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Dall'Istria alla Jugoslavia Agg

Dopo essere entrate a Spalato e a Zara tra il 28 ottobre e il 1° novembre 1944, nella primavera del 1945 le truppe partigiane di Tito fanno il loro ingresso a Pola (il 1° maggio, dove rimangono fino al 12 giugno, data di arrivo in città delle forze anglo-americane), Fiume (il 3 maggio, proclamando attraverso la diffusione di manifesti blilingue l'annessione della città alla Jugoslavia) e nelle principali località dell'Istria. L'immagine dei soldati titini scesi dai boschi nelle città con gli abiti lisi, la barba incolta, le papuze (calzature di lana grezza simili alle babbucce) ai piedi mentre festeggiano ballando il kolo, una danza balcanica i cui ritmi riecheggiano incessantemente nelle vie e nelle piazze, suscita un profondo impatto emotivo e simbolico in gran parte della popolazione italiana, che identifica nei nuovi arrivati i tratti caratterizzanti il futuro potere titino, basato su una volontà di rivalsa in chiave nazionalista e su un duro sistema repressivo che ha nell'OZNA, la temuta polizia segreta successivamente denominata UDBA, il suo principale strumento di applicazione. Un potere temuto e ostile, capace di penetrare in ogni comparto della vita quotidiana, mettendo sistematicamente in campo intimidazioni, violenze generalizzate, pratiche vessatorie ed epurative che scandiscono la quotidianità di gran parte della popolazione italiana.

Un clima che sembra essere ben restituito da un rapporto inviato il 24 febbraio 1946 dal comandante dei Carabinieri di Udine al Ministero dell'Interno e al Comando Superiore dell'Arma, avente come oggetto la "situazione in Venezia - Giulia". Il documento fornisce una dettagliata panoramica di quanto avvenuto in alcune città dell'Istria a pochi giorni dall'arrivo della Commissione Internazionale per la definizione dei confini: a Rovigno la popolazione "vive sotto il terrore delle foibe e del filo spinato", a Isola d'Istria "in previsione dell'arrivo della Commissione", gli abitanti dipingono sui muri cittadini una scritta recitante la frase "vogliamo pace, pane e lavoro", che però, giudicata "reazionaria e fascista" dai dirigenti jugoslavi, viene sostituita "con slogan inneggianti alla federazione jugoslava". E, ancora, a Momiano di Buie d'Istria, nei pressi di Pola "elementi dell'OZNA, arrestano e deportano la gerente postale del luogo perché accusata di sentimenti italiani", mentre nella Zona B, "in previsione dell'arrivo della Commissione interalleata, l'attività propagandistica slovena è aumentata". [PCM, Archivio UZC].

In breve tempo la popolazione italiana vede improvvisamente scorrere davanti ai propri occhi una realtà sconosciuta, dalla quale sperare di liberarsi in fretta e con la quale è impossibile convivere. Un mondo nuovo, che deve fare i conti con l'eredità della guerra che in Istria, così come nel resto della Jugoslavia, lascia una situazione economica desolante fatta di terreni coltivabili gravemente danneggiati, impianti industriali distrutti e infrastrutture demolite. Per una rapida ripresa, il governo di Belgrado mette in campo tutte le risorse disponibili, prima tra tutte il massiccio ricorso alla rebota, il lavoro volontario, da svolgersi nei giorni festivi e attraverso il quale ogni cittadino deve contribuire alla ricostruzione del paese che, contemporaneamente, è al centro di un'imponente riforma agraria basata sulla collettivizzazione delle campagne, e il cui obiettivo è quello di portare la Jugoslavia alla piena autosufficienza in campo agricolo. Gli italiani si trovano così proiettati in un contesto del tutto differente rispetto a quello che ha caratterizzato gli anni precedenti, nel quale le difficoltà sono acuite da una quotidianità scandita da file interminabili nei negozi e nelle botteghe per accaparrarsi generi di prima necessità, da assenza di prospettive per il futuro e da una fame i cui livelli raggiungono quelli degli anni della guerra e alla quale il regime titino cerca di fare fronte attraverso l'introduzione della zimica, una tessera assegnata ad ogni cittadino che, per la bassa quantità dei razionamenti concessi, tanto ricorda la precedente annonaria fascista.

Una situazione delicata, sulla quale irrompe la forza d'urto della politica titina, che attraverso provvedimenti volti a "ridurre ulteriormente il potere economico, sociale, commerciale e culturale della comunità italiana" [M. Orlic, 2008], fa maturare in essa un sentimento di estraneità e spaesamento nei confronti di una terra da sempre considerata come patria, trasformatasi in un luogo distaccato e incompreso, nel quale appare sempre più difficile restare mantenendo la propria identità.

Un vero e proprio processo epurativo coinvolge innanzitutto l'apparato burocratico e amministrativo che vede l'allontanamento della componente italiana, sostituita da un ceto dirigente composto da personale fidato giunto direttamente dalla Jugoslavia, dalle strutture della pubblica amministrazione di ogni grado e livello. Una strategia messa in atto dal governo di Belgrado con il duplice intento di escludere la classe dirigente italiana, e di rafforzare il proprio potere, ponendo in condizioni di non nuocere coloro che sono ritenuti un ostacolo al nuovo corso politico.
Ad essere interessata dalle politiche repressive jugoslave è anche l'identità culturale degli italiani, colpita al cuore attraverso i suoi principali punti di riferimento: gli insegnanti e il clero.

Il punto di rottura per le scuole italiane dell'Istria si registra tra la fine degli anni Quaranta e la prima metà degli anni Cinquanta. Un periodo contrassegnato da due eventi che causano la progressiva chiusura di molti istituti di lingua italiana: il decreto emanato nel 1952 dall'Ispettore generale per la pubblica istruzione jugoslava Anton Perusko, che prevede il trasferimento nelle scuole croate e slovene di tutti gli studenti il cui cognome risultasse, anche vagamente, di origine slava e l'esodo nel 1954 di gran parte del corpo docenti italiano dopo la firma del Memorandum di Londra. Una campagna dai toni altrettanto accesi è diretta verso i sacerdoti italiani che rappresentano per le comunità italiane dell'Istria un importante polo aggregativo. Lo stato jugoslavo interviene sulla dimensione collettiva del culto limitandone la pratica al solo interno della chiesa, eliminando festività religiose molto sentite dagli italiani come la Pasqua e il Natale (proibendone la celebrazione), e abolendo ogni ritualità pubblica, prime tra tutte le processioni e le celebrazioni dei santi patroni.

Un processo di delegittimazione ed eliminazione del mondo precedente che passa anche attraverso la sua negazione nell'espressione pubblica: cambia la toponomastica che ora indica con nomi slavi, subentrati a quelli italiani, vie, paesi e città, nelle quali si assiste alla rimozione e in qualche caso all'eliminazione di opere d'arte e i monumenti, simboli della passata presenza italiana.

Testimonianze

[Quello della foiba] era un racconto di ineluttabile disgrazia. Dicevano: l’han preso e l’han ... [Leggi tutto]
[Delle foibe posso dirle] come me l’hanno raccontata: [mi dicevano] questa cosa che la gente ... [Leggi tutto]
Ah... Io delle foibe non ho mai voluto sentir parlare, e ne ho sentito parlare per la prima volta ... [Leggi tutto]
[Delle foibe] ne avevo sentito parlare da mia nonna, [nei termini] che erano i titini che ci ... [Leggi tutto]
[Delle foibe] è logico che si sapeva. Quando sono venuti i titini han portato via quei quattro ... [Leggi tutto]
Nessuno era a conoscenza [delle foibe]: mancava la gente e non si sapeva dove sono. Il fatto delle ... [Leggi tutto]
Alla notte prelevavano della gente, li portavano nei boschi e qualcuno anche lo uccidevano: se uno ... [Leggi tutto]
A mio papà gli hanno ucciso dodici parenti, non fratelli, cugini: dodici della famiglia di mio ... [Leggi tutto]
Ecco, un particolare. Noi dove si viveva in periferia, avevamo [vicino] una casa dove vivevano i T. ... [Leggi tutto]
Mi ricordo delle fucilazioni e che portavano via la gente di notte e che non tornavano più. I ... [Leggi tutto]
In quel periodo là c’erano le delazioni, [c’era] chi era pro fascisti e non pro fascisti, e allora ... [Leggi tutto]
La paura c’è sempre stata, perché di notte, quando volevano fare del male, venivano a prendere per ... [Leggi tutto]
Raccontavano che si sentiva che sono entrati di notte a prenderli nelle case e li hanno buttati ... [Leggi tutto]
C’erano dei camion [con] dei giovani che andavano sopra, che andavano via. Poi li hanno portati ... [Leggi tutto]
Delle foibe l’ho saputo dopo, quando che ero al centro profughi. Perché [c’] era una signora ... [Leggi tutto]
Sa come funzionava le foibe? Per esempio, venivano e qualcuno aveva magari un sospetto che uno era ... [Leggi tutto]

Arriva un mondo nuovo: la Jugoslavia

Dopo la seconda guerra mondiale, la popolazione se n’è andata, sono arrivati da tutte le parti ed è ... [Leggi tutto]
Le case son state prese prima di tutto dagli slavi che son venuto dal vicinato della nostra zona, ... [Leggi tutto]
[Con la Jugoslavia cambia] il modo di vivere. Ma poi vedevo la diversità nella lingua, nel parlare, ... [Leggi tutto]
Cambiavano tutte le regole. Cambiava tutto il sistema, perché cominciavano a dire che non ci sarà ... [Leggi tutto]
Noi come contadini dovevamo dare ancora all’ammasso, alla Jugoslavia, alla cooperativa: si doveva ... [Leggi tutto]
La Jugoslavia è un paese diverso dal nostro... Mi ricordo che diceva un parente, che gli avevano ... [Leggi tutto]
Son due mondi diversi. Solo che quel mondo del comunismo che conosciamo oggi, non si è manifestato ... [Leggi tutto]
Il titino lo ricordo col fucile che girava come ronda, perché ad esempio a una data ora non si ... [Leggi tutto]
Ricordiamoci che nella Russia, in cinquant’anni di comunismo, in un alloggio grande stavano anche ... [Leggi tutto]
Perché allora il pane si andava a fare nel forno, e lì non lasciavano più cuocere. Avevano chiuso ... [Leggi tutto]
[Passare dall’Italia alla Jugoslavia] sicuramente cambia. Addirittura mi hanno chiamato a lavorare ... [Leggi tutto]
Una cosa che mi aveva colpito è che io avevo fatto due anni di commerciali e avevo finito la terza ... [Leggi tutto]

Clima politico e penetrazione del regime nella vita quotidiana

[L’OZNA] la si sentiva nell’aria, era una presenza opprimente, perché non eri libero, non eri ... [Leggi tutto]
Ricordo che mio padre era terrorizzato dall’OZNA. Erano tutti terrorizzati dall’OZNA, perché la ... [Leggi tutto]
Era nella polizia, mio papà. Però non era capace a svolgere dei compiti, perché lì, nel ’46-47 era ... [Leggi tutto]
Sotto Tito non vedevano l’ora di andare via, e difatti siam scappati tutti. Siam scappati... Son ... [Leggi tutto]
Era diventato asfissiante il clima politico, nel senso cha a un certo punto, tutto doveva essere ... [Leggi tutto]
A noi ci avevano dato una bandiera, di loro, di Tito - non so com’era - da attaccare sui vetri e ... [Leggi tutto]
Dopo si è cominciato ad ammorbidire: nel ’57-58. Tito ha fatto un po’ più di moderazione, si è ... [Leggi tutto]
Quando io facevo la prima elementare, quando andavo a scuola, noi quando arrivava Tito eravamo ... [Leggi tutto]
[Ricordo] che io ho fatto due o tre mesi di scuole con la bustina bianca [cappellino] e la stella ... [Leggi tutto]
Ricordo anche che a Dignano, per farci vedere che portavano l’allegria si mettevano a ballare ... [Leggi tutto]
Quando sono entrati [i titini a Dignano], io mi ricordo mio papà. Lui era una persona di poche ... [Leggi tutto]
Sulla nostra casa [a Parenzo] c’era una scritta [che diceva]: questa è una famiglia italiana e deve ... [Leggi tutto]
Sono entrati [a Rovigno] e dicevano compagni. E hanno iniziato a comandare loro. Mio marito l’hanno ... [Leggi tutto]
Quando mi portavano a passeggiare con la carrozzina [sul] lungomare lì a Parenzo, se due o tre ... [Leggi tutto]
La propaganda titina era questa: vedrete, non si pagheranno più le tasse, staremo tutti bene, ... [Leggi tutto]
Mi ricordo quella dimostrazione ch’ei facevan. Loro venivano per fare vedere che sono tutti ... [Leggi tutto]
Non potevi far niente... Non potevi parlare, non potevi dire niente, se chiamavi qualcuno ti ... [Leggi tutto]
Ai bambini che andavano a scuola li mettevano il berretto con la stella rossa e via...I pionieri ... [Leggi tutto]
L’OZNA era la polizia politica che dettava legge, e allora le autorizzazioni, i permessi e l’andare ... [Leggi tutto]

Episodi contro italiani

Hanno fatto di tutto perché la nostra gente evacui [andasse via], perché volevano impossessarsi di ... [Leggi tutto]
Nel ’54 quando scoppiò il problema di Trieste e gli jugoslavi esigevano Trieste e la volevano ... [Leggi tutto]
La scelta di rimanere là è stata molto discussa nella famiglia tra mio cugino e sua moglie, perché ... [Leggi tutto]
Mio cognato era di Livorno, faceva il carabiniere lì [a Dignano] e quando è stato l’8 settembre lui ... [Leggi tutto]
Ricordo [che] prima di andare via, abbiamo fatto le cosiddette votazioni, le opzioni. Ricordo che ... [Leggi tutto]
[C’]era a Fasana una fabbrica di sardine, dove lavorava anche mia sorella. Poi i titini ci hanno ... [Leggi tutto]
A scuola era obbligatoria un’ora di croato, noi scappavamo via tutti, non li potevamo vedere, no? ... [Leggi tutto]
Dopo la guerra, lo ricordo bene, a me dicevano: tu sei figlia di fascisti! Per tante cose ci ... [Leggi tutto]
A me mi è successo che dei parenti, oramai sono morti, mi odiavano - parenti da parte di mia mamma ... [Leggi tutto]
Mio padre era anche di idee un po’ socialiste, ed è stato anche lui nel partito, aveva degli amici. ... [Leggi tutto]
[Con la Jugoslavia] cambia. Cambia che noi non parlavamo il croato e ci disprezzavano, perché noi ... [Leggi tutto]
[I croati] sotto Tito ci guardavano malissimo, ed è per quello che poi dopo abbiamo dovuto venir ... [Leggi tutto]
Noi eravamo visti male: ricordo che dicevano italiano fascista e mi sputavano, i ragazzi. E io cosa ... [Leggi tutto]
Appena è venuto Tito, in un primo tempo c’erano insegnanti che parlavano un po’ italiano: c’era ... [Leggi tutto]

Fame

Non c’era niente, non c’era niente. Neanche l’ago da cucire. [C’erano] le tessere... Io ricordo le ... [Leggi tutto]
Bisognava andare a lavorare e, naturalmente, era peggio dell’annonaria fascista! Mia madre andava a ... [Leggi tutto]
Ma, la povertà! Sono sincero, mi ricordo la povertà. Non c’era da mangiare! Durante l’estate si ... [Leggi tutto]
Il direttore [dell’ufficio] un giorno mi ha chiamato dentro [in ufficio] - perché lui non parlava ... [Leggi tutto]
Ero piccola, ma dovevo andare a fare la fila per il pane. Eravamo cinque bambini, e mio padre ... [Leggi tutto]
Noi da Torino dovevamo mandarle di tutto. Perché era rimasta una sorella di mia mamma giù, e ... [Leggi tutto]
Ah, mancava tutto! Mancava tutto, non c’era [niente]. [C’era], loro la chiamavano deche. Pigliavano ... [Leggi tutto]
Io ricordo ancora che qui in Italia non è che si stesse bene subito dopo la guerra, però mi ricordo ... [Leggi tutto]
C’era un po’ di carestia: insomma, nei negozi non è che trovavi tutto. In più, avevi ancora di ... [Leggi tutto]
[Dopo la guerra] peggiorava tutto: non c’era lavoro, non c’era [niente] da acquistare... Mia mamma, ... [Leggi tutto]
Fame c’era... Perché c’era la fame? Perché non c’era un’iniziativa privata, e allora una ... [Leggi tutto]
Eh, non c’era mica niente: polenta la mattina, polenta nel baracchino e polenta la sera quando ... [Leggi tutto]
C’eran le tessere e gli davano tanti grammi di zucchero, poca pasta, e c’era fame, c’era fame. Mio ... [Leggi tutto]
Han portato via tutto, perché loro non erano ancora sicuri di restare lì, e allora noi non ... [Leggi tutto]
“[C’era] tanta povertà, non c’era roba, non arrivava la roba! Per prendersi un paio di scarpe da ... [Leggi tutto]
Non si trovava roba, logico. Si andava in negozio e se ti volevi un chilo di pane, dovevi portare ... [Leggi tutto]
Mi ricordo di Tito, perché sono andato via che avevo dieci anni, e mi ricordo la fame nera che ... [Leggi tutto]
[Dopo la guerra] ah, non c’era niente, non c’era niente! Io mi sono sposata nel ’47, e al comune si ... [Leggi tutto]
C’era la tessera: davano il pane o qualsiasi cosa ma tutto contato, eh! Io, fortuna, che mio marito ... [Leggi tutto]
Venivano [arrivavano] i pacchi di roba, vestiario e queste cose qui. Anche di mangiare... I pacchi ... [Leggi tutto]
Si vedevano le code nei negozi, le scaffalature mezze vuote di prodotti. [Ti dicevano]: eh, non è ... [Leggi tutto]
[Con il passaggio alla Jugoslavia] non cambia niente da noi in campagna, però manca tutto... Manca ... [Leggi tutto]

Ingresso dei titini

Io non mi ricordo tanto l'ingresso dei partigiani [a Pola], perché non eravamo presenti, eravamo a ... [Leggi tutto]
Semplicemente un giorno hanno visto i partigiani per la strada, e si, [l'impatto] è stato forte. E' ... [Leggi tutto]
Quando, finalmente, è finita [la guerra], mi ricordo che siamo andati in centro a vedere la truppa ... [Leggi tutto]
[Quando sono entrati i partigiani a Pola] siamo andati a vederli. Una cosa... Perché forse anche ... [Leggi tutto]
Noi eravamo a Pola, perché [i titini] sono arrivati a Pola, e tutti quanti dal paese siamo andati a ... [Leggi tutto]
Una mattina mi sono alzato e ho trovato i titini, con le mitraglie per la strada, che tu uscivi e ... [Leggi tutto]
[A Dignano quando sono entrati i titini c’era] festa. Festa nella piazza pubblica che ballavano, ... [Leggi tutto]
[L’ingresso dei titini a Pola], è stato una roba... Quell’ora del pomeriggio me la ricordo perché è ... [Leggi tutto]
Son venuti dalle montagne, i primi che son venuti [a Fiume] son loro, non conoscevano neanche il ... [Leggi tutto]
L’ingresso [dei titini] lo ricordo, che sono entrati... Perché Veglia è una cittadina che era ... [Leggi tutto]
Sull’arrivo dei titini [a Dignano] purtroppo posso dirti una cosa: mia madre ha detto che si era ... [Leggi tutto]
Mi ricordo dei drusi, me li ricordo in questa piazza di Valle che si chiamava la Mussa che ... [Leggi tutto]
[A Valle i titini] sono arrivati dopo qualche giorno, non mi ricordo quanti giorni dopo. Io me li ... [Leggi tutto]
[L’ingresso dei titini a Valle] me lo ricordo si! Porca miseria se me lo ricordo! Venivano a ... [Leggi tutto]
Come sono arrivati giù [a Fiume] questi qui, che questi han vissuto dentro le foreste, non sapevano ... [Leggi tutto]
L’ingresso dei titini [a Fiume]... Me lo ricordo si! Vicino a casa nostra, sa che facevano per ... [Leggi tutto]
“[L’ingresso dei titini a Fiume] porca puttana se me lo ricordo! Lì quando sono arrivati, c’erano ... [Leggi tutto]
No [l’ingresso dei titini a Zara] non l’ho visto, perché quando siam venuti via noi era il ... [Leggi tutto]
Siamo andati per Trieste su due camion militari: siamo arrivati a un certo punto della strada in ... [Leggi tutto]
[L’ingresso dei titini a Zara] non lo ricordo, [però] mi ricordo che davanti all’ingresso della ... [Leggi tutto]
Io ricordo quando sono arrivati i slavi in città. Ricordo una cosa che mi han fatto vedere, non so ... [Leggi tutto]
[L’ingresso dei titini a Zara] non lo ricordo, [però] mi ricordo che davanti all’ingresso della ... [Leggi tutto]
Io ricordo quando sono arrivati i slavi in città. Ricordo una cosa che mi han fatto vedere, non so ... [Leggi tutto]

Lavoro volontario (Rebota)

[Mia sorella] andava alla ferrovia, l’hanno costretta ad andare alla ferrovia, [e] a fare ... [Leggi tutto]
I prigionieri li hanno costretti a ricostruire il porto, naturalmente, e in più anche gli operai e ... [Leggi tutto]
Io ho fatto tre anni sotto Tito: eri militarizzato anche da civile, altro che fascismo! Il fascismo ... [Leggi tutto]
Poi i ragazzi, crescendo, il sabato e la domenica si doveva fare il [lavoro] volontario. Si andava ... [Leggi tutto]
Ah, poi, tra le altre cose in quel periodo là, la prima cosa quando sono arrivati [è stata che] ... [Leggi tutto]
Appena finita la guerra, alcuni giovani, erano stati mandati a lavorare in ferrovia. Cioè stavano ... [Leggi tutto]
I più grandi venivano presi e portati al lavoro - che lo chiamavano lavoro volontario - che si ... [Leggi tutto]
[Al lavoro volontario] andavano i compagni, proprio quei là che erano veramente compagni: sa, ... [Leggi tutto]
Mi ricordo che dovevamo andar tutti quanti, alla domenica, a fare la strada del popolo. C’era il ... [Leggi tutto]
C’era il lavoro volontario, ma questa è una cosa che si è diffusa anche dopo... A me piaceva molto ... [Leggi tutto]
Io non sono mai andata perché ero bassa e non avevo forza, ma a far le strade e una cosa e ... [Leggi tutto]
“[Il lavoro] era volontario, però i’era forzato! [Se non partecipavi] i’eri mal visto che ... [Leggi tutto]

Lingua

Io quello che sentivo dentro è stato questo cambiamento delle vie, dei nomi...Questo è stato ... [Leggi tutto]
[Con il passaggio alla Jugoslavia] per i ragazzi come ero io è cambiato. Perché prima di tutto le ... [Leggi tutto]
La quinta elementare a scuola, era venuta una maestra che parlava croato, e ci ha detto: noi abbiam ... [Leggi tutto]
Poi è finita la guerra, e si doveva andare a scuola. Io ho fatto la scuola italiana, in seconda ... [Leggi tutto]
[Anche a scuola] eravamo guardati male. Mi ricordo che un giorno mia sorella è venuta a casa ... [Leggi tutto]

Religione

[Loro] facevano queste feste collettive ed erano tutti, come dire, non ordinati. Non ordinati, ... [Leggi tutto]
Era duro: in chiesa non si poteva andare perché il comunismo non [lo permetteva]. Le feste, ad ... [Leggi tutto]
Non avevi tutta la libertà di andare in chiesa. A Pola in chiesa hanno messo balle di fieno e ... [Leggi tutto]
Lo spavento di Tito, noi avevamo anche spavento de lori. Come per esempio andare a scuola: noi ... [Leggi tutto]
[Con la Jugoslavia] è cambiato decisamente tutto. Anche quando siamo venuti via, quello che ... [Leggi tutto]
A un certo punto non si poteva neppure andare in chiesa, frequentare la chiesa. Si frequentava di ... [Leggi tutto]
Dovevano fare dei processi eclatanti, per far vedere che il clero erano tutti spie e così via. Non ... [Leggi tutto]
Tito, praticamente, voleva annientare non solo la gente italiana, ma anche la tradizione, la ... [Leggi tutto]
C’è anche da dire che c’erano due tipi di battesimi là [in Jugoslavia]: sotto la bandiera rossa èil ... [Leggi tutto]
[A Zara] dopo la guerra,vicino a noi, hanno costruito tante case per gli ufficiali dell’aviazione e ... [Leggi tutto]
Mia mamma era religiosa, aveva molti parenti anche preti, e lei mi diceva che i comunisti venivano, ... [Leggi tutto]
Io son sempre andata in chiesa perché avevo la chiesa vicino, ho fatto la comunione come tutte. ... [Leggi tutto]
Mio padre, quando si è sposato con mia madre, questi del partito gli hanno detto: noi ti paghiamo ... [Leggi tutto]
Era dura, molto dura. Ci odiavano tutti, era una vita da cani. Ad esempio uno con l’altro bisognava ... [Leggi tutto]
Dunque, guardi, io mi sono sposata al mattino in anagrafe e al pomeriggio in chiesa, perché mia ... [Leggi tutto]
Ah, la religione... Chi era in partito comunista, non doveva andare a messa, prima di tutto: né ... [Leggi tutto]

Riferimenti archivistici

Riferimenti bibliografici

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