Guido C.
Il 6 aprile del 1941 l'Italia partecipa insieme a Germania, Ungheria e Bulgaria all'invasione della Jugoslavia, spostando le coordinate di una guerra, iniziata il 10 giugno 1940, a ridosso della regione istriana. La resa dell'esercito jugoslavo avvenuta il 17 aprile, consente all'Italia l'annessione di nuovi territori in Slovenia, dove viene creata la nuova provincia di Lubiana, e in Dalmazia, occupata interamente ad eccezione di Ragusa (Dubrovnik).
Grazie al supporto della potente macchina da guerra tedesca, l'occupazione militare dei nuovi territori avviene rapidamente e senza grosse difficoltà, che invece si manifestano nel controllo delle aree in questione, all'interno delle quali opera un movimento di resistenza coeso e radicato, facente capo al partito comunista sloveno e a quello croato. Formazioni partigiane che, successivamente affiancate da quelle italiane, danno vita tra il 1941 e il 1945 a una lotta di resistenza dai toni aspri e cruenti coinvolgente l'intera area della Venezia-Giulia. Con l'obiettivo di contrastare le azioni partigiane, le autorità e l'esercito (in particolare il XXIII Corpo d'Armata destinato a fronteggiare le offensive dei ribelli) mettono in atto drastiche misure repressive (arresti indiscriminati, internamento in campi di prigionia, distruzione e incendi di villaggi, campi e raccolti, fucilazioni, rappresaglie) miranti a colpire la popolazione civile rea, ai loro occhi, di appoggiare il movimento partigiano. Una situazione destinata a durare fino all'armistizio dell'8 settembre del 1943, quando il crollo dell'esercito italiano e la parallela avanzata delle truppe tedesche, disegnano un nuovo scenario nei territori giuliani separandoli, di fatto, dal resto d'Italia.
All'alba del 1° ottobre del 1943, l'esercito tedesco inizia una campagna bellica denominata Operazione Nubifragio, che oltre ai 5.000 soldati della 71ª Divisione Fanteria, fatti affluire da Trieste, Pola e Fiume già occupate nei giorni immediatamente successivi all'armistizio, coinvolge anche le forze aeree della Lutwaffe. L'obiettivo è quello di occupare l'intera regione istriana facendola confluire nei territori conquistati dal Reich nella prima metà di ottobre ed organizzati nella Zona di Operazione Litorale Adriatico (Adriatisches Kunstenland), una fascia di territorio comprendente le province di Lubiana, Udine, Gorizia, Trieste, Fiume e Pola che, separate dall'Italia, sarebbero dovute passare sotto il diretto controllo della Germania nazista. L'offensiva tedesca, caratterizzata da un massiccio uso della violenza che coinvolge sia le forze partigiane (circa 2.000 morti) sia la popolazione civile (2.500 morti e 500 deportati), raggiunge ben presto il proprio scopo:il 15 ottobre l'intera regione istriana è controllata dalle forze del Reich.
A guidare il nuovo territorio è chiamato il Gauelieter della Carinzia Friedrich Reiner, massima carica vigente, che si avvale della collaborazione di elementi italiani e slavi posti, con incarichi amministrativi, alla guida dei capoluoghi del territorio.
Istituito il 1° ottobre del 1943, l'Adriatisches Kunstenland si pone come una realtà separata dalla Repubblica Sociale mussoliniana, che continua a mantenere in forza sul territorio propri militari e funzionari, la cui attività è però completamente subordinata al comando tedesco, unica autorità ufficialmente riconosciuta.
Il Reich tedesco, avvalendosi della fattiva collaborazione di unità appartenenti alla RSI e di elementi sloveni e croati, adotta nei territori dell'Adriatisches Kunstenland, una linea politica volta a reprimere duramente l'opposizione partigiana attraverso torture, stragi di civili, distruzione di villaggi e deportazioni di massa verso campi di lavoro e di concentramento. Un sistema di terrore tristemente collaudato, portato avanti fino al 7 maggio 1945, quando tra Villa del Nevoso e Fiume, la IV Armata di Tito costringe alla resa il XCVII corpo d'armata germanico.