gente. Poi, come dico io, mio padre non l’hanno mai disturbato - non so perché - , non sono mai venuti a disturbarlo. Son venuti a casa, han mangiato insieme e andavano via. I tedeschi, questo. Quando, dopo la guerra, sono venuti i partigiani, loro hanno portato [via] tutti quelli che erano per i tedeschi: li hanno fucilati al cimitero di Zara. [Io] i partigiani li ho visti, diamine! Col pelo, il cappello con la stella rossa e la divisa sul verdone. Si, si, si vedevano, però quando era finita la guerra, erano tutti vestiti da partigiani. E penso che loro erano tutto un misto [italiani e slavi]. Poi mi ricordo che mia madre portava [via] mia sorella - a quell’età mia sorella aveva diciassette o diciotto anni - l’andava sempre a nascondere per non farla vedere, perché aveva paura che la venivano a violentare. Sa, a quell’età là è un po’critica, e lei la teneva sempre nascosta in casa. Questo qua lo ricordo, che [le ragazze giovani] non andavano tanto in giro fino a che non si è calmata un po’ [la situazione].
Adua Liberata P.
Mio padre è stato imprigionato... [Lo hanno rinchiuso] nel castello di Pisino, dove c’era la ... [Leggi tutto]
Mio padre è stato imprigionato... [Lo hanno rinchiuso] nel castello di Pisino, dove c’era la prigione, poi non so per quali motivi non lo abbiano portato in Germania. Mio padre era un pacifista, era contro le armi e contro la guerra assolutamente. Infatti lui per non andare in guerra si è tagliato una ghiandola [sul collo] . Poi in guerra lo hanno mandato, ma lui si è fatto mettere nella sussistenza, perché lui non avrebbe sparato un colpo. Lui diceva: non lo so, ho fatto forse il vigliacco a farmi quelle cose, ma io un colpo non l’avrei sparato. E infatti è andato poi giù a Faenza, e poi dopo l’8 settembre è ritornato a piedi in Istria, come tanti. Poi so, ad esempio, che quando c’era la guerra venivano i fascisti, però poi, tante volte, davano la colpa - e questo lo faceva anche mia madre - ai comunisti. Venivano nel villaggio i tedeschi, e loro quindi scappavano tutti. Mia mamma si ricordava di come una volta che faceva il pane, aveva vicino il fratello che era diciotto anni più piccolo di lei, lo ha preso per le mani e sono scappati. Scappavano in bosco. Però mia mamma mi diceva anche che tante volte venivano questi partigiani, razziavano tutto, dicevano di dargli la mucca e poi facevano il biglietto dicendo che poi [quello che portavano via] sarà pagato. Venivano e poi dopo di loro venivano i tedeschi, e quindi loro erano bombardati da fascisti, [tedeschi e partigiani]. Cioè alla gente del popolo, veniva uno e veniva l’altro e gli razziavano tutto. Non so, mi ricordo mio zio - uno zio dalla parte di mia mamma- che anche lui per non andare in Germania lo hanno nascosto: hanno fatto un buco sottoterra e lo hanno nascosto. Lo tenevano nascosto lì in una botola nella stalla perché non lo portassero via i tedeschi. Rispetto ai partigiani mia mamma mi diceva sempre - ed è per questo che lei aveva quest’odio per i comunisti - che loro gli portavano da mangiare in bosco; [diceva]: io rischiavo la vita per portare da mangiare in bosco e loro poi ci hanno fatto questo, ci hanno mandato via dalle nostre case. Ecco, era questo l’odio che aveva mia mamma.
Rita L.
Durante la guerra, cercavano mio padre, e io ero su un camion diretto in Germania. Si è fermato il ... [Leggi tutto]
Durante la guerra, cercavano mio padre, e io ero su un camion diretto in Germania. Si è fermato il prete in mezzo [alla strada] e ha parlato col tenente tedesco - che qualche volta trovavi anche un tenente bravo - e gli ha detto: ma non ti vergogni a portare via una donna con due bambini, uno in braccio e uno per mano? Se cerchi il padre vallo a cercare! E ci han fatto scendere in aperta campagna, lontano, e piano piano siam venuti a casa. In tempo di guerra [le persone] si aiutavano, erano uniti tutti contro l’invasore, che in quel caso lì erano i tedeschi, indubbiamente, [e] io ho sempre sentito dei racconti negativi contro i tedeschi.
Guerrino B.
Quando che ero bambino... Le dico un’altra cosa: quello lì che si parla degli ebrei... Perché tra ... [Leggi tutto]
Quando che ero bambino... Le dico un’altra cosa: quello lì che si parla degli ebrei... Perché tra noi e il mare cera di mezzo la ferrovia - la Fiume-Trieste - e noi da ragazzini andavamo a giocare lì. Io mi ricordo che vedevo questi carri bestiame, con sempre tre o quattro vagoni giornalieri con del filo spinato, e queste mani che salutavano. Dopo, si è saputo... Vedevo questi poveri ebrei che li portavano verso i campi di sterminio.
Elio H.
[A Fiume] poi c’era anche il campo dove che bruciavano gli ebrei, si chiamava il Campo Marte: li ... [Leggi tutto]
[A Fiume] poi c’era anche il campo dove che bruciavano gli ebrei, si chiamava il Campo Marte: li portavano lì, li bruciavano e fatto. C’era un campo anche lì.
Ilario B.
[I tedeschi] erano un po’ duri, un po’ cattivi. Perché io avevo uno zio a Rovigno, che si vede che ... [Leggi tutto]
[I tedeschi] erano un po’ duri, un po’ cattivi. Perché io avevo uno zio a Rovigno, che si vede che era del partito comunista, e i tedeschi lo hanno ucciso. Poi i tedeschi sparavano, bisognava essere chiusi in coprifuoco, e noi ne avevamo tanta, tanta paura.
Eufemia M.
I fascisti avevano la divisa, invece i partigiani erano vestiti come noi. Poi si sapeva, perché ... [Leggi tutto]
I fascisti avevano la divisa, invece i partigiani erano vestiti come noi. Poi si sapeva, perché Valle aveva 3.000-3.500 abitanti, e si sapeva: quello lì è coi partigiani. Perché i partigiani vivevano in bosco, nei boschi e c’era di quelli che collaboravano e le portavano da mangiare, gli facevano da portalettere, non so io. [E i fascisti], ad esempio, erano capaci a prendere uno, a picchiarlo, dargli dell’olio da bere... Secondo loro questo qui è uno che tiene dalla parte dei partigiani - pensavano loro- questo qui le porta da mangiare ai partigiani, era un casino! Lo prendevano, lo picchiavano e qualcuno ci lasciava anche le penne!
Giovanni R.
Ho saputo che certe staffette venivano a dormire a casa da mia nonna. E anzi, un mio zio che ... [Leggi tutto]
Ho saputo che certe staffette venivano a dormire a casa da mia nonna. E anzi, un mio zio che lavorava al Silurificio... Dato che il Silurificio si era trasferito a Pordenone, a Fiume Veneto, un mio zio [che lavorava lì] era venuto a casa in permesso, perché gli davano dei permessi giornalieri. E dato che la linea era stata fatta saltare dai partigiani - la linea ferroviaria che collegava Fiume a Trieste - mio zio non ha potuto far rientro. E quella sera mia mamma gli ha detto: Orlando, non dormire a casa, perché vedi già che ritardi tanti giorni e che non hanno messo a posto sta linea, vedrai che ti succederà qualcosa. Nella notte son venuti i tedeschi, son venuti a prenderlo come che lui non si presenta, come un disertore. E poi lo hanno portato al Coroneo di Trieste, e dal Coroneo lo hanno portato alla Risiera [di San Saba]. E [c’] era un grande gerarca che abitava vicino a casa mia, e mia nonna ha saputo di questo [fatto] qui, ed è andata a lamentarsi da lui: guarda che mi han portato via l’Orlando, così e così. Lui ha preso la moto, è andato a Trieste, e praticamente gli ha salvato la pelle, perché se no lì lo mettevano nelle camere, sa quelle che bruciavano la gente e queste cose qui.
Elio H.
[Mio padre] era molto antifascista, era un piccolo capetto partigiano nei boschi. Era in bosco, era ... [Leggi tutto]
[Mio padre] era molto antifascista, era un piccolo capetto partigiano nei boschi. Era in bosco, era partigiano, aveva un gruppetto. E’ andato in bosco, era spiantato, lavorava in miniera, era un operaio. Lui era una testa calda! Tra una nascosta e l’altra - si nascondeva - di notte veniva a casa. Immancabilmente quando arrivavano i partigiani spariva il maiale, questo bisogna sottolinearlo... Va beh, comunque mia mamma lo lavava, lo stirava e di notte nel bosco gli portava da mangiare, roba così. Lui era [aveva] la stella qui [sul cappello, stava] nei partigiani di Tito.
Guerrino B.
Prima di dire partigiani, bisogna dire ribelli, perché dicevano: sono i ribelli. E chi sono sti ... [Leggi tutto]
Prima di dire partigiani, bisogna dire ribelli, perché dicevano: sono i ribelli. E chi sono sti ribelli? Mah, dicevamo... Erano partigiani che si nascondevano per le campagne e anche loro, poverini, cercavano da mangiare, sempre nelle case di campagna. E chi era fuori città ha sempre preso la botta, quello mi ricordo benissimo. Poi la gente mancava e si chiedevano: ma il tal dei tali non c’è, dov’è andato? Boh! Chi andava in bosco e chi lo sa la fine che han fatto. Poi quello che mi ricordo è il battaglione Pino Budicin. Era una battaglione composto da italiani e croati, che a noi cittadini sembrava [che il discorso] fosse viva la fratellanza, viva la libertà! Invece poi si è saputo, ma dopo anni...Insomma, lui è stato in prigione tanti anni, come antifascista, comunista, come vuole chiamarlo...Erano due fratelli... Lui però era intelligente e ha formato il battaglione, però questo battaglione - e poi si è saputo - era composto anche da slavi. Ma lo slavo l’italiano lo aveva sulle corde e, a quanto si dice, i capi li hanno fatto qualche agguato. Insomma, hanno cercato di eliminarli, perché Tito così diceva: fate scappare più italiani che potete. E allora il battaglione Pino Budicin, diciamo che i capi che lo hanno formato non esistevano più, [mentre] quei pochi che erano rimasti, un po’ sono andati via, un po’ magari son rimasti anche lì... Insomma, è stata una cosa brutta.
Gina P.
Lì c’era i fascisti e i partigiani. Fascisti e partigiani... E i partigiani venivano di notte e ... [Leggi tutto]
Lì c’era i fascisti e i partigiani. Fascisti e partigiani... E i partigiani venivano di notte e dovevi dargli da mangiare quello che c’era. Dovevi darle da mangiare e dopo [loro] facevano le conferenze, parlavano contro il fascismo e [spiegavano] come che sarà il nuovo comunismo, che non ci sarà tasse, che non occorrerà pagare le tasse... Perché poi dopo anche questa politica... Tra che c’era tante, tante, tasse da pagare sotto l’Italia, la gente non solo nei paesi, ma anche nelle cittadelle piccole come [ad esempio] Rovigno, Parenzo, Umago, la gente diventava più comunismo. Diciamo che c’era più per il comunismo che per il fascismo. Perché Rovigno eran tutti rossi, eh! La ciamavan Rovigno la rossa. Ma poi il comunismo i’era da tante parti, anche a Pola i’eran tanti. Perché se infiltravan, se infiltravan là dentro sti partigiani... Se infiltrava questa politica sua, questa religione, questa dottrina.
Guido C.

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Cartina 6: Zona di Operazioni Litorale Adriatico (Adriatisches Kunstenland)
Cartina 6: Zona di Operazioni Litorale Adriatico (Adriatisches Kunstenland)

Riferimenti bibliografici

 E. Apih, Italia, fascismo e antifascismo nella Venezia Giulia (1918-1943), Laterza, Bari, 1966
 G. Fogar, Litorale Adriatico, in E. Collotti, R. Sandri, F. Sessi (a cura di) Dizionario delle resistenza, vol. II, Luoghi,formazioni, protagonisti, Einaudi, Torino, 2006
 E. Ivetic (a cura di), Istria nel tempo. Manuale di storia regionale dell’Istria con riferimenti alla città di Fiume, Centro di Ricerche Storiche di Rovigno, Rovigno, 2006
 G. Nemec, Un altro essere che non è un animale vive nei boschi. Percezione del artigianato e memoria collettiva in una comunità dell’Istria interna, in D. Gagliani, E. Guerra, L. Mariani, F. Dirozzi (a cura di), Donne, guerra, politica. Esperienze e memorie della Resistenza, Clueb, Bologna, 2000
 R. Spazzali, Le forze armate della RSI nella “Zona di operazioni litorale adriatico”, in R. Spazzali, R. Pupo, Foibe, Bruno Mondadori, Milano, 2003

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